Venceslao, Milano, Malatesta, 1705

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Piazza real di Cracovia con archi trionfali.
 
 ERNANDO con seguito di soldati e di schiavi, fra’ quali vedrassi alzato sopra d’un’asta il tronco teschio di Adrasto, poi VENCESLAO, CASIMIRO ed ALESSANDRO
 
 ERNANDO
 
    Abbiam vinto, amico regno,
 n’è tuo frutto e gloria e pace.
 
    Del fellon superbo e fiero
 vedi il teschio, in suol straniero
5insepolto il busto giace.
 
 O del regno polono,
 del Boristene algente alto monarca,
 già il superbo moldavo
 morde i tuoi ceppi; e ’l contumace Adrasto,
10de l’alme più rubelle
 grand’esempio e gran pena,
 da più colpi trafitto
 là su l’Istro confessa
 ne le aperte sue piaghe il suo delitto.
 VENCESLAO
15Le tue vittorie, Ernando,
 degne de la tua fama e son maggiori
 del poter nostro. Hai vinto.
 Ma di tanta tua gloria è nostro il frutto.
 Vieni, onde al sen ti stringa,
20o forte del mio regno (Lo abbraccia)
 difesa e primo amor.
 CASIMIRO
                                         (Fremo di sdegno).
 ALESSANDRO
 Agli amplessi paterni, amico duce,
 un mio succeda.
 ERNANDO
                                 O sempre
 generoso Alessandro. (Si abbracciano)
 VENCESLAO
25Casimiro, e tu solo
 al vincitor nieghi gli applausi.
 CASIMIRO
                                                         Ernando
 ne’ tuoi reali amplessi ebbe anche i miei.
 ERNANDO
 Servo ti sono.
 CASIMIRO
                            (Anzi rival mi sei).
 VENCESLAO
 Sinor stereli applausi
30diedi al valor d’Ernando. I suoi trionfi
 chiedono un maggior prezzo. Ei me lo additi.
 ERNANDO
 Gran re, tutto ti deggio.
 VENCESLAO
                                              Il tuo rispetto
 non dee lasciarmi ingrato.
 Chiedi.
 ERNANDO
                 Temo nel prezzo
35parer vil, non audace.
 VENCESLAO
 Vil non fia ciò che puote
 gli affetti meritar del tuo gran core.
 ERNANDO
 Ti arride amor. Sol per te chiedo. (Ad Alessandro)
 ALESSANDRO
                                                                O amico. (Ad Ernando)
 ERNANDO
 Dirò, poiché lo imponi,
40ma non senza rossor (non senza pena);
 tutto il premio ch’io cerco
 in sé racchiude un volto.
 CASIMIRO
 (Iniquo).
 VENCESLAO
                     Ernando amante?
 ERNANDO
 Perdona. Amor sol diede
45più zelo al cor, più stimolo alla fede.
 VENCESLAO
 Favella.
 CASIMIRO
                  (Ah! Più nol soffro).
 ERNANDO
 L’amor, sire...
 CASIMIRO
                             Ammutisci,
 troppo altero vassallo.
 Frena il volo al tuo amore o nel tuo sangue
50ne ammorzerò le fiamme. Ama là dove
 non offendi il tuo prence; o se sì audaci
 nutri gli affetti, ama soffrendo e taci.
 ERNANDO
 
    Se devo in sen ascondere
 la fiamma del mio cor,
55io non potrò resistere
 a l’aspro rio dolor.
 
    E pur per non offenderti
 questa anima sia vittima
 d’un infelice amor.
 
 SCENA II
 
 VENCESLAO, ALESSANDRO e CASIMIRO
 
 VENCESLAO
60Tu de l’amico Ernando
 siegui, Alessandro, le vestigia; e digli
 che a tal grado alzerò la sua fortuna
 che non fia chi ’l sorpassi
 quaggiù, fuorché ’l suo re, fuorché gli dei.
 CASIMIRO
65E ch’ei tema, gli aggiugni,
 in qualunque destin gli sdegni miei.
 ALESSANDRO
 
    Ama sì ma sempre chiara
 sia la fiamma del tuo cor.
 
