Metrica: interrogazione
118 settenari (pezzi chiusi) in Enone Venezia, Pasquali, 1744 
   A troppo chiaro lume
   Tel dissi; ma che pro?
ti piacque e ti abbruciò.
   Misera! Avvien così
più vi vorrei tranquille.
   Belle anche meste siete;
spento in que’ rai vedrò.
vaghe di stragi e gemiti,
scuoton la chioma anguifera,
   Belle, se mai scorgete
   E s’io sarò tradita,
   Fede al mio dir tu neghi
che il tuo dolor si spieghi
   Chiudilo pur, che alfine
   Benché smarrita e sola
   Cerca d’intorno e guarda
or prato, or selva, or lido;
ma sa quant’egli è fido
   Placati e scaccia il duolo
   Col tuo già mi consolo
   Ma nel tuo dolce affetto,
   Taci, che appien non sai
qual sia per te il mio cor. (Sen vanno per varie parti)
   In donna amante e offesa,
   So che di amore accesa
vincer può ogni altro affetto;
ma usar può ancora ingegno
   Quanto giurava, ahi! quanto
   Ma falso era l’amore
l’inganno e ’l mio dolore
   Vorrei... Ma che?... Non so...
Guardati... Ah! Cor non ho;
   Risvegli in te pietà
   Sotto sì amabil volto
   Ragion non lo sostenne.
   Se mi verrà quel perfido,
   E poi quel ferro istesso
   Al re giustizia è guida,
come al nocchier la stella.
forza è ’l dover perir.
   L’austro imperversa e l’onda;
porto non v’è né sponda;
   Vivrà per tuo dispetto
   Qualche conforto almeno
   Crudel, che ti fec’io?
   Che più volete, o dei?
   Pietosa o amante credimi;
quegli è tuo sangue e meglio
   Contro di lui ti basti
che usasti, padre barbaro,
   Al nuovo april giuliva
torna la selva e il prato.
   Dolce goder, se il bene

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