Venceslao, Napoli, Muzio, 1714 (Vincislao)

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Veduta di città con arco trionfale.
 
 ERNANDO con seguito di soldati e di schiavi, poi VINCISLAO, CASIMIRO ed ALESSANDRO
 
 ERNANDO
 
    Abbiam vinto, amico regno,
 n’è tuo frutto e gloria e pace.
 
    Il fellon superbo e fiero
 cadde estinto e in suol straniero
5insepolto il busto giace.
 
 Oh del regno polono,
 del Boristene algente alto monarca,
 Vincislao sempre invitto,
 già il superbo moldavo
10morde i tuoi ceppi; e ’l contumace Adrasto,
 de l’alme più rubelle
 grand’esempio e gran pena,
 da più colpi trafitto,
 là su l’Istro confessa
15ne l’aperte sue piaghe il suo delitto.
 VINCISLAO
 Le tue vittorie, Ernando,
 son degne del tuo nome e son maggiori
 del poter nostro. Hai vinto
 ma di tanta tua gloria è nostro il frutto.
20Vieni, onde al sen ti stringa,
 o forte del mio regno (L’abbraccia)
 difesa e primo amor.
 CASIMIRO
                                         (Fremo di sdegno).
 ALESSANDRO
 Agli amplessi del padre, un mio succeda,
 amico duce.
 ERNANDO
                         Oh sempre (S’abbracciano)
25generoso Alessandro.
 VINCISLAO
 Casimiro, e tu solo
 al vincitor nieghi gli applausi?
 CASIMIRO
                                                          Ernando
 ne’ tuoi reali amplessi ebbe anche i miei.
 ERNANDO
 Servo ti sono.
 CASIMIRO
                            (Anzi rival mi sei).
 VINCISLAO
30Sinor sterili applausi
 diedi al valor d’Ernando. I suoi trionfi
 chiedono un maggior prezzo. Ei me lo additi.
 ERNANDO
 Gran re, tutto ti deggio.
 VINCISLAO
                                              Il tuo rispetto
 non dee lasciarmi ingrato.
35Chiedi.
 ERNANDO
                 Temo nel prezzo
 parer vil, non audace.
 VINCISLAO
 Vil non fia ciò che puote
 gli affetti meritar del tuo gran core.
 ERNANDO
 Ti arride amor; sol per te chiedo. (Piano ad Alessandro)
 ALESSANDRO
                                                               Oh amico! (Piano ad Ernando)
 ERNANDO
40Dirò, poiché l’imponi,
 ma non senza rossor, non senza pena.
 Tutto il premio ch’io cerco
 in sé racchiude un volto.
 CASIMIRO
 (Iniquo!)
 VINCISLAO
                     Ernando amante?
 ERNANDO
45Perdona. Amor sol diede
 più zelo al cor, più stimolo alla fede.
 VINCISLAO
 Favella.
 CASIMIRO
                  (Ah! Più nol soffro).
 ERNANDO
 L’amor, sire...
 CASIMIRO
                             Ammutisci,
 troppo altero vassallo.
50Frena il volo al tuo amore o nel tuo sangue
 ne ammorzarò le fiamme. Ama là dove
 non offendi il tuo prence o se sì audaci
 nutri gli affetti, ama soffrendo e taci.
 ERNANDO
 
    Se devo in seno ascondere
55la fiamma del mio cor,
 io non potrò resistere
 a l’aspro rio dolor.
 
    E pur per non offenderti
 quest’anima sia vittima
60d’un infelice amor.
 
 SCENA II
 
 VINCISLAO, CASIMIRO e ALESSANDRO
 
 VINCISLAO
 Tu de l’amico Ernando
 siegui, Alessandro, le vestigia e digli
 che a tal grado alzerò la sua fortuna
 che non fia chi ’l sorpassi
65quaggiù, fuor che ’l suo re, fuor che gli dei.
 CASIMIRO
 E ch’ei tema, gli aggiungi,
 in qualunque destin gli sdegni miei.
 ALESSANDRO
 Tanto esporrò ma troppo ingiusto sei.
 
    Ama, sì, ma sempre chiara
70sia la fiamma del tuo cor.
 
    Non è preggio in nobil petto
 il nudrire un vile affetto,
 il serbare impuro ardor.
 
 SCENA III
 
 VINCISLAO e CASIMIRO
 
 VINCISLAO
 Casimiro, cotesta
75tua superba fierezza
 vuol privar te d’un padre e me d’un figlio.
 CASIMIRO
 Del tuo poter, de la mia vita, o sire,
 usa a tuo grado, il soffrirò con questa
 che tu chiami fierezza ed è virtude;
80ma che un basso vapore,
 che un mio servo, un Ernando
 mi sia rival, ch’ei mi contenda e usurpi
 il possesso d’un bene?
 Nol soffrirò. Sento che m’empie un core,
85forte a ceder la vita e non l’amore.
 VINCISLAO
 Vedrem ciò che far possa
 mio malgrado il tuo amor; ma sappi intanto
 che un reo vassallo arma d’un re lo sdegno
 e che, prima che a te, fui padre al regno.
 
