Sol disio di grandezze in lui più crebbe
Semiramide avea sul cor di Nino,
da me quelle esiggea prime ripulse.
Punisci con l’obblio l’alma infedele.
obblio non coprirà le chiare fiamme
si oppose. Ov’ei ne trae, seguirlo è forza.
non è, qual io credea, la mia sciagura.
Un reo, qual io, si fugge.
Con tutti reo, non con Semira ancora.
ma tale nol credea. Duce, cotesta
Semiramide sola? (Avanzandosi alquanto verso Semiramide)
Il reo la faccia (Stando in lontano)
Mennone è troppo reo. Che forza, Arbace, (Piano ad Arbace)
le vie son chiuse. Altra si dee tentarne
dee la tua gelosia, lascia d’amarmi.
non t’ingombri timor, che obblio le chiude.
ti fea grazia il mio core.
Si ostinò in suo dover; ma ne avea pena.
veder che le togliea spoglia sì illustre
Omai più eccelse idee prendansi, o figlia,
Altri tempi, altre idee. Segui e te stessa
Mennone, io ben credea che infedeltade
volea; ma il tuo abbandono altri mi diede
volea punirti; e a me ne parve il mezzo
per te che eterno obblio. Già al tuo rimorso
se pur tanto non è dal reo costume
femmina sì plebea? Vedremo il sangue
acciar, che in mano ancor tenea, d’un colpo
d’altra colpa non reo, se non d’amore.
tempo attendea; non mentirò; credei
per cui Nino tremar dovea sui trono.
Siane anche Arbace. In lui,
Né di Aliso s’obblii l’opra ed il merto.