Venceslao, Milano, Malatesta, 1705

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Loggie.
 
 ERNANDO
 
 ERNANDO
 Non molto andrà che di Erenice in seno
 godrà l’amico. Io ’l nodo
 strinsi, affrettai; cor ebbi a farlo; e ’l lodo.
 Lagrime, non uscite.
 
470   Mio cor piagato,
 il sangue in lagrime
 tu dei versar.
 
 SCENA II
 
 ERENICE, ERNANDO
 
 ERENICE
 Ernando, a cercar vengo
 nel piacer de’ tuoi lumi
475una parte del mio.
 Io più volte riposi
 il mio cor nel tuo seno. Io vel lasciai,
 perché quel di Alessandro in lui trovai.
 ERNANDO
 Ripigliati, Erenice,
480ripigliati il tuo core.
 Ei mal soggiorna in compagnia del mio;
 e per solo conforto
 mi lasci nel partir l’ultimo addio.
 ERENICE
 Che! Un ingiusto divieto
485tanto rispetti? E tanto
 temi ne la mia vista
 d’irritar Casimiro?
 ERNANDO
 Altro temo, Erenice; altro sospiro.
 ERENICE
 Che mai?
 ERNANDO
                     Già nel mio core
490son reo. Lascia che almeno
 nel tuo viva innocente.
 ERENICE
 Ancor ten priego. Aprimi il cor, favella.
 ERNANDO
 Sia l’ubbidirti, o bella,
 gran parte di discolpa al mio delitto.
495Parli il labbro e ’l confessi,
 se pure a te sinora
 non disser gli occhi miei che il cor ti adora.
 ERENICE
 Tu scherzi o sì amoroso
 a favor di Alessandro ancor mi parli.
 ERNANDO
500Chi può mirar quegli occhi e non amarli?
 Ti amai dal primo istante in cui ti vidi;
 tel dissi ne l’estremo in cui ti perdo,
 quando al tuo cor nulla più manca e quando
 tutto, tutto dispera il cor di Ernando.
 ERENICE
505Dov’è virtù, dove amistade in terra,
 se la tradisce Ernando?
 Mi attendevi tu sposa
 per più offender l’amico?
 Per più macchiar?... Ma dove,
510dove il furor mi spigne e mi trasporta?
 Non è capace Ernando
 di tal viltà. Dar fede
 deggio più che al suo labbro, al suo gran core.
 Fuorché di gloria, egli non sente amore.
 ERNANDO
515Non sento amor? T’amo, Erenice, t’amo;
 ma da amico e da forte,
 senza disio, senza speranza t’amo...
 ERENICE
 E m’ami, alfin vuoi dirmi,
 ma col cor di Alessandro, il mio tesoro.
 ERNANDO
520Sì sì, t’amo col suo, col mio ti adoro.
 ERENICE
 Vorresti ancor farmi adirar ma invano.
 ERNANDO
 Temono i rei la loro colpa. Io solo
 temo la mia innocenza.
 Voglio esser reo né posso.
525Deh, più credi, Erenice,
 se ’l nieghi a le mie voci, al tuo sembiante.
 ERENICE
 Vanne. Ti credo amico e non amante.
 ERNANDO
 
    Parto amante e parto amico,
 che non nuoce amor pudico
530a la fede, a l’amistà.
 
    Se nol credi o te ne offendi,
 poco intendi
 la fortezza di quest’alma,
 il poter di tua beltà.
 
 SCENA III
 
 ERENICE sola
 
 ERENICE
535S’è ver che t’ami Ernando,
 mia beltade, io compiango i tuoi trionfi.
 Fuor del mio sposo, ogni altra
 tua vittoria detesto, ogni altr’onore;
 né ti chiedo trofei dopo il suo core.
 
540   Sì candida e sì bella
 non è la tortorella
 quanto di questo cor
 la fedeltà.
 
    Né mai fiamma rubella
545il chiaro suo candor
 macchiar potrà.
 