90   Pria che padre, assiso in soglio,
 a punir de’ rei l’orgoglio,
 questo braccio fulminò.
 
    Or vedrai, qual genitore,
 al tuo sdegno, al tuo furore
95quali leggi dar saprò.
 
 SCENA IV
 
 CASIMIRO e GILDO
 
 GILDO
 Presto, presto signor...
 CASIMIRO
                                           Che v’è? Che apporti?
 GILDO
 Gran cosa, cosa grande, anzi grandissima.
 La signora...
 CASIMIRO
                          Erenice?
 GILDO
                                             Oibò! Quell’altra...
 CASIMIRO
 Chi mai?
 GILDO
                     La principessa...
 CASIMIRO
100Di Lituania?
 GILDO
                           Appunto.
 CASIMIRO
 Lucinda? È morta forse?
 GILDO
                                                Oibò! È più viva
 che non sono li vivi
 alor che stanno in vita;
 e qui giunta è poc’anzi.
 CASIMIRO
105Oh dei! Lucinda?
 GILDO
                                   Io stesso
 la vidi in viril manto,
 mentito sesso e coi suoi fidi accanto.
 Eh! Che v’è peggio ancora.
 CASIMIRO
 Che mai?
 GILDO
                     Con la signora
110v’è ancor la damigella,
 che le fa da scudiero
 e tutta ardita e snella
 cinge il brando guerriero
 e, se s’accorgerà
115ch’io sono d’altra amante,
 certo mi pagherà di buon contante.
 CASIMIRO
 Turbatrice odiosa
 de l’amor mio, costei sen viene e seco
 avrà la fé giurata,
120rinfaccerà de l’amor mio le fiamme,
 i promessi imenei,
 chiamerà nel suo pianto uomini e dei.
 GILDO
 Che faremo, o signor?
 CASIMIRO
                                           Che far poss’io?
 Gli affetti a lei dovuti
125mi ha rapiti Erenice.
 GILDO
 E ancor quell’altra avrà li miei rifiuti,
 che il nuovo amor troppo mi fa felice.
 Eccole là, padrone.
 CASIMIRO
 Osserverò s’è dessa.
 GILDO
130Sì, che purtroppo sono. Oh confusione! (Si ritirano in disparte)
 
 SCENA V
 
 LUCINDA da uomo e GERILDA anche da uomo con seguito e detti in disparte
 
 LUCINDA
 
    Quest’aura, che respira
 chi tanto il core adora,
 m’alletta, mi ristora
 e fa contento il cor...
 
 GERILDA
135Mia signora?
 LUCINDA
                           Che chiedi?
 GERILDA
                                                   Osserva là.
 CASIMIRO
 (Purtroppo, Gildo, è dessa).
 GILDO
 (Questa è la principessa
 e quell’altra è la serva in verità).
 LUCINDA
 (In qual bramato oggetto
140vi affissate, o miei lumi?)
 GERILDA
 (Il mio Gildo v’è ancora).
 CASIMIRO
 (Finger mi giovi).
 GERILDA
                                    (A te sen viene).
 LUCINDA
                                                                    (Oh numi!)
 CASIMIRO
 Stranier, che tale a queste spoglie, a questi
 tuoi compagni o custodi a me rassembri,
145e qual da miglior cielo a l’Orse algenti
 forte caggion ti trasse?
 LUCINDA
 (Non mi ravvisa). A mia gran sorte ascrivo
 che dal ciel lituano
 qui giunto appena, ove portato ho il piede,
150te incontri, eccelso prence.
 CASIMIRO
                                                   A te, che altrove
 giammai non vidi, ove fui noto e quando?
 LUCINDA
 In Lituania, ov’ebbi
 l’alto onor d’inchinarti.
 (Ah! Quasi dissi il fier destin d’amarti).
 GERILDA
155Gildo? (Da parte tra loro)
 GILDO
                 Chi sei? Che chiedi?
 GERILDA
 Sono anch’io forastiero
 ma t’ho altrove parlato
 e gran cose t’ho a dir.
 GILDO
                                          Resto obligato.
 CASIMIRO
 Qual ti appelli?
 LUCINDA
                               Lucindo.
 CASIMIRO
160L’uffizio tuo?
 LUCINDA
                            Di segretario in grado
 a Lucinda servia.
 CASIMIRO
 Lucinda?
 LUCINDA
                     Sì, l’erede
 del lituano regno.
 GILDO
 Non la conosco in verità. (Come sopra)
 GERILDA
                                                (Che indegno!)
 CASIMIRO
165Tu con Lucinda?
 LUCINDA
                                 Io seco
 era il giorno primier che i lumi tuoi
 s’incontraro co’ suoi,
 giorno (ahi giorno fatal!) che in voi s’accese
 scambievol fiamma; io seco
170alor che le giurasti eterno amore
 e alor che tu partisti,
 io sol fui testimon del suo dolore.
 (Fiso m’osserva). Omai
 ti dovria sovvenir ch’entro a sei lune
175tornare a lei giurasti;
 pur due volte d’allora
 compì l’anno il suo corso e non tornasti.
 (Misera!) E non ancora
 ti sovvien qual io sia,
180io che fui testimon de le sue pene,
 de’ giuramenti tuoi?
 CASIMIRO
                                         Non mi sovviene.
 GERILDA
 Ed ancor fai del sordo. (Come sopra)
 Pur ti voleva ben!
 GILDO
                                   Non mi ricordo.
 LUCINDA
 Non ti sovviene? Ingrato...
 CASIMIRO
                                                   A chi favelli?
 LUCINDA
185A te. A te. Così m’impose il dirti
 la tua fedel Lucinda: «E se» mi aggiunse
 «e se nulla ottener puoi da quel core,
 fa’ ch’io ’l sappia, ond’io possa
 estinguer nel mio sangue il mio dolore».
 CASIMIRO
190Fole mi narri.
 GERILDA
                             E del suo rio tormento (Come sopra)
 più memoria non hai?
 GILDO
                                            Non mi rammento.
 LUCINDA
 (O dal crudele io son tradita o finge).
 CASIMIRO
 Ma dovunque tu venga
 e qualunque sii tu,
195parti, o Lucindo, e non cercar di più.
 
