svelto a forza da la pianta,
non ha grazia e non sapor.
Tormentoso è quel diletto
che si ottien con tirannia;
né goder sa vero affetto,
senza il cambio de l’amor.
Fiero labbro e ciglio austero
non si accorda col pensiero
Sdegni ostenta in suo decoro
e in trofeo, più che in martoro,
De l’oltraggio che mi fai (A Minucio)
non avrai tutto il diletto.
Vedrò ancor l’altero aspetto
ricoprir vergogna e pena.
Parto, Ersilia. Il tuo bel core (A Velia)
non obblii che mi sei tolta
da rea forza e che il mio amore
Da due veltri anche inseguita,
sì per selva or si raggira,
per dirupi or sì si affretta
che ne sfugge il dente e l’ira
Qual piacer, se un dì mi è dato
al mio sposo amante amato
Alma mia, più che da amore,
da virtù prendi consiglio.
Nel rival, quantunque ingiusto,
a me iniquo e al genitore,
si preservi a Roma un figlio.
quei che lodi e che difendi.
Di un roman sta il primo onore
ne l’ossequio e non nel brando;
tu assai parli e poco intendi. (Fabio Massimo va a sedere sul tribunale preparatogli)
Segui pur tardi consigli.
Tenta pur ciechi perigli.
Nome sempre avrai di vile.
Scorno e danno alfin ne avrai.
che alzò Roma a sua grandezza?
O ardir pronto e cor virile?
Se a la Trebbia e al Trasimeno
Roma or fora in tanti guai? (Partendo da varie parti)
«Senza te, mia luce, errai
chiaro giorno a me spuntò».
Lo dirà, che di quel core,
tutto fede e tutto amore,
credi a me, gli arcani io so.
Men fierezza. A chi vi adora,
deh! volgetevi, occhi belli.
Mal si provoca e s’irrita
chi ha ’l poter di gastigar.
O ragion sembrar fa onesto
il suo sdegno o a lui pretesto
mai non manca a condannar.
Non dovria chi impera e regge,
con la forza e con la legge,
il suo oltraggio vendicar.
che a sé fa non un dovere
ma un piacere in condannar.
So qual sono e qual tu sei;
tu i pietosi affetti miei
e la patria avrà i più forti.
Dura invitto; e ad ogni età
la virtù che teco porti. (Parte con li soldati di Osidio)
A te basti, o degno amante,
che in mercede a la tua fede
volli amarti e non potei.
Che costretti dal dovere,
del voler gli affetti miei.
sta fortuna nel valor. (Parte)
ma da quel che porto in seno
non ha scampo il debol cor. (Parte)
Sperar vo’ che dopo tante
rie vicende il cielo arrida,
dolce sposo, al nostro amor. (Parte)
Ne l’onor de’ prischi eroi
si può sol de’ pregi tuoi
Dire appien tue chiare gesta
né sapria più nobil canto
né ’l vorria quella modesta
tua virtù, di udir ritrosa