Metrica: interrogazione
50 sineresi in Lucio Papirio dittatore Venezia, Pasquali, 1744  (recitativo) 
In sue trincee ben chiuso il nostro campo
non sien romani o sien rimasi i vili.
Qualunque siasi, a te s’ascriva il pregio
al suo duce, al mio sposo, io potea sola
                           Chi è reo paventi e fugga.
tacqui e soffrii; ma del supplizio a vista,
di una scure il reo cada, io sarò il primo
Reo nel marito il fasto. A me sol tocca
Reo d’ardir, reo d’amore, a’ tuoi begli occhi
                                  Ti offesi
dee per voler de’ fati. Il grande impero
a te oltraggio farian, queste ad entrambi.
pesa il merto e l’error. Qualunque siasi,
più del giudice offeso, il reo feroce.
Non si risparmi il reo, solo s’ascolti.
Dell’opre, o buone o ree, la lode o il biasmo
che in sembianza di reo ti venga innanzi
che d’altro non è reo che del suo sdegno.
non reo, non vincitor ma cittadino. (Servilio con gli altri discende nella parte inferiore)
sta nel volto l’eroe, l’uomo nel core.
dovea prostrato. Or che il decoro è salvo,
                                          Potea salvarlo
                                   O ferreo core! (Marco Fabio e Quinto Fabio scendono dalle logge, seguiti da’ soldati)
Roma un reo ti togliea. Mia man tel rende. (Marco Fabio, preso per una mano Quinto Fabio, lo presenta al dittatore)
prostrati, e tu buon padre e tu reo figlio. (Servilio, il popolo e i due Fabi s’inginocchiano a’ piè di Lucio Papirio)

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