Venceslao, Roma, Bernabò, 1716 (Il Vincislao)

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Cortile.
 
 ERNANDO, poi ERENICE
 
 ERNANDO
565Non molto andrà che d’Erenice in seno
 godrà l’amico; io ’l nodo
 strinsi; affrettai; cor ebbi a farlo e ’l lodo.
 (Lagrime, non uscite).
 ERENICE
 Ernando, a cercar vengo
570nel piacer de’ tuoi lumi
 una parte del mio;
 io più volte riposi
 il mio cor nel tuo seno; io vel lasciai,
 perché quel di Alessandro in lui trovai.
 ERNANDO
575Ripigliati, Erenice,
 ripigliati il tuo core,
 ch’ei mal soggiorna in compagnia del mio;
 e per solo conforto
 mi lascia nel partir l’ultimo addio.
 ERENICE
580Che? Un ingiusto divieto
 tanto rispetti? E tanto
 temi nella mia vista
 d’irritar Casimiro?
 ERNANDO
 Altro temo, Erenice, altro sospiro.
 ERENICE
585Che mai?
 ERNANDO
                     Già nel mio core
 son reo, lascia che almeno
 nel tuo viva innocente.
 ERENICE
 Ancor ten prego; aprimi il cor, favella.
 ERNANDO
 Sia l’ubbidirti, o bella,
590gran parte di discolpa al mio delitto;
 parli il labro e ’l confessi,
 se pure a te sinora
 non disser gl’occhi miei che il cor ti adora.
 ERENICE
 Tu scherzi o sì amoroso
595a favor d’Alessandro ancor mi parli?
 ERNANDO
 Chi può mirar quegl’occhi e non amarli?
 ERENICE
 Non è capace Ernando
 di tal viltà. Dar fede
 deggio, più che al suo labro, al suo gran core;
600fuor che di gloria, egli non sente amore.
 ERNANDO
 Non sento amor? T’amo, Erenice, t’amo
 ma da amico e da forte,
 senza desio, senza speranza t’amo...
 ERENICE
 E m’ami, alfin vuoi dirmi,
605ma col cor d’Alessandro, il mio tesoro.
 ERNANDO
 Sì sì, t’amo col suo, col mio t’adoro.
 ERENICE
 Vorresti ancor farmi adirar ma invano.
 ERNANDO
 Temono i rei la loro colpa. Io solo
 temo la mia innocenza;
610voglio esser reo né posso.
 Deh! Più credi, Erenice,
 se ’l nieghi alle mie voci, al tuo sembiante.
 ERENICE
 Vanne, ti credo amico e non amante.
 ERNANDO
 
    Per saper s’io sono amante
615basta sol per breve istante
 i miei lumi rimirar.
 
    Coi lor guardi afflitti e mesti
 sapran questi
 la mia pena palesar.
 
 SCENA II
 
 ERENICE sola
 
 ERENICE
620S’è ver che m’ami Ernando,
 mia beltade, io compiango i tuoi trionfi.
 Fuor del mio sposo, ogn’altra
 tua vittoria detesto, ogn’altro onore;
 né ti chiedo trofei doppo il suo core.
 
625   Sì candida e sì bella
 non è la tortorella,
 quanto di questo cor
 la fedeltà.
 
    Né mai fiamma rubella
630il chiaro suo candor
 macchiar potrà.
 
 SCENA III
 
 CASIMIRO e detta
 
 CASIMIRO
 Felice incontro! Arresta,
 bella Erenice, il piede;
 quel che ti vedi innante
635non è più Casimiro,
 quell’importuno e troppo ardito amante;
 egli è il prence e l’erede
 del polonico scettro,
 tuo amator ma pudico e che destina
640te al suo regno e al suo amor moglie e regina.
 ERENICE
 Come? Tu, Casimiro, erede e prence
 del polonico scettro,
 chiedi in moglie Erenice?
 CASIMIRO
 Sì, principessa, a quella fiamma, ond’arsi,
645purgai quanto d’impuro avea nell’alma.
 Sarai mia sposa.
 ERENICE
                                 Io, Casimiro?
 CASIMIRO
                                                            E meco
 tu regnerai felice.
 ERENICE
 Non troverai Lucinda in Erenice.
 
