Venceslao, Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO QUINTO
 
 Appartamenti reali.
 
 SCENA PRIMA
 
 ERENICE ed ERNANDO con la spada in mano
 
 ERENICE
 Tutta cinta è dal popolo feroce
 la sarmatica reggia. Ognun la vita
 grida di Casimiro.
1205Teco fra lor passai né fu chi il guardo
 torvo a noi non volgesse. Ancor nel petto
 mi trema il cor.
 ERNANDO
                                Sì tosto
 si avvilisce il tuo sdegno?
 ERENICE
 No no, mora il crudele e pera il regno.
 ERNANDO
1210Pera anche il re; ma il colpo
 esca della tua mano.
 ERENICE
 Io svenar Venceslao?
 ERNANDO
 Sì, queste son le regie stanze.
 ERENICE
                                                        Ernando,
 cerco vendetta e non infamia.
 ERNANDO
                                                        Il ferro,
1215che troncherà del figlio il capo, ha prima
 nel sen del padre a ripassar. Che importa
 che tu il comandi o il vibri?
 ERENICE
 Come? Val tanto adunque
 d’un reo la vita?
 ERNANDO
                                 Parmi
1220tutta incendio e tutt’armi
 veder la reggia, il figlio
 da’ popoli difeso, il padre austero
 custode delle leggi. Ah, dove andranno
 l’ire a cader? Su te cadran, su te,
1225misera patria e miserabil re.
 ERENICE
 Ma che dee farsi?
 ERNANDO
                                   Al sol pensarvi io tremo,
 sudo, mi agghiaccio. Io primo offeso, io primo
 rinunzio alla vendetta e getto il ferro.
 Generosa Erenice,
1230nel tuo dolor la tua ragione ascolta.
 Perdona a Casimiro, anzi perdona
 alla patria, al monarca, alla tua gloria.
 Con sì bella vendetta
 meglio noi placherem l’ombra diletta.
 ERENICE
1235Ernando, ahi, qual perdon!... Non so. Non posso...
 ERNANDO
 S’apre l’uscio real. Vanne ed implora
 al regio piè...
 ERENICE
                           Vo’ pensar meglio ancora. (Si parte)
 ERNANDO
 
    Spunta su que’ begli occhi
 un lampo di sereno,
 
1240   un lampo lusinghiero
 ch’è di pietà foriero
 entro quel seno.
 
 SCENA II
 
 VENCESLAO con guardie
 
 VENCESLAO
 A me guidisi il figlio.
 Giorno, o quanto diverso
1245da quel che ti sperai! Itene e i lieti
 apparati di amor cangiate, amici,
 in funeste gramaglie e in bara il trono.
 Più Venceslao, più genitor non sono.
 
 SCENA III
 
 CASIMIRO con guardie e VENCESLAO
 
 CASIMIRO
 Prostrato al regio piede,
1250incerto fra la vita e fra la morte,
 eccomi.
 VENCESLAO
                  Sorgi. (Anima mia, sta’ forte).
 CASIMIRO
 Nelle tue mani è il mio destin.
 VENCESLAO
                                                          Mio figlio,
 reo ti conosci?
 CASIMIRO
                             E senza
 la tua pietà sono di vita indegno.
 VENCESLAO
1255Cieco rotasti il ferro
 tra l’ombre.
 CASIMIRO
                         Il ferro strinsi e fui spietato.
 VENCESLAO
 Alessandro uccidesti.
 CASIMIRO
 Il mio germano uccisi.
 VENCESLAO
 Morto Ernando volesti, il duce invitto.
 CASIMIRO
1260E del colpo l’error fu più delitto.
 VENCESLAO
 Scuse non hai.
 CASIMIRO
                              L’ho ma le taccio, o sire.
 Rammentarti non giova
 i trofei del mio braccio a pro del regno.
 Il Mosco debellato, il vinto Sveco
1265parlan per me. Non ti ricordo il dolce
 vincolo di natura. Ella in te parla.
 Dirti potrei che del germano ucciso
 la notte è rea, più che il mio braccio. Ernando
 morto, è vero, io volea;
1270ma rivale il credea. L’amor discolpa
 il non commesso errore.
 Sol la maggior mia colpa è il tuo dolore.
 Tutto obblio, tutto taccio.
 Se discolpe cercassi, io sarei ’ngiusto.
1275Sarò più reo, perché tu sia più giusto.
 VENCESLAO
 (Vien meno il cor). Dammi le braccia, o figlio.
 CASIMIRO
 Re, padre...
 VENCESLAO
                        E prendi in questo
 l’ultimo abbracciamento.
 CASIMIRO
 L’ultimo?
 VENCESLAO
                     Ahi pena!
 CASIMIRO
                                          Ahi sorte!
 VENCESLAO
1280Or vanne, o figlio.
 CASIMIRO
                                    Ove signore?
 VENCESLAO
                                                              A morte.
 Vanne ma generoso. Un cor vi porta
 degno di re che non imiti il mio.
 A me sol lascia i pianti, a me i languori;
 e insegnami costanza, allor che muori.
 CASIMIRO
 
