Aminta, Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO SECONDO
 
 Cortile.
 
 SCENA PRIMA
 
 ADRASTO
 
 ADRASTO
 Timidi affetti, ogni riguardo or ceda;
 or v’invito a goder. Celia in me trovi
485non un pastor... Ma posso
 così avvilirmi! Adrasto,
 ciò che amasti pastor, principe obblia.
 Ah, Celia, ch’io non t’ami! A che ti fece
 sì bella il ciel? Non ti formò natura
490per lasciarti perir fra’ boschi ignota.
 Sì, t’amerò, nulla distingue amore.
 Godrò che la tua sorte
 opra sia non del ciel ma del mio core.
 
 SCENA II
 
 SILVIO e ADRASTO
 
 ADRASTO
 Silvio, giungi opportuno.
 SILVIO
495Che chiedi, Adrasto?
 ADRASTO
 So che ami Celia e so che Celia ancora
 egualmente ti adora.
 SILVIO
                                         Amor fra noi
 fe’ di due cori un cor.
 ADRASTO
                                          Degni ambo siete
 di un sì bel nodo. Anche rival, nol nego;
500pur convien ch’ei si sciolga.
 SILVIO
                                                    Io pria la vita...
 ADRASTO
 Amo Celia e tu ’l sai; ma non ancora
 il tuo rival ti è noto. Adrasto io sono;
 non son plebeo, non vil pastor. Ravvisa
 in queste spoglie ascoso
505un germoglio real. Son di Argo il prence.
 SILVIO
 (Che sento!)
 ADRASTO
                          Al trono io nacqui e al trono io penso
 Celia inalzar.
 SILVIO
                           (Misero me!)
 ADRASTO
                                                      So quanto
 sia grave a chi ben ama
 perdere il bene amato.
510Ma consolar ti dee
 del grado mio, della sua gloria il fato.
 Che risolvi?
 SILVIO
                         (O martir!)
 ADRASTO
                                                 Rispondi.
 SILVIO
                                                                     O pena!
 ADRASTO
 Del tuo duolo ho pietà; ma che far posso?
 Che far tu vuoi? Sì bella sorte a Celia
515non invidiar. Soffri ’l suo bene e l’ama.
 In guiderdon dell’opra,
 dalla viltà de’ boschi
 te pur trarrò. Tutto sperar ti lice
 da un grato re, da un amator felice.
 
520   Consolati; non piangere;
 lascia di sospirar.
 
    Ti dia gloria e diletto
 veder l’amato oggetto
 cinto di gemme il crine
525tra gli ostri a sfavillar.
 
 SCENA III
 
 SILVIO e poi CELIA
 
 SILVIO
 Misero Silvio! Ecco disperde il vento
 i tuoi dolci contenti,
 le tue belle speranze un sol momento...
 CELIA
 
    Vengo a voi, luci adorate, (Silvio piange senza guardarla)
530astri bei della mia vita,
 vengo a voi...
 
 Silvio, di un guardo solo
 meco ritroso?
 SILVIO
                            O duolo!
 CELIA
 Tu mel neghi e non parli?
535Non son io la tua Celia?
 Così mi accogli?
 SILVIO
                                 O dio!
 
    Vezzosette nel vostro pianto,
 serenatevi, o pupillette,
 e cessate di pianger tanto.
 
540Lascia, lascia che pianga
 il tuo, deh non più tuo, Silvio infelice.
 CELIA
 Come?
 SILVIO
                 Ma i numi attesto
 che non piango la tua, piango la mia
 felicità perduta. E pur dovrei,
545col piacer del tuo bene,
 consolar, ma non posso, i mali miei.
 CELIA
 Che linguaggio è mai questo!
 Qual perdita è la tua? Qual bene è il mio?
 Parla. Che sai?
 SILVIO
                              Deggio pur dirlo... Adrasto...
 CELIA
550Segui.
 SILVIO
               Ed il nunzio istesso
 sarò della mia morte?
 O Celia! O amore! O sorte!
 CELIA
 Deh, se m’ami e se caro
 ti è l’amor mio, di’, parla;
555non tormentarmi più.
 SILVIO
                                           (Tregua, o sospiri).
 Celia, più mia non sei.
 CELIA
 Io non più tua? Chi mi t’invola? Adunque
 vi è poter, vi è destino
 del nostro amor più forte?
560Io non più tua? Qual nume
 la nostra pace ad invidiar si è mosso?
 Io non più tua? Dimmi, perché?
 SILVIO
                                                             Non posso.
 
