Venceslao, Roma, Bernabò, 1716 (Il Vincislao)

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Prigione.
 
 CASIMIRO incatenato
 
 CASIMIRO
 Ove siete? Che fate,
 spirti di Casimiro? Io di re figlio,
 io di più regni erede,
1200io tra marmi ristretto? Io ceppi al piede?
 
    Dure ritorte,
 con braccio forte
 vi scuoterò,
 vi spezzerò.
1205Vuole il padre ch’io mora? Ahi! Che farò?
 
 Ch’io mora? E tanto grave è il mio delitto?
 Ah sì! Per me cadde il fratel; ma cadde
 senza colpa del core.
 Volea morto il rival; n’ha colpa amore.
1210Amor, sì sì, tu solo
 sei mia gran colpa. Oh d’Erenice, oh troppo
 bellezze a me fatali, io vi detesto.
 Son misero, son reo, son fratricida,
 perché v’amai, sono spergiuro ancora,
1215spergiuro ed empio a chi fedel m’adora.
 
    Ombre squallide, furie d’amor,
 su venite, tormentate,
 lacerate questo cor.
 
    Date morte... Ah no, fermate
1220e lasciate
 tanto solo a me di vita
 che dir possa lagrimando:
  «Cara sposa fedel, io t’ho tradita».
 
 SCENA II
 
 GILDO, LUCINDA e detto
 
 GILDO
 Lucinda a te sen viene.
 CASIMIRO
1225Lucinda a me? Per qual destino? Oh dei!
 LUCINDA
 Secondi amor propizio i voti miei.
 CASIMIRO
 Regina (dir non oso
 Lucinda, sposa, nomi
 in bocca sì crudel troppo soavi)
1230leggo su la tua fronte
 la sorte mia; tu vieni
 nunzia de la mia morte e spettatrice.
 Volentier la ricevo
 ma la ricevo in pena
1235d’averti iniquo, o mia fedel, tradita,
 se pur la ria sentenza
 sul labro tuo morte non è ma vita.
 LUCINDA
 (Caro dolor!) Custodi,
 al piè di Casimiro
1240si tolgan le ritorte.
 GILDO
 L’impone il re.
 CASIMIRO
                              Che cangiamento è questo?
 LUCINDA
 Da me la morte attendi?
 Da me, crudel?
 CASIMIRO
                               Da te che offesi...
 LUCINDA
                                                                Ingrato!
 CASIMIRO
 Ben ne ho dolor; ma indegno
1245di tua pietade io sono;
 ed or, bella, a’ tuoi piedi
 chiedo la pena mia, non il perdono.
 LUCINDA
 Casimiro, altra pena
 non chiedo a te che l’amor tuo; del primo
1250tuo pianto io son contenta,
 godo di perdonarti
 e la vendetta mia sia l’abbracciarti.
 CASIMIRO
 Ed è vero, o mia sposa,
 che non sia inganno il mio gioir?
 LUCINDA
                                                              Ti accerti
1255anche il labro real.
 CASIMIRO
                                     Già tutto oblio
 vicino a te, mio bene, i mali miei.
 LUCINDA
 Io ti ottenni il perdon, temer non dei.
 Il re ci attende, andiamo,
 o cara gioia!
 CASIMIRO
                          Oh sorte!
 A DUE
1260Né sciolga un sì bel laccio altri che morte.
 LUCINDA
 
    Vieni.
 
 CASIMIRO
 
                  Vengo; ma concedi...
 
 LUCINDA
 
 Che? Mio bene?
 
 CASIMIRO
 
                                 Ch’a’ tuoi piedi
 chieda pria...
 
 LUCINDA
 
                           No, ti perdono,
 cara parte del mio cor.
 
 CASIMIRO
 
1265Sei la calma del mio cor.
 
    T’ho tradita...
 
 LUCINDA
 
                               Ed io t’abbraccio.
 
 CASIMIRO
 
 T’ho fuggita.
 
 LUCINDA
 
                          Ed io t’allaccio
 con più forte e saldo amor.
 
 CASIMIRO
 
 Ed io torno al primo amor.
 