    Lasciami pur d’amar,
650che ad altri vuo’ serbar
 l’alma e la fede.
 
    Non è per te il mio cor;
 se gli prometti amor,
 no, non ti crede.
 
 SCENA IV
 
 CASIMIRO e poi GILDO
 
 CASIMIRO
655Mie deluse speranze,
 non andrete impunite
 d’un tal rifiuto.
 GILDO
                               Appunto
 ch’io ti volea, t’ho giunto.
 CASIMIRO
 Che arrechi?
 GILDO
                           Adagio un poco,
660lasciami prender fiato,
 che caminato ho tanto
 in cercarti per tutto
 che addosso non mi trovo un pelo asciutto.
 CASIMIRO
 Che v’è di nuovo?
 GILDO
                                    Il fuoco ch’hai nell’ossa
665per Erenice ammorza.
 CASIMIRO
 L’offerta d’un diadema,
 che le fece il mio amor, sprezza l’ingrata.
 GILDO
 La sprezza signorsì
 e sarà d’altro sposa in questo dì.
 CASIMIRO
670Come? Sposa Erenice? Oh dei! Ma dove?
 Quando? Con chi?
 GILDO
                                     Nella ventura notte
 si stringe il nodo ma con chi non so.
 CASIMIRO
 Così vicina è ancor la mia sciagura?
 E certo ’l sai?
 GILDO
                            Poc’anzi
675da una sua damigella,
 con cui faccio l’amore,
 il tutto intesi.
 CASIMIRO
                            Ah troppo,
 troppo intendesti.
 GILDO
                                    È tempo...
 CASIMIRO
 È tempo sì di vendicarmi, iniqua!
680Ma nel rival superbo
 ti punirò.
 GILDO
                     Vedi, signor...
 CASIMIRO
                                                 Non più.
 Parto col mio furor; tu taci il tutto.
 GILDO
 Non parlerò. (Stragi prevedo e lutto).
 CASIMIRO
 
    D’ire armato il braccio forte
685stragi e morte spargerà.
 
    Duolmi solo che il rivale
 sotto il brando mio reale
 di cader la gloria avrà.
 
 SCENA V
 
 Luogo destinato a’ spettacoli.
 
 LUCINDA con seguito
 
 LUCINDA
 Sommi dei, menti eterne,
690da’ voti miei tanto stancati e tanto
 dall’infedel mio sposo
 spergiurati e scherniti,
 se mai su l’are vostre
 vittime elette io fei cader, se a voi
695giunser mai con gl’incensi
 gl’innocenti miei prieghi, a me volgete
 raggi propizi e in questa
 fatal temuta arena
 finite la mia vita o la mia pena.
 
 SCENA VI
 
 VINCISLAO con seguito e detti
 
 VINCISLAO
700Impazienza e sdegno
 ben qui ti trasse frettoloso.
 LUCINDA
                                                   Sono
 anche i più brevi indugi,
 a chi cerca vendetta, ore di pena.
 VINCISLAO
 Stranier, cadente è il sole; e meglio fora
705sospender l’ire al dì venturo e l’armi.
 LUCINDA
 Tanto rimane, o sire,
 di giorno ancor che fine avrà la pugna.
 Giudice e re tu stesso
 l’ora assegnasti e ’l campo ed or paventi?
 VINCISLAO
710Pugnisi pur. Non entran nel mio core
 deboli affetti e n’è viltà sbandita;
 e se ora temo, temo
 l’innocenza del figlio e non la vita.
 
 SCENA VII
 
 CASIMIRO con seguito e detti
 
 CASIMIRO
 E vita ed innocenza
715affidata al mio braccio è già sicura.
 LUCINDA
 Impotente è l’ardire in alma impura. (Vincislao va a sedere sul trono)
 O tu, che ancor non veggio
 qual ti debba chiamar, nemico o amico,
 possibil fia ch’espor tu voglia al fiero
720sanguinoso cimento e fama e vita?
 E ingiusto sosterrai la tua mentita?
 Dimmi, di’, Casimiro, ignoto il volto
 t’è di Lucinda e ’l nome?
 Fede non le giurasti? (Casimiro non la guarda)
725Amor non promettesti? E dir tu ’l puoi?
 Tu sostener? Scuotiti alfin; ritorni
 la perduta ragion. Già per mia bocca
 l’amorosa Lucinda or sì ti dice.
 