    Non posso, o bocca bella,
 non posso dir di più.
 
565   E come aver poss’io
 respir che più sia mio,
 se perdo in te quel cor
 che mio già fu?
 
 SCENA IV
 
 CELIA
 
 CELIA
 Che può Silvio temer? Gli è noto forse
570ch’io sia nata regina?
 Amor me gli fa eguale. Eccomi ninfa.
 Celia son, non Elisa.
 Tempe è la mia Sicilia,
 il suo core il mio regno. Un dolce sguardo
575ch’esca da’ suoi begli occhi,
 un sorriso giocondo,
 che dal labbro gentil parta amoroso,
 stimo più di ogn’impero e più del mondo.
 
    Sei bello, sei quello
580che l’anima apprezza
 più di ogni grandezza,
 più di ogni beltà.
 
    Del volto che adoro
 più raro tesoro
585non tien la fortuna,
 amore non ha.
 
 Bosco.
 
 SCENA V
 
 EURIDICE
 
 EURIDICE
 Che facesti, Euridice,
 cieca nell’ira tua? Ti consigliasti
 ben col tuo cor, quando a sì duro esiglio
590dannar potesti ’l tuo pentito Aminta?
 Torna, Aminta, ritorna.
 Ti scacciò il labbro, or ti richiama il core.
 Vien, dell’empia sentenza
 la vendetta a mirar nel mio dolore.
 
595   Tortorella in tua favella
 talor chiami ’l tuo diletto
 e dal nido o pur dal ramo
 dolcemente ei ti risponde.
 
    Io, crudel, quando a me viene,
600da me scaccio il caro bene;
 se poi ’l cerco e lo richiamo,
 ei non sente o mi si asconde.
 
 SCENA VI
 
 EURIDICE e ADRASTO
 
 ADRASTO
 Vivo, spiro e mi resta
 pianto a versar, voce a lagnarmi ancora?
 EURIDICE
605Qual mesto suono!
 ADRASTO
                                     O vista!
 O spettacolo atroce! O re infelice!
 EURIDICE
 Qual novo male, Adrasto?
 ADRASTO
 Ah regina, regina.
 EURIDICE
                                    Un mortal ghiaccio
 mi assale il cor, mi occupa l’ossa. Parla.
 ADRASTO
610Che dir poss’io, che udir vuoi tu? Te stessa
 interroga e saprai
 la cagion del mio pianto,
 meglio dal tuo rigor che dal mio labbro.
 EURIDICE
 Che sarà mai?
 ADRASTO
                              Quanto alla Grecia, al mondo,
615quanto a te, quanto a noi
 tolse tua crudeltà! L’onor dell’armi,
 il fregio degli eroi,
 la gloria de’ monarchi
 per te mancò, per te sol cadde estinta.
 EURIDICE
620O dei! Compisci.
 ADRASTO
                                  È morto...
 EURIDICE
 Chi? Parla.
 ADRASTO
                        È morto... Aminta.
 EURIDICE
                                                            O cieli! Amin... ta. (Sviene Euridice; e Aminta, dall’albero più vicino accorrendo, la sostiene nelle sue braccia)
 
 SCENA VII
 
 AMINTA, ADRASTO ed EURIDICE svenuta
 
 AMINTA
 More, o ciel, la mia vita.
 Crudele amico e più crudel inganno!
 ADRASTO
 Mio re, non paventar; l’alma, sorpresa
625da deliquio mortal, ben presto a’ sensi
 ritornerà. Vedi or se t’ama?
 AMINTA
                                                     Corri
 alla vicina fonte; il passo affretta.
 Ogni ’ndugio mi uccide. O caro volto! (Adrasto si parte)
 Pallido sei ma il tuo pallor mi alletta.
 
630   Così pallido e languente,
 bel sembiante, ancor mi piaci.
 
    Perché mai, perché non spiro
 sovra lui l’alma dolente?
 Freddo labbro, a che nol baci?
 