 SCENA IV
 
 CASIMIRO ed ERENICE
 
 CASIMIRO
 Felice incontro. Arresta,
 bella Erenice, il piede.
 Quel che ti vedi inante
550non è più Casimiro,
 quell’importuno e quel lascivo amante.
 Egli è ’l prence e l’erede
 del polonico scettro,
 tuo amator ma pudico e che destina
555te al suo regno e al suo amor moglie e regina.
 ERENICE
 Come? Tu, Casimiro, erede e prence
 del polonico scettro,
 chiedi in moglie Erenice, il vile oggetto
 de l’impuro tuo affetto?
 CASIMIRO
560Sì, principessa, a quella fiamma, ond’arsi,
 purgai quanto d’impuro avea ne l’alma.
 ERENICE
 Vane lusinghe. Io veggio
 ancora in te quell’amator lascivo,
 de l’onor mio nemico,
565non per virtù ma per furor pudico.
 CASIMIRO
 S’errai, fu giovanezza e non disprezzo.
 ERENICE
 E s’io t’odio, è ragione e non vendetta.
 CASIMIRO
 Cancella un pentimento ogni gran colpa.
 ERENICE
 Macchia di onor mai non si terge; e spesso
570insidia è ’l pentimento.
 CASIMIRO
 Sarai mia sposa.
 ERENICE
                                 Io, Casimiro?
 CASIMIRO
                                                            E meco
 tu regnerai felice.
 ERENICE
 Non troverai Lucinda in Erenice.
 
    Lasciami pur d’amar,
575che ad altri vuo’ serbar
 l’alma e la fede.
 
    Non è per te il mio cor,
 sei troppo ingannator,
 no, non ti crede.
 
 SCENA V
 
 CASIMIRO e GISMONDO
 
 CASIMIRO
580Mie deluse speranze,
 non andrete impunite
 di un tal rifiuto...
 GISMONDO
                                  In traccia appunto, o prence,
 di te venia.
 CASIMIRO
                        Che arrechi?
 GISMONDO
 Quel che t’arde nel sen per Erenice
585indegno foco ammorza.
 CASIMIRO
 L’offerta d’un diadema,
 che le fece il mio amor, sprezzò l’ingrata.
 GISMONDO
 E sprezzarla perché? Per abbassarsi
 già sposa ad altri amplessi.
 CASIMIRO
590Come? Sposa Erenice? O dei! Ma dove?
 Quando? Con chi?
 GISMONDO
                                     Ne la ventura notte
 è stabilito il nodo.
 CASIMIRO
 Così vicina ancora
 la mia sciagura? E certo il sai?
 GISMONDO
                                                          Poc’anzi
595da Ismene, a me germana e di Erenice
 la fida amica, il tutto intesi.
 CASIMIRO
                                                     Ah troppo,
 Gismondo, intesi.
 GISMONDO
                                    È tempo...
 CASIMIRO
 È tempo sì di vendicarsi. Iniqua!
 Ma nel rival superbo
600ti punirò.
 GISMONDO
                     No, mio signor...
 CASIMIRO
                                                     Gismondo,
 parto col mio furor, tu taci il tutto.
 GISMONDO
 Stragi preveggo e lutto.
 CASIMIRO
 
    D’ire armato il braccio forte
 stragi e morte
605implacabile vibrerà.
 
    Duolmi sol che il fier rivale
 sotto a questo acciar reale
 di cader la gloria avrà.
 
 SCENA VI
 
 GISMONDO
 
 GISMONDO
 Io mi credea che di Erenice al nodo
610sciolto cadesse e infranto
 quello di Casimiro; e nel suo core
 credei servir, Lucinda, al tuo dolore.
 Ma in lui la grave offesa
 risveglia l’ire e non ammorza il foco.
615Disprezzo il fa costante;
 più feroce ei divien, non meno amante.
 
    Dovea di amor geloso
 le furie io più temer.
 
    Nel sangue egli ha riposo,
620ne’ mali egli ha piacer.
 
 SCENA VII
 
 Steccato.
 
 LUCINDA con seguito
 
 LUCINDA
 Sommi dei, menti eterne,
 da’ voti miei tanto stancati e tanto
 da l’infedel mio sposo
 spergiurati e scherniti,
625se mai su l’are vostre
 vittime elette i’ fei cader, se a voi
 giunser mai con gl’incensi
 gl’innocenti miei prieghi, a me volgete
 raggi propizi; e in questa
630fatal temuta arena
 finite la mia vita o la mia pena.
 