    Vapore oscuro
70d’ardor men puro
 toglie gloria e fa dolor.
 
 SCENA III
 
 VENCESLAO e CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 Casimiro, cotesta
 tua superba fierezza
 vuol privar te di un padre e me di un figlio.
 CASIMIRO
75Del tuo poter, de la mia vita, o sire,
 usa a tuo grado. Il soffrirò con questa
 che tu chiami fierezza ed è virtude.
 Ma che un basso vapore,
 che un mio servo, un Ernando
80mi sia rival, che mi contenda e usurpi
 il possesso di un bene,
 non soffrirò. Sento che m’empie un core,
 forte a ceder la vita e non l’amore.
 VENCESLAO
 Vedrem ciò che far possa
85mio malgrado il tuo amor. Ma sappi intanto
 che un reo vassallo arma di un re lo sdegno
 e che prima che a te, fui padre al regno.
 
    Se vuoi dar leggi al mondo,
 serba le leggi in te.
 
90   Non sono gli ostri o ’l trono
 ma ’l retto esempio e ’l giusto
 ciò che temuto e augusto
 rende a’ vassalli un re.
 
 SCENA IV
 
 CASIMIRO e GISMONDO
 
 GISMONDO
 Con avviso impensato,
95t’inchino, o prence.
 CASIMIRO
                                      O mio fedel Gismondo.
 GISMONDO
 Del lituano scettro
 l’illustre principessa...
 CASIMIRO
 Che fia?
 GISMONDO
                   Colei che amasti alor che fummo
 stranieri in quella corte...
 CASIMIRO
100Rimembranze noiose.
 GISMONDO
 Lucinda...
 CASIMIRO
                      È morta forse?
 GISMONDO
 Giunta è poc’anzi.
 CASIMIRO
                                    O dei! Lucinda?
 GISMONDO
                                                                    Io stesso
 la vidi in viril manto,
 mentito il sesso e co’ suoi fidi a canto.
 CASIMIRO
105Turbatrice odiosa
 de l’amor mio, costei sen viene e seco
 avrà la fé giurata,
 rinfaccierà de l’onor suo le macchie,
 i promessi imenei,
110chiamerà nel suo pianto uomini e dei.
 GISMONDO
 E tu?
 CASIMIRO
              Che far poss’io?
 Gli affetti a lei dovuti
 mi ha rapiti Erenice.
 GISMONDO
 Vedi. Ella viene.
 CASIMIRO
                                 Osserverò s’è dessa.
 GISMONDO
115Misera principessa! (Si ritirano in disparte)
 
 SCENA V
 
 LUCINDA da uomo con seguito e detti
 
 LUCINDA
 
    Come di fronda in fronda
 l’aura spirando va,
 così di pena in pena
 il cor sen vola.
 