 SCENA VIII
 
 DIONISIO, ARASPE con soldati e i detti
 
 DIONISIO
635Ecco la preda. (Si accosta ad Euridice e la toglie di braccio ad Aminta)
 AMINTA
                              Oimè!
 DIONISIO
                                             Scostati, audace. (Aminta dà di mano alla spada ma gli si oppone Araspe e parte de’ soldati di Dionisio)
 AMINTA
 Empio, pria morirò.
 DIONISIO
                                        Punisci, Araspe,
 l’orgoglio di costui; poi vieni atteso.
 AMINTA
 Adrasto, amici, il vostro
 venga unito al mio brando.
 DIONISIO
                                                    O dolce peso! (Si parte Dionisio con Euridice svenuta in braccio e con la metà de’ suoi soldati; l’altra metà rimane a combatter contro di Aminta, al cui soccorso soggiunge Adrasto con i soldati di Aminta; e dopo breve combattimento, fuggon quelli di Dionisio ed Araspe rimane morto nel campo)
 
 SCENA IX
 
 AMINTA e ADRASTO
 
 ADRASTO
640La vittoria è già nostra.
 Fuggon gl’iniqui.
 AMINTA
                                  O lenti,
 inutili sudori, or che perduta
 ho la cara Euridice!
 ADRASTO
                                       Ove?
 AMINTA
                                                    La folta
 ombra del bosco a me ne chiude il calle.
645Perché l’empio non fugga e seco impune
 tragga la nobil preda,
 tu per vario sentier vanne, mio fido,
 con la metà de’ miei guerrieri in traccia;
 ed io l’orme con l’altra
650ne inseguirò.
 ADRASTO
                           Parto veloce.
 AMINTA
                                                    O numi!
 Giusti numi che avete
 l’innocenza in difesa,
 date lena al mio braccio e il piè reggete.
 
    Vengo a morir, mia vita,
655o a porti in libertà.
 
    Ma il ciel non soffrirà
 che a un empio in servitù
 resti tanta virtù,
 tanta beltà.
 
 Capanna di Silvio.
 
 SCENA X
 
 SILVIO e CELIA
 
 SILVIO
660Ninfa, se tuo non son, se mia non sei,
 a chi vuoi che riserbi
 questa vita infelice?
 CELIA
                                        A’ voti miei.
 SILVIO
 E che? Vorrai mal saggia,
 per un vile pastor...
 CELIA
                                      Ch’è l’idol mio.
 SILVIO
665Cui la patria e il natal son anche ignoti...
 CELIA
 Tutto sprezzar.
 SILVIO
                              Ma gli ostri?
 CELIA
                                                       Ecco il tuo labbro.
 SILVIO
 Il trono?
 CELIA
                   Ecco il tuo seno.
 SILVIO
 Grandezza?
 CELIA
                         Non la curo.
 SILVIO
 Diadema?
 CELIA
                       Nol desio.
 SILVIO
670Titoli, onori, applausi?
 CELIA
 Tutto cede al tuo volto, all’amor mio.
 SILVIO, CELIA A DUE
 
    Col piacer della speranza...
 
 SILVIO
 Si
        consola il mesto cor.
 CELIA
 Tu
 
 A DUE
                la tua
    E in veder              costanza...
                 la mia
 
 SILVIO
675Darò
             bando al rio timor.
 CELIA
 Darà
 
 SCENA XI
 
 ELPINO e i detti
 
 ELPINO
 Silvio.
 SILVIO
               Arrivo opportun.
 ELPINO
                                                Vengo per dirti...
 SILVIO
 Che mai?
 ELPINO
                     Ninfa, il segreto
 tale non è che udir tu il possa.
 CELIA
                                                         Intendo.
 Addio, Silvio.
 SILVIO
                            Addio, cara.
 ELPINO
680Lascia che parta; e intanto
 a diletto maggiore il cor prepara.
 CELIA
 
    Più non turbi empio sospetto,
 mia speranza, il tuo riposo.
 
    Non desio di vasto impero,
685non amor di altra beltà
 mai potrà cangiar l’affetto
 che ho per te, volto amoroso.
 
 SCENA XII
 
 SILVIO ed ELPINO
 
 SILVIO
 Quanto deggio al suo amor!
 ELPINO
                                                     Silvio, è già tempo
 che di Celia ti scordi;
690e per far da signor mettiti in posto.
 SILVIO
 Qual favellar!
 ELPINO
                            Gran cose
 ho io da dirti.
 SILVIO
                            Impaziente ascolto.
 ELPINO
 Altre volte io ti dissi
 ch’io padre a te non sono.
 SILVIO
                                                 E so che a morte
695mi togliesti pietoso
 e mi allevasti, onde qual padre io t’amo.
 ELPINO
 Qual tu sia ben lo so. Io solo posso
 dir di che razza sei; e pria che il giorno
 passi, forse il saprai.
 SILVIO
                                        Perché il ritardi?
 ELPINO
700Che pastor non nascesti
 or ti basti saper. Sei gentiluomo;
 ma questo è poco ancor, principe sei.
 SILVIO
 Godi scherzar.
 ELPINO
                              No, Silvio,
 ti dissi ’l ver né sono scherzi i miei.
 SILVIO
705O mia sorte! Ma come?
 Di qual padre? In qual reggia? A che...
 ELPINO
                                                                        Ti basti;
 or hai tu inteso, avvezzati un tantino
 a non far all’amor con le capanne;
 ma come i signorazzi,
710comincia a innamorarti de’ palazzi.
 
