Venceslao, Firenze, Vangelisti, 1704 (Vincislao)

 ATTO SECONDO
 
 SCENA I
 
 Logge.
 
 ERNANDO
 
 ERNANDO
 Non molto andrà che d’Erenice in seno
 godrà l’amico; io ’l nodo
405strinsi, affrettai, cor ebbi a farlo e ’l lodo.
 Lagrime, non uscite.
 
    Mio cor piagato,
 cor sventurato,
 il sangue in lagrime
410non dei versar.
 
    In sì ria sorte,
 sarai men forte,
 non meno misero
 col lagrimar.
 
 SCENA II
 
 ERENICE e detti
 
 ERENICE
415Ernando, a cercar vengo
 nel piacer de’ tuoi lumi
 una parte del mio.
 Io più volte riposi
 il mio cor nel tuo seno, io vel lasciai,
420perché quel d’Alessandro in lui trovai.
 ERNANDO
 Ripigliati, Erenice,
 ripigliati il tuo core,
 ei mal soggiorna in compagnia del mio;
 e per solo conforto
425mi lasci nel partir l’ultimo addio.
 ERENICE
 Che? Un ingiusto divieto
 tanto rispetti? E tanto
 temi nella mia vista
 d’irritar Casimiro?
 ERNANDO
430Altro temo, Erenice; altro sospiro.
 ERENICE
 Che mai?
 ERNANDO
                     Già nel mio core
 son reo. Lascia che almeno
 nel tuo viva innocente.
 ERENICE
 Ancor ten prego. Aprimi il cor, favella.
 ERNANDO
435Sia l’ubbidirti, o bella,
 gran parte di discolpa al mio delitto.
 Parli il labro e ’l confessi,
 se pure a te sinora
 non disser gli occhi miei che il cor t’adora.
 ERENICE
440Tu scherzi o sì amoroso
 a favor d’Alessandro ancor mi parli.
 ERNANDO
 Chi può mirar quegli occhi e non amarli?
 T’amai dal primo istante in cui ti vidi;
 tel dissi nell’estremo in cui ti perdo,
445quando al tuo cor nulla più manca e quando
 tutto, tutto dispera il cor d’Ernando.
 ERENICE
 Dove è virtù, dove amistade in terra,
 se la tradisce Ernando?
 M’attendevi tu sposa
450per più offender l’amico?
 Per più macchiar... Ma dove,
 dove il furor mi spinge e mi trasporta?
 Non è capace Ernando
 di tal viltà. Dar fede
455deggio, più che al suo labro, al suo gran core;
 fuor che di gloria, egli non sente amore.
 ERNANDO
 Non sento amor? T’amo, Erenice, t’amo
 ma da amico e da forte,
 senza desio, senza speranza t’amo...
 ERENICE
460E m’ami, alfin vuoi dirmi,
 ma col cor d’Alessandro, il mio tesoro.
 ERNANDO
 Sì sì, t’amo col suo, col mio t’adoro.
 ERENICE
 Vorresti ancor farmi adirar ma invano.
 ERNANDO
 Temono i rei la loro colpa, io solo
465temo la mia innocenza,
 voglio esser reo né posso.
 Deh, più credi, Erenice,
 se ’l nieghi alle mie voci, al tuo sembiante.
 ERENICE
 Vanne. Ti credo amico e non amante.
 ERNANDO
 
470   Parto amante e parto amico,
 che non nuoce amor pudico
 alla fede, all’amistà.
 
    Se nol credi o te n’offendi,
 poco intendi
475la fortezza di quest’alma,
 il poter di tua beltà.
 
