di vicino imeneo dovea bearmi.
e amor spingeami a lei, non mai veduta;
D’altro e maggior trofeo lieti presagi.
del sangue ostil, quello ne bean che scorre
E Minuzio ha le sue. Reo fia di morte
e in faccia a lui del tuo trofeo sostieni
Serva al primo signor, sapea qual fosse
invece d’imeneo fra rose e canti,
In Minuzio, anche reo, perder un tanto
pensi il reo vincitor, l’odio avrai tutto
me in dispregio porria, Roma in periglio.
Il passato si obblii. Quello, che a fronte
In faccia al campo io non dovea tal dirmi. (A Valerio)
Non ti credea sì generoso; e sento
attender nol potea che dal mio labbro.
che sien degni di me, di lei, di tutti.
che sien degni di te, di lei, di tutti.
già ne sovrasteria l’oste nimica.
Sciorrò anch’io col tuo esempio il ferreo laccio.
che perché reo. Dare il poter supremo
In figura di reo Fabio? Poc’anzi
quanto avea. Senza lui nulla a me resta
zelo e siavi più in mente
Duolmene la cagion, duolmi il reo caso;
reo più che i Giuni e più che i Manli...
In Manlio (Rivolgendosi con un poco d’impeto)
potea la disciplina; ma da un atto
Alla loro pietà si dee compenso.
né Minuzio l’obblii. Tu questo forse
e la legge oggi il reo chiede alla pena.
se mi dolea che dal dover costretto
guerriero amante eroe, temer non posso
a due non ree, non vili alme fedeli.
a quei che ne scendean dispersi e vinti,
le vaste idee de’ suoi consigli. È tempo
E viltà si credea la sua lentezza.
quel bene ancor che ne parea più lunge.
Sapealo il mio; ma si fe’ forza e tacque.
Mi premea il tuo periglio,
Innocente è il voler, se reo l’effetto.
Che modestia in eroe dopo il trionfo!
te presente, o signor, l’idea le trovi?