1285   Vado costante a morte.
 Conservami tu solo
 la sposa mia fedel.
 
    Pensando al suo gran duolo,
 sento il mio cor men forte,
1290più il mio destin crudel.
 
 SCENA IV
 
 VENCESLAO, poi ERENICE
 
 VENCESLAO
 Importuno dover, quanto mi costi!
 Esser non posso al figlio
 buon giudice e buon padre...
 ERENICE
 Vengo...
 VENCESLAO
                  Erenice, ad affrettar se vieni
1295del figlio miserabile la pena,
 risparmia i voti. A te della vendetta
 debitor più non sono.
 Il figlio condannato assolve il padre.
 ERENICE
 E te ne assolve ancora
1300la pietà di Erenice.
 Per me non vegga il regno
 la natura in tumulto,
 la patria in armi, la pietà in esiglio.
 All’ombra di Alessandro
1305basti il mio pianto; e ti ridono il figlio.
 VENCESLAO
 No. Con la tua pietade io non mi assolvo.
 Se restano impunite,
 passan le colpe in legge;
 e non le teme il volgo,
1310se l’esempio del re non le corregge.
 
 SCENA V
 
 ERNANDO e i suddetti
 
 ERNANDO
 Anch’io, sire...
 VENCESLAO
                             Opportuno
 mi giungi, amico. In sì grand’uopo io cerco
 o ragione o conforto.
 ERNANDO
 Per chieder grazie al regio piè mi porto.
 VENCESLAO
1315Tutto promisi e tutto deggio. In onta
 del mio dolor me ne sovviene, Ernando.
 ERNANDO
 Di mie fatiche il guiderdon ti chieggo.
 VENCESLAO
 L’avrai quando anche fosse
 la metà del mio trono.
 ERNANDO
1320Ti chieggo...
 VENCESLAO
                         E che?
 ERNANDO
                                        Del principe il perdono.
 VENCESLAO
 Come!
 ERNANDO
                N’han la tua fede i voti miei.
 In ciò non re ma debitor mi sei.
 VENCESLAO
 Tutto a te deggio e regno e vita. Solo
 la mia giustizia, l’onor mio, la sacra
1325custodia de le leggi a te non deggio.
 ERNANDO
 (Principe, al tuo destin scampo non veggio).
 
 SCENA VI
 
 GISMONDO e i suddetti
 
 GISMONDO
 Tosto, signor, cingi lorica ed elmo,
 rompi ogni ’ndugio ed arma
 di acciar la destra e di costanza il petto.
 VENCESLAO
1330Che fia, Gismondo?
 GISMONDO
                                       Il prence...
 VENCESLAO
 Morì. Per esser giusto
 già finii di esser padre.
 GISMONDO
                                             Ah, se riparo
 non affretti al periglio,
 la corona perdesti e non il figlio.
 VENCESLAO
1335Che? Vive Casimiro?
 GISMONDO
                                          E vivo il vuole
 la milizia, la plebe ed il Senato.
 Sono infranti i suoi ceppi,
 fugati i tuoi custodi, al suol gittati
 i funesti apparati e del tumulto
1340non ultima è Lucinda.
 Ognun freme; ognun grida; e se veloce
 tu non vi accorri, invano
 freno si cerca al popolo feroce.
 VENCESLAO
 Sì sì, popoli, Ernando,
1345Erenice, Lucinda,
 dover, pietà, legge, natura, a tutti
 soddisfarò, soddisfarò a me stesso.
 Seguitemi. Oggi il mondo
 apprenderà da me
1350ciò che può la pietade in cor di padre,
 ciò che può la giustizia in cor di re.
 
