che amar possa Apamea, più che sé stesso?
Già sai qual imeneo debba unir l’armi
sarà Apamea. Ladice al nodo insiste,
Che far può, suora a Tigrane,
Il mio, sì, Dorilao, solo è dispetto.
Reo ne sarà col ricusarmi. Il suo
Il potea, da guardie cinto
a l’ombra del cui scettro un’aurea etade
che del regio imeneo splendan le tede,
per cui sieno felici i miei più cari.
Vicino ad Apamea, tacito, austero,
di eccelse idee guerriere,
spiriti nutre Farnace i più soavi
ma non per Apamea. Forse un segreto
per la bella Apamea. Ne’ suoi pensieri
di Apamea son segnate. Il re fra poco
alor cedei. Dovea salvarti. Il feci;
di non porre in obblio che un re, che un padre
non che tu sciolga l’imeneo.
E i preghi di Apamea nulla otterranno.
o Apamea per Farnace ha sol disprezzo.
ne la bella Apamea d’aspetto e d’alma
ricchi tesori. Io ti credea più attento
io più mi promettea. Quel mio sincero
attendami Apamea; si spenga ogn’ira;
e qual ei non volea, verrà Farnace.
sien le custodie in Eraclea. D’uscirne
siane Aristia in ostaggio. A te l’affido. (A Ladice)
era in pro d’Apamea. Quanto ti deggio! (Ad Aristia)
potea con men di pena il fier rifiuto
siane il primo gastigo; e poi l’altera,
presi in custodia chi dovea costarmi
di virtù parea specchio e d’onestade.
che potea contra tanti? Ei via si aperse
ora è fuor di Eraclea, che uscir nel vidi,
mostrar che sieno offese i benefici,
Dorilao ti ubbidì. Diedi a sua fuga
Ch’ei sol fuggisse d’Eraclea, bastava.
Torniamo in Eraclea. Torniamo al padre.
Vanne. Tu reo puoi farmi e tu innocente.
l’ara? Qui a l’imeneo la pompa appresti?
Io torno in Eraclea. Sia in tuo potere (Si accosta a Mitridate)
mai con la bassa idea d’un falso bene,
con la bella Apamea; ma vieni in guisa
Generosa Apamea, deh! che mi giova
Oh! Fossi in Eraclea. Là il cor mi chiama,
Perdonami, Apamea. Te ancor presente,
me duce. È di Apamea sovrano impero
Sola e mesta Apamea? Deh! Che mi rechi
Viva Farnace. Altro Apamea non chiede.
che ti ritrae da l’ubbidirmi. È Roma.
femmina così rea, figlio sì ingrato.
gli affetti di Apamea, Ladice, tutti
Fate core. E prieghi e pianti
e dirò ancora ad Apamea sospiri.
nozze per Apamea; né Mitridate,
non pareami il silenzio, ancor nel seno
Taccio Apamea, taccio la madre; impegni
miseria siasi o di vicini mali
Non credea che potesse esserti in pena
senza pro gli torria quel suo di gloria
siami in util consiglio e diami pace.
di amar sempre Apamea più che te stesso?
Te appunto io qui volea. Forza è che sgridi
che ancor non eccedea l’anno secondo,
È in Eraclea; né ve la trasse Ostane.
che infermo alor giacea. Ma un nodo sacro
Gordio, Apamea, seguitemi. Se a tempo
nozze! O rea madre! O sfortunata figlia! (Parte furiosa)
Siavi Aristia in esempio. A lei sol venne
fraude, d’alme plebee costume iniquo.
fido mallevador, ne beo gran parte.
col reo veleno in quell’anel racchiuso.
quai linee in centro. I patti
sieno anche norma a la divisa Europa.