Venceslao, Bologna, Pisarri, 1708 (Il fratricida innocente)

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Piazza del real palazzo con veduta del fiume Vistula e della città di Cracovia; si vede real galera, da cui sbarca al suono di trombe e timpani ERNANDO, con seguito di soldati e di schiavi, fra’ quali vedrassi alzato sopra di un’asta il tronco teschio di Adrasto, poi VENCESLAO, CASIMIRO ed ALESSANDRO
 
 ERNANDO
 
    Abbiam vinto, amico regno,
 n’è tuo frutto e gloria e pace.
 
    Del fellon superbo e fiero
 vedi il teschio, in suol straniero
5insepolto il busto giace.
 
 O del regno polono,
 del Boristene algente alto monarca,
 già il superbo moldavo
 morde i tuoi ceppi e ’l contumace Adrasto,
10de l’alme più rubelle
 grand’esempio e gran pena,
 da più colpi trafitto
 là su l’Istro confessa,
 ne le aperte sue piaghe il suo delitto.
 VENCESLAO
15Le tue vittorie, Ernando,
 degne de la tua fama e son maggiori
 del poter nostro. Hai vinto;
 vieni, onde al sen ti stringa,
 o forte del mio regno
20difesa e primo amor.
 CASIMIRO
                                         (Fremo di sdegno).
 ALESSANDRO
 Agli amplessi paterni, amico duce,
 un mio succeda.
 ERNANDO
                                 O sempre
 generoso Alessandro!
 VENCESLAO
 Casimiro, e tu solo
25al vincitor nieghi gli applausi?
 CASIMIRO
                                                          Ernando
 ne’ tuoi reali amplessi ebbe anche i miei.
 ERNANDO
 Servo ti sono.
 CASIMIRO
                            (Anzi rival mi sei).
 VENCESLAO
 Sinor sterili applausi
 diedi al valor d’Ernando. I suoi trionfi
30chiedono un maggior prezzo. Ei me lo additi.
 ERNANDO
 Gran re, tutto ti deggio.
 VENCESLAO
                                              Il tuo rispetto
 non dee lasciarmi ingrato.
 Chiedi.
 ERNANDO
                 Temo nel prezzo
 parer vil, non audace.
 VENCESLAO
35Vil non fia ciò che puote
 gli affetti meritar del tuo gran core.
 ERNANDO
 Ti arride amor. Sol per te chiedo.
 ALESSANDRO
                                                               O amico.
 ERNANDO
 Dirò, poiché lo imponi,
 ma non senza rossor (non senza pena);
40tutto il premio ch’io cerco
 in sé racchiude un volto.
 CASIMIRO
 (Iniquo!)
 VENCESLAO
                     Ernando amante?
 ERNANDO
 Perdona. Amor sol diede
 più zelo al cor, più stimolo a la fede.
 VENCESLAO
45Favella.
 CASIMIRO
                  (Ah! Più nol soffro).
 ERNANDO
 L’amor, sire...
 CASIMIRO
                             Ammutisci,
 troppo altero vassallo.
 Frena il volo al tuo amore o nel tuo sangue
 ne ammorzerò le fiamme. Ama là dove
50non offendi il tuo prence; o se sì audaci
 nutri gli affetti, ama soffrendo e taci.
 ERNANDO
 
    Se devo in sen ascondere
 la fiamma del mio cor,
 io non potrò resistere
55a l’aspro rio dolor.
 
    E pur per non offenderti
 quest’anima sia vittima
 d’un infelice amor.
 
 SCENA II
 
 VENCESLAO, ALESSANDRO e CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 Tu de l’amico Ernando
60siegui, Alessandro, le vestigia; e digli
 che a tal grado alzerò la sua fortuna
 che non fia chi ’l sorpassi
 quaggiù, fuorché ’l suo re, fuorché gli dei.
 CASIMIRO
 E ch’ei tema, gli aggiugni,
65in qualunque destin gli sdegni miei.
 ALESSANDRO
 Tanto esporrò ma troppo altero sei.
 
    Ama sì ma sempre chiara
 sia la fiamma del tuo cor.
 
    Vapore oscuro
70d’ardor men puro
 toglie gloria e fa dolor.
 