 SCENA III
 
 Stanze reali.
 
 VINCISLAO e poi GILDO
 
 VINCISLAO
1270No, sponsali più insoliti e più strani,
 Polonia, non vedesti.
 Onor li chiede, impegno
 li stringe; e questa reggia
 all’apparato serve e li festeggia.
1275Ahi! Che mentre nel petto
 di giudice e di re sento il rigore,
 l’amor di genitore
 con più forza contrasta
 e a soffrir tanti assalti il cor non basta.
 GILDO
1280S’avanza a’ cenni tuoi
 la regal coppia.
 VINCISLAO
                               Venga.
 Tu ciò ch’imposi ad affrettar t’invia.
 Al principio dell’opra
 ben corrisponda il fine.
 
 SCENA IV
 
 VINCISLAO, CASIMIRO e LUCINDA
 
 VINCISLAO
1285Figlio, in onta a tue colpe
 son padre ancora. Allor che morte attendi
 agl’imenei t’invito e ti presento
 in Lucinda una sposa.
 Tutto altro oggi attendevi,
1290fuor che un tal dono. Abbilo a grado; il chiede
 tuo dover, mio comando e più tua fede.
 LUCINDA
 (Che mai dirà?)
 CASIMIRO
                                 Deh! Come
 è possibile, o padre,
 che sì tosto si cangi
1295la sorte mia? Dovea morir...
 VINCISLAO
                                                     Eh lascia
 la memoria funesta,
 pensa or solo a goder. Tua sposa è questa.
 CASIMIRO
 Caro più de la vita
 m’è il dono tuo, lo accetto
1300non perché tu ma perché amor lo impone;
 e alla bella Lucinda
 non mi sposa il timor ma la ragione.
 LUCINDA
 E di gioia non moro?
 VINCISLAO
                                         Or questa gemma
 confermi a lei la marital tua fede. (Dà un anello a Casimiro che poi lo pone alla destra di Lucinda)
 CASIMIRO
1305Ma più di questa gemma
 te la conferma il core.
 LUCINDA
 Mio conforto.
 CASIMIRO
                            Mio ben.
 A DUE
                                               Mio dolce amore.
 VINCISLAO
 Sposi, sì cari amplessi
 lasciar si denno in libertà.
 CASIMIRO
                                                  Due volte
1310mi foste padre.
 LUCINDA
                               E vita
 ti deggio anch’io.
 VINCISLAO
                                  Regina,
 all’amor tuo si è sodisfatto?
 LUCINDA
                                                    A pieno.
 VINCISLAO
 Sei paga?
 LUCINDA
                     In Casimiro
 tutta lieta è quest’alma e più non chiede.
 VINCISLAO
1315Egli è tuo sposo ed io serbai la fede.
 LUCINDA
 Sì, la serbasti.
 VINCISLAO
                             Addio. Null’altro, o sposi,
 qui far mi resta, or che la fé serbai;
 ma Casimiro...
 CASIMIRO
                              Padre.
 VINCISLAO
 Deggio altrui pur serbarla. Oggi morrai. (Parte)
 
