Venceslao, Pesaro, Gavelli, 1724 (Il fratricida innocente)

 ATTO TERZO
 
 Anfiteatro con steccato e trono in mezzo.
 
 SCENA PRIMA
 
 LUCINDA con seguito
 
 LUCINDA
 Sommi dei, menti eterne,
 da’ voti miei tanto stancati e tanto
 dall’infedel mio sposo
560spergiurati e scherniti,
 se mai sull’are vostre
 vittime elette i’ fei cader, se a voi
 giunser mai con gl’incensi
 gl’innocenti miei prieghi, a me volgete
565raggi propizi; e in questa
 fatal temuta arena
 finite la mia vita o la mia pena.
 
 SCENA II
 
 VENCESLAO con seguito e LUCINDA
 
 VENCESLAO
 Impazienza e sdegno
 ben qui ti trasse frettoloso.
 LUCINDA
                                                   Sono
570anche i più brevi indugi,
 a chi cerca vendetta, ore di pena.
 VENCESLAO
 Stranier, cadente è ’l sole; e meglio fora
 sospender l’ire al dì venturo e l’armi.
 LUCINDA
 Tanto rimane, o sire,
575di giorno ancor che ne avrà fin la pugna.
 Giudice e re tu stesso
 l’ora assegnasti e ’l campo. Ed or paventi?
 VENCESLAO
 Pugnisi pur. Non entran nel mio core
 deboli affetti e n’è viltà sbandita;
580e se ora temo, temo
 l’innocenza del figlio e non la vita.
 
 SCENA III
 
 CASIMIRO con seguito e li suddetti
 
 CASIMIRO
 E vita ed innocenza
 affidata al mio braccio è già sicura.
 LUCINDA
 Impotente è l’ardire in alma impura. (Parte. Venceslao va a sedere sul trono)
 
 SCENA IV
 
 LUCINDA, CASIMIRO, VENCESLAO assiso in trono
 
 LUCINDA
585O tu, che ancor non veggio (Casimiro sta confuso)
 qual ti deggia chiamar, nemico o amico,
 possibil fia ch’espor tu voglia al fiero
 sanguinoso cimento e fama e vita?
 E ingiusto sosterrai la tua mentita?
590Dimmi, di’, Casimiro,
 tu non vergasti il foglio? Ignoto il volto
 t’è di Lucinda e ’l nome?
 Fede non le giurasti? (Casimiro non la guarda)
 Sposa non l’abbracciasti? E dir tu ’l puoi?
595Tu sostener? Scuotiti alfin. Ritorni
 la perduta ragion. Già per mia bocca
 l’amorosa Lucinda or sì ti dice.
 
    Cara parte di quest’alma, (Se gli accosta)
 torna, torna ad abbracciarmi.
600Sposo amato...
 
 CASIMIRO
 
                              All’armi, all’armi. (Casimiro dà di mano alla spada e con impeto da sé risospinge Lucinda)
 
 LUCINDA
 
    Traditore, più che amore,
 brami piaghe e vuoi svenarmi?
 
 CASIMIRO
 
 All’armi, all’armi.
 
 LUCINDA
 Dunque all’armi, spergiuro. (Dà di mano alla spada)
605Sieguasi il tuo furor.
 CASIMIRO
                                        Se’ tu quel forte
 campion che a darmi morte
 sin dal ciel lituan teco traesti?
 LUCINDA
 Io quegli sono; e meco
 ho la ragion dell’armi,
610meco i numi traditi,
 l’onestà vilipesa, i tuoi spergiuri.
 Su, strigni il ferro; e temi
 le piaghe che ricevi
 ma più quelle che fai. Più del tuo sangue
615temi il mio sangue e sia
 il tuo rischio maggior la morte mia.
 Ma che dissi mia morte?
 La tua, la tua vogl’io. Perfido, all’armi.
 Ben saprà questo acciaro
620a quel core infedel farsi la strada.
 CASIMIRO
 (Io volgerò contro costei la spada?) (In atto di partire è rattenuto da Lucinda)
 LUCINDA
 No no, da questo campo ad armi asciutte
 non uscirem.
 CASIMIRO
                           (Corre all’occaso il sole
 e in braccio d’Erenice Ernando è atteso).
 LUCINDA
625Che fai? Che miri? Ommai
 o ti difendi o ti trafiggo inerme.
 CASIMIRO
 Pugnisi al nuovo giorno.
 LUCINDA
 No no, pugna or volesti e pugna or voglio.
 Tu dei cadervi od io.
 CASIMIRO
630(Tolgasi questo inciampo all’amor mio). (Siegue l’abbattimento, in cui Casimiro gitta con un colpo di mano a Lucinda la spada)
 Se’ vinto; ed è ’l tuo torto
 chiaro agli occhi del padre, a quei del mondo.
 LUCINDA
 Hai vinto, o vile. Aggiugni alla tua gloria
 l’aver vibrato in sen di donna il ferro,
635l’averla vinta. Resta
 la morte sua. Che badi?
 CASIMIRO
 Tu donna?
 LUCINDA
                       E ancor t’infingi? Or via, mi svena.
 Questo de’ tuoi delitti
 sarà ’l minor, l’aver Lucinda uccisa
640dopo averla tradita.
 E fia poca fierezza,
 dopo tolto l’onor, torle la vita.
 VENCESLAO
 Che sento? Ella è Lucinda? (Il re scende dal trono)
 CASIMIRO
 Padre, già ’l dissi. Un mentitore è desso.
645Mentì già ’l grado ed or mentisce il sesso.
 Non se’ Lucinda, no. Confuso e vinto,
 pien di scorno e di duolo
 rimanti. (Il padre viene e a lui m’involo).
 