 SCENA III
 
 VENCESLAO e CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 Casimiro, cotesta
 tua superba fierezza
 vuol privar te di un padre e me di un figlio.
 CASIMIRO
75Del tuo poter, de la mia vita, o sire,
 usa a tuo grado, il soffrirò con questa
 che tu chiami fierezza ed è virtude.
 Ma che un basso vapore,
 che un mio servo, un Ernando
80mi sia rival, che mi contenda e usurpi
 il possesso di un bene,
 nol soffrirò. Sento che m’empie un core
 forte a ceder la vita e non l’amore.
 VENCESLAO
 Vedrem ciò che far possa
85mio malgrado il tuo amor. Ma sappi intanto
 ch’un reo vassallo arma d’un re lo sdegno
 e che prima che a te, fui padre al regno.
 
    Se vuoi dar leggi al mondo,
 serba le leggi in te.
 
90   Non sono gli ostri o ’l trono
 ma ’l retto esempio e ’l giusto
 ciò che temuto e augusto
 rende a’ vassalli un re.
 
 SCENA IV
 
 CASIMIRO e GISMONDO
 
 GISMONDO
 Con avviso impensato
95t’inchino, o prence.
 CASIMIRO
                                      O mio fedel Gismondo.
 GISMONDO
 Del lituano scettro
 l’illustre principessa...
 CASIMIRO
 Che fia?
 GISMONDO
                   Colei che amasti allor che fummo
 stranieri in quella corte...
 CASIMIRO
100Rimembranze noiose.
 GISMONDO
 Lucinda...
 CASIMIRO
                      È morta forse?
 GISMONDO
 Giunta è poc’anzi.
 CASIMIRO
                                    O dei! Lucinda?
 GISMONDO
                                                                    Io stesso
 la vidi in viril manto,
 mentito il sesso e co’ suoi fidi a canto.
 CASIMIRO
105Turbatrice odiosa
 de l’amor mio, costei sen viene e seco
 avrà la fé giurata,
 i promessi imenei,
 chiamerà nel suo pianto uomini e dei.
 GISMONDO
110E tu?
 CASIMIRO
              Che far poss’io?
 Gli affetti a lei dovuti
 mi ha rapiti Erenice.
 GISMONDO
 Vedi. Ella viene.
 CASIMIRO
                                 Osserverò s’è dessa.
 GISMONDO
 Misera principessa!
 
 SCENA V
 
 LUCINDA da uomo con seguito e detti
 
 LUCINDA
 
115   Come di fronda in fronda
 l’aura spirando va,
 così di pena in pena
 il cor sen vola.
 
    S’un raggio in ciel balena
120di torbida pietà
 fugge e s’invola.
 
 CASIMIRO
 (Purtroppo, amico, è dessa).
 LUCINDA
                                                      In quale oggetto
 vi affisate, o miei lumi.
 GISMONDO
 (Già ci osservò).
 CASIMIRO
                                 (Finger mi giovi).
 LUCINDA
                                                                    (O numi!)
 CASIMIRO
125Stranier, che tale a queste spoglie, a questi
 tuoi compagni o custodi a me rassembri,
 e qual da miglior cielo a l’Orse algenti
 forte cagion ti trasse?
 LUCINDA
 (Non mi ravvisa). A mia gran sorte ascrivo
130che dal ciel lituano
 qui giunto appena, ove drizzai la meta,
 te incontri, eccelso prence.
 CASIMIRO
                                                   A te, che altrove
 giammai non vidi, ove fui noto e quando?
 LUCINDA
 In Lituania, ov’ebbi
135l’alto onor d’inchinarti.
 (Ah, quasi dissi il fier destin di amarti).
 CASIMIRO
 Qual ti appelli?
 LUCINDA
                               Lucindo.
 CASIMIRO
 L’uficio tuo?
 LUCINDA
                          Di segretario in grado
 a Lucinda servia.
 CASIMIRO
140Lucinda?
 LUCINDA
                     Sì, l’erede
 del lituano regno.
 CASIMIRO
 Tu con Lucinda?
 GISMONDO
                                 (Oh com’è scaltra!)
 LUCINDA
                                                                      Io seco
 era il giorno primier che i lumi tuoi
 s’incontraro co’ suoi.
145Giorno (ah giorno fatal!) che in voi si accese
 scambievol fiamma; io seco
 allor che le giurasti eterno amore
 e sol fui testimon del suo rossore.
 (Fiso mi osserva). Omai
150ti dovria sovvenir che in bianco foglio
 la marital tua fede
 me presente segnasti; e me presente,
 si strinse il sacro nodo.
 Ti dovria sovvenir ch’entro a sei lune
155tornare a lei giurasti;
 pur due volte d’alora
 compì l’anno il suo corso e non tornasti.
 (Misera!) E non ancora
 ti sovvien qual io sia,
160io che fui testimon de le sue pene,
 de’ giuramenti tuoi?
 CASIMIRO
                                         Non mi sovviene.
 LUCINDA
 Non ti sovviene? Ingrato...
 CASIMIRO
                                                   A cui favelli?
 LUCINDA
 Così m’impose il dirti
 la tua fedel Lucinda: «E se» mi aggiunse
165«e se nulla ottener puoi da quel core,
 fa’ ch’io ’l sappia, onde fine
 abbia con la mia vita il mio dolore».
 GISMONDO
 (A lagrimar mi astringe).
 CASIMIRO
 Fole mi narri.
 LUCINDA
                             (O son tradita o finge).
 CASIMIRO
170Ma dovunque tu venga
 e qualunque sii tu,
 parti, o Lucindo, e non cercar di più.
 