    Lascia la calma a l’alma
 che sta godendo ognor
 e non turbare il cor
 con altro amore.
 
200   Partiti pur da me,
 che tanto è ’l mio gran foco
 che loco più non v’è
 per altro ardore.
 
 SCENA VI
 
 LUCINDA, GERILDA e GILDO
 
 LUCINDA
 Così mi lascia il traditore, ingrato!
205Almen tu, servo amato,
 dimmi se mi ravvisi o pur t’infingi.
 Son io, son io Lucinda.
 Dimmi, che sperar deggio?
 Mi ha tradito il mio sposo? O vuol tradirmi?
210Arde per altra? O finge?
 Del mio fato il tenor svelami tu.
 GILDO
 Parti, o Lucinda, e non cercar di più.
 GERILDA
 Dove vai?
 GILDO
                      Vado via.
 GERILDA
 No, qui t’arresta e pria
215mi devi dir se mi ravvisi tu.
 GILDO
 Parti tu ancora e non cercar di più.
 GERILDA
 Ti ferma!
 GILDO
                     Ho gran da fare.
 GERILDA
 Ed io ti seguirò, t’ho da parlare. (Partono)
 
 SCENA VII
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
 Ch’io non cerchi di più? Solo a tal fine
220mi partii dal mio regno;
 varcai provincie e mari,
 grado e sesso mentii, soffersi tanto.
 Vo’ saperlo e pur temo
 che il saperlo mi sia caggion di pianto.
 
225   Aveva l’idol mio
 bel volto e cor fedel,
 quando partì da me.
 
    Or che lo trovo, oh dio,
 ha la beltà il crudel
230ma non ha più la fé.
 
 SCENA VIII
 
 Giardino corrispondente agli appartamenti di Erenice.
 
 ERENICE, poi ALESSANDRO ed ERNANDO
 
 ERENICE
 
    Come va dal bosco al prato
 susurrando il rusignuolo,
 vola l’alma al suo tesor.
 
    E pur dirgli m’è negato:
235«Frena, o caro, il tuo bel duolo,
 sei la pace del mio cor».
 