 SCENA V
 
 CASIMIRO e LUCINDA
 
 LUCINDA
1320Oggi morrai? Dirlo ha potuto un padre?
 Lucinda udirlo? Oggi morrai? Spietato
 giudice, iniquo re. Così mi serbi
 la fé per più tradirmi?
 Mi dai lo sposo e mel ritogli? O tutto
1325ripigliati il tuo dono o tutto il rendi;
 se mi sei più crudel, meno mi offendi.
 E tu che fai? Che non ti scuoti?
 CASIMIRO
                                                           Oh dio!
 Lucinda, anima mia,
 che far? Che dir poss’io,
1330misera sposa! giunta
 a vederti tradire,
 a vedermi morire.
 LUCINDA
 Morir? Me forsi credi
 sì vil, sì poco amante
1335che sofferir il possa?
 Meco ho guerrieri, ho meco ardire, ho meco
 amor, forza e ragione.
 CASIMIRO
 Un soccorso rifiuto
 ch’esser può mio delitto e tuo periglio.
1340Il re mi è padre, io son vassallo e figlio.
 LUCINDA
 Crudel, sei sposo ancora;
 serbi il nome di figlio a chi t’uccide,
 nieghi il nome di sposo a chi t’adora.
 CASIMIRO
 Anzi questo è ’l sol nome
1345che più m’è caro; io meco
 porterollo agl’Elisi, ombra costante,
 e là dirò: «Son di Lucinda amante».
 LUCINDA
 Va’ pur; ti è cara, il veggio,
 la morte tua, vanne, l’incontra; all’empio
1350carnefice fa’ core e ’l colpo affretta;
 ma sappi, io pur morrò
 dal ferro uccisa o dal dolor.
 CASIMIRO
                                                   Tu piangi?
 Tergi le luci, addio mio ben.
 LUCINDA
                                                      Tu parti?
 CASIMIRO
 Più soffrir non poss’io
1355la pietà di quel pianto; andrò men forte,
 se più ti miro, andrò, mia cara, a morte.
 
    A morir vado costante,
 idol mio, lungi da te;
 
    la fortezza il core amante
1360avrà eguale alla mia fé.
 
 SCENA VI
 
 LUCINDA sola
 
 LUCINDA
 Correte a rivi, a fiumi, amare lagrime.
 Tolto da me lo sposo
 ha l’ultimo congedo.
 Più non lo rivedrò. Barbaro padre,
1365miserabile sposo! Ingiusti numi!
 Su lagrime, correte a rivi, a fiumi.
 Ma a che giova qui il pianto? All’armi, all’armi.
 Già che tutto dispero
 tutto ardisci, o Lucinda; apriti a forza
1370nella reggia l’ingresso. Ecco già parmi
 di svenar il tiranno,
 di dar morte a’ custodi,
 di dar vita al mio sposo ed abbracciarlo
 fuori di ceppi... Ahi! Dove son? Che parlo?
 
1375   Parlo; ma si confonde
 sopra le labra il cor
 e un rio dolor risponde:
 «Oggi il tuo ben morrà».
 
    Sono... senza il mio bene,
1380sola col mio martoro
 e parmi che ristoro
 sol morte mi darà.
 
 SCENA VII
 
 ERNANDO ed ERENICE con ferro alla mano
 
 ERENICE
 Tutta è cinta dal popolo feroce
 la sarmatica reggia; ognun la vita
1385chiede di Casimiro;
 teco fra lor passai né fu chi ’l guardo
 torvo a noi non volgesse. Ancor nel petto
 mi trema il cor.
 ERNANDO
                                Sì presto
 si avvilisce il tuo sdegno?
 ERENICE
1390No no, mora il crudele e pera il regno.
 ERNANDO
 Pera anche il re ma ’l colpo
 esca dalla tua mano.
 ERENICE
 Io svenar Vincislao?
 ERNANDO
 Sì, quelle son le reggie stanze.
 ERENICE
                                                         Ernando,
1395cerco vendetta e non infamia.
 ERNANDO
                                                        Il ferro,
 che dee passar nel sen del figlio, ha prima
 in quel del padre a penetrar; che importa
 che tu ’l comandi o ’l vibri?
 ERENICE
 Come, val tanto adunque
1400d’un reo la vita?
 ERNANDO
                                 Parmi
 tutta incendio e tutt’armi
 veder la reggia; ahi dove andranno, dove
 l’ire a cader, su te cadran, su te,
 misera patria e miserabil re!
 ERENICE
1405Ma che dee farsi?
 ERNANDO
                                   Al sol pensarvi io tremo,
 sudo, m’agghiaccio. Io primo offeso, io primo
 rinunzio alla vendetta e getto il ferro.
 Generosa Erenice,
 nel tuo dolor la tua ragione ascolta.
1410Perdona a Casimiro, anzi perdona
 alla patria, al monarca, alla tua gloria.
 Con sì bella vendetta
 meglio noi placherem l’ombra diletta.
 ERENICE
 Io dar perdono? Ernando...
 ERNANDO
1415S’apre l’uscio real; vanne ed implora
 al regio piè...
 ERENICE
                           Vuo’ pensar meglio ancora.
 