    Ti consiglio a far ritorno,
 parti, va’;
175né cercar più di così.
 
    Lungo soggiorno
 ti sarà solo
 di pianto e duolo
 cagione un dì.
 
 SCENA VI
 
 LUCINDA e GISMONDO
 
 LUCINDA
180Così mi lascia il traditor? Gismondo,
 tu pur non mi ravvisi o te ne infingi?
 GISMONDO
 (Che le dirò?) Signora,
 ben ti ravviso e ti ho pietade ancora.
 LUCINDA
 Dimmi, che sperar deggio?
185Mi ha tradita il mio sposo o vuol tradirmi?
 Arde per altra o finge?
 Del mio fato il tenor svelami tu.
 GISMONDO
 Parti, o Lucinda, e non cercar di più.
 
 SCENA VII
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
 Ch’io non cerchi di più? Solo a tal fine
190mi partii dal mio regno;
 grado e sesso mentii, soffersi tanto.
 Vo’ saperlo e pur temo
 che il saperlo mi sia cagion di pianto.
 
    Sì, caro, in questo dì
195diviso il cor mi sento,
 per te fia l’odio mio
 e il mio costante amor.
 
    E sol per mio tormento
 il cielo insieme unì
200a struggermi il desio,
 la speme ed il timor.
 
 SCENA VIII
 
 Atrio di fontane corrispondente agli appartamenti di Erenice.
 
 ERENICE, poi ALESSANDRO ed ERNANDO
 
 ERENICE
 
    Povero cor, tu palpiti,
 presago del tuo duol.
 
    Fra nembi di sospiri
205tu piangi e mai non miri
 di speme un lampo sol.
 