 SCENA VIII
 
 VENCESLAO con seguito e LUCINDA
 
 VENCESLAO
 Impazienza e sdegno
 ben qui ti trasse frettoloso.
 LUCINDA
                                                   Sono
 anche i più brevi indugi,
635a chi cerca vendetta, ore di pena.
 VENCESLAO
 Stranier, cadente è ’l sole; e meglio fora
 sospender l’ire al dì venturo e l’armi.
 LUCINDA
 Tanto rimane, o sire,
 di giorno ancor che ne avrà fin la pugna.
640Giudice e re tu stesso
 l’ora assegnasti e ’l campo. Ed or paventi?
 VENCESLAO
 Pugnisi pur. Non entran nel mio core
 deboli affetti e n’è viltà sbandita;
 e se ora temo, temo
645l’innocenza del figlio e non la vita.
 
 SCENA IX
 
 CASIMIRO con seguito e li sudetti
 
 CASIMIRO
 E vita ed innocenza
 affidata al mio braccio è già sicura.
 LUCINDA
 Impotente è l’ardire in alma impura. (Venceslao va a sedere nell’alto dello steccato)
 
 SCENA X
 
 LUCINDA, CASIMIRO, VENCESLAO poi nell’alto dello steccato
 
 LUCINDA
 O tu, che ancor non veggio (Casimiro sta confuso)
650qual ti deggia chiamar, nemico o amico,
 possibil fia ch’espor tu voglia al fiero
 sanguinoso cimento e fama e vita?
 Dimmi, di’, Casimiro.
 Tu non vergasti il foglio? Ignoto il volto
655t’è di Lucinda e ’l nome?
 Fede non le giurasti? (Casimiro non la guarda)
 Sposa non l’abbracciasti? E dir tu ’l puoi?
 Tu sostener? Scuotiti alfin. Ritorni
 la perduta ragion. Già per mia bocca
660l’amorosa Lucinda or sì ti dice.
 
    Cara parte di quest’alma, (Se gli accosta)
 torna, torna ad abbracciarmi.
 Sposo amato...
 
 CASIMIRO
 
                              A l’armi, a l’armi. (Casimiro dà di mano alla spada e con impeto da sé rispigne Lucinda)
 
 LUCINDA
 
    Traditore, più che amore
665brami piaghe e vuoi svenarmi?
 
 CASIMIRO
 
 A l’armi, a l’armi.
 
 LUCINDA
 Dunque a l’armi, spergiuro. (Dà di mano alla spada)
 Sieguasi il tuo furor.
 CASIMIRO
                                        Sei tu quel forte
 campion che a darmi morte
670sin dal ciel lituan l’ire traesti?
 LUCINDA
 Io quegli sono; e meco
 ho la ragion de l’armi,
 meco i numi traditi,
 l’onestà vilipesa, i tuoi spergiuri.
675Su, strigni il ferro; e temi
 le piaghe che ricevi
 ma più quelle che fai. Più del tuo sangue
 temi il mio sangue e sia
 il tuo rischio maggior la morte mia.
680Ma che dissi mia morte?
 La tua, la tua vogl’io. Perfido, a l’armi.
 Ben saprà questo acciaro
 a quel core infedel farsi la strada.
 CASIMIRO
 (Io volgerò contro costei la spada?) (In atto di partire è rattenuto da Lucinda)
 LUCINDA
685No no, da questo campo ad armi asciutte
 non uscirem.
 CASIMIRO
                           (Corre a l’occaso il sole
 e in braccio ad Erenice Ernando è atteso).
 LUCINDA
 Che fai? Che miri? Ommai
 o ti difendi o ti trafiggo inerme.
 CASIMIRO
690Pugnisi al nuovo giorno.
 LUCINDA
 No no, pugna or volesti e pugna or voglio.
 Tu dei cadervi od io.
 CASIMIRO
 (Tolgasi questo inciampo all’amor mio). (Siegue l’abbattimento, in cui Casimiro getta con un colpo di mano a Lucinda la spada)
 Sei vinto; ed è ’l tuo torto
695chiaro agli occhi del padre, a quei del mondo.
 LUCINDA
 Hai vinto, o vile. Aggiugni a la tua gloria
 l’aver vibrato in sen di donna il ferro,
 l’averla vinta. Resta
 la morte sua. Che badi?
 CASIMIRO
700Tu donna?
 LUCINDA
                       E ancor t’infingi? Or via, mi svena.
 Questo de’ tuoi delitti
 sarà ’l minor, l’aver Lucinda uccisa,
 dopo averla tradita;
 e sia poca fierezza,
705dopo tolto l’onor, torle la vita.
 VENCESLAO
 Che sento? Ella è Lucinda? (Il re si leva dal suo posto e si affretta a scender nello steccato)
 CASIMIRO
 Padre, già ’l dissi, un mentitore è desso.
 Mentì già ’l grado ed or mentisce il sesso.
 Questa non è Lucinda. In tali spoglie
710non si ascondon regine.
 Non sei Lucinda, no. Confuso e vinto,
 pien di scorno e di duolo
 rimanti. (Il padre viene e a lui m’involo).
 