 Taci Erenice, il caro ben qui giunge;
 e seco è ’l duce, il solo
 testimonio fedel del nostro amore;
240brama sì di goder ma taci, o core.
 ERNANDO
 Bella Erenice!
 ERENICE
                             Invitto Ernando!
 ERNANDO
                                                              (Oh vista!)
 ERENICE
 A l’ombra de’ tuoi lauri
 la comun libertà posa sicura.
 ALESSANDRO
 E de’ tuoi rischi il nostro bene è l’opra.
 ERNANDO
245Se voi lieti non rendo,
 nulla oprai, nulla ottenni. Egli ha gran tempo
 ch’ardono del tuo bello, e ben tu ’l sai,
 Casimiro e Alessandro.
 Questi, temendo il suo rival germano,
250nascose il foco e col mio labro espose
 le sue fiamme amorose;
 l’odio di Casimiro,
 credutomi rival, tutto in me cadde
 e in me sol rispettò l’amor paterno.
255La Moldavia rubella
 mi esentò da la reggia; io vinsi e ’l prezzo
 esser dovea Erenice,
 sol per render voi lieti (e me infelice).
 ERENICE
 Cor generoso e grande!
 ERNANDO
260Godea che a me tenuti
 foste di tanto; Casimiro alora
 fremé, si oppose, minacciò; compiacqui
 al suo furor, tolsi congedo e tacqui.
 ERENICE
 Perfido!
 ERNANDO
                   Or la dimora
265è comune periglio.
 ALESSANDRO
 Ma qual è il tuo consiglio?
 ERNANDO
 Pria che risorga il giorno
 stringavi sposi un maritale amplesso.
 ALESSANDRO
 E poi?
 ERNANDO
                Riparo allora
270non avrà il fatto; al mio consiglio, al nodo
 non disuguale, il padre
 darà l’assenso e del rival germano
 sarà impotente ogni furore o vano.
 ALESSANDRO
 Me fortunato appieno,
275se tu vi assenti.
 ERENICE
                               Oh dio!
 ALESSANDRO
 Che paventi, Erenice?
 ERENICE
 Questo mio così tosto esser felice.
 ALESSANDRO
 Temi il mal, non il bene.
 ERENICE
 Offendo l’onestà.
 ALESSANDRO
                                  Prendi, mia vita,
280sposa mi sei. Ne l’atto sacro invoco
 l’amor, la fede, Ernando.
 ERENICE
 Ti cedo e sposa ecco t’abbraccio.
 ERNANDO
                                                            Parti,
 pria che ’l german qui ti sorprenda.
 ALESSANDRO
                                                                   Addio.
 Verrò cinto da l’ombre
285a trovar pace a te, mia vita, appresso.
 ERNANDO
 (Io fui del mio morir fabro a me stesso).
 
 SCENA IX
 
 ERENICE ed ERNANDO
 
 ERENICE
 Pace al regno recasti e gioie a noi,
 Ernando generoso.
 Ma tu così pensoso? E che ti affligge?
 ERNANDO
 
290   M’affligge una fiamma,
 che strugge ed infiamma
 nel seno il mio cor.
 
    Al duolo e diletto
 che porge al mio petto
295par face d’amor.
 
 SCENA X
 
 CASIMIRO, ERENICE ed ERNANDO
 
 ERENICE
 Qual favellar?
 CASIMIRO
                             Felici amanti, il mio
 importuno venir tosto non privi
 del piacer d’una vista i vostri lumi.
 ERENICE
 Se sai d’esser molesto, a che ne vieni?
 CASIMIRO
300Perché rispetti Ernando
 sugl’occhi d’Erenice un mio comando.
 ERNANDO
 E qual fia mai?
 CASIMIRO
                               Da lei ch’adori or prendi
 l’ultimo addio.
 ERNANDO
                              Perché?
 CASIMIRO
 Perché Ernando è vassallo ed io son re.
 ERNANDO
305L’amar beltà, che tu pur ami, o prence,
 non è offesa al tuo grado,
 è omaggio che si rende al bel che piace;
 ne l’amor mio son giusto e non audace.
 CASIMIRO
 E giusto anch’io sarò in punirti. A troppo
310tua baldanza s’inoltra. (In atto di por mano alla spada)
 ERENICE
                                            E a troppo ancora
 ti trasporta lo sdegno.
 Partiti, o duce.
 ERNANDO
                              Addio, signor. Per poco
 tempra o sospendi almen l’odio mortale;
 entro al venturo giorno
315non sarò, qual mi credi, il tuo rivale.
 
 SCENA XI
 
 ERENICE e CASIMIRO
 
 ERENICE
 Casimiro.
 CASIMIRO
                      Mia cara.
 ERENICE
 Anche per te sia questo
 l’ultimo addio che da Erenice or prendi.
 CASIMIRO
 Come?
 ERENICE
                 L’amor d’Ernando
320grande offesa è al tuo grado.
 L’amor di Casimiro
 più grave offesa è a l’onor mio.
 CASIMIRO
                                                          Perché?
 ERENICE
 Erenice è vassalla e tu sei re.
 CASIMIRO
 (Si vendica d’Ernando).
325Tua beltade ha l’impero
 sul cor di Casimiro.
 ERENICE
                                       Il mio divieto
 dunque ti sia comando.
 CASIMIRO
 Questo è ’l tuo sol comando,
 cui ubbidir non posso.
 ERENICE
330Che dunque brami?
 CASIMIRO
                                        Amore.
 ERENICE
 Questo è ’l tuo sol desio,
 cui né ubbidir né compiacer poss’io.
 
    Meco non giova il fingere,
 non giova il sospirar.
 