120   S’un raggio in ciel balena
 di torbida pietà
 fugge e s’invola.
 
 CASIMIRO
 (Purtroppo, amico, è dessa). (In disparte)
 LUCINDA
                                                       In quale oggetto
 vi affissate, o miei lumi.
 GISMONDO
125(Già ci osservò).
 CASIMIRO
                                 Finger mi giovi.
 LUCINDA
                                                                 (O numi).
 CASIMIRO
 Stranier, che tale a queste spoglie, a questi
 tuoi compagni o custodi a me rassembri,
 e qual da miglior cielo a l’Orse algenti
 forte cagion ti trasse?
 LUCINDA
130(Non mi ravvisa). A mia gran sorte ascrivo
 che dal ciel lituano
 qui giunto appena, ove drizzai la meta,
 te incontri, eccelso prence.
 CASIMIRO
                                                   A te, che altrove
 giammai non vidi, ove fui noto e quando?
 LUCINDA
135In Lituania, ov’ebbi
 l’alto onor d’inchinarti.
 (Ah quasi dissi il fier destin di amarti).
 CASIMIRO
 Qual ti appelli?
 LUCINDA
                               Lucindo.
 CASIMIRO
 L’ufficio tuo?
 LUCINDA
                            Di segretario in grado
140a Lucinda servia.
 CASIMIRO
 Lucinda?
 LUCINDA
                     Sì, l’erede
 del lituano regno.
 CASIMIRO
 Tu con Lucinda?
 GISMONDO
                                 (Oh com’è scaltra!)
 LUCINDA
                                                                      Io seco
 era il giorno primier che i lumi tuoi
145s’incontraro co’ suoi.
 Giorno (ah giorno fatal) che in voi si accese
 scambievol fiamma, io seco
 alor che le giurasti eterno amore
 e sol fui testimon del suo rossore.
150(Fisso mi osserva). Ommai
 ti dovria sovvenir che in bianco foglio
 la marital tua fede,
 me presente, segnasti; e me presente
 si strinse il sacro nodo,
155si diede il casto amplesso.
 Ti dovria sovvenir ch’entro a sei lune
 tornare a lei giurasti;
 pur due volte d’alora
 compì l’anno il suo corso e non tornasti.
160(Misera!) E non ancora
 ti sovvien qual io sia,
 io che fui testimon de le sue pene,
 de’ giuramenti tuoi?
 CASIMIRO
                                         Non mi sovviene.
 LUCINDA
 Non ti sovviene? Ingrato...
 CASIMIRO
                                                   A cui favelli?
 LUCINDA
165Così m’impose il dirti
 la tua fedel Lucinda: «E se» mi aggiunse
 «e se nulla ottener puoi da quel core,
 fa’ ch’io ’l sappia, onde fine
 abbia con la mia vita il mio dolore».
 GISMONDO
170(A lagrimar mi astringe).
 CASIMIRO
 Fole mi narri.
 LUCINDA
                             (O son tradita o finge).
 CASIMIRO
 Ma dovunque tu venga
 e qualunque sii tu,
 parti, o Lucindo, e non cercar di più.
 
175   Ti consiglio a far ritorno,
 parti, va’;
 né cercar più di così.
 
    Lungo soggiorno
 ti sarà solo
180di pianto e duolo
 cagione un dì.
 
 SCENA VI
 
 LUCINDA e GISMONDO
 
 LUCINDA
 Così mi lascia il traditor? Gismondo,
 tu pur non mi ravvisi o te ne infingi?
 GISMONDO
 (Che le dirò?) Signora,
185ben ti ravviso e ti ho pietade ancora.
 LUCINDA
 Dimmi, che sperar deggio?
 Mi ha tradita il mio sposo? O vuol tradirmi?
 Arde per altra? O finge?
 Del mio fato il tenor svelami tu.
 GISMONDO
190Parti, o Lucinda, e non cercar di più.
 
 SCENA VII
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
 Ch’io non cerchi di più? Solo a tal fine
 mi partii dal mio regno;
 varcai provincie e mari,
 grado e sesso mentii, soffersi tanto.
195Vuo’ saperlo e pur temo
 che il saperlo mi sia cagion di pianto.
 
    Mio cor dimanda
 al dio d’amor
 se puoi sperar un dì
200conforto e pace;
 
    ma ride amor crudel
 e te, mio cor fedel,
 schernisce e tace.
 
 SCENA VIII
 
 Atrio di fontane corrispondente agli appartamenti di Erenice.
 
 ERENICE, poi ALESSANDRO ed ERNANDO
 
 ERENICE
 
    Come va da bosco al prato
205sussurando il rusignolo,
 vola l’alma al suo tesor.
 
