Venceslao, Palermo, Cichè, 1708

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Foro corrispondente all’atrio reggio con arco trionfale
 
 ERNANDO con seguito di soldati e di schiavi, fra’ quali vedrassi alzato sopra d’un’asta il teschio di Adrasto, poi VENCESLAO, CASIMIRO ed ALESSANDRO
 
 ERNANDO
 
    Abbiam vinto, amico il regno,
 n’è tuo frutto e gloria e pace.
 
    Del fellon superbo e fiero
 vedi il teschio, in suol straniero
5insepolto il busto giace.
 
 O del regno polono,
 del Boristene algente alto monarca,
 già il superbo moldavo
 morde i tuoi ceppi; e ’l contumace Adrasto,
10de l’alme più rubelle
 grand’esempio e gran pena,
 da più colpi trafitto,
 là su l’Istro confessa
 ne le aperte sue piaghe il suo delitto.
 VENCESLAO
15Le tue vittorie, Ernando,
 degne de la tua fama e son maggiori
 del poter nostro. Hai vinto;
 ma di tanta tua gloria è nostro il frutto.
 Vieni, onde al sen ti stringa,
20o forte del mio regno (Lo abbraccia)
 difesa e primo amor.
 CASIMIRO
                                         (Fremo di sdegno).
 ALESSANDRO
 Agli amplessi paterni, amico duce,
 un mio succeda.
 ERNANDO
                                 O sempre
 generoso Alessandro. (Si abbracciano)
 VENCESLAO
25Casimiro, e tu solo
 al vincitor nieghi gli applausi?
 CASIMIRO
                                                          Ernando
 ne’ tuoi reali amplessi ebbe anche i miei.
 ERNANDO
 Servo ti sono.
 CASIMIRO
                            (Anzi rival mi sei).
 VENCESLAO
 Sinor sterili applausi
30diedi al valor d’Ernando; i suoi trionfi
 chiedono un maggior prezzo, ei me lo additi.
 ERNANDO
 Gran re, tutto ti deggio.
 VENCESLAO
                                              Il tuo rispetto
 non dee lasciarmi ingrato.
 Chiedi.
 ERNANDO
                 Temo nel prezzo
35parer vil, non audace.
 VENCESLAO
 Vil non fia ciò che puote
 gli affetti meritar del tuo gran core.
 ERNANDO
 Ti arride amor. Sol per te chiedo. (Ad Alessandro)
 ALESSANDRO
                                                                O amico. (Ad Ernando)
 ERNANDO
 Dirò, poiché lo imponi,
40ma non senza rossor (non senza pena);
 tutto il premio ch’io cerco
 in sé racchiude un volto.
 CASIMIRO
 (Iniquo).
 VENCESLAO
                     Ernando amante?
 ERNANDO
 Perdona. Amor sol diede
45più zelo al cor, più stimolo alla fede.
 VENCESLAO
 Favella.
 CASIMIRO
                  (Ah! Più nol soffro).
 ERNANDO
 L’amor, sire...
 CASIMIRO
                             Ammutisci,
 troppo altero vassallo.
 Frena il volo al tuo amore o nel tuo sangue
50ne ammorzerò le fiamme, ama là dove
 non offendi il tuo prence; o se sì audaci
 nutri gli affetti, ama soffrendo e taci.
 ERNANDO
 
    Se devo in sen ascondere
 la fiamma del mio cor,
55io non potrò resistere
 a l’aspro rio dolor.
 
    E pur per non offenderti
 quest’anima sia vittima
 d’un infelice amor.
 
 SCENA II
 
 VENCESLAO, ALESSANDRO e CASIMIRO
 
 VENCESLAO
60Tu de l’amico Ernando
 siegui, Alessandro, le vestigia; e digli
 che a tal grado alzerò la sua fortuna
 che non fia chi ’l sorpassi
 qua giù, fuorché ’l suo re, fuorché gli dei.
 CASIMIRO
65E ch’ei tema, gli aggiugni,
 in qualunque destin gli sdegni miei.
 ALESSANDRO
 
    Ama sì ma sempre chiara
 sia la fiamma del tuo cor.
 