 SCENA XI
 
 VENCESLAO e LUCINDA
 
 VENCESLAO
 Fugge la mia presenza
715il colpevole figlio.
 Col tacermi il tuo grado e la tua sorte
 mi offendesti, regina.
 LUCINDA
 A che scoprirla, o sire,
 quando dovrei sino a me stessa ignota
720nel più profondo orrore
 seppellir la mia pena e ’l mio rossore?
 VENCESLAO
 Il poter di monarca,
 l’autorità di padre
 sul cor del figlio a tuo favore impegno.
725Ne la ragion confida,
 ne l’amor nostro e rasserena il ciglio.
 Sarà tuo sposo o non sarà mio figlio.
 LUCINDA
 Men da la tua virtù, giusto regnante,
 non attendea Lucinda.
 VENCESLAO
 
730   Nel seren di quel sembiante
 riso e gioia brillerà.
 
    E saprà d’un incostante
 trionfar la tua beltà.
 
 SCENA XII
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
 Lusinghiamoci ancora
735né disperiam, teneri affetti. L’alma
 del tuo piacer riempi,
 speranza adulatrice;
 e vieni il dolor mio
 di letargo a coprir, se non di oblio.
 
740   Spera ancor l’antico nido
 tortorella innamorata,
 
    forse amor sia meno infido
 e la sorte men spietata.
 
 SCENA XIII
 
 Notte. Stanza di Casimiro con tavolino.
 
 GISMONDO, poi VENCESLAO
 
 GISMONDO
 La notte avanza; e ’l prence
745non viene ancora. Ei solo
 col suo furor rimase,
 torbido, minaccioso
 e rivale e geloso.
 VENCESLAO
 Gismondo, ov’è ’l mio figlio?
 GISMONDO
                                                       Io qui l’attendo.
 VENCESLAO
750O dio! L’alma presaga
 m’è di sventure e per Ernando io temo.
 GISMONDO
 Ancor non vien.
 VENCESLAO
                                Gismondo,
 chiamisi tosto il duce Ernando.
 GISMONDO
                                                           Al cenno
 affretto il piè veloce.
755(Temo anch’io l’ire di un amor feroce).
 
 SCENA XIV
 
 VENCESLAO, poi CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 E pur cresce nel seno (Si asside al tavolino)
 e l’affanno e ’l timor. Qual notte è questa
 in cui sognansi orrori ad occhi aperti?
 Cor di re, cor di padre,
760quale acciar ti trafigge? E qual gran male
 tutto gelar fa ne le vene il sangue?
 Il supplizio de’ rei
 prova quest’alma; e in che vi offesi, o dei? (Appoggiandosi al tavolino, si cuopre gli occhi con la mano. Entra Casimiro con istile insanguinato)
 CASIMIRO
 
    Dolci brame di vendetta
765già la vittima cadé.
 