 SCENA III
 
 CASIMIRO e detti
 
 CASIMIRO
 Felice incontro. Arresta,
 bella Erenice, il piede;
 quel che ti vedi inante,
480non è più Casimiro,
 quell’importuno e quel lascivo amante.
 Egli è ’l prence e l’erede
 del polonico scettro,
 tuo amator ma pudico e che destina
485te al suo regno e al suo amor moglie e regina.
 ERENICE
 Come? Tu, Casimiro, erede e prence
 del polonico scettro,
 chiedi in moglie Erenice, il vile oggetto
 dell’impuro tuo affetto?
 CASIMIRO
490Sì, principessa, a quella fiamma, ond’arsi,
 purgai quanto d’impuro avea nell’alma.
 ERENICE
 Vane lusinghe. Io veggio
 ancora in te quell’amator lascivo,
 dell’onor mio nemico,
495non per virtù ma per furor pudico.
 CASIMIRO
 S’errai, fu giovinezza e non disprezzo.
 ERENICE
 E s’io t’odio, è ragione e non vendetta.
 CASIMIRO
 Cancella il pentimento ogni gran colpa.
 ERENICE
 Macchia d’onor non mai si terge e spesso
500insidia è ’l pentimento.
 CASIMIRO
 Sarai mia sposa.
 ERENICE
                                 Io, Casimiro?
 CASIMIRO
                                                            E meco
 tu regnerai felice.
 ERENICE
 Non troverai Lucinda in Erenice.
 
    Armerò di sdegno il core,
505non avrò che crudeltade;
 
    né sperar da me pietade,
 menzognero, ingannatore.
 
 SCENA IV
 
 CASIMIRO e poi GISMONDO
 
 CASIMIRO
 Mie deluse speranze,
 non andrete impunite
510di un tal rifiuto.
 GISMONDO
                                In traccia appunto, o prence,
 di te venia.
 CASIMIRO
                        Che arrechi?
 GISMONDO
 Quel che t’arde nel sen per Erenice
 indegno foco ammorza.
 CASIMIRO
 L’offerta d’un diadema,
515che le fece il mio amor, sprezzò l’ingrata.
 GISMONDO
 E sprezzarla perché? Per abbassarsi
 già sposa ad altri amplessi.
 CASIMIRO
 Come? Sposa Erenice? O dei! Ma dove?
 Quando? Con chi?
 GISMONDO
                                     Nella ventura notte
520è stabilito il nodo.
 CASIMIRO
 Così vicina ancora
 la mia sciagura? E certo il sai?
 GISMONDO
                                                          Poc’anzi
 da Ismene, a me germana e d’Erenice
 la fida amica, il tutto intesi.
 CASIMIRO
                                                     Ah troppo,
525Gismondo, intesi.
 GISMONDO
                                    È tempo...
 CASIMIRO
 È tempo sì di vendicarmi. Iniqua,
 ma nel rival superbo
 ti punirò.
 GISMONDO
                     No, mio signore.
 CASIMIRO
                                                     Gismondo,
 parto col mio furor, tu taci il tutto.
 GISMONDO
530(Stragi preveggio e lutto).
 CASIMIRO
 
    D’ire armato il braccio forte
 piaghe e morte
 implacabile vibrerà.
 
    Duolmi sol che ’l fier rivale
535sotto a quest’acciar reale
 di cader la gloria avrà.
 
 SCENA V
 
 GISMONDO
 
 GISMONDO
 Io mi credea che d’Erenice al nodo
 sciolto cadesse e infranto
 quello di Casimiro e nel suo core
540credei servir, Lucinda, al tuo dolore.
 Ma in lui la grave offesa
 risveglia l’ire e non ammorza il foco;
 disprezzo il fa costante,
 più feroce ei divien, non meno amante.
 
545   Quanto all’alme è mai funesto
 il velen di gelosia.
 
    Dal suo tosco infetto un cuore
 si fa scherzo a un vil timore
 e il timor divien follia.
 
 SCENA VI
 
 Piazza con trono.
 
 LUCINDA con seguito
 
 LUCINDA
550Sommi dei, menti eterne,
 da’ voti miei tanto stancati e tanto
 dall’infedel mio sposo
 spergiurati e scherniti,
 se mai sull’are vostre
555vittime elette io fei cader, se a voi
 giunser mai con gl’incensi
 gl’innocenti miei preghi, a me volgete
 raggi propizi e in questa
 fatal temuta arena
560finite la mia vita o la mia pena.
 