    Lasciatemi un momento,
 pensieri di vendetta,
 in pace il cor.
 
1420   Se il braccio mio s’affretta,
 lo sdegno suo pavento
 più che l’altrui furor.
 
 SCENA VIII
 
 Ernando solo
 
 ERNANDO
 Seguiam suoi passi. Un sol rifiuto, Ernando,
 non stanchi il tuo soffrir né lo sgomenti;
1425virtude al cor ti parla; ella s’ascolti.
 Aspro, è vero, il camin, che lei n’addita,
 ma ogni duro periglio
 renderà più soave al fido core
 il fervido desio di gloria e onore.
 
1430   Nocchier che salva il legno
 in dolce calma e bella
 alcun preggio non ha.
 
    Ma quei di gloria è degno
 che in fiera atra procella
1435sicuro al porto va.
 
 SCENA IX
 
 GILDO e GERILDA
 
 GILDO
 Per seguitar la finta mia pazzia
 mi son cinta la gonna
 ma però non vorria
 che Gerilda credesse esser io donna.
1440Eccola che sen viene,
 Gildo coraggio, su, portati bene.
 La la la la va va, la la va va.
 GERILDA
 O Gildo miserabile, infelice!
 GILDO
 Olà, chi sei che qua ne vieni?
 GERILDA
                                                        Io dubito
1445che costui non m’inganni;
 lo vo’ scoprir.
 GILDO
                            Vattene via pur subito.
 GERILDA
 Uh caro Gildo mio, vieni pur qua,
 ch’io del tuo mal già sento gran pietà.
 GILDO
 La va la, va la va.
 GERILDA
1450Mi fa ancor dubitare,
 onde voglio mostrare
 che fuor di me mi porti il grave affanno
 e su l’ingannator cadrà l’inganno.
 Deh, senti, Gildo mio.
 GILDO
1455Eh Gildo non son io, Gildo è uno stolto;
 al gran seno, al bel volto ed alla gonna,
 tu non conosci ancor ch’io sono donna.
 GERILDA
 Dunque Gildo non sei?
 GILDO
                                             No, che non sono.
 GERILDA
 Ah mia gran dea perdono
1460se non t’ho conosciuta,
 quando son qui venuta,
 che m’abbagliò de’ tuoi be’ lumi il sole.
 GILDO
 Sta’ a veder che costei
 ha voltato da ver le carriole.
 GERILDA
1465Pietà, gran dea, pietà,
 rendimi Gildo mio per carità.
 GILDO
 La grazia t’è concessa
 ma Gildo a ritrovar vanne tu stessa.
 GERILDA
 
    Lo vo’ cercare
1470fin che trovare
 mi sia permesso.
 Oh quello è desso,
 t’ho da pigliare,
 no, non scappare,
1475t’ho preso già.
 
    O poverello,
 così bel bello
 pur t’ho arrivato;
 oh m’è scappato.
1480Aiuto, aiuto,
 per carità.
 
 GILDO
 Gerilda, che cos’hai?
 Omai ritorna in te,
 perché al veder sei matta più di me.
 GERILDA
1485Tu il matto solo sei, non io la matta.
 GILDO
 Orsù alziamola patta,
 ch’io già pentito sono
 di quanto t’ho ingannato
 e tu tutto mi vedrai tutto mutato.
 GERILDA
1490E la tua Elisa?
 GILDO
                             A questa
 non pensa più la testa.
 GERILDA
 Temo che tu m’inganni.
 GILDO
 S’io t’inganno, mia bella,
 to’ ch’io possa morir fra cento altri anni.
 GERILDA
1495Dunque m’ami?
 GILDO
                                 Ad amarti
 già il mio cor s’apparecchia
 e per consorte ancor ti prenderei
 ma poi penso che sei troppo...
 GERILDA
                                                         Che?
 GILDO
 Nulla, nulla, signora.
1500Dico che tu sei bella e buona robba
 ma è un peccato che sii un poco...
 GERILDA
                                                               Come?
 or via, non più parole,
 io ti vuo’ in sposo idolo mio, mio sole.
 Che risolvi?
 GILDO
                         Ho pensato e ripensato
1505ma poi risolvo e non sto più perplesso,
 io son contento e vuo’ sposarti adesso.
 GERILDA
 Oh cara gioia! Oh via facciamo i patti.
 GILDO
 Che patti? Io mi rimetto.
 E con le condizioni che ti pare,
1510purch’io possa campare,
 per mia sposa legitima t’accetto.
 GERILDA
 Quando sei mio consorte,
 in conseguenza è tua la robba.
 GILDO
 Ma non vo’ gelosia.
 GERILDA
1515Anch’io vo’ libertà
 d’andar a spasso, al gioco,
 a comedie e festini,
 in campagna, ai giardini e a la verdura.
 GILDO
 Va’ pur dove ti par che sei sicura.
 A DUE
 