 Taci, Erenice. Il caro ben qui giunge;
 e seco è il duce, il solo
 testimonio fedel del nostro amore;
210brama sì di goder ma taci, o core.
 ERNANDO
 Bella Erenice.
 ERENICE
                             Invitto Ernando.
 ERNANDO
                                                              (O vista!)
 ERENICE
 A l’ombra de’ tuoi lauri
 la comun libertà posa sicura.
 ALESSANDRO
 E de’ tuoi rischi il nostro bene è l’opra.
 ERNANDO
215Se voi lieti non rendo,
 nulla oprai, nulla ottenni. Egli ha gran tempo
 ch’ardono del tuo bello, e ben tu ’l sai,
 Casimiro e Alessandro.
 Questi temendo il suo rival germano
220nascose il fuoco e col mio labbro espose
 le sue fiamme amorose.
 L’odio di Casimiro,
 credutomi rival, tutto in me cadde
 e in me sol rispettò l’amor paterno.
225La Moldavia rubella
 mi esentò da la reggia. Io vinsi e ’l prezzo
 esser dovea Erenice,
 sol per render voi lieti (e me infelice).
 ERENICE
 Cor generoso!
 ALESSANDRO
                             E grande!
 ERNANDO
230Godea che a me tenuti
 foste di tanto. Casimiro allora
 fremé, si oppose, minacciò. Compiacqui
 al suo furor, tolsi congedo e tacqui.
 ERENICE
 Perfido!
 ERNANDO
                   Or la dimora
235è comune periglio.
 ALESSANDRO
 Ma quale è il tuo consiglio?
 ERNANDO
 Ne la vicina notte
 datevi fé di sposi.
 ALESSANDRO
                                   E poi?
 ERNANDO
                                                  Riparo
 non avrà ’l fatto. Al mio consiglio, al nodo
240non disuguale, il padre
 darà l’assenso; e del rival germano
 sarà impotente ogni furore o vano.
 ALESSANDRO
 Me fortunato appieno,
 se tu vi assenti.
 ERENICE
                               Oh dio!
 ALESSANDRO
245Che paventi, Erenice?
 ERENICE
 Questo mio così tosto esser felice.
 ALESSANDRO
 Temi il mal, non il bene.
 ERENICE
 Offendo il grado mio.
 ALESSANDRO
                                          Prendi, mia vita,
 sposa mi sei. Ne l’atto sacro invoco
250l’amor, la fede, Ernando.
 ERENICE
 Ti cedo e sposa ecco ti abbraccio.
 ERNANDO
                                                              Parti,
 pria che ’l german qui ti sorprenda.
 ALESSANDRO
                                                                   Addio.
 Verrò cinto da l’ombre
 a darti il primo maritale amplesso.
 ERNANDO
255(Io fui del mio morir fabbro a me stesso).
 ALESSANDRO
 
    Col pensier che mia tu sei,
 già contento il cor mi par.
 
    E sì dolce è un tal momento
 che di morte anche il tormento
260è capace a consolar.
 
 SCENA IX
 
 ERNANDO, ERENICE
 
 ERENICE
 Pace al regno recasti e gioie a noi,
 Ernando generoso.
 Ma tu così pensoso? E che ti affligge?
 ERNANDO
 
    Bocca bella, del mio duolo
265non mi chiedere il perché.
 
    Il saper ti basti solo
 che mi rendono infelice
 amistade, amor e fé.
 
 SCENA X
 
 CASIMIRO, GISMONDO e li suddetti
 
 ERENICE
 (Qual favellar?)
 CASIMIRO
                                Felici amanti, il mio
270importuno venir tosto non privi
 del piacer di una vista i vostri lumi.
 ERENICE
 Se sai d’esser molesto, a che ne vieni?
 CASIMIRO
 Perché rispetti Ernando
 sugli occhi di Erenice un mio comando.
 ERNANDO
275Qual fia?
 GISMONDO
                    (Fra sé che pensa?)
 CASIMIRO
 Da lei che adori or prendi
 l’ultimo addio.
 ERNANDO
                              Perché?
 CASIMIRO
 Perché Ernando è vassallo ed io son re.
 ERNANDO
 L’amar beltà che tu pur ami, o prence,
280non è offesa al tuo grado,
 è omaggio che si rende al bel che piace.
 Ne l’amor mio son giusto e non audace.
 CASIMIRO
 E giusto anch’io sarò in punirti. A troppo
 tua baldanza s’inoltra.
 ERENICE
                                           E a troppo ancora
285ti trasporta il tuo sdegno.
 Partiti, o duce.
 ERNANDO
                              Addio, signor. Per poco
 tempra o sospendi almen l’odio mortale.
 Dentro al venturo giorno
 non sarò, qual mi credi, il tuo rivale.
 
 SCENA XI
 
 CASIMIRO, ERENICE e GISMONDO
 
 GISMONDO
290Erenice offendesti.
 ERENICE
 Prence.
 CASIMIRO
                 Mia cara.
 ERENICE
                                     Anche per te sia questo
 l’ultimo addio che da Erenice or prendi.
 CASIMIRO
 Come?
 ERENICE
                 L’amor di Ernando
 grave offesa è al tuo grado.
295L’amor di Casimiro
 più grave offesa è a l’onor mio.
 CASIMIRO
                                                          Perché?
 ERENICE
 Erenice è vassalla e tu sei re.
 GISMONDO
 (Si vendica di Ernando).
 CASIMIRO
 Tua beltade ha l’impero
300sul cor di Casimiro.
 ERENICE
                                       Il mio divieto
 dunque ti sia comando.
 CASIMIRO
 Questo è ’l tuo sol comando,
 cui ubbidir non posso.
 ERENICE
 Che dunque brami?
 CASIMIRO
                                        Amore.
 ERENICE
305Questo è ’l tuo sol disio,
 cui né ubbidir né compiacer poss’io.
 