 SCENA V
 
 VENCESLAO e LUCINDA
 
 VENCESLAO
 (Fugge la mia presenza
650il colpevole figlio).
 Col tacermi il tuo grado e la tua sorte
 mi offendesti, regina.
 LUCINDA
 A che scoprirla, o sire,
 quando dovrei sino a me stessa ignota,
655nel più profondo orrore,
 seppellir la mia pena e ’l mio rossore?
 VENCESLAO
 Il poter di monarca,
 l’autorità di padre
 sul cor del figlio a tuo favore impegno.
660Nella ragion confida,
 nell’amor nostro e rasserena il ciglio.
 Sarà tuo sposo o non sarà mio figlio.
 LUCINDA
 Men dalla tua virtù, giusto regnante,
 non attendea Lucinda.
 VENCESLAO
 
665   Rasserena il turbato tuo core
 né temere di quel che sarà,
 
    poiché a un tempo il mio sdegno e ’l suo amore
 lieto ognun nel suo impegno sarà.
 
 SCENA VI
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
 Lusinghiamoci ancora
670né disperiam, teneri affetti. L’alma
 del tuo piacer riempi,
 speranza adulatrice,
 e vieni il dolor mio
 di letargo a coprir, se non di obblio.
 
675   Segue dall’orno al faggio,
 dal bosco alla campagna,
 or querulo or brillante,
 sempre fido e costante
 il rosignuolo.
 
680   E in vari e dolci modi
 palesa col bel canto
 che a lui son grati tanto
 gl’amori quanto gl’odi;
 io sol son tutta affanno
685e tutta duolo.
 
 SCENA VII
 
 Notte. Stanza con tavolino.
 
 GISMONDO, poi VENCESLAO
 
 GISMONDO
 La notte avanza; e ’l prence
 non viene ancora. Ei solo
 col suo furor rimase,
 torbido, minaccioso
690e rivale e geloso.
 VENCESLAO
 Gismondo, ov’è ’l mio figlio?
 GISMONDO
                                                       Io qui l’attendo.
 VENCESLAO
 O dio! L’alma presaga
 m’è di sventure e per Ernando io temo.
 GISMONDO
 Ancor non vien.
 VENCESLAO
                                Gismondo,
695chiamisi tosto il duce Ernando.
 GISMONDO
                                                           Al cenno
 affretto il piè veloce.
 (Temo anch’io l’ire di un amor feroce).
 
 SCENA VIII
 
 VENCESLAO, poi CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 Eppur cresce nel seno (Si asside al tavolino)
 e l’affanno e ’l timor. Qual notte è questa
700in cui sognansi orrori ad occhi apperti?
 Cor di re, cor di padre,
 quale acciar ti trafigge? E qual gran male
 tutto gelar fa nelle vene il sangue?
 Il supplicio de’ rei
705prova quest’alma; e in che vi offesi, o dei? (Appoggiandosi al tavolino, si cuopre gli occhi con la mano. Entra Casimiro con lo stile insanguinato. Casimiro in atto di deporre lo stile sul tavolino, vede il padre nello stesso momento in cui il padre alzando gli occhi vede il figliuolo)
 CASIMIRO
 
    Dolci brame di vendetta
 già la vittima caddé...
 