335   Usa lusinghe e vezzi,
 tenta minacce e sprezzi,
 no, non ti posso amar.
 
 SCENA XII
 
 CASIMIRO
 
 CASIMIRO
 Amare, amar si puote
 beltà più ingiusta e più superba? Oh dio,
340de l’ingrata Erenice
 si serve amor per castigarmi; ei gode
 che mia pena ora sia il suo rigore.
 Di qual fallo son reo? Risponde il core
 che li spergiuri affetti,
345la fé mentita e i lusinghieri accenti,
 le promesse in amor vane e fallaci,
 Lucinda amata e poi tradita sono
 la colpa mia; taci, cor mio, deh taci!
 
    Beltà che più non piace
350lasciar d’amar si può.
 
    Se il cielo in più sembianti
 i doni suoi versò,
 io perché ingiusto a tanti
 un sol ne adorerò?
 
 SCENA XIII
 
 GILDO e poi GERILDA
 
 GILDO
355Non so più dove andare,
 non so dove girare,
 non v’è alcun buco in corte
 ove non sono entrato
 e pur Gerilda ognor m’ha seguitato.
360Oh perfida mia sorte,
 tu sei troppo arrabbiata e non t’adulo,
 non so che far per tormela d’appresso.
 GERILDA
 Pur mi sarà permesso
 dirti quattro parole.
 GILDO
365Vosignoria che vuole?
 Mi lasci un poco andare,
 che il medico m’ha detto
 che mi bisogna molto passeggiare,
 perché or ora ho preso
370certo medicamento
 e così provarò miglioramento.
 GERILDA
 E che mal soffri tu?
 GILDO
 Piano con questo tu.
 GERILDA
 Che mal disturba lei?
375Cos’ha vosignoria?
 Molto illustre signor, come si porta?
 Come la sta vosignoria illustrissima?
 Come passa, signor molto eccellente?
 Eccellenza, cos’ha?
 GILDO
                                     (Io non ho niente).
380Dirò, mi sento qua...
 No da quest’altro lato,
 un certo non so che
 che fa sbattermi il core,
 tutto tutto affannato
385e non passa il tremore,
 se non sto al largo e veggo la verdura
 e non si sa cos’è!
 GERILDA
                                 Quest’è paura.
 GILDO
 (Ci ha indovinato). A me paura? A me?
 Che sono...
 GERILDA
                       Or io con te
390non vo’ altercar su ciò.
 Rispondi a me su quel ch’io ti dirò.
 GILDO
 (Aimè! Io ci son colto).
 GERILDA
 Lascio da parte molto
 che dir dovrei, perché hai tu attestato
395il nome di Gerilda esserti ignoto.
 GILDO
 In quanto al nome sol, io mi ci accordo,
 poiché se mal, se mal non mi ricordo
 in un libro l’ho letto;
 ma poi, circa il suo aspetto,
400non l’ho veduto mai
 né giammai ci parlai.
 GERILDA
 Come non la vedesti?
 Come non ci parlasti?
 Se in Lituania amor le promettesti.
405Fedeltà le giurasti
 e ten partisti poi tutto piangente,
 promettendo tornar.
 GILDO
                                        Menti.
 GERILDA
                                                       Chi mente? (Cava la spada)
 GILDO
 Né ment’io per la gola.
 (Vo’ maledir quando ne fu parola).
 GERILDA
410Dunque tu la conosci?
 GILDO
 Mi par...
 GERILDA
                   Non c’è mi par, di’, la conosci?
 GILDO
 (Quel ferro mi spaventa,
 tremo da capo a piè).
 GERILDA
 Tu tremi? E che cos’è?
 GILDO
415Se tu m’hai qui fermato,
 il tremor m’è tornato,
 che me lo disse il medico:
 «Se tu non vuoi tremare,
 camina pur e mai non ti fermare».
 GERILDA
420Qui medico non v’è né medicina.
 Di’, conosci Gerilda?
 GILDO
 Di’ ciò che vuoi ch’io dica
 che il dirò, che in me manca la favella.
 GERILDA
 Gerilda non son io?
 GILDO
                                       Sì che sei quella.
 GERILDA
425Ah infedele! E niegasti...
 GILDO
 Basti, Gerilda, basti.
 GERILDA
 Di conoscermi tu.
 GILDO
 Gerilda, oh dio! non più.
 GERILDA
 Ora ti voglio uccidere.
 GILDO
430Pietà, ben mio, pietà.
 GERILDA
                                          (Mi fa pur ridere).
 GILDO
 
    Infodera, ben mio.
 
 GERILDA
 
 Non voglio infoderar.
 
 GILDO
 
 Ti modera, cor mio.
 
 GERILDA
 
 Non mi vo’ moderar.
 
 GILDO
 
435Io sono già pentito.
 
 GERILDA
 
 Pentito?
 
 GILDO
 
                   E ripentito,
 non farmi più tremar.
 
 GERILDA
 
 Ti voglio sodisfar. (Pone dentro la spada)
 
    Crudel mi fosti.
 
 GILDO
 
                                   È vero.
 
 GERILDA
 
440Pria mi niegasti.
 
