Venceslao, Verona, Merli, 1708

 ATTO SECONDO
 
 Anfiteatro per gli spettacoli.
 
 SCENA PRIMA
 
 VENCESLAO, CASIMIRO, ALESSANDRO, ERNANDO, GISMONDO, seguito di popoli, soldati, eccetera
 
 CORO
 
325   Commun bene, amica diva,
 bella Pace, ognun ti onori;
 ed a l’ombra degli allori
 cresca ognor tua verde uliva.
 
 VENCESLAO
 Popoli, oggi si applaude
330a’ trionfi di Ernando. Il dì venturo
 fia sacro a’ miei natali.
 ERNANDO
 Anche la gloria, o sire,
 de l’aver vinto è tuo retaggio. Vinse
 con l’armi tue, col tuo gran nome Ernando,
335tu core ed io ministro;
 tu reggesti la mano, io strinsi il brando. (Gli spettatori vanno tutti a’ loro posti a sedere)
 
 SCENA II
 
 LUCINDA con seguito e li sudetti
 
 LUCINDA
 Del sarmatico cielo inclito Giove,
 per cui la fredda Vistula è superba
 più de l’Istro e del Tebro,
340re, la cui minor gloria è la fortuna,
 quella, ch’estinto il genitor Gustavo
 di Lituania or regge
 le belle spiagge e ’l fertil suol, Lucinda,
 a te, la cui gran fama
345non v’è cui nota, o Venceslao, non sia,
 per alto affar me suo ministro invia.
 VENCESLAO
 Di sì illustre regina,
 la cui virtù sublime
 è fregio al debol sesso, invidia al forte,
350ch’io servir possa a’ cenni è mia gran sorte.
 Piacciati sol per poco
 sospenderne il contento a’ voti miei,
 nobil stranier. Qui meco
 spettatore ti assidi e andran più gonfi
355de l’onor di tua vista i miei trionfi. (Aprendosi il prospetto si vede nell’alto la Pace in macchina e nel basso montuosa orrida, dal cui seno esce la Discordia sopra spaventoso dragone)
 PACE
 
    Care spiagge, amato regno,
 ferme gioie a voi prometto.
 
    Qui sia riso e qui diletto
 né lo turbi invidia o sdegno.
 
 DISCORDIA
360No no, pace non abbia
 questo cielo nemico.
 Voi mostri miei, voi lo agitate. Il vostro
 velen l’aure ne infetti.
 Qui spargete i tumulti,
365popolate la guerra
 e del vostro furor s’empia la terra.
 PACE
 Tanto, o Discordia, ardisci? E ancor resisti?
 Torna, o mostro spietato,
 a le torbide rive onde sortisti. (Resta dalla Pace fulminata la Discordia assieme col suo dragone e torna a chiudersi il monte che tutti assieme col dragone li seppellisce. Finiti gli spettacoli partono Alessandro, Ernando e Gismondo)
 
 SCENA III
 
 VENCESLAO, CASIMIRO e LUCINDA
 
 CASIMIRO
370Parte il rival, l’orme ne sieguo.
 LUCINDA
                                                          Arresta,
 principe, i passi. A quanto
 dir mi riman, te vo’ presente.
 CASIMIRO
                                                        (O inciampo!)
 Costui, signor, mente l’uffizio e ’l grado.
 LUCINDA
 Io mentir, Casimiro?
375Questo che al re presento
 foglio fedel, questo dirà s’io mento. (Lucinda porge al re una lettera che sembra essere di credenza. Il re l’apre e leggendola guarda minaccioso il figliuolo)
 CASIMIRO
 (Legge e minaccia).
 VENCESLAO
                                       (O note!)
 CASIMIRO
 (Nieghisi tutto a chi provar nol puote).
 VENCESLAO
 (Che lessi!) Ah figlio, figlio! Opre son queste
380degne di te? Degne del sangue ond’esci?
 Tu cavalier? Tu prence?
 CASIMIRO
 Che fia?
 VENCESLAO
                   Prendi e rimira.
 Que’ caratteri impressi
 son di tua man? Li riconosci? Leggi;
385leggi pure a gran voce; e del tuo errore
 dia principio a la pena il tuo rossore.
 CASIMIRO
 «Per quanto ha di più sacro, (Legge)
 il prence Casimiro a te promette
 la marital sua fede,
390a te, Lucinda, erede
 del regno lituano;
 e segna il cor ciò che dettò la mano».
 VENCESLAO
 Leggesti? A qual difesa
 tua innocenza commetti?
 CASIMIRO
395Or ora il dissi. Un mentitore è questi,
 signor. Mentito è ’l grado,
 mentito il ministero. Io né giurai
 a Lucinda la fede
 né vergai questo foglio
400né promisi imenei
 né mai la vidi o pur ne intesi.
 LUCINDA
                                                        (O dei!)
 CASIMIRO
 E perché alcun de la mendace accusa
 testimon più non resti,
 lacerato in più parti
405or te, foglio infedele, il piè calpesti. (Straccia in molti pezzi la carta e poi la calpesta)
 VENCESLAO
 Tant’osi?
 LUCINDA
                    Casimiro,
 mentitor me dicesti. In campo chiuso
 a singolar tenzone
 forte guerrier per nascita e per grado
410tuo egual, che meco io trassi
 da’ lituani lidi,
 per mia bocca or t’invita
 e tua pena sarà la tua mentita.
 CASIMIRO
 Il paragon de l’armi io non ricuso.
 LUCINDA
415Anziché cada il sole,
 tu, re, ’l concedi.
 VENCESLAO
                                 Assento
 e spettatore io ne sarò.
 LUCINDA
                                            Ti aspetto
 colà al cimento.
 CASIMIRO
                               Ed io la sfida accetto.
 LUCINDA
 