    E pur dirgli m’è negato:
 «Frena, o caro, il tuo bel duolo,
 sei la pace del mio cor».
 
210Taci Erenice. Il caro ben qui giunge;
 e seco è ’l duce, il solo
 testimonio fedel del nostro amore;
 brama sì di goder ma taci, o core.
 ERNANDO
 Bella Erenice.
 ERENICE
                             Invitto Ernando.
 ERNANDO
                                                              (O vista!)
 ERENICE
215A l’ombra de’ tuoi lauri...
 ALESSANDRO
 E de’ tuoi rischi il nostro bene è l’opra.
 ERNANDO
 Se voi lieti non rendo,
 nulla oprai, nulla ottenni; egli ha gran tempo
 ch’ardono del tuo bello, e ben tu ’l sai,
220Casimiro e Alessandro.
 Questi temendo il suo rival germano
 nascose il fuoco e col mio labbro espose
 le sue fiamme amorose.
 L’odio di Casimiro,
225credutomi rival, tutto in me cadde
 e in me sol rispettò l’amor paterno.
 La Moldavia rubella
 mi esentò da la reggia. Io vinsi e ’l prezzo
 esser dovea Erenice,
230sol per render voi lieti (e me infelice).
 ERENICE
 Cor generoso.
 ALESSANDRO
                            E grande.
 ERNANDO
 Godea che a me tenuti
 foste di tanto. Casimiro alora
 fremé, si oppose, minacciò. Compiacqui
235al suo furor, tolsi congedo e tacqui.
 ERENICE
 Perfido!
 ERNANDO
                   Or la dimora
 è comune periglio.
 ALESSANDRO
 Ma quale è il tuo consiglio?
 ERNANDO
 Ne la vicina notte
240datevi fé di sposi.
 ALESSANDRO
                                   E poi?
 ERNANDO
                                                  Riparo
 non avrà ’l fatto. Al mio consiglio, al nodo
 non disuguale il padre
 darà l’assenso; e del rival germano
 sarà impotente ogni furore o vano.
 ALESSANDRO
245Me fortunato appieno,
 se tu vi assenti.
 ERENICE
                               O dio!
 ALESSANDRO
 Che paventi, Erenice?
 ERENICE
 Questo mio così tosto esser felice.
 ALESSANDRO
 Temi il mal, non il bene.
 ERENICE
250Offendo l’onestà.
 ALESSANDRO
                                  Prendi, mia vita,
 sposa mi sei. Ne l’atto sacro invoco
 l’amor, la fede, Ernando.
 ERENICE
 Ti cedo e sposa ecco ti abbraccio.
 ERNANDO
                                                              Parti,
 pria che ’l german qui ti sorprenda.
 ALESSANDRO
                                                                   Addio.
255Verrò cinto da l’ombre
 a darti il primo maritale amplesso.
 ERNANDO
 Io fui del mio morir fabbro a me stesso.
 ALESSANDRO
 
    Col pensier che mia tu sei,
 già contento il cor mi par;
 
260   e sì dolce è un tal momento
 che di morte anche il tormento
 è capace a consolar.
 
 SCENA IX
 
 ERNANDO, ERENICE
 
 ERENICE
 Pace al regno recasti e gioie a noi,
 Ernando generoso.
265Ma tu così pensoso? E che ti affligge?
 ERNANDO
 
    Bocca bella, del mio duolo
 non mi chiedere il perché;
 
    il saper ti basti solo
 che mi rendono infelice
270amistade, amor e fé.
 