    L’arte, sì, del ben regnar
 da me il mondo apprenderà.
 
    Ei vedrà che so serbar
1355la giustizia e la pietà.
 
 SCENA VII
 
 ERENICE
 
 ERENICE
 Che sarà? O del mio sposo
 onorata memoria,
 non per viltà ma perdonai per gloria.
 
    Può languir l’ira nel petto;
1360ma l’amor languir non può.
 
    Caro sposo, o di mia fede
 nobil gloria, illustre oggetto,
 sinché viva, io t’amerò.
 
 Luogo magnifico con trono reale.
 
 SCENA VIII
 
 CASIMIRO, LUCINDA, popolo, soldati, eccetera, escono tutti al suono di militari strumenti
 
 LUCINDA e POPOLO
 
    Viva e regni Casimiro.
1365Viva, viva.
 
 CASIMIRO
 Duci, soldati, popoli, Lucinda,
 qual zelo v’arma? Qual furor vi move?
 Dunque in onta del padre
 vivrò più reo? Dovrò la vita al vostro
1370tumultuoso amore?
 Dopo un fratel con minor colpa ucciso,
 ucciderò con più mia colpa il padre?
 Non è questa la vita
 che chieder posso. Ah, prima
1375rendetemi a’ miei ceppi;
 traetemi al supplizio; e quando ancora
 v’è chi si opponga, questo,
 sì, questo acciar trapasserammi. In pena
 del mio, del vostro eccesso
1380io il carnefice sol sarò a me stesso.
 E tu datti alfin pace,
 mio solo amor, mio solo affanno, in questa
 sorte mia disperata,
 raro esempio di fé, sposa adorata.
 LUCINDA
 
1385   Non mi dir di amarmi più,
 anima senza fé, senza pietà.
 
    Tu amor per me non hai;
 né tu l’avesti mai.
 Perché con me, perché tanta impietà?
 
 SCENA ULTIMA
 
 VENCESLAO, ERENICE, ERNANDO, GISMONDO con seguito e i suddetti
 
 VENCESLAO
1390Ed è vero? E lo veggio?
 CASIMIRO
 Padre e signor, ritorno
 volontario a’ tuoi ceppi;
 depongo ancor la spada e piego il capo.
 Solo a questo perdona
1395popol fedel. Zelo indiscreto il mosse,
 non fellonia. Non parlo
 per la real mia sposa.
 Il suo grado e il suo amor fan le mie veci.
 Di me disponi. In me le leggi adempi.
1400In me punisci il fallo.
 Fratricida infelice io morir posso,
 non mai figlio rubel, non reo vassallo.
 LUCINDA
 
    Viva, viva Casimiro.
 
 TUTTI
 
 Viva, viva. (Il re va sul trono)
 