    Cara parte di quest’alma,
730torna, torna a consolarmi,
 sposo amato...
 
 CASIMIRO
 
                             All’armi, all’armi. (Cava la spada)
 
 LUCINDA
 
    Traditore, più che amore
 brami piaghe e vuoi svenarmi?
 
 CASIMIRO
 
 All’armi, all’armi.
 
 LUCINDA
735Dunque all’armi, spergiuro. (Dà di mano alla spada)
 Seguasi il tuo furor.
 CASIMIRO
                                       Sei tu quel forte
 campion che a darmi morte
 sin dal ciel lituan teco traesti?
 LUCINDA
 Io quegli sono e meco
740ho la ragion de l’armi,
 meco i numi traditi,
 la fede vilipesa, i tuoi spergiuri.
 Su, stringi il ferro e temi
 le piaghe che ricevi
745ma più quelle che fai; più del tuo sangue
 temi il mio sangue e sia
 il tuo rischio maggior la morte mia.
 Ma che dissi mia morte?
 La tua, la tua vogl’io, perfido, all’armi.
750Ben saprà quest’acciaro
 a quel core infedel farsi la strada.
 CASIMIRO
 (Io volgerò contro costei la spada?)
 LUCINDA
 Che fai? Che miri? Omai
 o ti difendi o ti trafiggo inerme.
 CASIMIRO
755Pugnisi al nuovo giorno. (Ernando intanto
 andrò a punir di quell’ingrata accanto).
 LUCINDA
 No no, pugna volesti e pugna or voglio,
 o tu cadrai o qui cader degg’io.
 CASIMIRO
 Tolgasi quest’inciampo all’amor mio. (Segue il duello)
760Sei vinto.
 LUCINDA
                     Io cedo, o forte
 di donna vincitor, dammi la morte.
 CASIMIRO
 Che donna?
 LUCINDA
                         E fingi ancora? Or via, mi svena;
 sia gloria tua l’aver Lucinda uccisa
 doppo averla tradita
765e sia poca fierezza,
 doppo il tradito amor, torle la vita.
 CASIMIRO
 Padre, già ’l dissi, un mentitore è desso.
 Mentì già il grado ed or mentisce il sesso.
 
 SCENA VIII
 
 VINCISLAO e LUCINDA
 
 VINCISLAO
 (Fugge la mia presenza
770il colpevole figlio).
 Col tacermi il tuo grado e la tua sorte
 m’offendesti, o regina.
 LUCINDA
 A che scoprirla, o sire,
 quando dovrei sino a me stessa ignota,
775nel più profondo orrore,
 sepellir la mia pena e il mio rossore.
 Ma il mio labro ammutisca e parli solo
 per impetrar giustizia o almen pietade
 di Lucinda infelice il pianto e ’l duolo.
 VINCISLAO
780Il poter di monarca,
 l’autorità di padre
 sul cor del figlio a tuo favore impegno.
 Nella ragion confida,
 nell’amor nostro e rasserena il ciglio.
785Sarà tuo sposo o non sarà mio figlio.
 LUCINDA
 Men dalla tua virtude, alto regnante,
 attender non potea Lucinda amante.
 
    Son regina e son tradita,
 il mio onore e la mia vita
790tu difendi, o giusto re.
 
    Nel tuo figlio è la mia sorte;
 o il crudel mi dia la morte
 o in amor mi serbi fé.
 
 SCENA IX
 
 VINCISLAO solo
 
 VINCISLAO
 Da te consiglio, o amor, l’alma non chiede;
795son padre, è ver, ma son regnante ancora;
 la già promessa fede
 alla vergin real serbi il mio figlio
 e allor di padre avrà da me gl’affetti;
 ma se infido e incostante
800il giuramento sprezza, ei provi allora
 il rigor d’un giustissimo regnante.
 
    Spesso vola un basso affetto
 a oscurar d’un rege il seno.
 
    Ma se impera Astrea sul trono,
805col rigore o col perdono,
 lo dilegua in un baleno.
 