 VENCESLAO
 Sparite, o della mente
 torbide larve... Figlio...
 CASIMIRO
                                            Padre... (O stelle).
 VENCESLAO
710Che acciaro è quel? Che sangue
 ne stilla ancor? Qual colpo
 mediti? E qual facesti?
 Che orror, che turbamento
 ti sparge il volto?
 CASIMIRO
                                  (Ahi! Che dirò?)
 VENCESLAO
                                                                   Rispondi.
 CASIMIRO
715Signor...
 VENCESLAO
                   Parla.
 CASIMIRO
                                Poc’anzi...
 andai... Venni... L’amore...
 Lo sdegno... Una nell’altra
 mancan le voci. Attonito rispondo;
 nulla, o padre, dir posso e mi confondo.
 VENCESLAO
720Gran timido è un gran reo.
 Errasti, o figlio, e gravemente errasti.
 Ragion mi rendi ahi! di qual sangue.
 CASIMIRO
                                                                     Questo...
 Prepara pur contro il mio sen, prepara
 le più attroci vendette...
725Questo (il dirò) del mio rivale è sangue.
 Sangue è di Ernando.
 VENCESLAO
                                          O dei! (Si leva)
 Ernando è morto!
 CASIMIRO
                                    Ed io,
 io ne fui l’omicida.
 VENCESLAO
 Perfido, Ernando è morto?
 CASIMIRO
                                                   E ragion n’ebbi.
 VENCESLAO
730Di svenarmi in quel core
 ragione avesti? Barbaro, spietato,
 tu pur morrai. Vendicherò...
 
 SCENA IX
 
 ERNANDO e li suddetti
 
 ERNANDO
                                                      A’ tuoi cenni (Venceslao gli va incontro e lo abbraccia)
 qui pronto...
 VENCESLAO
                          Ernando vive? Ernando amico.
 CASIMIRO
 (Vive il rival? Voi m’ingannaste, o lumi?
735O tu man mi tradisti?)
 VENCESLAO
 Ma nol dicesti, o figlio,
 poc’anzi estinto.
 CASIMIRO
                                 Io son confuso.
 VENCESLAO
                                                              Ah duce,
 io moria per dolor della tua morte.
 ERNANDO
 Io morto? Ho vita, ho spirto
740ma per versarlo in tuo servigio, o sire.
 Così Ernando, così dee sol morire.
 VENCESLAO
 So la tua fede.
 CASIMIRO
                             (O ferro!
 In qual seno t’immersi?
 Qual misero svenai? Cieli perversi!)
 