    Meco non giova il fingere,
 non giova il sospirar.
 
    Usa lusinghe e vezzi,
310tenta minacce e sprezzi,
 no, non ti posso amar.
 
 SCENA XII
 
 CASIMIRO e GISMONDO
 
 CASIMIRO
 Amar puossi, Gismondo,
 beltà più ingiusta e più superba?
 GISMONDO
                                                               Prence,
 de l’ingrata Erenice
315si serve amor per gastigarti. Ei gode
 che tua pena ora sia l’altrui rigore.
 CASIMIRO
 Di qual fallo son reo?
 GISMONDO
                                         Lo sa il tuo core.
 CASIMIRO
 Che mai?
 GISMONDO
                     Spergiuri affetti,
 giuramenti negletti
320e promesse d’amor vane e fallaci,
 Lucinda amata e poi tradita...
 CASIMIRO
                                                        Eh taci.
 
    Beltà, che più non piace,
 lasciar d’amar si può.
 
    Se il ciel in più sembianti
325i doni suoi versò,
 io perché ingiusto a tanti
 un sol ne adorerò?
 
 SCENA XIII
 
 GISMONDO
 
 GISMONDO
 Infelice Lucinda, io ti compiango.
 Il tuo amor, la tua fede
330meritar ben dovea miglior mercede.
 
    Minor pena d’un’alma fedele
 è l’amare un cor crudele
 che l’amarne un traditor.
 
    Il suo amor piange sprezzata,
335ingannata, anche il suo onor.
 
 SCENA XIV
 
 Regio anfiteatro.
 
 VENCESLAO, CASIMIRO, ALESSANDRO, ERNANDO, ERENICE, seguito di popoli e soldati
 
 CORO
 
    Comun bene, amica diva,
 bella Pace, ognun ti onori;
 ed a l’ombra degli allori
 cresca ognor tua verde uliva.
 
 VENCESLAO
 
340   Più non vien tromba nociva
 i riposi a noi turbando;
 e al valor del forte Ernando
 l’alta gloria sol s’ascriva.
 
 ERNANDO
 L’alta gloria, o monarca,
345de l’aver vinto è tuo retaggio. Vinse
 con l’armi tue, col tuo gran nome Ernando.
 Tu core ed io ministro,
 tu reggesti la mano, io strinsi il brando.
 VENCESLAO
 Se ti offendon gli applausi,
350ti convenia non meritarli, o duce.
 Tu fosti al regio trono
 fermo sostegno. Io da te l’ebbi e deggio
 darti l’onor, poiché non posso il dono.
 ALESSANDRO
 Gare d’alte virtù.
 ERENICE
                                  Di eroico amore.
 CASIMIRO
355Saria maggior mio acquisto il tuo bel core.
 VENCESLAO
 Principi, duci, popoli, si applauda
 con regia pompa al comun bene.
 ALESSANDRO
                                                             È giusto.
 CORO
 
    Comun bene, amica diva,
 bella Pace, ognun ti onori;
360ed a l’ombra degli allori
 cresca ognor tua verde uliva.
 
 SCENA XV
 
 GISMONDO e detti
 
 GISMONDO
 Gran re, quel che poc’anzi
 giunse a la reggia tua nunzio straniero
 chiede inchinarti.
 VENCESLAO
                                    Venga.
 CASIMIRO
                                                   (Ei fia Lucinda).
 
