Venceslao, Pesaro, Gavelli, 1724 (Il fratricida innocente)

 ATTO QUARTO
 
 Prigione.
 
 SCENA PRIMA
 
 CASIMIRO solo incatenato
 
 CASIMIRO
 Ove siete? Che fate,
950spirti di Casimiro? Io di re figlio,
 io di più regni erede,
 io tra marmi ristretto? Io ceppi al piede?
 Amor, sì sì, tu solo
 se’ mia gran colpa. O di Erenice, o troppo
955bellezze a me fatali, io vi detesto.
 Son misero, son reo, son fratricida,
 perché vi amai. Sono spergiuro ancora.
 Spergiuro ed empio a chi fedel mi adora.
 
 SCENA II
 
 GISMONDO, LUCINDA e CASIMIRO
 
 GISMONDO
 Lucinda a te sen viene.
 CASIMIRO
960(Lucinda a me? Per qual destino, o dei?)
 LUCINDA
 (Seconda amor propizio i voti miei).
 CASIMIRO
 Regina, (dir non oso
 Lucinda, sposa, nomi
 in bocca sì crudel troppo soavi)
965leggo sulla tua fronte
 la sorte mia. Tu vieni
 nunzia della mia morte e spettatrice;
 di buon cor la ricevo;
 ma la ricevo in pena
970di averti iniquo, o mia fedel, tradita,
 seppur la ria sentenza
 sul labbro tuo morte non è ma vita.
 GISMONDO
 Desta pietà.
 LUCINDA
                         (Caro dolor!) Custodi,
 al piè di Casimiro
975tolgansi le ritorte.
 GISMONDO
 Lo impone il re.
 CASIMIRO
                                Che cangiamento è questo?
 LUCINDA
 Da me la morte attendi?
 Da me, crudel?
 CASIMIRO
                               Da te che offesi.
 LUCINDA
                                                              Ingrato.
 CASIMIRO
 Ben ne ho dolor; ma indegno
980di tua pietade io sono;
 ed or, bella, a’ tuoi piedi
 chiedo la pena mia, non il perdono.
 LUCINDA
 Casimiro, altra pena
 non chiedo a te che l’amor tuo. Del primo
985tuo pianto io son contenta.
 Godo di perdonarti.
 GISMONDO
 Prenci, non più dimore. Il re vi attende.
 CASIMIRO
 A che?
 LUCINDA
                Dal reggio labbro
 l’alto destin ne intenderai.
 CASIMIRO
                                                   Già scordo
990vicino a te, mio bene, i mali miei.
 LUCINDA
 Io ti ottenni il perdon. Temer non dei.
 GISMONDO
 Or vi precedo.
 LUCINDA
                             Andiamo. O gioia!
 CASIMIRO
                                                                 O sorte!
 A DUE
 Né sciolga un sì bel laccio altri che morte.
 
 Galleria corrispondente alla sala.
 
 SCENA III
 
 ERNANDO, ERENICE
 
 ERNANDO
 Principessa, a te viene
995un amico, un amante
 ad unir le sue pene al tuo dolore.
 ERENICE
 Di vendetta si parli e non d’amore.
 ERNANDO
 Vendetta, sì, vendetta
 anch’io voglio, anch’io giuro.
 ERENICE
1000Quanto mi piace l’odio tuo!
 ERNANDO
                                                    Lo irrita
 amor nel tuo dolore.
 ERENICE
 Eppur ritorni a ragionar di amore.
 ERNANDO
 Amor che non offende
 né la tua fé né l’amistà di Ernando
1005non può irritarti. I mali tuoi nol fanno
 più ardito e baldanzoso. Egli è ben forte
 ma disperato.
 ERENICE
                             E s’egli è tal, l’accetto.
 Disperato è anche il mio.
 ERNANDO
                                                Tale il prometto.
 ERENICE
 Ti ricevo or compagno
1010nel mio furore.
 ERNANDO
                               Andiamo. Io più di un seno
 ti additerò dove infierire.
 ERENICE
                                                 Andiamo.
 Ma tua sola mercede
 fia ch’Erenice all’amor tuo dà fede.
 
    In me sento dello sdegno
1015ognor più contro l’indegno
 l’alta fiamma scintillar.
 
    E nel petto l’alma accesa
 l’empio eccesso dell’offesa
 vuol col sangue vendicar.
 