1520   Oh che gusto, che gioia e contento
 in seno mi sento,
 ti ringrazio, Cupido mio caro.
 
 GERILDA
 
 Or che in sposo il mio Gildo averò.
 
 GILDO
 
 Or che in sposa Gerilda averò.
 
 GERILDA
 
1525   Idoluccio.
 
 GILDO
 
                        Mia bella sposetta.
 
 A DUE
 
 Tu sei la ricetta
 per cui quel gran male
 d’amor sanerò.
 
 SCENA X
 
 VINCISLAO con guardie
 
 VINCISLAO
 A me guidisi il figlio.
1530Giorno, oh quanto diverso
 da quel che ti sperai! Giorno fatale!
 Nei trionfi d’Ernando
 oggi gioie sognava e nelli figli
 oggi devo morir. Itene e i lieti
1535apparati d’amor cangiate, amici,
 in funeste gramaglie e in bara il trono.
 Più Vincislao, più genitor non sono.
 
 SCENA XI
 
 CASIMIRO con guardie e detto
 
 CASIMIRO
 Prostrato al regio piede,
 incerto fra il timore e la speranza,
1540eccomi.
 VINCISLAO
                  Sorgi. (Anima mia, costanza).
 CASIMIRO
 Nelle tue mani è il mio destin.
 VINCISLAO
                                                          Mio figlio,
 reo ti conosci?
 CASIMIRO
                             E senza
 la tua pietà sono di vita indegno.
 VINCISLAO
 Cieco vibrasti il ferro
1545fra l’ombre.
 CASIMIRO
                         Il ferro strinsi e fui spietato.
 VINCISLAO
 Alessandro uccidesti.
 CASIMIRO
 Il mio germano uccisi.
 VINCISLAO
 Morto Ernando volesti, il duce invitto.
 CASIMIRO
 E del colpo l’error fu più delitto.
 VINCISLAO
1550Scuse non hai.
 CASIMIRO
                              L’ho ma le taccio, o sire;
 se discolpe cercassi, io sarei ingiusto;
 sarò più reo, perché tu sia più giusto.
 VINCISLAO
 (Vien meno il cor). Dammi le braccia, o figlio.
 CASIMIRO
 Re, padre.
 VINCISLAO
                      E prendi in questo
1555l’ultimo abbracciamento.
 CASIMIRO
 L’ultimo?
 VINCISLAO
                     Ahi pena!
 CASIMIRO
                                          Ahi sorte!
 VINCISLAO
 Or vanne, o figlio.
 CASIMIRO
                                    Ove signor?
 VINCISLAO
                                                            A morte.
 CASIMIRO
 A morte?
 VINCISLAO
                     Sì, ma vanne
 non reo ma generoso. Un cor vi porta
1560degno di re che non imiti il mio.
 A me sol lascia i pianti, a me i dolori
 e insegnami costanza allor che mori.
 CASIMIRO
 
    Basta ch’io sia tuo figlio
 per gir costante a morte,
1565che intrepido il mio ciglio
 la morte incontrerà.
 