    L’amor fra’ comandi
 si scordi oggidì;
 
    il ben che ti giova
 sia solo il tuo amore;
715nel core de’ grandi
 già s’usa così.
 
 SCENA XIII
 
 SILVIO
 
 SILVIO
 O fosse vero. Alla mia Celia innante
 quanto andria più giulivo
 ad offrirle il diadema il core amante.
 
720   Chi ben ama sol brama grandezze
 per offrirle all’amata beltà.
 
    In lei trova le vere dolcezze
 e di un guardo destino si fa.
 
 Campagna con veduta del fiume in lontananza.
 
 SCENA XIV
 
 DIONISIO e EURIDICE con soldati
 
 EURIDICE
 Lasciami.
 DIONISIO
                     Che paventi?
 EURIDICE
725Così tradirmi? E violar le sacre
 leggi ospitali? Il grande
 genio del loco e della dea presente
 sprezzare il nume?
 DIONISIO
                                      Amor ne incolpa.
 EURIDICE
                                                                       Iniquo.
 DIONISIO
 Mia regina.
 EURIDICE
                         Che speri?
730Che pensi? Ove mi guidi?
 DIONISIO
                                                  A porti a’ piedi,
 come ti diedi ’l cor, lo scettro e il trono.
 EURIDICE
 Egualmente, o tiranno,
 detesto il donator, rifiuto il dono.
 DIONISIO
 (Né Araspe ancor né il legno amico appare).
735Di oltraggio non temer, che solo a forza
 di sospiri e di pianti,
 rispettoso amator, la tua costanza
 combatterò.
 EURIDICE
                         Ma invano.
 DIONISIO
                                                E forse avrai
 pietà di me.
 EURIDICE
                          T’inganni.
 DIONISIO
740Pietà di me.
 EURIDICE
                          Non la sperar giammai.
 DIONISIO
 (Mi spaventa l’indugio; uopo è ch’io stesso
 vada e col cenno il nocchier lento affretti).
 La cara preda a voi confido; intanto (Alle guardie)
 tu da’ fine, o mia bella, all’ira e al pianto.
 
745   Bella bocca,
 bocca vezzosa,
 non più sdegnosa
 forse un dì ti mirerò.
 
    E pietosa allor dirai:
750«Quanto crudele
 ti disprezzai,
 tanto fedele
 ti adorerò».
 
 SCENA XV
 
 EURIDICE con guardie
 
 EURIDICE
 Mali miei che tiranni
755quasi in gara spietata entro al mio seno
 l’anima lacerate,
 che chiedete da me? L’afflitto core,
 or che morto è il mio sposo,
 come può di altra piaga aver dolore?
760Sposo, adorato sposo,
 tutto devo a te solo,
 pianti, sospiri... Ah, questo è poco! Il sangue,
 il sangue mio ti devo.
 Io barbara ti ho ucciso; io ti ho rapita
765con l’ingiusta sentenza,
 col mio troppo rigor la cara vita.
 
    Non più lagrime, occhi dolenti,
 sangue chiede il mio dolor.
 
    Già lo sento al crudo invito
770più feroce entro del cor.
 
    Già mi scordo i miei tormenti
 col piacer del suo furor.
 
 SCENA XVI
 
 DIONISIO e EURIDICE
 
 DIONISIO
 Tutto ci attende. Andiam, regina. (Si vede di lontano venir per il fiume un palischermo)
 EURIDICE
                                                                Iniquo,
 fermati ed un sol passo
775non t’inoltrar.
 DIONISIO
                             Che pensi?
 EURIDICE
 Penso sottrarmi al tuo furor.
 DIONISIO
 Come tanto oserai? (Si va avanzando verso Euridice che si va ritirando verso il fiume)
 EURIDICE
 Ferma, crudel, non sai
 disperato dolor quanto sia forte.
 DIONISIO
780Femmina inerme e sola
 chi potrà torti al mio poter?
 EURIDICE
                                                     La morte. (Euridice va per lanciarsi nel fiume ma sopraggiunge Aminta e di dietro la ferma)
 