    Vapore oscuro
70d’ardor men puro
 toglie gloria e fa dolor.
 
 SCENA III
 
 VENCESLAO e CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 Casimiro, cotesta
 tua superba fierezza
 vuol privar te di un padre e me di un figlio.
 CASIMIRO
75Del tuo poter, de la mia vita, o sire,
 usa a tuo grado, il soffrirò con questa
 che tu chiami fierezza ed è virtude;
 ma che un basso vapore,
 che un mio servo, un Ernando
80mi sia rival, che mi contenda e usurpi
 il possesso di un bene
 non soffrirò. Sento che m’empie un core
 forte a ceder la vita e non l’amore.
 VENCESLAO
 Vedrem ciò che far possa
85mio malgrado il tuo amor; ma sappi intanto
 che un reo vassallo arma di un re lo sdegno
 e che prima che a te fui padre al regno.
 
    Pria che padre assiso in soglio
 a punir de’ rei l’orgoglio,
90questo braccio fulminò.
 
    Or vedrai qual genitore
 al tuo sdegno, al tuo furore
 quali leggi dar saprò.
 
 SCENA IV
 
 CASIMIRO e GILDO
 
 GILDO
 Presto, presto, signor.
 CASIMIRO
                                          Che v’è? Che apporti?
 GILDO
95Curiosi rapporti.
 La signora...
 CASIMIRO
                          Erenice?
 GILDO
                                             Ohibò Lucinda.
 CASIMIRO
 È morta?
 GILDO
                     Non è ver.
 CASIMIRO
                                          Siegui il parlare... (Furioso)
 GILDO
 Piano, perché mi fate spiritare.
 CASIMIRO
 Su via.
 GILDO
                Giunta è poc’anzi in questo lido.
 CASIMIRO
100Povero mio Cupido.
 GILDO
 Voi sospirate, ditemi un tantino.
 CASIMIRO
 Taci e dimmi, Lucinda
 vedesti tu?
 GILDO
                        Io stesso
 giunger la vidi entro virile ammanto,
105mentito il sesso e co’ suoi fidi a canto.
 CASIMIRO
 Turbatrice odiosa
 de l’amor mio, costei sen viene e seco
 avrà la fé giurata,
 rinfaccierà dell’onor suo le macchie,
110i promessi imenei,
 chiamerà nel suo pianto uomini e dei.
 GILDO
 Che pensate di far?
 CASIMIRO
                                       Che far poss’io?
 Gli affetti a lei dovuti
 mi ha rapiti Erenice.
 GILDO
                                         Ella sen viene.
 CASIMIRO
115Osserverò s’è dessa.
 GILDO
 Povera prencipessa!
 
 SCENA V
 
 LUCINDA da uomo con seguito e detti
 
 LUCINDA
 
    Come di fronda in fronda
 l’aura spirando va,
 così di pena in pena
120il cor sen vola.
 
    S’un raggio in ciel balena
 di torbida pietà
 fugge e s’invola.
 