 SCENA VII
 
 VINCISLAO con seguito e detti
 
 VINCISLAO
 Impazienza e sdegno
 ben qui ti trasse frettoloso.
 LUCINDA
                                                   Sono
 anche i più brevi indugi,
 a chi cerca vendetta, ore di pena.
 VINCISLAO
565Stranier, cadente è ’l sole; e meglio fora
 sospender l’ire al dì venturo e l’arme.
 LUCINDA
 Tanto rimane, o sire,
 di giorno ancor che ne avrà fin la pugna.
 Giudice e re tu stesso
570l’ora assegnasti e ’l campo ed or paventi?
 VINCISLAO
 Pugnisi pur. Non entran nel mio core
 deboli affetti e n’è viltà sbandita;
 e se ora temo, temo
 l’innocenza del figlio e non la vita.
 
 SCENA VIII
 
 CASIMIRO con seguito e detti
 
 CASIMIRO
575E vita ed innocenza
 affidata al mio braccio è già sicura.
 LUCINDA
 Impotente è l’ardire in alma impura.
 VINCISLAO
 
    S’errasti, o figlio,
 il tuo periglio
580sta nel tuo cor.
 
    Non del guerriero
 l’acciaro invitto
 ma ’l tuo delitto
 ti dia timor. (Va a sedere in trono. Lucinda segue)
 
 LUCINDA
585O tu, che ancor non veggio
 qual ti debba chiamar, nemico o amico,
 possibil fia ch’espor tu voglia al fiero
 sanguinoso cimento e fama e vita?
 E ingiusto sosterrai la tua mentita?
590Dimmi, di’, Casimiro. Ignoto il volto
 t’è di Lucinda e ’l nome?
 Fede non le giurasti?
 Amor non promettesti? E dir tu ’l puoi?
 Tu sostener? Scuotiti alfin. Ritorni
595la perduta ragion. Già per mia bocca
 l’amorosa Lucinda or sì ti dice.
 
    Cara parte di quest’alma,
 torna, torna a consolarmi.
 Sposo amato...
 
 CASIMIRO
 
                              All’armi, all’armi.
 
 LUCINDA
 
600   Traditore, più che amore
 brami piaghe e vuoi svenarmi?
 
 CASIMIRO
 
 All’armi, all’armi.
 
 LUCINDA
 Dunque all’armi, spergiuro,
 seguasi il tuo furor.
 CASIMIRO
                                      Sei tu quel forte
605campion che a darmi morte
 sin dal ciel lituan teco traesti?
 LUCINDA
 Io quegli sono e meco
 ho la ragion dell’armi,
 meco i numi traditi,
610la fede vilipesa, i tuoi spergiuri.
 Su, stringi il ferro; e temi
 le piaghe che ricevi
 ma più quelle che fai. Più del tuo sangue
 temi il mio sangue e sia
615il tuo rischio maggior la morte mia.
 Ma che dissi mia morte?
 La tua, la tua vogl’io, perfido, all’armi.
 Ben saprà quest’acciaro
 a quel core infedel farsi la strada.
 CASIMIRO
620(Io volgerò contro costei la spada?) (In atto di partire, Lucinda lo trattiene)
 LUCINDA
 No no, da questo luogo ad armi asciutte
 non uscirem.
 CASIMIRO
                           (Corre all’occaso il sole
 e in braccio ad Erenice Ernando è atteso).
 LUCINDA
 Che fai? Che miri? Omai
625o ti difendi o ti trafiggo inerme.
 CASIMIRO
 Pugnisi al nuovo giorno.
 LUCINDA
 No no, pugna or volesti e pugna or voglio.
 Tu dei cadervi od io.
 CASIMIRO
 Tolgasi quest’inciampo all’amor mio.
630Sei vinto ed è il tuo torto (Si battono e al primo colpo cade la spada a Lucinda)
 chiaro agli occhi del padre, a quei del mondo.
 LUCINDA
 Hai vinto, o vil, ma generoso e forte
 nelle perdite mie restami il core.
 Forse de’ tuoi trionfi
635non godrai lungamente, o traditore.
 Tutte armate a tuo danno
 le lituane spade empier di stragi
 questa reggia sapranno;
 e tu, principe indegno,
640piangerai la tua sorte
 senz’onor, senza fede e senza regno.
 VINCISLAO
 Sì temerario!
 CASIMIRO
                            Ascolta
 quanto audace è costui.
 LUCINDA
 Di temerario a torto
645mi tacci, o re; la mia ragione, il giusto
 parlan su questo labro e se tu nieghi
 di vendicarmi, io stessa
 farò le mie vendette; ho avvezza anch’io
 la fronte alle corone, il piede al trono,
650so punir, so regnar, Lucinda io sono.
 VINCISLAO
 Lucinda? (Scendendo dal trono)
 CASIMIRO
                      Eh padre, un mentitore è desso.
 Mentì già il grado ed or mentisce il sesso.
 Dona a lui quella fede
 che doni alle menzogne, il braccio mio
655tali le dichiarò. Regina, addio.
 