    (Solo s’io mi rammento
 la mia fedel consorte,
 pensando al suo tormento
1570l’ardir mancando va).
 
 SCENA XII
 
 VINCISLAO, poi ERENICE
 
 VINCISLAO
 Importuno dover, quanto mi costi!
 ERENICE
 Vengo...
 VINCISLAO
                  Erenice, ad affrettar se vieni
 del reo figlio la pena,
 risparmia i voti. A te della vendetta
1575debitor più non sono.
 Il figlio condannato assolve il padre.
 ERENICE
 E te ne assolve ancora
 la pietà d’Erenice.
 Per me non vegga il regno
1580la patria in armi, la pietà in esiglio;
 all’ombra d’Alessandro
 basti il mio pianto e ti ridono il figlio.
 VINCISLAO
 No, con la tua pietà io non m’assolvo;
 se restano impunite,
1585passan le colpe in legge
 e non le teme il volgo,
 se l’esempio del re non le corregge.
 
 SCENA XIII
 
 ERNANDO e detti
 
 ERNANDO
 Anch’io, sire...
 VINCISLAO
                             Opportuno
 tu giungi amico. In sì gran uopo io cerco
1590o ragione o conforto.
 ERNANDO
 Per chieder grazie al regio piè mi porto.
 VINCISLAO
 L’avrai, quando anco fusse
 la metà del mio trono.
 ERNANDO
 Ti chiedo.
 VINCISLAO
                      E che?
 ERNANDO
                                     Del principe il perdono.
 VINCISLAO
1595Come?
 ERNANDO
                 N’han la tua fede i voti miei.
 In ciò non re ma debitor mi sei.
 VINCISLAO
 Tutto a te deggio e regno e vita; solo
 la mia giustizia, l’onor mio, la sacra
 custodia delle leggi io non ti deggio.
 ERNANDO
1600Prencipe, al tuo destin scampo non veggio.
 
 SCENA XIV
 
 GILDO e detti
 
 GILDO
 Presto, signore, all’armi.
 VINCISLAO
 Gildo, che fia?
 ERENICE
                              Oh dei!
 ERNANDO
                                               Che avvenne?
 GILDO
                                                                           Il prence...
 VINCISLAO
 Morì? Per esser giusto
 già finii d’esser padre.
 GILDO
                                            Oh non è questo.
1605È più grave il periglio.
 La corona perdesti, non il figlio.
 VINCISLAO
 Che? Vive Casimiro?
 GILDO
                                          E vivo il vuole
 la milizia, la plebe ed il Senato.
 Gl’hanno rotti li ceppi e nel tumulto
1610è fra gl’altri Lucinda
 che tutta brava e fiera
 sembra la dea guerriera.
 VINCISLAO
 Sì sì, popoli, Ernando,
 Erenice, Lucinda, (Da sé passeggiando)
1615dover, pietà, legge, natura, a tutti
 sodisfarò, sodisfarò a me stesso.
 Seguami ognuno. Il mondo
 apprenderà da me
 ciò che può la pietade in cor di padre,
1620ciò che può la giustizia in cor di re.
 
    L’arte sì di ben regnar
 da me il mondo apprenderà.
 
    Ei vedrà che so serbar
 la giustizia e la pietà.
 
 SCENA XV
 
 ERENICE sola
 
 ERENICE
1625Quando, o adorato sposo,
 sperai teco goder tutto il mio bene,
 provo per la tua morte affanni e pene.
 
    Per me fra l’erbe e i fiori
 la serpe si celò.
 
1630   Comparve la speranza
 vezzosa nel sembiante
 ma perfida incostante
 per me poi si mostrò.
 
 SCENA XVI
 
 Gran reggia.
 
 CASIMIRO con spada alla mano, LUCINDA, popoli e soldati
 
 LUCINDA
 
    Viva e regni Casimiro.
1635Viva, viva.
 