 SCENA XVII
 
 AMINTA con soldati, poi ADRASTO con altri e i suddetti
 
 DIONISIO
 Oimè!
 AMINTA
                Regina.
 EURIDICE
                                 Anche il morir?...
 AMINTA
                                                                   Ti arresta.
 Gli empi uccidete. (A suoi soldati. Euridice si volge, riconoscendo alla voce Aminta, e tutti danno di mano alla spada)
 DIONISIO
                                      Avversi dei!
 EURIDICE
                                                               Che veggio!
 DIONISIO
 Rotto è il disegno. (Adrasto soprarriva con soldati)
 AMINTA
                                     Mora...
 ADRASTO
785Mora l’audace.
 DIONISIO
                              E voi morrete ancora. (Segue piccola battaglia e fugge Dionisio co’ suoi soldati, incalzato sempre da Adrasto e dal suo seguito)
 
 SCENA XVIII
 
 EURIDICE e AMINTA
 
 EURIDICE
 Ed è vero? E son desta?
 E vive ancor...
 AMINTA
                             Sì, mia regina, io vivo.
 Mi sta la dura legge
 troppo impressa nel cor. Vivo; tu il chiedi
790per desio di vendetta; io ti ubbidisco
 per diletto di pena.
 EURIDICE
                                      E veggio ancora...
 AMINTA
 Sì, tu mi vedi e pur dovea celarsi
 questo volto odioso,
 volto pena a’ tuoi sguardi, al mio riposo.
 EURIDICE
795(In quai strani tumulti
 ti sento, anima mia!)
 AMINTA
 Dovea partir; ma il tuo periglio incolpa.
 Volle il ciel che in partendo
 fosse opra mia la tua salvezza. Questo,
800questo solo contento
 di assicurar la tua con la mia vita,
 non mi rapì tra tanti mali il fato.
 EURIDICE
 (Liberatore amato).
 AMINTA
 Or che sei salva, oh dio!
805per mai più non vederti,
 vado a compir la tua sentenza. Addio.
 
    Parto. Addio, non vedrò più
 que’ begli occhi... Ah, dura sorte!
 
    Deggio, o dio, da te partir?
810E non posso, o dio, morir;
 questa, questa è la mia morte.
 
 SCENA XIX
 
 EURIDICE, poi CELIA ed ELPINO
 
 EURIDICE
 Fermati, Aminta, ascolta,
 empia non son né sono ingrata... E dove,
 dove corri, Euridice?
815Senti che al cor ti parla
 il trafitto tuo figlio;
 sparso Aminta ha quel sangue. Egli lo ha sparso,
 benché innocente e tuo.
 Lungi pur da questi occhi, anche pentito,
820sempre ingiusto marito,
 sempre barbaro padre.
 Di tal tuo pentimento
 soddisfatta è la moglie e non la madre.
 CELIA
 Poiché han fine i tuoi mali, han pace ancora,
825regina, i nostri affanni.
 ELPINO
                                             E noi pur anco
 siamo teco a goder di tua salvezza.
 EURIDICE
 Celia, Elpino, ancor dura
 l’orgoglio del mio fato;
 benché deggia ad Aminta
830la libertà, più non vedrò l’ingrato.
 CELIA
 Dopo un tal benefizio
 hai sdegno ancora?
 ELPINO
                                      Abbi pietà di lui,
 abbila di te stessa.
 CELIA
                                     Empio marito
 lascia di esser più reo quando è pentito.
 EURIDICE
835No no, duri ’l suo esiglio,
 duri ’l mio duolo. Aminta
 l’onor mi rende e non mi rende il figlio.
 ELPINO
 Se la tua rabbia viene
 dal tuo figliuolo che ti fu ammazzato,
840sta’ pur cheta, Euridice,
 e vien dietro ad Aminta;
 credi pur ad Elpin, tu sei felice.
 EURIDICE
 Di quale speme il mio dolor lusinghi?
 ELPINO
 Udrai per via ciò che, saputo innanti,
845risparmiati ti avria sospiri e pianti.
 EURIDICE
 Numi, finite un giorno
 le angosce mie.
 