 SCENA XVI
 
 LUCINDA e detti
 
 LUCINDA
365Del sarmatico cielo inclito Giove,
 per cui la fredda Vistula è superba
 più de l’Istro e del Tebro,
 re, la cui minor gloria è la fortuna,
 quella, ch’estinto il genitor Gustavo
370di Lituania or regge
 le belle spiaggie e ’l fertil suol, Lucinda,
 a te, la cui gran fama
 non v’è cui nota, o Venceslao, non sia,
 per alto affar me suo ministro invia.
 VENCESLAO
375Di sì illustre regina,
 la cui virtù sublime
 è fregio al debol sesso, invidia al forte,
 ch’io servir possa a’ cenni, è mia gran sorte.
 CASIMIRO
 (O dei! Fia meglio allontanarci).
 LUCINDA
                                                             Arresta,
380principe, i passi. A quanto
 dir mi riman, te vo’ presente.
 CASIMIRO
                                                        (O inciampo!)
 ERNANDO
 (Si turba).
 ALESSANDRO
                       (E impallidisce).
 CASIMIRO
 Costui, signor, mente l’uficio e ’l grado.
 LUCINDA
 Io mentir, Casimiro?
385Questo che al re presento
 foglio fedel, questo dirà s’io mento.
 ERNANDO
 (Che sarà mai?)
 ALESSANDRO
                                 (Legge).
 ERENICE
                                                   (E minaccia).
 VENCESLAO
                                                                              (O note).
 CASIMIRO
 (Nieghisi tutto a chi provar nol puote).
 VENCESLAO
 (Che lessi?) Ah figlio, figlio! Opre son queste
390degne di te? Degne del sangue, ond’esci?
 Tu cavalier? Tu prence?
 CASIMIRO
 A che?
 VENCESLAO
                Prendi e rimira.
 Que’ caratteri impressi
 son di tua man? Li riconosci? Leggi,
395leggi pure a gran voce; e del tuo errore
 dia principio a la pena il tuo rossore.
 CASIMIRO
 «Per quanto ha di più sacro, (Legge)
 il prence Casimiro a te promette
 la marital sua fede,
400a te, Lucinda, erede
 del regno lituano;
 e segna il cor ciò che dettò la mano».
 ERNANDO
 (Infido cor!)
 VENCESLAO
                          Leggesti? A qual difesa
 tua innocenza commetti?
 CASIMIRO
405(Ch’Erenice mi ascolti è mia gran pena).
 Or ora il dissi. Un mentitore è questi,
 signor. Mentito è ’l grado,
 mentito il ministero. Io né giurai
 a Lucinda la fede
410né vergai questo foglio
 né promisi imenei
 né mai la vidi o pur ne intesi.
 LUCINDA
                                                        O dei!
 CASIMIRO
 E perché alcun de la mendace accusa
 testimon più non resti,
415lacerato in più parti
 or te, foglio infedele, il piè calpesti.
 VENCESLAO
 Tant’osi?
 LUCINDA
                    Casimiro,
 mentitor me dicesti. In campo chiuso
 a singolar tenzone
420forte guerrier per nascita e per grado
 tuo egual, che meco io trassi
 da’ lituani lidi,
 per mia bocca or t’invita
 e tua pena sarà la tua mentita.
 CASIMIRO
425Il paragon de l’armi io non ricuso.
 LUCINDA
 Anzi che cada il sole,
 tu, re, il concedi.
 VENCESLAO
                                 Assento;
 e spettatore io ne sarò.
 LUCINDA
                                            Ti aspetto
 colà al cimento.
 CASIMIRO
                               Ed io la sfida accetto.
 LUCINDA
 
430   Io t’attendo in campo armato
 per morire o vendicarmi.
 
    Io più temo un core ingrato
 che il cadere in mezzo a l’armi.
 
 SCENA XVII
 
 VENCESLAO, CASIMIRO, ALESSANDRO, ERENICE, ERNANDO
 
 VENCESLAO
 Al vicin giorno, Ernando,
435si rimetta l’onor de’ tuoi trionfi.
 ERNANDO
 Legge sia de’ miei voti il tuo volere.
 VENCESLAO
 E tu, figlio, ti accingi
 la tua innocenza a sostener ma sappi
 che mancano a chi è reo forti difese,
440che retaggio al fallir son le ruine
 e sempre infausto è de’ superbi il fine.
 
 SCENA XVIII
 
 ALESSANDRO solo
 
 ALESSANDRO
 Io no, da la mia bella
 rimproveri d’ingrato
 non udirò giammai.
445Amante al par che amato
 sotto i vicini rai
 de l’amorosa stella
 teco, o fida Erenice,
 m’unirà pure un imeneo felice.
 
450   Notte, amica degli amanti,
 vieni a fare un di due cori.
 
    Io t’aspetto col diletto,
 con che aspetta ogni augelletto
 a’ suoi canti i primi albori.
 
 Ballo.
 
 Fine dell’atto primo