 CASIMIRO
 Duci, soldati, popoli, Lucinda,
 qual zelo v’arma, qual furor vi move?
 Dunque in onta del padre
 vivrò più reo? Dovrò la vita al vostro
1640tumultuoso amore?
 Doppo un german con minor colpa ucciso,
 ucciderò con più mia colpa un padre?
 Non è questa la vita
 ch’io chieder posso. Ah! Prima
1645rendetemi i miei ceppi,
 traetemi al supplizio o questo ferro
 trafiggerammi; e tu datti alfin pace,
 mio solo amor, mio sol dolor, in questa
 sorte mia disperata,
1650raro esempio di fé, sposa adorata.
 LUCINDA
 Empio, ingrato, crudele,
 tu mi amasti? Tu m’ami? Ahi fiera sorte,
 e voi lasciar la sposa tua fedele
 per incontrar con gloria tua la morte?
 
 SCENA ULTIMA
 
 VINCISLAO, ERENICE, ERNANDO, GERILDA, GILDO e detti
 
 VINCISLAO
1655Ed è vero e lo veggio!
 CASIMIRO
 Padre e signor, ritorno
 volontario a’ tuoi ceppi,
 depongo ancor la spada e piego il capo.
 VINCISLAO
 Popoli, da quel giorno, in cui vi piacque (Va a sedere sul trono)
1660pormi in fronte il diadema, in man lo scettro,
 resi giustizia e fui
 ministro delle leggi e non sovrano.
 Ora non fia ch’io chiuda
 con ingiusta pietade e regno e vita.
1665Si deve un fratricida
 punir nel figlio. Il condannai; la legge
 re mi trovò, non padre.
 Voi nol voleste; ed ora
 padre, non re mi troverà l’amore.
1670Figlio, ti accosta.
 CASIMIRO
                                 Al soglio
 piego umil le ginocchia. (Casimiro ascende al grado del trono e s’inginocchia innanzi al padre)
 LUCINDA
 (Non anche, o cor, t’intendo).
 GERILDA
 (Che mai sarà?)
 GILDO
                                 (Ancor non lo comprendo).
 VINCISLAO
 Qual re avesti, o Polonia, il raro, il grande
1675atto, per cui lo perdi, ora t’insegni.
 Volermi ingiusto è un non voler ch’io regni.
 Figlio! (Vincislao si cava la corona e la vuol porre al figlio)
 CASIMIRO
                 Che fai, signor?
 VINCISLAO
                                                Conviene
 far cader la tua testa o coronarla.
 CASIMIRO
 Mora il figlio e tu regna.
 VINCISLAO
                                               Il re tu sei.
1680Col voler d’Erenice,
 colla virtù d’Ernando
 il popolo t’acclama. Io reo ti danno
 e assolver non ti posso. (Corona il figlio)
 Or che tu sei sovrano,
1685assolver ti potrai con la tua mano.
 LUCINDA
 (Gioie, non m’opprimete).
 CASIMIRO
 La corona io ricevo
 in deposito, o padre, e non in dono.
 Tu sarai re, io servo
1690le leggi tue publicherò dal trono.
 ERNANDO
 Io pure in te, nuovo monarca, adoro
 l’alto voler del tuo gran padre.
 CASIMIRO
                                                         Ernando,
 non eredito re gl’odi privati.
 Ti abbraccio amico e tu, Erenice, in lui
1695da me prendi uno sposo,
 se nel fratello un te ne tolsi.
 ERNANDO
                                                    Oh sorte!
 ERENICE
 Signor, erra insepolta
 ancor l’ombra amorosa. Almen mi lascia
 pianger l’estinto, anzi che il vivo abbracci.
 ERNANDO
1700Mi basta sol che rea
 nell’amarti non sia la mia speranza.
 ERENICE
 Tutto speri in amor merto e costanza.
 CASIMIRO
 Ultimo a te mi volgo,
 diletta sposa; cari
1705solo per te mi son la vita e ’l regno.
 LUCINDA
 Tanta è la gioia mia
 che parmi di sognar, mentre ti annodo.
 ERNANDO
 Col tuo giubilo, o patria, esulto e godo.
 CORO
 
    Vivi e regna fortunato,
1710nostro duce e nostro re.
 
    Te si unisca a far beato
 tempo e sorte, amor e fé.
 
 Fine