    Voi dovreste esser più liete
 ma nol siete;
 e il mio cor non sa perché. (Casimiro in atto di deporre lo stile sul tavolino, vede il padre nello stesso momento in cui il padre alzando gli occhi vede il figliuolo)
 
 VENCESLAO
 Sparite, o de la mente
770torbide larve... Figlio...
 CASIMIRO
                                            Padre... (O stelle).
 VENCESLAO
 Che acciaro è quel? Che sangue
 ne stilla ancor? Qual colpo
 mediti? E qual facesti?
 Che orror, che turbamento
775ti sparge il volto?
 CASIMIRO
                                  (Ahi! Che dirò?)
 VENCESLAO
                                                                   Rispondi.
 CASIMIRO
 Signor...
 VENCESLAO
                   Parla.
 CASIMIRO
                                Poc’anzi...
 andai... Venni... L’amore...
 Lo sdegno... Una ne l’altra
 mancan le voci. Attonito rispondo;
780nulla, o padre, dir posso e mi confondo.
 VENCESLAO
 Gran timido è un gran reo.
 Errasti, o figlio, e gravemente erasti.
 Ragion mi rendi or di quel sangue.
 CASIMIRO
                                                                  Questo...
 Prepara pur contro il mio sen, prepara
785le più atroci vendette...
 Questo (il dirò) del mio rivale è sangue;
 sangue è di Ernando.
 VENCESLAO
                                          O dei! (Si leva)
 Ernando è morto!
 CASIMIRO
                                    Ed io,
 io ne fui l’omicida.
 VENCESLAO
790Perfido, Ernando è morto?
 CASIMIRO
                                                   E ragion n’ebbi.
 VENCESLAO
 Di svenarmi in quel core
 ragione avesti? Barbaro, spietato,
 tu pur morrai. Vendicherò...
 
 SCENA XV
 
 ERNANDO e li sudetti
 
 ERNANDO
                                                      A’ tuoi cenni (Venceslao gli va incontro e lo abbraccia)
 qui pronto...
 VENCESLAO
                          Ernando vive? Ernando amico.
 CASIMIRO
795(Vive il rival? Voi m’ingannate, o lumi?
 O tu man mi tradisti?)
 VENCESLAO
 Ma nol dicesti, o figlio,
 poc’anzi estinto?
 CASIMIRO
                                  Io son confuso.
 VENCESLAO
                                                               Ah duce,
 io moria per dolor de la tua morte.
 ERNANDO
800Io morto! Ho vita, ho spirto
 ma per versarlo in tuo servigio, o sire.
 Così Ernando, così dee sol morire.
 VENCESLAO
 So la tua fede.
 CASIMIRO
                             O ferro!
 In qual seno t’immersi?
805Qual misero svenai? Cieli perversi!
 