 SCENA X
 
 CASIMIRO, GISMONDO e li sudetti
 
 ERENICE
 Qual favellar?
 CASIMIRO
                             Felici amanti, il mio
 importuno venir tosto non privi
 del piacer di una vista i vostri lumi.
 ERENICE
 Se sai d’esser molesto, a che ne vieni?
 CASIMIRO
275Perché rispetti Ernando
 sugli occhi di Erenice un mio comando.
 ERNANDO
 Qual fia?
 GISMONDO
                    (Fra sé che pensa?)
 CASIMIRO
 Da lei che adori or prendi
 l’ultimo addio.
 ERNANDO
                              Perché?
 CASIMIRO
280Perché Ernando è vassallo ed io son re.
 ERNANDO
 L’amar beltà che tu pur ami, o prence,
 non è offesa al tuo grado,
 è omaggio che si rende al bel che piace.
 Ne l’amor mio son giusto e non audace.
 CASIMIRO
285E giusto anch’io sarò in punirti. A troppo
 tua baldanza s’inoltra. (In atto di dar mano alla spada)
 ERENICE
                                            E a troppo ancora
 ti trasporta il tuo sdegno.
 Partiti, o duce.
 ERNANDO
                              Addio, signor. Per poco
 tempra o sospendi almen l’odio mortale.
290Dentro al venturo giorno
 non sarò, qual mi credi, il tuo rivale.
 
 SCENA XI
 
 CASIMIRO, ERENICE e GISMONDO
 
 GISMONDO
 Erenice offendesti.
 ERENICE
 Prence. (A Casimiro)
 CASIMIRO
                  Mia cara.
 ERENICE
                                      Anche per te sia questo
 l’ultimo addio che da Erenice or prendi.
 CASIMIRO
295Come?
 ERENICE
                 L’amor di Ernando
 grave offesa è al tuo grado.
 L’amor di Casimiro
 più grave offesa è a l’onor mio.
 CASIMIRO
                                                          Perché?
 ERENICE
 Erenice è vassalla e tu sei re.
 GISMONDO
300(Si vendica di Ernando).
 CASIMIRO
 Tua beltade ha l’impero
 sul cor di Casimiro.
 ERENICE
                                       Il mio divieto
 dunque ti sia comando.
 CASIMIRO
 Questo è ’l tuo sol comando,
305cui ubbidir non posso.
 ERENICE
 Che dunque brami?
 CASIMIRO
                                        Amore.
 ERENICE
 Questo è ’l tuo sol disio
 cui né ubbidir né compiacer poss’io.
 
    Meco non giova il fingere,
310non giova il sospirar;
 
    usa lusinghe e vezzi,
 tenta minaccie e sprezzi,
 no, non ti posso amar.
 
 SCENA XII
 
 CASIMIRO e GISMONDO
 
 CASIMIRO
 Amar puossi, Gismondo,
315beltà più ingiusta e più superba
 GISMONDO
                                                             Prence,
 de l’ingrata Erenice
 si serve amor per gastigarti. Ei gode
 che tua pena ora sia l’altrui rigore.
 CASIMIRO
 Di qual fallo son reo?
 GISMONDO
                                         Lo sa ’l tuo core.
 CASIMIRO
320Che mai?
 GISMONDO
                     Spergiuri affetti,
 giuramenti negletti
 e promesse d’amor vane e fallaci,
 Lucinda amata e poi tradita...
 CASIMIRO
                                                        Eh taci.
 
    Beltà, che più non piace,
325lasciar d’amar si può.
 
    Se il ciel in più sembianti
 i doni suoi versò,
 io perché ingiusto a tanti
 un sol ne adorerò?
 
 SCENA XIII
 
 GISMONDO
 
 GISMONDO
330Infelice Lucinda, io ti compiango.
 Il tuo amor, la tua fede
 meritar ben dovea miglior mercede.
 
    Minor pena d’un’alma fedele
 è l’amare un cor crudele
335che l’amarne un traditor.
 
    Il suo amor piange sprezzata,
 ingannata, anche il suo onor.
 
 SCENA XIV
 
 Regio anfiteatro apparecchiato per li spettacoli trionfali.
 