 CASIMIRO
 (Purtroppo, Gildo, è dessa). (In disparte)
 LUCINDA
                                                      In quale oggetto
125vi affissate, o miei lumi?
 GILDO
 (Già ci osservò).
 CASIMIRO
                                 Finger mi giovi.
 LUCINDA
                                                                 (O numi).
 CASIMIRO
 Stranier, che tale a queste spoglie, a questi
 tuoi compagni o custodi a me rassembri,
 e qual da miglior cielo a l’Orse algenti
130forte cagion ti trasse?
 LUCINDA
 (Non mi ravvisa). A mia gran sorte ascrivo
 che dal ciel lituano
 qui giunto appena, ove drizzai la meta,
 te incontri, eccelso prence.
 CASIMIRO
                                                   A te, che altrove
135giammai non vidi, ove fui noto e quando?
 LUCINDA
 In Lituania, ov’ebbi
 l’alto onor d’inchinarti.
 (Ah quasi dissi il fier destin di amarti).
 CASIMIRO
 Qual ti appelli?
 LUCINDA
                               Lucindo.
 CASIMIRO
140L’ufficio tuo?
 LUCINDA
                            Di segretario in grado
 a Lucinda servia.
 CASIMIRO
 Lucinda?
 LUCINDA
                     Sì, l’erede
 del lituano regno.
 CASIMIRO
 Tu con Lucinda?
 GILDO
                                 (Oh com’è scaltra!)
 LUCINDA
                                                                      Io seco
145era il giorno primier che i lumi tuoi
 s’incontraro co’ suoi,
 giorno (ah giorno fatal) che in voi s’accese
 scambievole fiamma. Io seco
 alor che le giurasti eterno amore
150e sol fui testimon del suo rossore.
 (Fisso mi osserva). Omai
 ti dovria sovvenir che in bianco foglio
 la marital tua fede,
 me presente, segnasti; e me presente
155si strinse il sacro nodo,
 si diede il casto amplesso.
 Ti dovria sovvenir ch’entro a sei lune
 tornare a lei giurasti;
 pur due volte d’alora
160compì l’anno il suo corso e non tornasti.
 (Misera!) E non ancora
 ti sovvien qual io sia,
 io che fui testimon de le sue pene,
 de’ giuramenti tuoi?
 CASIMIRO
                                         Non mi sovviene.
 LUCINDA
165Non ti sovviene! Ingrato...
 CASIMIRO
                                                  A cui favelli?
 LUCINDA
 Così m’impose il dirti
 la tua fedel Lucinda; e sì mi aggiunse:
 «E se nulla ottener poi da quel core,
 fa’ ch’io ’l sappia, onde fine
170abbia con la mia vita il mio dolore».
 GILDO
 (A lagrimar mi astringe).
 CASIMIRO
 Fole mi narri.
 LUCINDA
                             O son tradita o finge.
 CASIMIRO
 Ma dovunque tu venga
 e qualunque sii tu,
175parti, o Lucindo, e non cercar di più.
 
    Ti consiglio a far ritorno,
 parti, va’;
 né cercar più di così.
 
    Lungo soggiorno
180ti sarà solo
 di pianto e duolo
 cagione un dì.
 
 SCENA VI
 
 LUCINDA e GILDO
 
 LUCINDA
 Così mi lascia il traditore. Gildo,
 tu pur non mi ravvisi o te ne infingi?
 GILDO
185Ben ti ravviso e ti ho pietade ancora.
 LUCINDA
 Dimmi, che sperar deggio?
 Mi ha tradita il mio sposo? O vuol tradirmi?
 Arde per altra? O finge?
 Del mio fato il tenor svelami tu.
 GILDO
190Parti, o Lucinda, e non cercar di più.
 
 SCENA VII
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
 Ch’io non cerchi di più? Solo a tal fine
 mi partii dal mio regno;
 varcai provincie e mari,
 grado e sesso mentii, soffersi tanto.
195Vuo’ saperlo e pur temo
 che il saperlo mi sia cagion di pianto.
 
    Mio cor, dimanda
 al dio d’amor
 se puoi sperar un dì
200conforto e pace.
 
    Mi ride amor crudel
 e te, mio cor fedel,
 schernisce e tace.
 
 SCENA VIII
 
 Piazza.
 
 GILDO solo
 
 GILDO
 Compatisco, o regina,
205l’acerbo tuo destino;
 questa d’ogni zerbino
 è l’usanza novella,
 cambiare or questa or quella
 onde son divenuti
210tutti e plebei e signori
 mercadanti d’affetti, ebrei d’amori.
 
    Aman solo per capriccio
 tutti gli uomini oggidì.
 