    Sapesti lusinghiero
420schernire un fido amor;
 ma braccio feritor
 ti punirà.
 
    Vibrar l’acciar guerriero
 non è tradir l’onor
425di semplice beltà.
 
 SCENA IV
 
 VENCESLAO e CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 Casimiro, poc’anzi
 fulminato, atterrato
 degli empi mostri il folle ardire hai scorto.
 Tal (da le altrui ruine
430saggio se apprendi!) è de’ superbi il fine.
 
    Armi ha ’l ciel per gastigar
 l’empietà su regie fronti;
 
    e più spesso ei fulminar
 suole irato e torri e monti.
 
 SCENA V
 
 CASIMIRO
 
 CASIMIRO
435Amor, tu mi vuoi morto
 e d’esserti fedel serbo il costume.
 Se in più beltà ti adoro,
 con me ti sdegni a torto,
 che, se cangio l’altar, non cangio il nume.
 
440   Vo gustando più veri piaceri,
 quella amando ed or questa beltà.
 
    Così l’ape i suoi favi soavi
 da più fiori succhiando sen va.
 
 Loggie.
 
 SCENA VI
 
 ERNANDO, poi ERENICE
 
 ERNANDO
 Non molto andrà che di Erenice in seno
445godrà l’amico. Io ’l nodo
 strinsi, affrettai; cor ebbi a farlo e ’l lodo.
 Lagrime, non uscite.
 ERENICE
 Ernando, a cercar vengo
 nel piacer de’ tuoi lumi
450una parte del mio.
 Io più volte riposi
 il mio cor nel tuo seno. Io vel lasciai,
 perché quel di Alessandro in lui trovai.
 ERNANDO
 Ripigliati, Erenice,
455ripigliati il tuo core.
 Ei mal soggiorna in compagnia del mio;
 e per solo conforto
 mi lasci nel partir l’ultimo addio.
 ERENICE
 Che? Un ingiusto divieto
460tanto rispetti? E tanto
 temi ne la mia vista
 d’irritar Casimiro?
 ERNANDO
 Altro temo, Erenice; altro sospiro.
 ERENICE
 Che mai?
 ERNANDO
                     Già nel mio core
465son reo. Lascia che almeno
 nel tuo viva innocente.
 ERENICE
 Ancor ten priego. Aprimi il cor, favella.
 ERNANDO
 Sia l’ubbidirti, o bella,
 gran parte di discolpa al mio delitto.
470Parli il labro e ’l confessi,
 se pure a te sinora
 non disser gli occhi miei che il cor ti adora.
 ERENICE
 Tu scherzi o sì amoroso
 a favor di Alessandro ancor mi parli.
 ERNANDO
475Chi può mirar quegli occhi e non amarli?
 ERENICE
 Dov’è virtù, dove amistade in terra,
 se la tradisce Ernando?
 Mi attendevi tu sposa
 per più offender l’amico?
480Per più macchiar?... Ma dove,
 dove il furor mi spinge e mi trasporta?
 Non è capace Ernando
 di tal viltà. Dar fede
 deggio, più che al suo labbro, al suo gran core.
485Fuorché di gloria, egli non sente amore.
 ERNANDO
 Non sento amor? T’amo, Erenice, t’amo
 ma da amico e da forte.
 Senza desio, senza speranza t’amo...
 ERENICE
 E m’ami, alfin vuoi dirmi,
490ma col cor di Alessandro, il mio tesoro.
 ERNANDO
 Sì sì, t’amo col suo, col mio ti adoro.
 ERENICE
 Vorresti ancor farmi adirar ma invano.
 ERNANDO
 Temono i rei la loro colpa. Io solo
 temo la mia innocenza.
495Voglio esser reo né posso.
 Deh più credi, Erenice,
 se ’l nieghi a le mie voci, al tuo sembiante.
 ERENICE
 Vanne, ti credo amico e non amante.
 ERNANDO
 
    Parto amante e parto amico,
500che non nuoce amor pudico
 a la fede, a l’amistà.
 