 GILDO
 
                                  È vero.
 
 GERILDA
 
 Meco fingesti.
 
 GILDO
 
                             È vero.
 
 GERILDA
 
 Poi ti pentisti.
 
 GILDO
 
                             È vero.
 
 GERILDA
 
 Ora tu m’ami?
 
 GILDO
 
                              A questo
 c’è tempo di pensar.
 
 GERILDA
 
445E il braccio ardito e lesto
 ritorno a sfoderar. (Cava la spada)
 
 SCENA XIV
 
 Sala con trono.
 
 VINCISLAO e CASIMIRO con seguito
 
 VINCISLAO
 Figlio, nel forte Ernando
 ti propongo un esempio
 di virtù generosa.
450Tu, su l’orme di lui,
 saggio cammina; e degno
 sarai de l’amor mio, sarai del regno.
 CASIMIRO
 Anche la gloria, o padre,
 de l’aver vinto è tuo rettaggio. Vinse
455coll’armi tue, col tuo gran nome Ernando;
 tu cuore ed ei ministro,
 tu reggesti la mano, ei strinse il brando.
 VINCISLAO
 Venga il nunzio stranier. (Alle guardie e siede nel trono)
 CASIMIRO
                                                 (Chi sarà mai?
 Forse è Lucinda? Ah cor! che far dovrai?)
 
 SCENA XV
 
 LUCINDA con seguito e detti
 
 LUCINDA
460Del sarmatico cielo inclito Giove,
 per cui la fredda Vistula è superba
 più de l’Istro e del Tebro,
 re, la cui minor gloria è la fortuna,
 quella che, estinto il genitor Gustavo,
465di Lituania or regge
 le belle spiaggie, il fertil suol, Lucinda,
 a te, la cui gran fama
 non v’è cui nota, o Vincislao, non sia,
 per alto affar me suo ministro invia.
 VINCISLAO
470Di sì illustre donzella,
 la cui virtù sublime
 è freggio al debil sesso, invidia al forte,
 ch’io servir possa a’ cenni è mia gran sorte.
 CASIMIRO
 (O dei! Fia meglio allontanarmi).
 LUCINDA
                                                               Arresta,
475principe, i passi; a quanto
 dir mi riman, ti vo’ presente.
 CASIMIRO
                                                        (Oh inciampo!)
 Costui, signor, mente l’uffizio e ’l grado.
 LUCINDA
 Io mentir, Casimiro?
 Questo che al re presento
480foglio fedel, questo dirà s’io mento. (Lucinda porge al re una lettera che sembra di credenza, il re l’apre e leggendola guarda minaccioso il figlio)
 (L’empio si turba e impallidisce).
 VINCISLAO
                                                                (Oh note!)
 CASIMIRO
 (Nieghisi tutto a chi provar nol puote).
 VINCISLAO
 (Che lessi?) Ah figlio, figlio! Opre son queste
 degne di te? Degne del sangue, ond’esci?
485Tu cavalier? Tu prence? (Scende dal trono)
 CASIMIRO
                                               A che?
 VINCISLAO
                                                              Rimira. (Gli dà la lettera)
 Quei caratteri impressi
 son di tua man? Li riconosci? Leggi,
 leggi pure a gran voce e del tuo errore
 dia principio a la pena il tuo rossore.
 CASIMIRO
490«Per quanto ha di più sacro, (Legge)
 il prence Casimiro a te promette
 la marital sua fede,
 a te, Lucinda, erede
 del regno lituano;
495e segna il cor ciò che dettò la mano».
 LUCINDA
 (Infido cor!)
 VINCISLAO
                          Leggesti? A qual difesa
 tua innocenza commetti?
 CASIMIRO
 Or ora il dissi. Un mentitore è questi.
 Signor, mentito è ’l grado,
500mentito il ministero. Io né giurai
 a Lucinda la fede
 né vergai questo foglio
 né promisi imenei
 né mai la vidi o pur n’intesi.
 LUCINDA
                                                      (Oh dei!)
 CASIMIRO
505E perché alcun de la mendace accusa
 testimon più non resti,
 lacerato in più parti
 or te, foglio infedele, il piè calpesti. (Straccia in molte parti la carta e poi la calpesta)
 VINCISLAO
 Tant’osa?
 LUCINDA
                     Casimiro,
510mentitor me dicesti? In campo chiuso
 a singolar tenzone
 forte guerrier, per nascita e per grado
 tuo egual che meco io trassi
 da’ lituani lidi,
515per mia bocca or t’invita
 e tua pena sarà la tua mentita.
 CASIMIRO
 Il paragon de l’armi io non ricuso.
 LUCINDA
 Anzi che cada il sole,
 tu, re, il concedi.
 VINCISLAO
                                 Assento
520e spettatore io ne sarò.
 LUCINDA
                                            T’aspetto
 colà al cimento.
 CASIMIRO
                               Ed io la sfida accetto.
 LUCINDA
 
    T’attendo in campo armato,
 mendace cavalier,
 ingrato amante.
 