    Fingon spasimi e martiri,
215versan lagrime e sospiri
 ma in avere il loro intento,
 ratti, rapidi qual vento,
 si discioglion d’ogni impiccio
 né mai più passan da lì.
 
 SCENA IX
 
 Giardino con atrio di fontane contiguo agl’appartamenti di Erenice.
 
 ERENICE, poi ALESSANDRO ed ERNANDO
 
 ERENICE
 
220   Come va dal bosco al prato
 susurrando il rusignuolo,
 vola l’alma al suo tesor.
 
    E pur dirgli m’è negato:
 «Frena, o caro, il tuo bel duolo,
225sei la pace del mio cor».
 
 Taci, Erenice, il caro ben qui giunge;
 e seco è ’l duce, il solo
 testimonio fedel del nostro amore;
 brama sì di goder ma taci, o core.
 ERNANDO
230Bella Erenice.
 ERENICE
                             Invitto Ernando.
 ERNANDO
                                                              (O vista!)
 ERENICE
 A l’ombra de’ tuoi lauri...
 ALESSANDRO
 E de’ tuoi rischi il nostro bene è l’opra.
 ERNANDO
 Se voi lieti non rendo,
 nulla oprai, nulla ottenni; egli ha gran tempo
235ch’ardono del tuo bello, e ben tu ’l sai,
 Casimiro e Alessandro.
 Questi, temendo il suo rival germano,
 nascose il fuoco e col mio labbro espose
 le sue fiamme amorose.
240L’odio di Casimiro,
 credutomi rival, tutto in me cadde
 e in me sol rispettò l’amor paterno.
 La Moldavia rubella
 mi esentò da la reggia. Io vinsi e ’l prezzo
245esser dovea Erenice,
 sol per render voi lieti (e me infelice).
 ERENICE
 Cor generoso.
 ALESSANDRO
                            E grande.
 ERNANDO
 Godea che a me tenuti
 foste di tanto. Casimiro alora
250fremé, si oppose, minacciò; compiacqui
 al suo furor; tolsi congedo e tacqui.
 ERENICE
 Perfido!
 ERNANDO
                   Or la dimora
 è comune periglio.
 ALESSANDRO
 Ma quale è ’l tuo consiglio?
 ERNANDO
255Ne la vicina notte
 datevi fé di sposi.
 ALESSANDRO
                                   E poi?
 ERNANDO
                                                  Riparo
 non avrà ’l fatto. Al mio consiglio, al nodo
 non disuguale il padre
 darà l’assenso; e del rival germano
260sarà impotente ogni furore o vano.
 ALESSANDRO
 Me fortunato appieno,
 se tu vi assenti.
 ERENICE
                               O dio!
 ALESSANDRO
 Che paventi, Erenice?
 ERENICE
 Questo mio così tosto esser felice.
 ALESSANDRO
265Temi il mal, non il bene.
 ERENICE
 Offendo l’onestà.
 ALESSANDRO
                                  Prendi, mia vita,
 sposa mi sei; ne l’atto sacro invoco
 l’amor, la fede, Ernando.
 ERENICE
 Ti cedo e sposa ecco ti abbraccio.
 ERNANDO
                                                              Parti,
270pria che ’l german qui ti sorprenda.
 ALESSANDRO
                                                                   Addio.
 Verrò cinto da l’ombre
 a darti il primo maritale amplesso.
 ERNANDO
 Io fui del mio morir fabbro a me stesso.
 ALESSANDRO
 
    Col pensier che mia tu sei,
275già contento il cor mi par;
 
    e sì dolce è un tal momento
 che di morte anche il tormento
 è capace a consolar.
 
 SCENA X
 
 ERNANDO, ERENICE
 
 ERENICE
 Pace al regno recasti e gioie a noi,
280Ernando generoso;
 ma tu così pensoso? E che ti affligge?
 ERNANDO
 
    Bocca bella, del mio duolo
 non mi chiedere il perché.
 