 SCENA X
 
 GERILDA e GILDO
 
 GERILDA
 Lodato il ciel, con queste vesti addosso
 parmi d’esser un’altra;
 e affé che Gildo, affé,
810con quella burla avrà messo giudizio
 e che questa non è
 bellezza che debb’esser disprezzata
 per una vil fraschetta
 che in corte con ognun fa la civetta.
815Che Gildo per Elisa m’abbandoni,
 no no, ch’io non comporto;
 e se ci casca più, lo voglio morto.
 
    Con le donne, o folli amanti,
 mai non fate il bell’umore,
820perché alfin ce la perdete.
 
    Sotto i nostri guardinfanti
 Farfarello sta celato;
 se da voi vien stuzzicato,
 poco gusto ci averete.
 
825Ecco che Gildo viene.
 GILDO
 Oh sorte! Più che altrove
 mi spinge la paura,
 sempre mi veggo avanti
 questa scontrafattissima figura.
 GERILDA
830E ben, Gildo, vedesti
 come ti serbi Elisa tua la fede?
 Mirasti quanti e quanti
 cascamorti ed amanti ell’abbia intorno?
 GILDO
 Tutte le donne sono a una maniera.
835Elisa è una pettegola ma tu
 stretta parente sei di Berzebù.
 GERILDA
 Il cielo me ne scampi.
 Quello ch’io faccio il fo
 con un segreto sol.
 GILDO
                                    Creder nol posso;
840credo ben ch’abbi addosso
 una legion di spiriti serrata
 e per questo tu sei così abbottata.
 GERILDA
 Oh via, lasciam le burle.
 Io vuo’ che tu sii mio, che sola m’ami,
845altrimenti ben sai
 s’ho il modo da potermi vendicare.
 GILDO
 (Di finger mi convien per il timore,
 fin che fuggir posso di qua).
 GERILDA
                                                      Che dici?
 GILDO
 Pensando sto che t’amerei ma...
 GERILDA
                                                            Che?
 GILDO
850Ho gran timor di quella tua bacchetta,
 perché, se un dì ti pare,
 in cervo, in bove mi puoi trasformare.
 GERILDA
 Non paventar, no no, statti pur cheto,
 hanno tutte le donne un tal segreto.
855Dunque fido m’adori?
 GILDO
 Sì, la bellezza tua sol bramo e venero,
 per te son divenuto un grancio tenero.
 E tu pur m’ami?
 GERILDA
                                  Io temo
 di non restar per te brugiata tutta
860dalla fiamma d’amor ch’ho in petto accolta.
 GILDO
 No non temer; la stanza è fatta a volta.
 GERILDA
 
    Mi vuoi bene?
 
 GILDO
 
                                 Oh quante pene
 questo core che t’adora
 per te ognor soffrendo va.
 
 GERILDA
 
865   Ti son cara?
 
 GILDO
 
                            Uh quanto è amara
 a quest’alma la dimora
 in cui lungi da te sta.
 
    Mio tesoro, mia bella, mia vaga,
 per te amore mi fece la piaga.
 
 GERILDA
 
870   Mia speranza, mio bene gradito,
 tu sarai l’ottavo marito
 possessore di questa beltà.
 
 SCENA XI
 
 Camera di Casimiro con tavolino e sedia.
 
 VINCISLAO e poi GILDO
 
 VINCISLAO
 
    Deh, mi lascia, tormento penoso
 che il riposo
875vai togliendo da questo mio sen.
 
 Gildo, dove è il mio figlio?
 GILDO
                                                   Io qui l’attendo.
 VINCISLAO
 Oh dio, l’alma presaga
 m’è di sventure e per Ernando io temo.
 GILDO
 Venir nol veggio ancora.
 VINCISLAO
880Gildo, chiamisi tosto il duce Ernando.
 GILDO
 A lui vado veloce. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 VINCISLAO, poi CASIMIRO con stile insanguinato in mano
 
 VINCISLAO
 E pur cresce nel seno (Scende vicino al tavolino)
 e l’affanno e ’l timor; qual notte è questa
 in cui sognansi orrori ad occhi aperti?
885Cor di re, cor di padre,
 quale acciar ti trafigge? E qual gran male
 tutto gelar fa nelle vene il sangue?
 Il supplizio de’ rei
 prova quest’alma; e in che vi offesi o dei? (Appoggiandosi al tavolino si copre gl’occhi con la mano. Entra Casimiro con stile insanguinato)
 CASIMIRO
 