 SCENA IX
 
 VINCISLAO e LUCINDA
 
 VINCISLAO
 (Fugge la mia presenza
 il colpevole figlio).
 Col tacermi il tuo grado e la tua sorte
 mi offendesti, o regina.
 LUCINDA
                                             A te poc’anzi,
660sire, parlò Lucinda, augusta erede
 di più troni e più regni.
 Né dovevan di lei
 e del suo grado esser gli accenti indegni.
 Or taccia il regio labro e parli solo,
665per implorar giustizia o almen pietade
 di Lucinda infelice, il pianto, il duolo.
 VINCISLAO
 Il poter di monarca,
 l’autorità di padre
 sul cor del figlio a tuo favore impegno.
670Nella ragion confida,
 nell’amor nostro e rasserena il ciglio;
 sarà tuo sposo o non sarà mio figlio.
 LUCINDA
 Men dalla tua virtù, giusto regnante,
 non attendea Lucinda.
 VINCISLAO
 
675   Nel seren di quel sembiante
 riso e gioia brillerà;
 
    E saprà d’un incostante
 trionfar la tua beltà.
 
 SCENA X
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
 Lusinghiamoci ancora
680né disperiam, teneri affetti; l’alma
 del tuo piacer riempi,
 speranza adulatrice,
 e vieni ’l dolor mio
 di letargo a coprir, se non d’oblio.
 
685   Più fedele e più amoroso
 il mio sposo un dì vedrò.
 
    Ei dirà: «Mia cara vita,
 t’ho tradita e t’amerò».
 
 SCENA XI
 
 Appartamenti di Casimiro.
 
 GISMONDO e poi VINCISLAO. Notte
 
 GISMONDO
 La notte avanza e il prence
690non viene ancora. Ei solo
 col suo furor rimase,
 torbido, minaccioso
 e rivale e geloso.
 VINCISLAO
 Gismondo, ov’è il mio figlio?
 GISMONDO
                                                       Io qui l’attendo.
 VINCISLAO
695O dio, l’alma presaga
 m’è di sventure e per Ernando io temo.
 GISMONDO
 (Ancor non vien).
 VINCISLAO
                                   Gismondo,
 chiamisi tosto il duce Ernando.
 GISMONDO
                                                           Al cenno
 affretto il piè veloce.
700(Temo anch’io l’ire di un amor feroce).
 
 SCENA XII
 
 VINCISLAO e poi CASIMIRO
 
 VINCISLAO
 E pur cresce nel seno (Siede e ha vicino un tavolino)
 e l’affanno e ’l timor; qual notte è questa
 in cui sognansi orrori ad occhi aperti?
 Cor di re, cor di padre,
705qual acciar ti trafigge? E qual gran male
 tutto gelar fa nelle vene il sangue?
 Il supplizio de’ rei
 prova quest’alma; e in che v’offesi, o dei? (Casimiro entra con stile insanguinato)
 CASIMIRO
 
    Dolci brame di vendetta,
710già la vittima cadé. (Vuol posar lo stile e vede il padre)
 
