perfido e traditor; non ho discolpa.
più sento il tuo dolor che la mia colpa.
o ’l danno de la mente o ’l mal d’amore.
il viver senza senno e senza core.
La speme del nocchiero è in una stella;
e ne la speme ha la sua stella amore.
Se l’uno è abbandonato, ahi, che procella!
Se l’altro è disperato, ahi, che dolore!
con l’odio o con l’amor. Saprò tacer.
Volgetevi pietose, o luci amate,
almeno a rimirar le mie ferite.
che ad onta di vostr’ire io voglio amarvi.
Cinto di amiche rose un dì crescea,
bianco figlio de l’alba, un giglio ameno;
ed un’ape innocente in esso avea
riposo al volo ed alimento al seno.
Quando una serpe insidiosa e rea
se gli accostò col suo crudel veleno;
e alor si udì fra ’l danno e fra ’l periglio
pianger quell’ape e sospirar quel giglio.
com’io son fida a te; ma non m’intendi.
com’è la fé ch’è in me; ma nol comprendi.
e non le sente il cor? Crudel! Così?
Che fa la tua pietà? Rispondi. Di’.
Quel cor, che traditor fu al suo regnante,
può ancor a la beltà farsi infedele.
Non è l’empio vassallo un casto amante
né mai tenero sposo è un re crudele.
e i vezzi fra di voi sien mille e mille.
a le labbra, a le guance, a le pupille.
È troppo amabile quel bel sembiante
che lagrimar, che sospirar mi fa.
e un’anima infedel soffrir in pace.
più vil sé stessa rende e lui più audace.