 SCENA XX
 
 ADRASTO e i detti
 
 ADRASTO
                               Tutto è già vinto, omai
 ti assicura, o regina. O morti o presi
 sono gli audaci. Il loro duce istesso
850sente il peso de’ ceppi; e custodito,
 le meritate pene
 dall’ire tue, dalle sue colpe attende.
 CELIA
 (Infelice germano!)
 EURIDICE
 Quanto per me facesti
855quest’alma vede. A miglior tempo, Adrasto,
 ti serbo la mercé di sì bell’opre.
 ADRASTO
 Che fia di Aminta? Al suo primiero esiglio
 lo condannasti?
 EURIDICE
                                O cieli!
 Andiamo, Elpin, dove mi chiama il core.
860Ma se m’inganni?
 ELPINO
                                    Abbi in me fede.
 EURIDICE
                                                                     Sappi
 che un deluso sperar torna in furore.
 
    Vi accetto in seno,
 speranze care,
 per consolarmi.
 
865   Per poco almeno
 si gusti un bene
 che solo viene
 per ingannarmi.
 
 SCENA XXI
 
 ADRASTO e CELIA
 
 ADRASTO
 Ninfa, l’ora è pur giunta in cui poss’io,
870con meno di rossor, dirti ch’io t’amo;
 viene Adrasto ad offrirti,
 meno audace amator de’ tuoi begli occhi,
 non di fertili armenti,
 non di pingui campagne il basso impero
875ma di un regno non vil lo scettro e il trono,
 caro a me, poiché lice
 farne alla tua beltà tributo e dono.
 L’amor...
 CELIA
                    Condona, o prence,
 se i tuoi detti interrompe
880rozza e semplice ninfa a’ boschi avvezza.
 L’onor, con cui tu pensi
 trarmi da’ boschi ed innalzarmi al soglio,
 m’illustra, sì, ma non mi abbaglia. A questo
 villereccio mio volto,
885mal si confanno e le corone e gli ostri.
 ADRASTO
 Quanto mal ti ravvisi,
 Celia cara e gentil; di queste selve
 esci pur dagli orrori
 ad arricchir del tuo sembiante il mondo,
890a far ragion delle mie fiamme a’ cori.
 Tu neghi? Ancor ritrosa
 al tuo bene ti mostri? Ancora Adrasto
 del tuo amor non è degno?
 Che più darti mi resta?
895Più di un core non ho né più di un regno.
 Parla.
 CELIA
              Poiché mel chiedi,
 per pace tua, per mio riposo, ascolta;
 non ti vo’ lusingar; come poss’io,
 che pastor ti sprezzai, principe amarti?
900Quale amor fora il mio? Credimi, Adrasto,
 se il mio core di amarti
 oggi avesse risolto,
 la tua sorte amerei, non il tuo volto.
 ADRASTO
 Ingrata Celia!
 CELIA
                             Invano
905d’inutili querele armi ’l tuo sdegno.
 ADRASTO
 Meglio risolvi.
 CELIA
                             I voti perdi e i preghi.
 ADRASTO
 Ama il ben che ti giova.
 CELIA
 Il ben che piace è vero ben dell’alma.
 ADRASTO
 Il ciel ti chiama a tant’altezza.
 CELIA
                                                        Il cielo
910vuol ch’io viva qual ninfa.
 ADRASTO
                                                 Amor t’invita.
 CELIA
 Al mio bel Silvio in fronte
 amor scrisse il mio fato.
 ADRASTO
 Così crudel?
 CELIA
                          Costanza
 non fu mai crudeltà.
 ADRASTO
                                        Ti cangerai.
 CELIA
915lo cangiarmi?
 ADRASTO
                            Deh pensa...
 CELIA
 Già penso.
 ADRASTO
                       E che?
 CELIA
                                      Di non amarti mai.
 
    Se deve amar quest’alma,
 tu il vago non sarai
 che l’alma adorerà.
 
920   Non ti adular. Già sai
 che d’altri e più be’ rai
 arder amor mi fa.
 
 SCENA XXII
 
 ADRASTO
 
 ADRASTO
 Va’ pur. Degno è d’imperi ’l tuo rifiuto.
 O costanza! O virtù! Dove risiedi?
925Esule dalle reggie,
 vivi ignota ne’ boschi,
 contenta di piacer senza ingrandirti.
 Assai diede all’amor. Perdona, Aminta;
 e tu, sacra amicizia, ancor perdona;
930se tardo a te ritorno amor ne incolpa;
 necessità diviene,
 dov’è legge di amore, ogni gran colpa.
 
    Che non fa ne’ nostri cori
 la beltà dolce tiranna.
 
935   Lusingando i nostri ardori
 ancor piace, allor che inganna.
 
 Il fine dell’atto secondo