890   Dolci brame di vendetta,
 già la vittima cadé. (Casimiro, volendo porre lo stile sul tavolino, vede il padre nello stesso momento in cui il padre alzando gl’occhi vede il figlio)
 
 VINCISLAO
 Sparite, oh della mente
 torbide larve... Figlio...
 CASIMIRO
                                            Padre... (Oh stelle!)
 VINCISLAO
 Che acciaro è quel? Che sangue
895ne stilla ancor? Qual colpo
 mediti e qual facesti?
 Che orror, che turbamento
 ti sparge il volto?
 CASIMIRO
                                  (Ah che dirò?)
 VINCISLAO
                                                               Rispondi.
 CASIMIRO
 Signor...
 VINCISLAO
                   Parla.
 CASIMIRO
                                Poc’anzi...
900andai... Venni... L’amore...
 Lo sdegno... (Una ne l’altra
 mancan le voci; attonito rispondo).
 Nulla, o padre, dir posso e mi confondo.
 VINCISLAO
 Gran timido è un gran reo.
905Errasti, o figlio, e gravemente errasti;
 ragion mi rendi or di quel sangue.
 CASIMIRO
                                                                 Questo...
 Prepara pur contro il mio sen, prepara
 le più atroci vendette,
 questo (il dirò) del mio rivale è sangue;
910sangue è d’Ernando.
 VENCESLAO
                                        Oh dei!
 Ernando è morto?
 CASIMIRO
                                    Ed io,
 io ne fui l’omicida.
 VINCISLAO
 Perfido! Ernando è morto?
 CASIMIRO
                                                    E ragion n’ebbi.
 VINCISLAO
 Di svenarmi in quel core
915ragione avesti? Barbaro spietato
 tu pur morrai. Vendicherò...
 
 SCENA XIII
 
 ERNANDO e detti
 
 ERNANDO
                                                      A’ tuoi cenni
 qui pronto...
 VINCISLAO
                          Ernando vive? Ernando amico.
 CASIMIRO
 (Vive il rival? Voi m’ingannaste, o lumi,
 o tu man mi tradisti?)
 VINCISLAO
920Ma nol dicesti, o figlio,
 poc’anzi estinto?
 CASIMIRO
                                  Io son confuso.
 VINCISLAO
                                                               Ah duce,
 io moria per dolor della tua morte.
 ERNANDO
 Io morto? Ho vita, ho spirto
 ma per serbarlo in tuo servizio, o sire.
925Così Ernando, così dee sol morire.
 VINCISLAO
 So la tua fede.
 CASIMIRO
                             Oh ferro, (Tra sé)
 in qual seno t’immersi?
 Qual misero svenai? Cieli perversi!
 