    Il saper ti basti solo
285che mi rendono infelice
 amistade, amor e fé.
 
 SCENA XI
 
 CASIMIRO, GILDO e detti
 
 ERENICE
 (Qual favellar?)
 CASIMIRO
                                Felici amanti, il mio
 importuno venir tosto non privi
 del piacer di una vista i vostri lumi.
 ERENICE
290Se sai d’esser molesto, a che ne vieni?
 CASIMIRO
 Perché rispetti Ernando
 sugli occhi di Erenice un mio comando.
 ERNANDO
 Qual fia?
 GILDO
                    (Fra sé che pensa?)
 CASIMIRO
 Da lei che adori or prendi
295l’ultimo addio.
 ERNANDO
                              Perché?
 CASIMIRO
 Perché Ernando è vassallo ed io son re.
 ERNANDO
 L’amar beltà che tu pur ami, o prence,
 non è offesa al tuo grado,
 è omaggio che si rende al bel che piace.
300Ne l’amor mio son giusto e non audace.
 CASIMIRO
 E giusto anch’io sarò in punirti. A troppo
 tua baldanza s’inoltra. (In atto di dar mano alla spada)
 ERENICE
                                            E a troppo ancora
 ti trasporta il tuo sdegno.
 Partiti, o duce.
 ERNANDO
                              Parto, signor. Per poco
305tempra o sospendi almen l’odio mortale.
 Dentro al venturo giorno
 non sarò, qual mi credi, il tuo rivale.
 
 SCENA XII
 
 CASIMIRO, ERENICE e GILDO
 
 GILDO
 Erenice offendesti.
 ERENICE
 Prence.
 CASIMIRO
                 Mia cara.
 ERENICE
                                     Anche per te sia questo
310l’ultimo addio che da Erenice or prendi.
 CASIMIRO
 Come?
 ERENICE
                 L’amor di Ernando
 grave offesa è al tuo grado.
 L’amor di Casimiro
 più grave offesa è a l’onor mio.
 CASIMIRO
                                                          Perché?
 ERENICE
315Erenice è vassalla e tu sei re.
 GILDO
 (Si vendica di Ernando).
 CASIMIRO
 Tua beltade ha l’impero
 sul cor di Casimiro.
 ERENICE
                                       Il mio divieto
 dunque ti sia comando.
 CASIMIRO
320Questo è ’l tuo sol comando
 cui ubbidir non posso.
 ERENICE
 Che dunque brami?
 CASIMIRO
                                        Amore.
 ERENICE
 Questo è ’l tuo sol disio,
 cui né ubbidir né compiacer poss’io.
 
325   Meco non giova il fingere,
 non giova il sospirar;
 
    usa lusinghe e vezzi,
 tenta minaccie e sprezzi,
 no, non ti posso amar.
 
 SCENA XIII
 
 CASIMIRO e GILDO
 
 CASIMIRO
330Amar si puote, o Gildo,
 beltà più ingiusta e più superba?
 GILDO
                                                               È vero.
 Però il ciel d’Erenice
 si serve per punire
 li vostri falli con l’altrui rigore.
 CASIMIRO
335Di qual fallo son reo?
 GILDO
                                         Ditelo al core.
 CASIMIRO
 Che mai?
 GILDO
                     Spergiuri affetti,
 giuramenti negletti
 e promesse d’amor vane e fallaci,
 Lucinda amata e poi tradita...
 CASIMIRO
                                                        Eh taci. (Parte Gildo)
 
340   Beltà che più non piace
 lasciar d’amar si può.
 
    Se il cielo in più sembianti
 i doni suoi versò,
 io perché ingiusto a tanti
345un sol ne adorerò.
 
 SCENA XIV
 
 Sala.
 
 GILDO solo
 
 GILDO
 Gildo non la voi intendere?
 Voi far da consigliero e se un tantino
 replicavi era fatta;
 onde facesti bene,
350col parer di Catone,
 a fuggire i rumori;
 perché se il tuo padrone,
 come è l’uso comune,
 non vuol serbare a la sua amata i patti
355che importa a te ch’essa ne crepi e schiatti.
 