 SCENA X
 
 ERENICE e li suddetti
 
 ERENICE
745Signor, che il tuo potere (A’ piedi di Venceslao)
 fra giustizia e pietà libri egualmente,
 difensor delle leggi,
 scudo dell’innocenza,
 giusto re, giusto padre, ecco a’ tuoi piedi,
750principessa dolente,
 chiedo la mia vendetta,
 chiedo la tua. Lagrime chiedo e sangue.
 Ti vo’ giudice e padre. Ah! Rendi al mondo
 a pro del giusto ed a terror dell’empio
755di virtù, di fortezza un raro esempio.
 VENCESLAO
 Sorgi, Erenice, e la vendetta attendi
 che ’l tuo dolor mi chiede.
 ERENICE
 Qual io sia, ben ti è noto. (Si leva)
 VENCESLAO
                                                 A’ tuo’ grand’avi
 quel diadema ch’io cingo ornò le tempia.
 ERENICE
760Senza offenderti, o sire,
 amar potea l’un de’ tuoi figli?
 VENCESLAO
                                                        Amore
 non è mai colpa, ove l’oggetto è pari.
 ERENICE
 Del pari ambo i tuoi figli
 per me avvampar. Ma ’l fuoco
765fu senso in Casimiro,
 fu virtù in Alessandro.
 Piacque il pudico amante, odiai l’impuro.
 Amor che strinse i cori
 strinse le destre; e fu segreto il nodo
770per tema del rival, non per tua offesa.
 CASIMIRO
 Mio rivale il germano?
 ERENICE
 Io questa notte i primi
 maritali suoi baci
 coglier dovea; l’ora vicina e d’ombre
775sparso era il ciel, quand’egli
 ne’ tetti miei, sulle mie soglie e quasi
 sugli occhi miei trafitto... Aimè!... Perdona
 la libertà del pianto...
 Freddo, esanime, esangue
780versò da più ferite e l’alma e ’l sangue.
 VENCESLAO
 Come? Morto Alessandro?
 ERNANDO
 Misero prence!
 CASIMIRO
                               O cieco
 furor, dove m’hai tratto? Io fratricida?
 ERENICE
 Sì, morto è l’infelice; e tosto ch’io
785ti miri vendicata,
 ti seguirò agli Elisi, ombra adorata.
 VENCESLAO
 S’agita al tribunal della vendetta
 la mia, non la tua causa.
 Erenice, ov’è ’l reo?
 ERENICE
                                       Quando tu ’l sappia,
790avrai cor da punirlo?
 VENCESLAO
 Sia qual si vuol, pronta è la scure; il capo
 vi perderà. Già data,
 data ho l’inesorabile sentenza,
 giustizia è l’ira ed il rigor clemenza.
 ERENICE
795Non tel dica Erenice, il cor tel dica,
 tel dica il guardo. Hai l’uccisor presente;
 quell’orror, quel pallore, (Additando Casimiro che sta confuso)
 quegli occhi a terra fissi,
 il silenzio del labbro e più di tutto
800quel ferro ancor fumante (Casimiro si lascia cader lo stile di mano)
 della strage fraterna a te già grida
 che un figlio del tuo figlio è l’omicida.
 VENCESLAO
 (Già cedo al nuovo affanno). (Si copre gli occhi col fazoletto)
 CASIMIRO
                                                       O destra! O ferro!
 ERNANDO
 (Miserabile padre!)
 ERENICE
805Casimiro l’uccise. Ei fece un colpo
 degno di lui. Se nol punisci, o sire,
 avido ancor di sangue
 verrà quello a vuotar ch’hai nelle vene.
 L’uccisor di un fratello
810esserlo può di un padre.
 Vendetta, o re, vendetta
 di te, di me, ragion, natura, amore
 la dimanda al tuo core.
 Se re, se padre a me negar la puoi,
815numi del cielo, a voi la chiedo, a voi.
 VENCESLAO
 Parla. Le tue discolpe (A Casimiro)
 giudice attendo.
 CASIMIRO
                                 Il ciel volesse, o sire,
 che del misfatto enorme,
 come n’è ’l cor, fosse innocente il braccio.
820Son reo, son fratricida,
 non ho discolpe, il mio supplizio è giusto.
 Io stesso mi condanno, io stesso abborro
 questa vita infelice,
 dal mio re condannata e da Erenice.
 VENCESLAO
825Va’, principessa, ed a me lascia il peso
 della comun vendetta.
 ERENICE
 Destra real, ti bacio
 e ’l misero amor mio da te l’aspetta.
 
    L’agnellin che nella selva
830fu sbranato da una belva,
 benché lacero sull’erba,
 le vendette ancor riserba
 ed estinto par che dica:
 «L’empia fera perirà».
 
835   Tale ancora un empio ingrato,
 sol d’ingiuria ed odio armato,
 ch’ha l’onor, la fé tradita,
 la sua vita perderà.
 
 SCENA XI
 
 VENCESLAO, CASIMIRO, ERNANDO e poi GISMONDO
 
 VENCESLAO
 Reo convinto, la spada
840deponi, o Casimiro.
 CASIMIRO
 La spada?
 VENCESLAO
                      Sì, la spada.
 CASIMIRO
 Eccola, o re. Già il core (Depone la spada sul tavolino)
 dispongo a sofferir mali più atroci.
 ERNANDO
 (Qual raggio a noi volgeste, astri feroci?)
 VENCESLAO
845Gismondo, olà.
 GISMONDO
                               Sire, i tuoi cenni attendo.
 VENCESLAO
 Custodirai nella vicina torre
 prigione il prence.
 GISMONDO
                                     Eseguirò fedele.
 VENCESLAO
 Tu colà attendi il tuo destino.
 CASIMIRO
                                                       Offeso
 or che deggio lasciarti,
850già sento in me la tua fierezza.
 VENCESLAO
                                                          Parti.
 CASIMIRO
 
    Da te parto e parto afflitto,
 o mio giudice, o mio re;
 volea dir mio genitor.
 
    Ma poi tacqui il dolce nome
855che più aggrava il mio delitto
 e più accresce il tuo dolor.
 