 SCENA XIV
 
 ERENICE e detti
 
 ERENICE
 Signor, che il tuo potere (S’inginocchia a’ piedi di Vincislao)
930fra giustizia e pietà libri egualmente,
 difensor delle leggi,
 scudo dell’innocenza,
 giusto re, giusto padre, ecco a’ tuoi piedi,
 principessa dolente,
935Chiedo la mia vendetta,
 chiedo la tua, lagrime chiedo e sangue.
 Ti vuo’ giudice e padre; ah rendi al mondo
 a pro del giusto ed a terror dell’empio
 di virtù, di fortezza un raro esempio.
 VINCISLAO
940Sorgi, Erenice, e la vendetta attendi
 che il tuo dolor mi chiede.
 ERENICE
 Qual io sia ben t’è noto.
 VINCISLAO
                                              A’ tuoi grand’avi
 quel diadema ch’io cingo ornò le tempie.
 ERENICE
 Senza offenderti, o sire,
945amar potea l’un de’ tuoi figli?
 VINCISLAO
                                                        Amore
 non è mai colpa, ove l’oggetto è pari.
 ERENICE
 Del pari ambo i tuoi figli
 per me avvampar; ma il foco
 fu senso in Casimiro,
950fu virtù in Alessandro;
 piacque il pudico amante, odiai l’impuro.
 Amor che strinse i cori
 strinse le destre e fu segreto il nodo
 per tema del rival, non per tua offesa.
 CASIMIRO
955(Mio rivale il germano?)
 ERENICE
 In questa notte appunto
 a me recar consorte il primo amplesso
 egli dovea; l’ora vicina e d’ombre
 sparso era il ciel, quand’egli
960ne’ tetti miei, sulle mie soglie e quasi
 sugl’occhi miei trafitto... Ahimè... Perdona
 la libertà del pianto...
 Freddo, esanime, esangue
 versò da più ferite e l’alma e ’l sangue.
 VINCISLAO
965Come? Morto Alessandro?
 ERNANDO
 Misero prence!
 CASIMIRO
                               (Oh cieco
 furor, dove m’hai tratto? Io fratricida!)
 ERENICE
 Sì, morto è l’infelice; e allora ch’io
 ti miri vendicata,
970ti seguirò agl’Elisi, ombra adorata.
 VINCISLAO
 S’agita al tribunal della vendetta
 la mia, non la tua causa.
 Erenice, ove è il reo?
 ERENICE
                                         Quando tu ’l sappia,
 avrai cor di punirlo?
 VINCISLAO
975Sia qual si vuol, pronta è la scure; il capo
 vi perderà; già data,
 data ho l’inesorabile sentenza;
 giustizia è l’ira ed il rigor clemenza.
 ERENICE
 Non tel dica Erenice, il cor tel dica,
980tel dica il guardo; hai l’uccisor presente;
 quell’orror, quel pallore, (Aditando Casimiro che sta confuso)
 quegl’occhi a terra fissi,
 il silenzio del labro e più di tutto
 quel ferro ancor fumante
985della stragge fraterna a te già grida
 che un figlio del tuo figlio è l’omicida.
 VINCISLAO
 Già cedo al nuovo affanno.
 CASIMIRO
 (Oh destra! O ferro!) (Si lascia cadere lo stile dalla mano)
 ERNANDO
                                          Miserabil padre!
 ERENICE
 Casimiro l’uccise. Ei fece un colpo
990degno di lui; se nol punisci, o sire,
 avido ancor di sangue
 verrà quello a votar ch’hai nelle vene.
 L’uccisor di un fratello
 esserlo può d’un padre.
995Vendetta, o re, vendetta
 di te, di me; ragion, natura, amore
 la dimanda al tuo core;
 se re, se padre a me negar la puoi,
 numi del ciel, a voi la chiedo, a voi.
 VINCISLAO
1000Parla! Le tue discolpe
 giudice attendo.
 CASIMIRO
                                 Il ciel volesse, o sire,
 che del misfatto enorme,
 come n’è il cor, fosse innocente il braccio.
 Son reo, son fratricida;
1005non ho discolpe, il mio supplizio è giusto,
 io stesso mi condanno; io stesso aborro
 questa vita infelice
 dal mio re condannata e da Erenice.
 VINCISLAO
 Va’, principessa, ed a me lascia il peso
1010de la commun vendetta.
 ERENICE
 Destra real ti bacio
 e ’l misero amor mio da te l’aspetta.
 
    Col piacer di vendicarmi
 cara speme a consolarmi
1015per te riede nel mio cor;
 
    (ma saprò, già vendicata,
 poi seguirti ombra adorata
 tutta fede e tutto amor).
 
 SCENA XV
 
 VINCISLAO, CASIMIRO ed ERNANDO
 
 VINCISLAO
 Reo convinto, la spada
1020deponi, o Casimiro.
 CASIMIRO
 La spada?
 VINCISLAO
                      Sì, la spada.
 CASIMIRO
 Eccola, o re; già il core
 dispongo a sofferir mali più atroci.
 ERNANDO
 (Qual raggio a noi volgeste, astri feroci).
 VINCISLAO
1025Nella vicina torre
 sia custodito il prence.
 Tu colà attendi il tuo destin.
 CASIMIRO
                                                     Offeso
 or che deggio lasciarti,
 già sento in me la tua fierezza.
 VINCISLAO
                                                          Parti.
 CASIMIRO
 
1030   Da te parto e parto afflitto,
 o mio giudice, o mio re,
 volea dir mio genitor.
 
    Ma poi tacqui il dolce nome
 che più aggrava il mio delitto
1035e più accresce il tuo dolor.
 