 VINCISLAO
 Sparite, o della mente
 torbide larve... Figlio...
 CASIMIRO
                                            Padre... (O stelle!)
 VINCISLAO
 Che acciaro è quel? Che sangue
 ne stilla ancor? Qual colpo
715mediti e qual facesti?
 Che orror, che turbamento
 ti sparge il volto?
 CASIMIRO
                                  (Ah, che dirò?)
 VINCISLAO
                                                                Rispondi.
 CASIMIRO
 Signor...
 VINCISLAO
                   Parla.
 CASIMIRO
                                Poc’anzi...
 andai... Venni... L’amore...
720Lo sdegno... (Una nell’altra
 mancan le voci. Attonito rispondo).
 Nulla, o padre, dir posso e mi confondo.
 VINCISLAO
 Gran timido è un gran reo;
 errasti, o figlio, e gravemente errasti.
725Ragion mi rendi, ah, di quel sangue.
 CASIMIRO
                                                                    Questo...
 Prepara pur contro il mio sen, prepara
 le più atroci vendette,
 questo (il dirò) del mio rivale è sangue,
 sangue è d’Ernando.
 VINCISLAO
                                        O dei!
730Ernando è morto?
 CASIMIRO
                                    Ed io,
 io ne fui l’omicida.
 VINCISLAO
 Perfido, Ernando è morto?
 CASIMIRO
                                                   E ragion n’ebbi.
 VINCISLAO
 Di svenarmi in quel core
 ragione avesti? Barbaro, spietato,
735tu pur morrai. Vendicherò...
 
 SCENA XIII
 
 ERNANDO e detti
 
 ERNANDO
                                                      A’ tuoi cenni.
 qui pronto...
 VINCISLAO
                          Ernando vive? Ernando amico.
 CASIMIRO
 (Vive il rival? Voi m’ingannate, o lumi?
 O tu man mi tradisti?)
 VINCISLAO
 Ma nol dicesti, o figlio,
740poc’anzi estinto?
 CASIMIRO
                                  Io son confuso.
 VINCISLAO
                                                               Ah duce,
 io moria per dolor della tua morte.
 ERNANDO
 Io morto? Ho vita, ho spirto
 ma per versarlo in tuo servigio, o sire,
 così Ernando, così dee sol morire.
 VINCISLAO
745So la tua fede.
 CASIMIRO
                             O ferro,
 in qual seno t’immersi?
 Qual misero svenai? Cieli perversi!
 