 SCENA IV
 
 VENCESLAO con guardie, poi GISMONDO
 
 VENCESLAO
1020Nozze più strane e meno attese e quando,
 Polonia, udisti? Onor le chiede. Impegno
 le stringe e questa reggia
 ne serve all’apparato e le festeggia.
 Ma...
 GISMONDO
             Si avanza a’ tuoi cenni
1025la regal coppia.
 VENCESLAO
                               Venga.
 Tu ciò che imposi ad affrettar t’invia.
 Al principio dell’opra
 ben corrisponda il fin.
 GISMONDO
                                           Strane vicende,
 vi figura il pensiero e non v’intende.
 
 SCENA V
 
 CASIMIRO, LUCINDA e VENCESLAO
 
 CASIMIRO
1030De’ più illustri sponsali
 questa è la reggia.
 LUCINDA
                                    E qui ti attende il padre.
 VENCESLAO
 Figlio, in onta a tue colpe
 son padre ancora. Allor che morte attendi,
 agl’imenei t’invito e ti presento
1035in Lucinda una sposa.
 Abbilo a grado. Il chiede
 tuo dover, mio comando e più sua fede.
 LUCINDA
 (Che mai dirà?)
 CASIMIRO
                                 Deh come
 è possibile, o padre,
1040che sì tosto si cangi
 la sorte mia? Dovea morire...
 VENCESLAO
                                                       Eh lascia
 la memoria funesta.
 Pensa or solo a goder. Tua sposa è questa.
 CASIMIRO
 Caro più della vita
1045m’è ’l dono tuo. Lo accetto,
 non perché tu ma perché amor lo impone
 e alla bella Lucinda
 non mi sposa il timor ma la ragione.
 LUCINDA
 E di gioia non moro?
 VENCESLAO
                                         Or questa gemma (Dà un anello a Casimiro che poi con esso sposa Lucinda)
1050confermi a lei la marital tua fede.
 CASIMIRO
 Ma più di questa gemma
 te la confermi il core.
 LUCINDA
 Mio tesoro.
 CASIMIRO
                        Mio ben.
 A DUE
                                           Mio dolce amore.
 VENCESLAO
 Sposi, sì casti amplessi
1055lasciar si denno in libertà.
 CASIMIRO
                                                  Due volte
 mi fosti padre.
 LUCINDA
                              E vita
 ti deggio anch’io.
 VENCESLAO
                                  Regina,
 all’onor tuo si è soddisfatto?
 LUCINDA
                                                     Appieno.
 VENCESLAO
 Sei paga?
 LUCINDA
                     In Casimiro
1060tutta lieta è quest’alma e più non chiede.
 VENCESLAO
 Egli è tuo sposo e ti serbai la fede.
 LUCINDA
 La fé serbasti.
 VENCESLAO
                             Addio. Null’altro, o sposi,
 qui far mi resta, or che la fé serbai.
 Ma Casimiro...
 CASIMIRO
                              Padre.
 VENCESLAO
1065Deggio altrui pur serbarla. Oggi morrai.
 
 SCENA VI
 
 LUCINDA, CASIMIRO
 
 LUCINDA
 Oggi morrai? Dirlo ha potuto un padre?
 Lucinda udirlo? Oggi morrai? Spietato
 giudice, iniquo re, così mi serbi
 la fé per più tradirmi?
1070Mi dai lo sposo e mel ritogli? O tutto
 ripigliati il tuo dono o tutto il rendi;
 se mi sei più crudel, meno mi offendi.
 E tu che fai? Che non ti scuoti? Il cenno
 udisti di un tiranno e non di un padre.
1075Carnefice vuol torti
 la vita che ti diede e romper tutti
 gli ordini di giustizia e di natura.
 CASIMIRO
 Lucinda, anima mia,
 che far? Che dir poss’io? Veggo i mie’ mali
1080e so di meritarli.
 Penso al tuo duolo e ti compiango. O sposa,
 misera sposa! giunta
 a vederti tradire,
 a vedermi morire.
 LUCINDA
1085Morir? Me forse credi
 sì vil, sì poco amante
 che sofferire il possa?
 Meco ho guerrieri, ho meco ardire, ho meco
 amor, sangue, ragione.
1090Ecciterò ne’ popoli lo sdegno;
 empierò d’ire il regno,
 di tumulto la reggia,
 tratterò ferro e foco.
 
    E se teco io non vivrò,
1095teco, sposo, io morirò.
 