 SCENA XVI
 
 ERENICE e li sudetti
 
 ERENICE
 Signor, che il tuo potere (A’ piedi di Venceslao)
 fra giustizia e pietà libri egualmente,
 difensor de le leggi,
 scudo de l’innocenza,
810giusto re, giusto padre, ecco a’ tuoi piedi,
 principessa dolente,
 chiedo la mia vendetta,
 chiedo la tua. Lagrime chiedo e sangue.
 Ti vo’ giudice e padre. Ah rendi al mondo
815a pro del giusto ed a terror de l’empio
 di virtù, di fortezza un raro esempio.
 VENCESLAO
 Sorgi, Erenice, e la vendetta attendi
 che ’l tuo dolor mi chiede.
 ERENICE
 Qual io sia, ben ti è noto.
 VENCESLAO
                                                A’ tuoi grand’avi
820quel diadema ch’io cingo ornò le tempia.
 ERENICE
 Senza offenderti, o sire,
 amar potea l’un de’ tuoi figli?
 VENCESLAO
                                                        Amore
 non è mai colpa, ove l’oggetto è pari.
 ERENICE
 Del pari ambo i tuoi figli
825per me avvampar. Ma ’l foco
 fu senso in Casimiro,
 fu virtù in Alessandro.
 Piacque il pudico amante, odiai l’impuro.
 Amor che strinse i cori
830strinse le destre; e fu segreto il nodo
 per tema del rival, non per tua offesa.
 CASIMIRO
 Mio rivale il germano?
 ERENICE
 Io questa notte i primi
 suoi maritali amplessi
835aver dovea; l’ora vicina e d’ombre
 sparso era il ciel, quand’egli
 ne’ tetti miei trafitto... Aimè!... Perdona.
 VENCESLAO
 Come? Morto Alessandro? (Piange)
 ERNANDO
 (Misero prence!)
 CASIMIRO
                                  O cieco
840furor, dove m’hai tratto? Io fratricida?
 ERENICE
 Sì, morto è l’infelice; e tosto ch’io
 ti miri vendicata,
 ti seguirò agli Elisi, ombra adorata.
 VENCESLAO
 S’agita al tribunal de la vendetta
845la mia, non la tua causa.
 Erenice, ov’è ’l reo?
 ERENICE
                                       Quando tu ’l sappia,
 avrai cor da punirlo?
 VENCESLAO
 Sia qual si vuol, pronta è la scure; il capo
 vi perderà. Già data,
850data ho l’inesorabile sentenza.
 Giustizia è l’ira ed il rigor clemenza.
 ERENICE
 Non tel dica Erenice. Il cor tel dica.
 Tel dica il guardo; hai l’uccisor presente.
 Quell’orror, quel pallore, (Additando Casimiro che sta confuso)
855quegli occhi a terra fissi,
 il silenzio del labbro e più di tutto
 quel ferro ancor fumante (Casimiro si lascia cader lo stile di mano)
 de la strage fraterna a te già grida
 che un figlio del tuo figlio è l’omicida.
 VENCESLAO
860(Già cedo al nuovo affanno). (Si cuopre gli occhi col fazzoleto)
 CASIMIRO
                                                       (O destra! O ferro!)
 ERNANDO
 (Miserabile padre!)
 ERENICE
 Casimiro l’uccise. Ei fece un colpo
 degno di lui. Se nol punisci, o sire,
 avido ancor di sangue
865verrà quello a vuotar ch’hai ne le vene.
 L’uccisor di un fratello
 esserlo può di un padre.
 Vendetta, o re, vendetta
 di te, di me. Ragion, natura, amore
870la dimanda al tuo core.
 Se re, se padre a me negar la puoi,
 numi del cielo, a voi la chiedo, a voi.
 VENCESLAO
 Parla; le tue discolpe (A Casimiro)
 giudice attendo.
 CASIMIRO
                                 Il ciel volesse, o sire,
875che del misfatto enorme,
 come n’è ’l cor, fosse innocente il braccio.
 Son reo, son fratricida.
 Non ho discolpe, il mio supplizio è giusto.
 Io stesso mi condanno, io stesso abborro
880questa vita infelice,
 dal mio re condannata e da Erenice.
 VENCESLAO
 Va’, principessa, ed a me lascia il peso
 de la comun vendetta.
 ERENICE
 Destra real, ti bacio
885e ’l misero amor mio da te l’aspetta.
 
    Si pensi a vendicarsi,
 chi ha men coraggio in petto
 qui resti a sospirar.
 
    Non più co’ pianti sparsi,
890l’ombra del mio diletto
 col sangue vuo’ placar.
 
 SCENA XVII
 
 VENCESLAO, CASIMIRO, ERNANDO, poi GISMONDO
 
 VENCESLAO
 Reo convinto, la spada
 deponi, o Casimiro.
 CASIMIRO
 La spada!
 VENCESLAO
                     Sì, la spada.
 CASIMIRO
895Eccola, o re. Già ’l core (Sul tavolino depone la spada)
 dispongo a sofferir mali più atroci.
 ERNANDO
 Qual raggio a noi volgeste, astri feroci?
 VENCESLAO
 Gismondo, olà.
 GISMONDO
                               Sire, i tuoi cenni attendo.
 VENCESLAO
 Custodirai ne la vicina torre
900prigione il prence.
 GISMONDO
                                     Eseguirò fedele.
 VENCESLAO
 Tu colà attendi il tuo destino.
 CASIMIRO
                                                       Offeso
 or che deggio lasciarti,
 già sento in me la sua fierezza.
 VENCESLAO
                                                          Parti.
 CASIMIRO
 
    Da te parto e parto afflitto,
905o mio giudice, o mio re;
 volea dir mio genitor.
 
    Ma poi tacqui il dolce nome
 che più aggrava il mio delitto
 e più accresce il tuo dolor.
 