    Io provo, nel vedere
 a una donzella bella
 che s’usi crudeltà,
 un certo che nel seno
360che il cor mi liquefà.
 
    Mi sento sino a l’osso
 svegliarmi un certo caldo
 che lo direi pietà,
 se ratto ad un baleno
365l’alma disfà.
 
 SCENA XV
 
 Tempio della Pace.
 
 VENCESLAO, CASIMIRO, ALESSANDRO, ERNANDO, ERENICE, seguito di popoli e di soldati
 
 CORO
 
    Comun bene, amica diva,
 bella Pace, ognun ti onori;
 ed a l’ombra degli allori
 cresca ognor tua verde uliva.
 
 VENCESLAO
 
370   Più non vien tromba nociva
 i riposi a noi turbando
 e al valor del forte Ernando
 l’alta gloria sol s’ascriva.
 
 ERNANDO
 L’alta gloria, o monarca,
375de l’aver vinto è tuo retaggio. Vinse
 con l’armi tue, col tuo gran nome Ernando vinse.
 Tu core ed io ministro,
 tu reggesti la mano, io strinsi il brando.
 VENCESLAO
 Se ti offendon gl’applausi,
380ti convenia non meritarli, o duce.
 Tu fosti al regio trono
 fermo sostegno; io da te l’ebbi e deggio
 darti l’onor, poiché non posso il dono.
 ALESSANDRO
 Gare d’alta virtù.
 ERENICE
                                  Di eroico amore.
 CASIMIRO
385Saria maggior mio acquisto il tuo bel core. (Piano ad Erenice)
 VENCESLAO
 Principi, duci, popoli, si applauda
 con regia pompa al comun bene.
 ALESSANDRO
                                                             È giusto. (Tutti replicano «Comun bene», eccetera; vanno tutti per sedere al lor posto ma in tal mentre esce Gildo)
 
 SCENA XVI
 
 GILDO e sudetti
 
 GILDO
 Signor, quel che poc’anzi
 nunzio stranier qui giunse
390chiede inchinarti.
 VENCESLAO
                                    Venga.
 CASIMIRO
 Che sarà mai?
 Lucinda è forse... (A Gildo)
 GILDO
                                   Queste son le guai.
 