 SCENA XIV
 
 ERENICE e detti
 
 ERENICE
 Signor, che il tuo potere (A’ piedi di Vincislao)
 fra giustizia e pietà libri egualmente,
750difensor delle leggi,
 scudo dell’innocenza,
 giusto re, giusto padre, ecco a’ tuoi piedi,
 principessa dolente,
 chiedo la mia vendetta,
755chiedo la tua, lagrime chiedo e sangue;
 ti vo’ giudice e padre. Ah, rendi al mondo
 a pro del giusto ed a terror dell’empio
 di virtù, di fortezza un raro esempio.
 VINCISLAO
 Sorgi, Erenice, e la vendetta attendi
760che il tuo dolor mi chiede.
 ERENICE
 Qual io sia, ben t’è noto.
 VINCISLAO
                                               A’ tuoi grand’avi
 quel diadema ch’io cingo ornò le tempia.
 ERENICE
 Senz’offenderti, o sire,
 amar potea l’un de’ tuoi figli?
 VINCISLAO
                                                        Amore
765non è mai colpa, ove l’oggetto è pari.
 ERENICE
 Del pari ambo i tuoi figli
 per me avvampar; ma il foco
 fu senso in Casimiro,
 fu virtù in Alessandro;
770piacque ’l pudico amante, odiai l’impuro.
 Amor che strinse i cori
 strinse le destre e fu segreto il nodo
 per tema del rival, non per tua offesa.
 CASIMIRO
 (Mio rivale il germano?)
 ERENICE
775In questa notte appunto
 a me recar consorte il primo amplesso
 egli dovea; l’ora vicina e d’ombre
 sparso era il ciel, quand’egli
 ne’ tetti miei, sulle mie soglie e quasi
780sugli occhi miei trafitto... Aimè... Perdona
 la libertà del pianto...
 Freddo, esanime, esangue
 versò da più ferite e l’alma e ’l sangue.
 VINCISLAO
 Come? Morto Alessandro?
 ERNANDO
785Misero prence!
 CASIMIRO
                               (O cieco
 furor, dove m’hai tratto? Io fratricida?)
 ERENICE
 Sì, morto è l’infelice; e tosto ch’io
 ti miri vendicata,
 ti seguirò agli Elisi, ombra adorata.
 VINCISLAO
790S’agita al tribunal della vendetta
 la mia, non la tua causa.
 Erenice, ov’è il reo?
 ERENICE
                                       Quando tu ’l sappia,
 avrai cor da punirlo?
 VINCISLAO
 Sia qual si vuol, pronta è la scure; il capo
795vi perderà. Già data,
 data ho l’inesorabile sentenza,
 giustizia è l’ira ed il rigor clemenza.
 ERENICE
 Non tel dica Erenice, il cor tel dica,
 tel dica il guardo; hai l’uccisor presente.
800Quell’orror, quel pallore,
 quegli occhi a terra fisi,
 lo stupor de le membra,
 il silenzio del labro e più di tutto
 questo ferro fumante
805della strage fraterna a te già grida
 che un figlio del tuo figlio è l’omicida.
 VINCISLAO
 Già cedo al nuovo affanno.
 CASIMIRO
                                                   (O destra, o ferro).
 ERNANDO
 (Miserabile padre).
 ERENICE
 Casimiro l’uccise. Ei fece un colpo
810degno di lui. Se nol punisci, o sire,
 avido ancor di sangue
 verrà quello a votar ch’hai nelle vene.
 L’uccisor d’un fratello
 esserlo può d’un padre.
815Vendetta, o re, vendetta
 di te, di me; ragion, natura, amore
 la dimanda al tuo core.
 Se re, se padre a me negar la puoi,
 numi del cielo, a voi la chiedo, a voi.
 VINCISLAO
820Parla, le tue discolpe (A Casimiro)
 giudice attendo.
 CASIMIRO
                                 Il ciel volesse, o sire,
 che del misfatto enorme,
 come n’è ’l cor, fusse innocente il braccio.
 Son reo, son fratricida;
825non ho discolpe, il mio supplizio è giusto;
 io stesso mi condanno, io stesso aborro
 questa vita infelice,
 dal mio re condannata e da Erenice.
 VINCISLAO
 Va’, principessa, ed a me lascia il peso
830della comun vendetta.
 ERENICE
 Destra real, ti bacio
 e ’l misero amor mio da te l’aspetta.
 
    Ricordati che padre
 tu sei ma tutto amor
835del figlio esangue.
 
    Contenta allor morrò
 che ’l barbaro vedrò
 spargere il sangue.
 
 SCENA XV
 
 VINCISLAO, CASIMIRO, ERNANDO e poi GISMONDO
 
 VINCISLAO
 Reo convinto, la spada
840deponi, o Casimiro.
 CASIMIRO
 La spada.
 VINCISLAO
                     Sì, la spada.
 CASIMIRO
 Eccola, o re; già il core
 dispongo a sofferir mali più atroci.
 ERNANDO
 (Qual raggio a noi volgesti, astri feroci?)
 VINCISLAO
845Gismondo, olà.
 GISMONDO
                               Sire, i tuoi cenni attendo.
 VINCISLAO
 Custodirai nella vicina torre
 prigione il prence.
 GISMONDO
                                     Esequirò fedele.
 VINCISLAO
 Tu colà attendi il tuo destino.
 CASIMIRO
                                                       Offeso
 or che deggio lasciarti,
850già sento in me la sua fierezza.
 VINCISLAO
                                                          Parti.
 CASIMIRO
 
    Da te parto e parto afflitto,
 o mio giudice, o mio re,
 volea dir mio genitor.
 
    Ma poi tacqui il dolce nome
855che più aggrava il mio delitto
 e più accresce il tuo dolor.
 