 VENCESLAO
1405Popoli, da quel giorno, in cui vi piacque
 pormi in fronte il diadema, in man lo scettro,
 resi giustizia e fui
 ministro delle leggi e non sovrano.
 Ora non fia ch’io chiuda
1410con ingiusta pietade e regno e vita.
 Si deve un fratricida
 punir nel figlio. Il condannai. La legge
 re mi trovò, non padre.
 Voi nol volete; ed ora
1415padre, non re mi troverà natura.
 Figlio, ti accosta.
 CASIMIRO
                                 Al soglio
 piego umil le ginocchia. (Casimiro ascende alquanti gradini del trono e inginocchiasi dinanzi al padre)
 LUCINDA
 (Cor, non anche t’intendo).
 VENCESLAO
 Qual re avesti, Polonia, il raro, il grande
1420atto, per cui lo perdi, ora t’insegni.
 Volermi ingiusto è un non voler che regni. (Venceslao si cava la corona di capo in atto poi di porla su quello di Casimiro)
 CASIMIRO
 Che fai, signor?
 VENCESLAO
                                Conviene
 far cader la tua testa o coronarla.
 CASIMIRO
 Mora il figlio e tu regna.
 VENCESLAO
                                               Il re tu sei.
1425Col voler di Erenice,
 con la pietà di Ernando,
 il popolo ti acclama. Io reo ti danno
 e assolver non ti posso.
 Orché tu sei sovrano,
1430assolverti potrai con la tua mano. (Venceslao corona il figliuolo al suono di timpani e di trombe)
 LUCINDA
 Gioie, non mi opprimete.
 GISMONDO
 O di giusta pietà nobile esempio!
 VENCESLAO
 Con giubilo or discendo
 dall’altezza suprema.
1435Per un figlio acquistar, lascio il diadema. (Preso per mano Casimiro, scende con esso dal trono)
 CASIMIRO
 La corona io ricevo
 in deposito, o padre, e non in dono.
 Tu sarai re. Io servo
 le leggi tue pubblicherò dal trono.
 ERNANDO
1440Io pure in te, novo monarca, adoro
 l’alto voler del tuo gran padre.
 CASIMIRO
                                                         Ernando,
 non eredito re gli odi privati.
 Ti accolgo, amico, e tu, Erenice, in lui
 da me prendi uno sposo,
1445se nel fratello un te ne tolsi.
 ERENICE
                                                    Sire,
 giace ancora insepolta
 la nobil salma e, per dar luogo ad altro
 pensier di novo affetto,
 troppo recente è la ragion del pianto.
 ERNANDO
1450Bastami or sol che rea
 nell’amarti non sia la mia speranza.
 ERENICE
 Tutto speri in amor merto e costanza.
 CASIMIRO
 Ultimo a te mi volgo,
 diletta sposa. Cari
1455solo per te mi son la vita e il regno.
 LUCINDA
 Tanta è la gioia mia
 che parmi di sognar, mentre ti annodo.
 GISMONDO
 Col tuo giubilo, o patria, esulto e godo.
 VENCESLAO
 Figlio, sul trono ascendi;
1460e le festive pompe,
 destinate per me, sieno tue glorie.
 Oggi per te rinasco. Oggi più degno
 comincio e nova vita e novo regno. (Casimiro, presa per mano Lucinda, ascende sul trono)
 CORO
 
    Vivi e regna fortunato,
1465nostro duce e nostro re.
 
    Te si unisca a far beato
 tempo e sorte, amore e fé.
 
 Il fine del «Venceslao»
 
 LICENZA
 
 Sì, tempo e sorte, amore e fede, invitto
 e glorioso Carlo,
1470ti rendano felice; e sia il tuo nome,
 per cui stancansi tanti
 men però del tuo merto illustri applausi,
 nome d’ilarità, nome di gloria.
 Il tempo su’ tuoi lauri
1475spezzi l’adunca falce. Immobil sieda
 la fortuna al tuo piede e al cerchio avvolga
 di sua instabile rota il crine errante;
 e l’amore e la fé, che son de’ regni
 i più fermi sostegni,
1480non da timor, non da interesse astretti
 ma di dover colmi e di zelo e senza
 que’ bassi affetti, onde suol cinta intorno
 per sua antica sciagura andar grandezza,
 veglino al regal fianco.
1485O voti fortunati! Ecco serena
 luce a destra balena. Ecco felici
 all’impero di Carlo i giusti auspici.
 
    Regnasti sinora
 invitto e beato;
1490e seguanti ognora
 contenti e vittorie.
 
    A quei che verranno
 tuoi novi e maggiori
 trionfi ed onori
1495si oscurino ancora
 le andate tue glorie.
 
 CORO
 
    Vivi e regna fortunato,
 nostro augusto e nostro re.
 
    Te si unisca a far beato
1500tempo e sorte, amore e fé.