 SCENA XVI
 
 VINCISLAO e doppo LUCINDA vestita da donna
 
 VINCISLAO
 Non son più padre, Ernando, un colpo solo
 mi privò di due figli.
 ERNANDO
 Casimiro ancor vive.
 VINCISLAO
 Chi è vicino a morir può dirsi estinto.
 ERNANDO
1040Un padre re può ben salvare un figlio.
 VINCISLAO
 Se ’l danna il re, non può salvarlo il padre.
 ERNANDO
 Dunque il prence condanni?
 VINCISLAO
                                                      Io nol condanno,
 il sangue del fratel chiede il suo sangue.
 ERNANDO
 È tuo figlio.
 VINCISLAO
                         Ma reo.
 ERNANDO
                                          Natura offendi,
1045se vibri il colpo.
 VINCISLAO
                                E se nol vibro, il cielo. (Sopragiunge Lucinda)
 Morirà Casimiro.
 LUCINDA
                                   (Oh dio, purtroppo
 il suo periglio è certo).
 VINCISLAO
 (Lungi, teneri affetti).
 Tu va’ mio nunzio a lui, digli che forte
1050nel dì venturo ei si disponga a morte.
 
 SCENA XVII
 
 LUCINDA, VINCISLAO ed ERNANDO
 
 LUCINDA
 Nel dì venturo a morte!
 Perdona, o re; di Casimiro il capo
 con l’amor mio dalle tue leggi esento.
 È re di Lituania,
1055tal lo dichiaro e un re non dee
 ubbidir l’altrui leggi;
 rispetta il grado e il tuo rigor correggi.
 VINCISLAO
 Regina, ei re non era
 nel far la colpa e la sua colpa il trova
1060suddito di mie leggi;
 rispetta il giusto e l’amor tuo correggi.
 LUCINDA
 Questa è, o re, la tua fede?
 Così mi sposi al figlio?
 Casimiro mi rendi?
1065O dal figlio o dal padre
 o due volte ingannata alma infelice.
 Misera, e in che poss’io ripor più spene!
 VINCISLAO
 Della real promessa or mi sovviene.
 Regina, il pianto affrena;
1070sposo l’avrai né mancherò di fede.
 Dal duro offizio, o Ernando,
 già ti dispenso.
 ERNANDO
                               Io l’ubbidia con pena.
 LUCINDA
 Mio cor, respira.
 VINCISLAO
                                 Or vanne
 al colpevole figlio e fa’ che sciolto
1075venga alle regie nozze.
 ERNANDO
                                           Io pronto...
 LUCINDA
                                                                  Ah sire,
 all’amor mio permetti
 che nunzio io sia di lieto avviso al prence.
 VINCISLAO
 Ti si compiaccia. Andiamo.
 Darò i cenni opportuni, onde a te s’apra
1080della torre l’ingresso.
 LUCINDA
 Ma se il prence al mio amore
 persiste ingrato?
 VINCISLAO
                                  Eh non temer, regina,
 sarai sua sposa e serberò la fede.
 LUCINDA
 Lieta gode quest’alma e più non chiede.
 
1085   Corro lieta al caro bene
 a spezzar l’aspre catene
 e tornarlo in libertà.
 
    Questa prova del mio amore
 il primiero estinto ardore
1090forsi in lui risvegliarà.
 
 SCENA XVIII
 
 ERNANDO solo
 
 ERNANDO
 Di così strani casi
 il fin qual fia? Sarà pietoso o giusto
 il real genitore?
 Temo ancor la pietà di quel gran core.
1095Ma tu che pensi Ernando? Vendicarti?
 Ma dove? In chi, nell’uccisor fratello?
 La fierezza del colpo
 cadria nel padre e non saria vendetta.
 Ma Erenice il vuol morto e il suo furore
1100dei lusingar per ottenere amore?
 No no, più generoso
 ti voglio, Ernando. A preservar si attenda
 l’erede alla corona, il figlio al padre.
 A l’ombra d’Alessandro
1105diam lagrime, non sangue. Andiam gli sdegni
 a placar d’Erenice.
 In sì nobili sensi
 l’alma s’impieghi e all’amor suo non pensi.
 
    Sospendi, o fido core,
1110le brame del tuo amore
 e servi a quel dover
 che è figlio di virtù.
 
    Prove d’onor, di fede
 il ciel da te richiede;
1115sia questo il tuo piacer
 e non cercar di più.
 