 SCENA XII
 
 VENCESLAO, ERNANDO, LUCINDA nel fine da donna
 
 VENCESLAO
 Non son più padre, Ernando. Un colpo solo
 mi privò di due figli.
 ERNANDO
 Casimiro ancor vive.
 VENCESLAO
860Chi è vicino a morir, già quasi è morto.
 ERNANDO
 Un padre re può ben salvare il figlio.
 VENCESLAO
 Se ’l danna il re, non può salvarlo il padre.
 ERNANDO
 Dunque il prence condanni?
 VENCESLAO
                                                      Io nol condanno,
 il sangue del fratel chiede il suo sangue.
 ERNANDO
865È tuo figlio.
 VENCESLAO
                         Ma reo.
 ERNANDO
                                          Natura offendi,
 se vibri il colpo.
 VENCESLAO
                                E se nol vibro, il cielo.
 Morirà Casimiro. (Lucinda sopraggiunge)
 LUCINDA
                                    (O dio! Purtroppo
 il suo periglio è certo).
 VENCESLAO
 (Lungi, o teneri affetti).
870Tu va’ mio nunzio a lui, digli che forte
 nel dì venturo ei si disponga a morte.
 
 SCENA XIII
 
 LUCINDA, VENCESLAO, ERNANDO
 
 LUCINDA
 Nel dì venturo a morte?
 Perdona, o re. Di Casimiro il capo
 con l’amor mio dalle tue leggi esento.
875È re di Lituania;
 tal lo dichiaro; e come re né dee
 né può d’altro regnante esser soggetto
 al giudizio e alle leggi.
 Rispetta il grado e ’l tuo rigor correggi.
 VENCESLAO
880Regina, in far la colpa
 re Casimiro ancor non era. Egli era
 mio suddito e mio figlio.
 Tal lo condanno. Il grado, a cui lo innalzi,
 lo trova reo; lo trova
885vittima del suo fallo,
 suddito delle leggi.
 Rispetta il giusto e l’amor tuo correggi.
 LUCINDA
 Misero Casimiro!
 Venceslao vive e tu perdesti il padre.
890Più misera Lucinda!
 Muore il tuo sposo e ’l tuo rossor pur vive.
 Questa, o regnante, questa è la tua fede?
 Così mi sposi al figlio?
 Così l’onor mi rendi?
895O dal figlio e dal padre, (Piagne)
 o due volte ingannata alma infelice!
 VENCESLAO
 (Della real promessa (Tra sé)
 or mi sovvien, che ella si adempia è giusto.
 Ma la giustizia offesa? E la mia fede?
900Mora il reo figlio, mora).
 ERNANDO
                                                (O dei, che pensa?)
 VENCESLAO
 (Ma s’ei muore, Lucinda
 vivrà disonorata
 per mia cagion?)
 LUCINDA
                                  (Spenta è per me pietade?)
 VENCESLAO
 Regina, il pianto affrena.
905All’onor tuo sodisferassi. Ernando.
 ERNANDO
 Sire.
 VENCESLAO
             Dal duro uffizio
 già ti dispenso.
 ERNANDO
                               Io l’ubbidia con pena.
 LUCINDA
 Mio cor, respira.
 VENCESLAO
                                 Or vanne
 al colpevole figlio; e fa’ che sciolto
910sia là condotto ove la gioia ha in uso
 di festeggiar le regie nozze.
 LUCINDA
                                                    Ah sire,
 all’amor mio permetti
 che nunzia io sia del lieto avviso al prence.
 VENCESLAO
 Ti si compiaccia. Andiamo.
915Darò i cenni opportuni, onde a te s’apra
 nella torre l’ingresso.
 LUCINDA
 Ma se ’l prence al mio amore
 persiste ingrato...
 VENCESLAO
                                   Eh non temer, regina.
 Sarai sua sposa e serberò la fede.
 LUCINDA
920Lieta gode quest’alma e più non chiede.
 
    Del caro suo diletto
 il core, l’alma, il petto,
 il seno, il labro, il volto
 mi sparga il dio d’amor;
 
925   e la mia bella fede
 gioisca, sì, che il piede
 da’ duri lacci ha sciolto
 l’amato mio tesor.
 
 SCENA XIV
 
 ERNANDO
 
 ERNANDO
 Di così strani casi
930il fin qual fia? Sarà pietoso o giusto
 il real genitore?
 Temo ancor la pietà di quel gran core.
 Ma tu che pensi, Ernando? Vendicarti?
 Vendicare il tuo amico ed Erenice?
935No no, più generoso
 ti voglio, Ernando. A preservar si attenda
 l’erede alla corona, il figlio al padre.
 All’ombra di Alessandro
 diam lagrime, non sangue. Andiam gli sdegni
940a placar di Erenice.
 In sì nobili sensi
 l’alma s’impieghi e all’amor suo non pensi.
 
    Speranze più liete,
 lontane da me.
 
945   In alma costante
 offender potete
 la gloria di amante,
 di amico la fé.
 
 Fine dell’atto terzo