 CASIMIRO
 Un soccorso rifiuto
 ch’esser può mio delitto e tuo periglio.
 Il re mi è padre, io son vassallo e figlio.
 LUCINDA
 Crudel, se’ sposo ancora.
1100Serbi il nome di figlio a chi ti uccide,
 nieghi il nome di sposo a chi ti adora?
 CASIMIRO
 Anzi questo è ’l sol nome
 che più mi è caro, io meco
 porterollo agli Elisi, ombra costante,
1105e là dirò: «Son di Lucinda amante».
 LUCINDA
 Va’ pur; ti è cara, il veggio,
 la morte tua. Vanne, l’incontra; all’empio
 carnefice fa’ core e ’l colpo affretta.
 Ma sappi, io pur morrò
1110dal ferro uccisa o dal dolor. Tu piagni?
 Tu impallidisci? Il mio morir tu temi?
 Non temi il tuo? Che pietà è questa? Priva
 mi vuoi d’alma e di core e vuoi ch’io viva?
 CASIMIRO
 Sì, vivi. Il dono è questo
1115che ti chiedo in morendo. Addio, mia sposa,
 degna di miglior sorte
 e di sposo miglior.
 LUCINDA
                                     Tu parti?
 CASIMIRO
                                                         Addio.
 Tolerar più non posso
 la pietà di quel pianto. Andrò men forte,
1120se più ti miro, andrò, mia cara, a morte.
 
    Parto, non ho costanza
 da rimirarti a piangere.
 Sposa ti abbraccio. Addio.
 
    Se più rimango, io moro;
1125ma non saria morir
 sugli occhi di chi adoro
 il morir mio.
 
 SCENA VII
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
 Correte a rivi, a fiumi, amare lagrime.
 Tolto da me lo sposo
1130ha l’ultimo congedo.
 Più non lo rivedrò. Barbaro padre!
 Miserabile sposo! Ingiusti numi!
 Su, lagrime, correte a rivi, a fiumi.
 Ma che giova qui il pianto? All’armi, all’armi.
1135Giacché tutto disperi,
 tutto ardisci, o Lucinda. Apriti a forza
 nella reggia l’ingresso. Ecco già parmi
 di svenare il tiranno,
 di dar morte a’ custodi,
1140di dar vita al mio sposo e di abbracciarlo
 fuori de’ ceppi... Ahi dove son? Che parlo?
 
    Fra mille pensieri
 confusa men vo,
 se tema, se speri
1145quest’alma non sa.
 
    Se esangue il mio amore
 veder io dovrò,
 la morte al dolore
 riparo sarà.
 
 SCENA VIII
 
 LUCINDA che nel partire s’incontra in CASIMIRO ed ERNANDO
 
 CASIMIRO
1150Principessa, non sempre
 onde apprender conforto agl’infelici
 tutte le vie son chiuse. Amico Ernando
 ne’ più teneri sensi il suo discopre
 invitto core e espone
1155più generoso il testimon nell’opre.
 LUCINDA
 I tuoi nemici ancora
 sorprende la tua morte. Ahi, che in te solo,
 in te scorge, o gran duce,
 qualche raggio di speme il mio gran duolo.
 ERNANDO
1160Or m’odi, a Casimiro
 tutta del sangue mio,
 che a pro versai del regno,
 la forza e la mercé qui tutta impegno;
 impegno ch’Erenice
1165per la di lui salvezza
 supplice verrà meco al regal piede;
 spera, chi sa. Allor che men s’apprezza
 più del vassal sa trionfar la fede.
 CASIMIRO
 O chiaro esempio di virtù più rara!
 LUCINDA
1170Cieli, addolcite la mia pena amara!
 ERNANDO
 
    Consola il tuo dolor.
 
 CASIMIRO
 
 Acheta il tuo bel cor.
 
 LUCINDA
 
 Oh dio, perché?
 
 ERNANDO, CASIMIRO A DUE
 
    Già splendono più belle
1175le stelle in ciel per te.
 
 LUCINDA
 
    Ah forse la mia sorte
 placata ancor non è.
 
 ERNANDO
 
    No no, non sospirar.
 
 CASIMIRO
 
 No no, non paventar.
 
 LUCINDA
 
1180Oh dio, perché?
 
 ERNANDO, CASIMIRO A DUE
 
                         del tuo
    Già in seno                sposo
                          al caro
 riposo amor ti diè.
 
 LUCINDA
 
    Eppur tra le ritorte
 tu porti ancora il piè.
 
 Fine dell’atto quarto