 VENCESLAO, CASIMIRO, ALESSANDRO, ERNANDO, ERENICE, seguito di popoli, di soldati
 
 CORO
 
    Comun bene, amica diva,
 bella Pace, ognun ti onori;
340ed a l’ombra degli allori
 cresca ognor tua verde uliva.
 
 VENCESLAO
 
    Più non vien tromba nociva
 i riposi a noi turbando;
 e al valor del forte Ernando
345l’alta gloria sol s’ascriva.
 
 ERNANDO
 L’alta gloria, o monarca,
 de l’aver vinto è tuo retaggio. Vinse
 con l’armi tue, col tuo gran nome Ernando.
 Tu core ed io ministro,
350tu reggesti la mano, io strinsi il brando.
 VENCESLAO
 Se ti offendon gli applausi,
 ti convenia non meritarli, o duce.
 Tu fosti al regio trono
 fermo sostegno; io da te l’ebbi e deggio
355darti l’onor, poiché non posso il dono.
 ALESSANDRO
 Gare d’alte virtù.
 ERENICE
                                  Di eroico amore.
 CASIMIRO
 Saria maggior mio acquisto il tuo bel core. (Piano ad Erenice)
 VENCESLAO
 Principi, duci, popoli, si applauda
 con regia pompa al comun bene.
 ALESSANDRO
                                                             È giusto. (Vanno tutti per sedere al lor posto ma in tal mentre esce Gismondo)
 
 SCENA XV
 
 GISMONDO e li sudetti
 
 GISMONDO
360Gran re, quel che poc’anzi
 giunse a la reggia tua nuncio straniero
 chiede inchinarti.
 VENCESLAO
                                    Venga.
 CASIMIRO
                                                   (Ei fia Lucinda). (Va a sedere sul trono)
 
 SCENA XVI
 
 LUCINDA e li sudetti
 
 LUCINDA
 Del sarmatico cielo inclito Giove,
 per cui la fredda Vistula è superba
365più de l’Istro e del Tebro,
 re, la cui minor gloria è la fortuna,
 quella, ch’estinto il genitor Gustavo,
 di Lituania or regge
 le belle spiaggie e ’l fertil suol, Lucinda,
370a te, la cui gran fama
 non v’è cui nota, o Venceslao, non sia,
 per alto affar me suo ministro invia.
 VENCESLAO
 Di sì illustre regina,
 la cui virtù sublime
375è fregio al debol sesso, invidia al forte,
 ch’io servir possa a’ cenni, è mia gran sorte.
 CASIMIRO
 (O dei! Fia meglio allontanarci). (In atto di partire)
 LUCINDA
                                                              Arresta,
 principe, i passi. A quanto
 dir mi riman, te vuo’ presente.
 CASIMIRO
                                                           (O inciampo!)
 ERNANDO
380(Si turba).
 ALESSANDRO
                       (E impallidisce).
 CASIMIRO
 Costui, signor, mente l’ufficio e ’l grado.
 LUCINDA
 Io mentir, Casimiro?
 Questo che al re presento
 foglio fedel, questo dirà s’io mento. (Lucinda porge al re una lettera che sembra esser di credenza. Il re l’apre e leggendola guarda minaccioso il figliuolo)
 ERANANDO
385Che sarà mai?
 ALESSANDRO
                              Legge.
 ERENICE
                                             (E minaccia).
 VENCESLAO
                                                                        (O note!)
 CASIMIRO
 (Nieghisi tutto a chi provar nol puote).
 VENCESLAO
 (Che lessi?) Ah figlio, figlio. Opre son queste
 degne di te? Degne del sangue ond’esci? (Scende dal trono)
 Tu cavalier? Tu prence?
 CASIMIRO
390A che?...
 VENCESLAO
                   Prendi e rimira. (Gli dà la lettera)
 Que’ caratteri impressi
 son di tua man? Li riconosci? Leggi.
 Leggi pure a gran voce; e del tuo errore
 dia principio a la pena il tuo rossore.
 CASIMIRO
395«Per quanto ha di più sacro, (Legge)
 il prence Casimiro a te promette
 la marital sua fede,
 a te, Lucinda, erede
 del regno lituano;
400e segna il cor ciò che dettò la mano».
 ERNANDO
 (Infido cor!)
 VENCESLAO
                          Leggesti? A qual difesa
 tua innocenza commetti?
 CASIMIRO
 (Ch’Erenice mi ascolti è mia gran pena).
 Or ora il dissi. Un mentitore è questi,
405signor. Mentito è ’l grado,
 mentito il ministero. Io né giurai
 a Lucinda la fede
 né vergai questo foglio
 né promisi imenei
410né mai la vidi o pur ne intesi.
 LUCINDA
                                                        (O dei!)
 CASIMIRO
 E perché alcun de la mendace accusa
 testimon più non resti,
 lacerato in più parti
 or te, foglio infedele, il piè calpesti. (Straccia in molti parti la carta e poi la calpesta)
 VENCESLAO
415Tant’osi?
 LUCINDA
                    Casimiro,
 mentitor me dicesti. In campo chiuso
 a singolar tenzone
 forte guerrier per nascita e per grado
 tuo egual, che meco trassi
420da’ lituani lidi,
 per mia bocca or t’invita
 e tua pena sarà la tua mentita.
 CASIMIRO
 Il paragon de l’armi io non ricuso.
 LUCINDA
 Anziché cada il sole,
425tu, re, il concedi.
 VENCESLAO
                                 Assento
 e spettatore io ne sarò.
 LUCINDA
                                            Ti aspetto
 colà al cimento.
 CASIMIRO
                               Ed io la sfida accetto.
 LUCINDA
 