 SCENA XVIII
 
 VENCESLAO, ERNANDO, LUCINDA nel fine da donna
 
 VENCESLAO
910Non son più padre, Ernando. Un colpo solo
 mi privò di due figli.
 ERNANDO
 Casimiro ancor vive.
 VENCESLAO
 Chi è vicino a morir, già quasi è morto.
 ERNANDO
 Un padre re può ben salvare il figlio.
 VENCESLAO
915Se ’l danna il re, non può salvarlo il padre.
 ERNANDO
 Dunque il prence condanni?
 VENCESLAO
                                                      Io nol condanno.
 Il sangue del fratel chiede il suo sangue.
 ERNANDO
 È tuo figlio.
 VENCESLAO
                         Ma reo.
 ERNANDO
                                          Natura offendi,
 se vibri il colpo.
 VENCESLAO
                                E se nol vibro, il cielo.
920Morirà Casimiro. (Lucinda sopraggiugne)
 LUCINDA
                                    (O dio! Purtroppo
 il suo periglio è certo).
 VENCESLAO
 (Lungi, o teneri affetti).
 Tu va’ mio nunzio a lui, digli che forte
 nel dì venturo ei si disponga a morte.
 
 SCENA XIX
 
 LUCINDA, VENCESLAO, ERNANDO
 
 LUCINDA
925Nel dì venturo a morte?
 Perdona, o re. Di Casimiro il capo
 con l’amor mio da le tue leggi esento.
 È re di Lituania.
 Tal lo dichiaro; e come re né dee
930né può d’altro regnante esser soggetto
 al giudizio e a le leggi.
 Rispetta il grado e ’l tuo rigor correggi.
 VENCESLAO
 Regina, in far la colpa
 re Casimiro ancor non era. Egli era
935mio suddito e mio figlio.
 Tal lo condanno. Il grado, a cui lo innalzi,
 lo trova reo; lo trova
 vittima del suo fallo,
 suddito de le leggi.
940Rispetta il giusto e l’amor tuo correggi.
 LUCINDA
 Misero Casimiro!
 Venceslao vive e tu perdesti il padre.
 Più misera Lucinda!
 Muore il tuo sposo e ’l tuo rossor pur vive.
945Questa, o regnante, questa è la tua fede?
 Così mi sposi al figlio?
 Così l’onor mi rendi?
 O dal figlio e dal padre, (Piange)
 o due volte ingannata alma infelice!
 VENCESLAO
950De la real promessa (Tra sé)
 or mi sovvien, che ella si adempia è giusto.
 Ma la giustizia offesa? E la mia fede?
 Mora il reo figlio, mora.
 ERNANDO
                                              O dei! Che pensa?
 VENCESLAO
 Ma s’ei muore, Lucinda
955vivrà disonorata
 per mia cagion?
 LUCINDA
                                 Spenta è per me pietade?
 VENCESLAO
 Regina, il pianto affrena.
 A l’onor tuo soddisferassi. Ernando.
 ERNANDO
 Sire.
 VENCESLAO
             Dal duro ufficio
960già ti dispenso.
 ERNANDO
                               Io l’ubbidia con pena.
 LUCINDA
 Mio cor, respira.
 VENCESLAO
                                 Andiamo
 al colpevole figlio,
 rechiamo gli imenei.
 LUCINDA
 Ma se ’l prence al mio amore
965persiste ingrato...
 VENCESLAO
                                   Eh non temer, regina.
 Sarai sua sposa e serberò la fede.
 LUCINDA
 Lieta gode quest’alma e più non chiede.
 VENCESLAO
 
    Sei mia gioia, sei mio bene,
 sei mia pace, o mia speranza.
 
970   Già spezzate le catene
 d’empio fato ha la costanza.
 
 SCENA XX
 
 ERNANDO
 
 ERNANDO
 Di così strani casi
 il fin qual fia? Sarà pietoso o giusto
 il real genitore?
975Temo ancor la pietà di quel gran core.
 Ma tu che pensi, Ernando? Vendicarti?
 Vendicare il tuo amico ed Erenice?
 No no, più generoso
 ti voglio, Ernando. A preservar si attenda
980l’erede a la corona, il figlio al padre.
 A l’ombra di Alessandro
 diam lagrime, non sangue. Andiam gli sdegni
 a placar di Erenice.
 In sì nobili sensi
985l’alma s’impieghi e a l’amor suo non pensi.
 
    Se virtude al cor mi parla,
 a lei volgo il pensier mio
 ed ho l’alma in libertà.
 
    Degli affetti del mio core,
990il più forte è sol l’onore
 e di gloria il bel desio
 d’ogni amor trionferà.
 
 Ballo di scultori che lavorano l’urna e termina l’atto secondo.