 SCENA XVII
 
 LUCINDA e sudetti
 
 LUCINDA
 Del sarmatico cielo inclito Giove,
 per cui la fredda Vistula è superba
395più de l’Istro e del Tebro,
 re, la cui minor gloria è la fortuna,
 quella, ch’estinto il genitor Gustavo
 di Lituania or regge
 le belle spiaggie e ’l fertil suol, Lucinda,
400a te, la cui gran fama
 non v’è cui nota, o Venceslao, non sia,
 per alto affar me suo ministro invia.
 VENCESLAO
 Di sì illustre donzella,
 la cui virtù sublime
405è freggio al debol sesso, invidia al forte,
 ch’io servir possa a’ cenni è mia gran sorte.
 CASIMIRO
 (O dei! Fia meglio allontanarci). (In atto di partire)
 LUCINDA
                                                              Arresta,
 principe, i passi; a quanto
 dir mi riman, te vuo’ presente.
 CASIMIRO
                                                           (O inciampo!)
 ERNANDO
410(Si turba).
 ALESSANDRO
                       (E impallidisce).
 CASIMIRO
 Costui, signor, mente l’ufficio e ’l grado.
 LUCINDA
 Io mentir, Casimiro?
 Questo che al re presento
 foglio fedel, questo dirà s’io mento. (Lucinda porge al re una lettera che sembra esser di credenza, il re l’apre e leggendola guarda minaccioso il figliuolo)
 ERNANDO
415Che sarà mai?
 ALESSANDRO
                              Legge.
 CASIMIRO
                                             (E minaccia).
 VENCESLAO
                                                                        (O note!)
 CASIMIRO
 (Nieghisi tutto a chi provar nol puote).
 VENCESLAO
 (Che lessi?) Ah, figlio, figlio? Opre son queste
 degne di te? Degne del sangue ond’esci? (Scende dal trono)
 Tu cavalier? Tu prence?
 CASIMIRO
420A che?
 VENCESLAO
                Prendi e rimira. (Gli dà la lettera)
 Que’ caratteri impressi
 son di tua man? Li riconosci? Leggi.
 Leggi pure a gran voce; e del tuo errore
 dia principio alla pena il tuo rossore.
 CASIMIRO
425«Per quanto ha di più sacro, (Legge)
 il prence Casimiro a te promette
 la marital sua fede,
 a te, Lucinda, erede
 del regno lituano.
430E segna il cor ciò che dettò la mano».
 ERNANDO
 (Infido cor).
 VENCESLAO
                          Leggesti? A qual difesa
 tua innocenza commetti?
 CASIMIRO
 (Ch’Erenice mi ascolti è più gran pena).
 Or ora il dissi. Un mentitore è questi,
435signor, mentito è ’l grado,
 mentito il ministero. Io né giurai
 a Lucinda la fede
 né vergai questo foglio
 né promisi imenei
440né mai la vidi o pur ne intesi.
 LUCINDA
                                                        (O dei!)
 CASIMIRO
 E perché alcun de la mendace accusa
 testimon più non resti,
 lacerato in più parti
 or te, foglio infedele, il piè calpesti. (Straccia in molte parti la carta e poi la calpesta)
 VENCESLAO
445Tant’osi?
 LUCINDA
                    Casimiro,
 mentitor me dicesti, in campo chiuso
 a singolar tenzone
 forte guerrier per nascita e per grado
 tuo egual, che meco io trassi
450da’ lituani lidi,
 per mia bocca or t’invita
 e tua pena sarà la tua mentita.
 CASIMIRO
 Il paragon de l’armi io non ricuso.
 LUCINDA
 Anzi che cada il sole,
455tu, re, il concedi.
 VENCESLAO
                                 Assento;
 e spettatore io ne sarò.
 LUCINDA
                                            Ti aspetto
 colà al cimento.
 CASIMIRO
                               Ed io la sfida accetto.
 LUCINDA
 
    T’attendo in campo armato,
 mendace cavalier,
460ingrato amante.
 
    L’error là punirò
 d’alma incostante.
 
 SCENA XVIII
 
 VENCESLAO, CASIMIRO, ALESSANDRO, ERENICE, ERNANDO
 
 VENCESLAO
 Al vicin giorno, Ernando,
 si rimetta l’onor de’ tuoi trionfi.
 ERNANDO
465Legge sia de’ miei voti il tuo volere.
 VENCESLAO
 E tu, figlio, ti accingi
 la tua innoccenza a sostener; ma sappi
 che mancano a chi è reo forti difese,
 che retaggio al fallir son le ruine.
470E sempre infausto è de’ superbi il fine.
 
    Tuoni, saette e fulmini
 a incenerir l’orgoglio
 di Salmoneo crudel,
 figlio, sa il ciel vibrar.
 
475   Che contro gl’altri culmini
 non può gemmato soglio
 d’un seno ch’è infedel
 i colpi rintuzzar.
 
 SCENA XIX
 
 CASIMIRO
 
 CASIMIRO
 Amor, tu mi vuoi morto
480e d’esserti fedel serbo il costume.
 Se in più beltà ti adoro,
 con me ti sdegni a torto,
 che, se cangio l’altar, non cangio il nume.
 
    Vado cangiando amor,
485perché non stanchi il cor
 sempre un pensier.
 
    Varia i suoi giri il ciel,
 alterna or caldo or gel
 e la costanza è sol
490tiranna del piacer.
 
 Il fine dell’atto primo