    T’attendo in campo armato
 mendace cavalier,
430ingrato amante.
 
    L’error là punirò
 d’alma incostante.
 
 SCENA XVII
 
 VENCESLAO, CASIMIRO, ALESSANDRO, ERENICE, ERNANDO
 
 VENCESLAO
 Al vicin giorno, Ernando,
 si rimetta l’onor de’ tuoi trionfi.
 ERNANDO
435Legge sia de’ miei voti il tuo volere.
 VENCESLAO
 E tu, figlio, ti accingi
 la tua innocenza a sostener. Ma sappi
 che mancano a chi è reo forti difese,
 che retaggio al fallir son le ruine.
440E sempre infausto è de’ superbi il fine. (Tutti seguono il re, Casimiro ferma Erenice)
 
 SCENA XVIII
 
 ERENICE e CASIMIRO
 
 CASIMIRO
 Bella, mi ascolta.
 ERENICE
                                  Il tempo vola, o prence,
 e al cimento fatal ti attendon l’armi.
 CASIMIRO
 Credi...
 ERENICE
                 Ch’io creda a te?
 CASIMIRO
                                                  Mente chi accusa...
 ERENICE
 Dei provarlo nel campo.
 CASIMIRO
445E pria nel tuo bel core.
 ERENICE
 Il mio cor, Casimiro,
 mai non ti crederà che mentitore.
 
    No no, che ’l cor non crede
 quella mentita fede
450che un traditor mi diè.
 
    Quella fé che tu giurasti
 a più d’una che ingannasti
 vuoi serbar ancor con me.
 
 SCENA XIX
 
 CASIMIRO
 
 CASIMIRO
 Amor, tu mi vuoi morto
455e d’esserti fedel serbo il costume.
 Se in più beltà ti adoro,
 con me ti sdegni a torto,
 che, se cangio l’altar, non cangio il nume.
 
    Vado cangiando amor,
460perché non stanchi il cor
 sempre un pensier.
 
    Varia i suoi giri il ciel,
 alterna or caldo or gel
 e la costanza è sol
465tiranna del piacer.
 
 Ballo di popoli polacchi, che festeggiano il trionfo, e termina l’atto primo.