525   Colà decida il fato,
 s’io sono menzognier,
 se tu incostante. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 VINCISLAO e CASIMIRO
 
 VINCISLAO
 Casimiro, innocente
 vorrebbe e pur non sa crederti il core;
530guarda che del tuo errore
 parto non siano un dì le tue ruine,
 che de’ superbi è sempre infausto il fine.
 
 SCENA XVII
 
 CASIMIRO e poi ERENICE
 
 CASIMIRO
 Amor, tu mi vuoi morto
 e d’esserti fedel serbo il costume.
535Se in più beltà t’adoro,
 con me ti sdegni a torto,
 che, se cangio l’altar, non cangio nume.
 ERENICE
 Casimiro?
 CASIMIRO
                       Mia bella,
 e qual propizia stella
540guida i bei lumi tuoi
 a consolarmi il cor? Dimmi, che vuoi?
 ERENICE
 Molto vorrei, se il tuo lascivo amore
 non mi arrecasse orrore;
 ma se, non come amante
545ma qual prence che sei,
 compiacer mi vorrai,
 ardita io chiederò.
 CASIMIRO
 Non sia contro il mio amor, chiedi, avrai.
 ERENICE
 Non è contro il tuo amor. Ernando...
 CASIMIRO
                                                                   Ernando,
550quello che t’innamora,
 forse vuol presso te far più dimora?
 ERENICE
 Tal non è il suo disio
 ma solo tale è il mio.
 CASIMIRO
 Perché l’ami, ciò vuoi?
 ERENICE
                                            Io no, lo bramo
555come fosse il mio amore e pur non l’amo.
 CASIMIRO
 Non l’ami? E qual pietà,
 se non è un forte amor, ti stringe a ciò?
 ERENICE
 Giuro che non è amor. Che sia? Non so.
 CASIMIRO
 Erenice, m’inganni;
560per Ernando d’affanni
 hai tu l’anima cinta, oppresso il core;
 e questo non è amor?
 ERENICE
                                          No, non è amore.
 CASIMIRO
 Parta Ernando che troppo
 molesto è a l’amor mio;
565e se del tuo disio
 seguace mi vorrai,
 non sia contro il mio amor, chiedi ed avrai.
 ERENICE
 
    Chiedo sì...
 
 CASIMIRO
                           Mio bene, e che?
 
 ERENICE
 
 Che non m’ami.
 
 CASIMIRO
 
                                 Se ciò brami,
570sei tu ingiusta ed io infelice.
 
 ERENICE
 
 Non ti lice, no sperar.
 
 CASIMIRO
 
 Sì che voglio ancor sperar.
 
 ERENICE
 
    Io non sento per te ardore.
 
 CASIMIRO
 
 Tutto ardor son io per te.
 
 ERENICE
 
575Ed invano spera il core
 il mio sdegno mai placar.
 
 CASIMIRO
 
 Il tuo sdegno ho da placar.
 
 SCENA XVIII
 
 GILDO e GERILDA
 
 GILDO
 
    Con le donne che son fiere
 e guerriere san di scherma,
580Gildo, ferma!, non conviene,
 non sta bene il litigar.
 