 SCENA XVI
 
 VINCISLAO, ERNANDO e dopo LUCINDA da donna
 
 VINCISLAO
 Non son più padre, Ernando, un colpo solo
 mi privò di due figli.
 ERNANDO
 Casimiro ancor vive.
 VINCISLAO
860Chi è vicino a morir, già quasi è morto.
 ERNANDO
 Un padre re ben può salvare un figlio.
 VINCISLAO
 Se ’l danna il re, non può salvarlo il padre.
 ERNANDO
 Dunque il prence condanni?
 VINCISLAO
                                                      Io nol condanno,
 il sangue del fratel chiede il suo sangue.
 ERNANDO
865È tuo figlio.
 VINCISLAO
                         Ma reo.
 ERNANDO
                                          Natura offendi,
 se vibri il colpo.
 VINCISLAO
                                E se nol vibro, il cielo.
 Morirà Casimiro. (Lucinda sopraggiunge)
 LUCINDA
                                    (O dio! Purtroppo
 il suo periglio è certo).
 VINCISLAO
 (Lungi, o teneri affetti).
870Tu va’ mio nunzio a lui, digli che forte
 nel dì venturo ei si disponga a morte.
 
 SCENA XVII
 
 LUCINDA, VINCISLAO e ERNANDO
 
 LUCINDA
 Nel dì venturo a morte?
 Perdona, o re, di Casimiro il capo
 coll’amor mio dalle tue leggi esento;
875è re di Lituania,
 tal lo dichiaro e come re né dee
 né può d’altro regnante esser soggetto
 al giudizio, alle leggi;
 rispetta il grado e il tuo rigor correggi.
 VINCISLAO
880Regina, in far la colpa
 re Casimiro ancor non era. Egli era
 mio suddito e mio figlio,
 tal lo condanno. Il grado, a cui l’inalzi,
 lo trova reo, lo trova
885vittima del suo fallo,
 suddito delle leggi.
 Rispetta il giusto e l’amor tuo correggi.
 LUCINDA
 Misero Casimiro,
 Vincislao vive e tu perdesti il padre.
890Più misera Lucinda,
 muore il tuo sposo e ’l tuo dolor pur vive.
 Questa, o regnante, questa è la tua fede?
 Così mi sposi al figlio?
 Casimiro mi rendi?
895O dal figlio o dal padre
 o due volte ingannata alma infelice.
 VINCISLAO
 Della real promessa
 or mi sovvien, ch’ella s’adempia è giusto.
 Ma la giustizia offesa? E la mia fede?
900(Mora il reo figlio, mora).
 ERNANDO
                                                 O dei, che pensa!
 VINCISLAO
 (Ma s’ei muore, a Lucinda
 le mie promesse come
 serbar potrò?)
 LUCINDA
                              Spenta è per me pietade?
 VINCISLAO
 Regina, il pianto affrena, alla promessa
905sodisfarò. Ernando.
 ERNANDO
 Sire.
 VINCISLAO
             Dal duro ufizio
 già ti dispenso.
 ERNANDO
                               Io l’ubbidia con pena.
 LUCINDA
 Mio cor, respira.
 VINCISLAO
                                 Or vanne
 al colpevole figlio e fa’ che sciolto
910sia là condotto ove la gioia ha in uso
 di festeggiar le regie nozze.
 LUCINDA
                                                    Ah sire,
 all’amor mio permetti
 che nunzia io sia del lieto avviso al prence.
 VINCISLAO
 Ti si compiaccia. Andiamo.
915Darò i cenni opportuni onde a te s’apra
 nella torre l’ingresso.
 LUCINDA
 Ma se ’l prence al mio amore
 persiste ingrato...
 VINCISLAO
                                   Eh non temer, regina.
 Sarai sua sposa e serberò la fede.
 LUCINDA
920Lieta gode quest’alma e più non chiede.
 VINCISLAO
 
    Sì sì, godi che ’l tuo dolce sposo
 potrai lieta nel seno abbracciar.
 
    Quella fede, che diedi pietoso,
 giusto ancora saprò conservar.
 
 LUCINDA
 
925   Sì sì, godo se trovo quel bene
 che soave la vita mi fa.
 
    In me torna la gioia e la spene,
 se in te amore ritorna e pietà.
 
 Fine dell’atto secondo