 SCENA XIX
 
 GERILDA e poi GILDO
 
 GERILDA
 Per discoprir se ancora
 Gildo mi serbi fede,
 io qui portato ho il piede.
1120Ma Gildo già sen viene,
 vuo’ restar all’oscuro
 e meglio scoprirò s’ei sia spergiuro. (Spegne li lumi che stanno sopra il tavolino e siede sopra la sedia)
 GILDO
 Son io o non son io?
 Mi parve da lontano
1125veder lume...
 GERILDA
                           Ah inumano! (Fingendo la voce)
 GILDO
 Saldo saldo, cor mio,
 che voce mai sentisti?
 GERILDA
 Perché mai mi feristi?
 GILDO
 Aimè! Che questa è l’anima
1130dell’ucciso Alessandro;
 meglio è partir...
 GERILDA
                                  Ah Gildo!
 GILDO
 Buona memoria! Oh come
 morto ancor si rammenta il mio bel nome!
 GERILDA
 Vieni, ch’io sono Elisa
1135che qui son stata uccisa.
 GILDO
 Elisa? Oimè! Chi è stato (Gli si accosta)
 che t’ha così trattato?
 GERILDA
 Non so; un certo giovin forastiero
 che con braccio severo
1140ferendo disse: «Per la destra mia
 questo colpo Gerilda a te l’invia».
 GILDO
 Ah Gerilda crudele,
 figlia d’una montagna!
 Ma la ferita ov’è?
 GERILDA
1145In mezzo al petto. Oh dio!
 GILDO
 Animo su, cor mio.
 GERILDA
 Vanne a prender un lume.
 GILDO
 Vado, ben mio, ma non morire, aspetta.
 GERILDA
 Vanne pure.
 GILDO
                          Oh Gerilda maledetta!
 GERILDA
1150Gliel’ho fatta pulita
 e già mi son chiarita
 che ancora per Elisa ei sente amore.
 Ma di sua infedeltà vuo’ vendicarmi. (Si copre il viso con il fazzoletto)
 GILDO
 Eccomi qua col lume, (Con un candeliere in mano)
1155mio bellissimo nume.
 Mostrami la ferita,
 cara dolce mia vita;
 scuopriti il volto, Elisa, anima mia.
 GERILDA
 Il malan che ti dia. (Si scopre il volto e Gildo resta immobile con il lume in mano guardandola)
1160Vedi chi Elisa Io sono.
 Son Gerilda crudele,
 figlia d’una montagna,
 Gerilda maledetta;
 guarda, osserva crudel. (Pur ce l’ho colto).
 GILDO
1165(Qui ripiego ci vuol, mi fingo stolto).
 Giove, non pensar già (A Gerilda)
 ch’io sia venuto qua,
 che dai fulmini tuoi voglia splendore.
 GERILDA
 (Che favellar?) Dunque tu sei...
 GILDO
                                                            Sette. (Posa il candeliere in terra)
 GERILDA
1170No no, non vuo’ giocar; dico che tutte...
 GILDO
 Otto.
 GERILDA
             Non gioco no; sentimi due...
 GILDO
 Quattro. Venga da ber ch’ho guadagnato.
 GERILDA
 Ho gran dubbio che pazzo egli si finga.
 Ma sia come si vuole, io so che ancora
1175spasima per Elisa e ch’è un frabbutto;
 onde presto di tutto
 vuo’ che si penta e con un’altra burla,
 che già gl’ho preparata,
 o scoprirò s’è ver che matto ei sia
1180o almen vendicherò l’ingiuria mia.
 GILDO
 
    Mia cara Venere,
 già tutto in cenere
 son io per te.
 
 GERILDA
 
    Eh ch’e’ sta in tono
1185se il bello e il buono
 conosce in me.
 
 GILDO
 
    Ma chi sei tu,
 vecchia bavosa,
 gobba schifosa?
 
 GERILDA
 
1190   Veggo in effetto
 che il poveretto
 è pazzo affé.
 
 GILDO
 
    Oh quanto mai son stracco,
 lasciami riposare un poco qua.
 
 GERILDA
 
1195   Sì sì, siediti pure; io vuo’ partire,
 che già mi sento tutta intenerire. (Qui i cuscini si cangiano in figure che formano un ballo)
 
 Fine dell’atto secondo