Metrica: interrogazione
65 sineresi in Euristeo Vienna, van Ghelen, 1724  (recitativo) 
del perduto Euristeo padre infelice,
mal chiuder volli. Io lo credea delitto;
Il maggior non sapea de’ tuoi trionfi.
La virtù de l’eroe giunse a svegliarmi
qui ’l suo poter. Cisseo l’ascolta e l’ama.
                                        Siasi a tuo grado.
dovea farmi ragion che Glaucia istesso,
occupi idea più illustre. Ad Aglatida
talché, ov’era il disio, non fosse il piede.
Fu amor... Ah! Che più reo già sono in dirlo;
dee prescrivermi il tuo. Null’ama, o poco,
                                     Qual? Tu mel chiedi?
lo dannassi a l’obblio, non te ne accuso.
e in pascerti l’idea di sue lusinghe,
                                          Qual sovrastarmi
                Nel tuo imeneo. Si vuol che Ormonte...
contra insulto sì reo chiedermi aita.
Io ti credea più forte e che il decoro
dovea di sua virtù la sua fortuna.
che il felice imeneo. Tuo sarà Ormonte.
fu il bambino Euristeo. Sapresti, Erginda...
e ’l padre ne godea. Giunti a l’etade
ma non tutta sapea la sua incostanza.
                                         Sorte nemica!
Quanto dovea. Quasi i riguardi e vinte
                                       Reo de’ suoi mali
                                     Porlo in dovere
il poter di Cisseo che ancor non abbia
Orgoglio, che s’obblii, non ha misure.
(E che non puote un reo consiglio indegno?) (Cisseo, senza più badar a Clearco, va a porsi pensoso sopra un sedile di verdura)
             Vieni, o rea figlia;
te scordando e Cisseo ma più sé stesso.
Odio lui più che morte. Abbian tutt’altra
Così, ingrato Cisseo? Di chi dolermi
de l’infausto imeneo. Si è fatta alfine
a migliore imeneo. Già n’odo i canti.
                                          Ma s’altre rechi
e reo seco divien fin chi ’l compiange.
Se colpa è amore e fede, io reo già sono.
che fosse reo di spergiurato amore.
                                              Sorge in me spene,
Più che Glaucia e Cisseo, temo Aglatida.
Prence, il so. Con l’idea di quel gran bene,
che a me si dee, già ti lusinghi e pasci.
Cisseo? L’ubbidirò. Ma pria che il passo
a l’imeneo la chiara face. Ormonte
Ormonte vincitor. Reo di più colpe
tenesse. Ecco, o signor, l’aureo monile.
Potea meglio provarmi ei la sua fede?
e padre ad Euristeo, finor compianto.
braccio a me pur risplende, aurea maniglia.
                                                Il brando istesso
del nome d’Euristeo le prime note.
Caro Euristeo! Non più sospiri e pianti.
dà l’ingrato Cisseo l’ultimo oltraggio.
                         D’Ismene,
Tu Euristeo? Tu ’l mio sposo?
                                                       Io son sì oppresso
senza cui ne cingean nebbie ed orrori.

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