    Se nol credi o te ne offendi,
 poco intendi
 la fortezza di quest’alma,
505il poter di tua beltà.
 
 SCENA VII
 
 ERENICE, poi CASIMIRO
 
 CASIMIRO
 Felice incontro. Arresta,
 bella Erenice, il piede.
 Quel che ti vedi inante
 non è più Casimiro,
510quell’importuno e quel lascivo amante.
 Egli è ’l prence e l’erede
 del polonico scettro,
 tuo amator ma pudico e che destina
 te al suo regno e al suo amor moglie e reina.
 ERENICE
515Come? Tu Casimiro, erede e prence
 del polonico scettro,
 chiedi in moglie Erenice, il vile oggetto
 de l’impuro tuo affetto?
 CASIMIRO
 Sì, principessa, a quella fiamma, ond’arsi,
520purgai quanto d’impuro avea ne l’alma.
 ERENICE
 Vane lusinghe. Io veggio
 ancora in te quell’amator lascivo,
 de l’onor mio nemico,
 non per virtù ma per furor pudico.
 CASIMIRO
525S’errai, fu giovanezza e non disprezzo.
 ERENICE
 E s’io t’odio, è ragione e non vendetta.
 CASIMIRO
 Cancella un pentimento ogni gran colpa.
 ERENICE
 Macchia di onor non mai si terge e spesso
 insidia è ’l pentimento.
 CASIMIRO
530Sarai mia sposa.
 ERENICE
                                 Io, Casimiro?
 CASIMIRO
                                                            E meco
 tu regnarai felice.
 ERENICE
 Non troverai Lucinda in Erenice.
 
    Non credo a quel core
 che sempre ingannò.
 
535   Ad altro sembiante
 rivogli il tuo amore.
 Di un facile amante
 fidarmi non so.
 
 SCENA VIII
 
 CASIMIRO, poi GISMONDO
 
 CASIMIRO
 Mie deluse speranze,
540non andrete impunite
 di un tal rifiuto.
 GISMONDO
                                In traccia appunto, o prence,
 di te venia.
 CASIMIRO
                        Che arrechi?
 GISMONDO
 Quel che t’arde nel sen per Erenice
 indegno foco ammorza.
 CASIMIRO
545L’offerta d’un diadema,
 che le fece il mio amor, sprezzò l’ingrata.
 GISMONDO
 E sprezzarla perché? Per abbassarsi
 già sposa ad altri amplessi.
 CASIMIRO
 Come? Sposa Erenice? O dei! Ma dove?
550Quando? Con chi?
 GISMONDO
                                     Ne la ventura notte
 è stabilito il nodo.
 CASIMIRO
 Così vicina ancora
 la mia sciagura? E certo il sai?
 GISMONDO
                                                          Poc’anzi
 da Ismene, a me germana e di Erenice
555la fida amica, il tutto intesi.
 CASIMIRO
                                                     Ah troppo,
 Gismondo, intesi.
 GISMONDO
                                    È tempo...
 CASIMIRO
 È tempo, sì, di vendicarsi. Iniqua!
 Ma nel rival superbo
 ti punirò.
 GISMONDO
                     No, mio signor...
 CASIMIRO
                                                     Gismondo,
560parto col mio furor. Tu taci il tutto.
 GISMONDO
 (Stragi preveggo e lutto).
 CASIMIRO
 
    D’ire armato il braccio forte
 piaghe e morte
 implacabile vibrerà.
 
565   Duolmi sol che il fier rivale
 sotto a questo acciar reale
 di cader la gloria avrà.
 
 SCENA IX
 
 GISMONDO
 
 GISMONDO
 Io mi credea che di Erenice al nodo
 sciolto cadesse e infranto
570quello di Casimiro; e nel suo core
 credei servir, Lucinda, al tuo dolore.
 Ma in lui la grave offesa
 risveglia l’ire e non ammorza il foco.
 Disprezzo il fa costante;
575più feroce ei divien, non meno amante.
 
    Dovea di amor geloso
 le furie io più temer.
 
    Nel sangue egli ha riposo,
 ne’ mali egli ha piacer.
 
 SCENA X
 
 ALESSANDRO solo
 
 ALESSANDRO
580Consoliamoci, o affetti;
 siam vicini a le gioie. In questa notte,
 alor che l’ombre il pigro Arturo avanza,
 in braccio del mio bene
 di finir le mie pene ho la speranza.
 
585   Ho da goder
 in seno del piacer?
 Rispondimi, o mio cor,
 mi dici sì o no?
 
    Ti ascolto attento
590ma non ti sento;
 ah questo tuo piacer
 che voglia dir non so.
 
 Fine dell’atto secondo