 Sempre mi par d’aver Gerilda innanzi
 che contro me s’avanzi
 con quel ferro spietato;
585ma, cor mio, dov’è andato
 l’innato tuo valore?
 D’una donna hai timore?
 No no, venga e, se armata
 contro me vien sdegnata,
590ci vo’ pugnar ma in modo
 che si deve pugnar con donna imbelle.
 D’ucciderla non godo
 ma la voglio ferir tra pelle e pelle. (S’incontra con Gerilda)
 GERILDA
 Con chi l’hai?
 GILDO
                            Niente, niente,
595cercavo un po’ di pelle
 per farmi rattoppar certe pianelle.
 GERILDA
 Ora il tempo mi pare
 un poco di parlare;
 poiché già sono intesa
600come tu m’hai offesa;
 onde facciam duello
 che vendicar mi vo’.
 GILDO
                                        Un po’ bel bello.
 Sentiamo la caggione.
 GERILDA
 Ti par poca raggione
605l’avermi tu lasciato
 e l’esserti d’Elisa innamorato?
 GILDO
 Tutto questo va bene;
 però se in sorte avviene
 che tu rimanghi uccisa?
 GERILDA
610Tu allor sarai d’Elisa.
 GILDO
 E se... che il ciel non voglia,
 sia detto in fondo al mare,
 nel tempo del pugnare
 in terra ucciso io resto,
615senti che punto è questo,
 allor che morirò,
 né suo né tuo sarò.
 GERILDA
 Ciò non m’importa.
 GILDO
                                       A te
 se non importa, molto importa a me.
620Onde puoi, se ti pare,
 con Elisa pugnare
 e chi di voi vittoriosa resta,
 sarà mia sposa e allor farem la festa.
 GERILDA
 Il pensier non mi spiace.
625E tu fuori vuoi star con la tua pace?
 GILDO
 Che? Non fo bene?
 GERILDA
                                      No.
 Teco pugnare io vo’;
 ma pugnaremo in sorte
 che nessun di noi due abbia la morte.
 GILDO
630Oh! Adesso mi contento.
 GERILDA
 Dunque presto al cimento;
 e le nostre contese
 deciderà una lotta alla francese.
 GILDO
 Sempre si possa far simile guerra;
635non v’è altro mal che dare un bagio in terra.
 GERILDA
 Stringiam destra con destra.
 Uniam piede con piede.
 GILDO
 A quello che si vede
 in ciò tu sei maestra.
 GERILDA
640Chi resta vincitore
 imponerà le leggi al perditore.
 GILDO GERILDA
 A noi. (Incominciano la lotta e nessun cade)
 GILDO
                Hai gran fortezza.
 GERILDA
 Fortezza non ci vuol, basta destrezza. (Seguitano la lotta e Gildo si leva di pianta col piè sinistro)
 Vinto già sei restato.
 GILDO
645Perché?
 GERILDA
                  T’ho il piè spiantato.
 GILDO
 Oh! Questo io non sapevo,
 che in altro caso io non lo movevo.
 GERILDA
 Or via, te la perdono.
 La lotta seguitiam.
 GILDO
                                     (Confuso io sono). (Seguitano la lotta e Gildo cade)
 GERILDA
650Più non resisterai a questo braccio.
 GILDO
 Oh che brutto crepaccio!
 Che poss’essere uccisa
 la lotta alla francese e ancora Elisa.
 GERILDA
 Sorgi, sorgi poltrone,
655che in fare a lotta io ti vo’ dar lezzione.
 
    È bisogno ben piantarsi,
 disinvolto e con bel brio,
 né mostrar d’aver desio
 di finir presto la pugna;
660ma talora si fa bene
 con i moti equilibrarsi,
 perché il tempo alfin sen viene
 l’inimico d’atterrar.
 
    Non è d’uopo d’affannarsi
665e far troppo movimento;
 se il contrario ti repugna,
 così cedi alcun momento,
 che destrezza e non fortezza
 vi bisogna a trionfar.
 
 GILDO
670Tu puoi parlar per una settimana,
 ch’ogni fatiga è vana,
 che non voglio più lotta alla francese
 che lungo lungo in terra già mi stese.
 GERILDA
 Cadesti a tuo dispetto,
675onde ora sei costretto
 prender le leggi della vincitrice.
 GILDO
 Tutto farò ciò che il tuo labro dice.
 GERILDA
 Ascoltami. T’impongo e ti comando
 che sempre che mi senti nominare
680tu ti devi inchinare.
 E se d’Elisa parlerò giammai,
 di quella tu di’ mal ma male assai.
 M’intendesti?
 GILDO
                             T’ho inteso.
 GERILDA
 Dunque già comprendesti?
 GILDO
                                                    Ho già compreso.
 
 GERILDA
 
685   Io son teco disgustata.
 
 GILDO
 
 Caro ben, dimmi, perché?
 
 GERILDA
 
 Tu non provi amor né fé
 per Gerilda.
 
 GILDO
 
                          Mi sei grata.
 
 GERILDA
 
 E ti scordi l’accordato?
 
 GILDO
 
690M’ero già dimenticato. (La saluta)
 
 GERILDA
 
 Di Gerilda il bel visino...
 
 GILDO
 
 Io t’inchino.
 
 GERILDA
 
 Di Gerilda il guardo acuto...
 
 GILDO
 
 Ti saluto.
 
 GERILDA
 
695Di Gerilda il duol profondo...
 
 GILDO
 
 Mi sprofondo.
 
 GERILDA
 
 Non ti destono a pietà.
 
 GILDO
 
 Sì, mi destono a pietà.
 
 GERILDA
 
    È più bella la tua Elisa.
 
 GILDO
 
700Non parlarne, che sia uccisa.
 
 GERILDA
 
 Ha due occhi...
 
 GILDO
 
                              Di lanterna.
 
 GERILDA
 
 Tiene il naso...
 
 GILDO
 
                              Di lucerna.
 
 GERILDA
 
 Ha una bocca...
 
 GILDO
 
                               Di caverna.
 
 GERILDA
 
    Ha il visino
705di Gerilda assai più tondo.
 
 GILDO
 
 Io t’inchino,
 ti saluto e mi sprofondo.
 
 GERILDA
 
 Ha di me più gran beltà.
 
 GILDO
 
 È un’arpia in verità.
 
 Fine dell’atto primo