Venceslao, Firenze, Vangelisti, 1704 (Vincislao)

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Piazza in Cracovia.
 
 VINCISLAO, CASIMIRO, ALESSANDRO e ERNANDO
 
 ERNANDO
 O del regno polono,
 del Boristene algente alto monarca,
 Vincislao sempre invitto,
 già il superbo moldavo
5morde i tuoi ceppi; e ’l contumace Adrasto,
 dell’alme più rubelle
 grand’esempio e gran pena,
 da più colpi trafitto
 là sull’Istro confessa
10nell’aperte sue piaghe il suo delitto.
 VINCISLAO
 Le tue vittorie, Ernando,
 son degne del tuo nome e son maggiori
 del poter nostro; hai vinto
 ma di tanta tua gloria è nostro il frutto.
15Vieni, onde al sen ti stringa, (L’abbraccia)
 o forte del mio regno
 difesa e primo amor.
 CASIMIRO
                                         (Fremo di sdegno).
 ALESSANDRO
 Agli amplessi paterni, amico duce,
 un mio succeda.
 ERNANDO
                                 O sempre
20generoso Alessandro. (S’abbracciano)
 VINCISLAO
 Casimiro, e tu solo
 al vincitor nieghi gli applausi?
 CASIMIRO
                                                          Ernando
 ne’ tuoi reali amplessi ebbe anche i miei.
 ERNANDO
 Servo ti sono.
 CASIMIRO
                            (Anzi rival mi sei).
 VINCISLAO
25Sinor sterili applausi
 diedi al valor d’Ernando. I suoi trionfi
 chiedono un maggior prezzo. Ei me lo additi.
 ERNANDO
 Gran re, tutto ti deggio.
 VINCISLAO
                                              Il tuo rispetto
 non dee lasciarmi ingrato.
30Chiedi.
 ERNANDO
                 Temo nel prezzo
 parer vil, non audace.
 VINCISLAO
 Vil non fia ciò che puote
 gli affetti meritar del tuo gran core.
 ERNANDO
 Ti arride amor; sol per te chiedo. (Ad Alessandro)
 ALESSANDRO
                                                               O amico.
 ERNANDO
35Dirò, poiché lo imponi,
 ma non senza rossor, non senza pena.
 Tutto il premio ch’io cerco
 in sé racchiude un volto.
 CASIMIRO
 (Iniquo!)
 VINCISLAO
                     Ernando amante?
 ERNANDO
40Perdona. Amor sol diede
 più zelo al cor, più stimolo alla fede.
 VINCISLAO
 Favella.
 CASIMIRO
                  (Ah! Più nol soffro).
 ERNANDO
 L’amor, sire...
 CASIMIRO
                             Ammutisci,
 troppo altero vassallo,
45frena il volo al tuo amore o nel tuo sangue
 ne ammorzerò le fiamme. Ama là dove
 non offendi il tuo prence; o se sì audaci
 nutri gli affetti, ama soffrendo e taci.
 ERNANDO
 
    Se t’offendo, tacerò
50né dirò
 di qual fiamma avvampi il cor.
 
    Cercherò nell’ubbidirti
 la mercede alla mia fede
 e ’l conforto al mio dolor.
 
 SCENA II
 
 VINCISLAO, ALESSANDRO e CASIMIRO
 
 VINCISLAO
55Tu dell’amico Ernando
 segui, Alessandro, le vestigia e digli
 che a tal grado alzerò la sua fortuna
 che non fia chi ’l sorpassi
 quaggiù, fuor che ’l suo re, fuor che gli dei.
 CASIMIRO
60E ch’ei tema, gli aggiungi,
 in qualunque destin gli sdegni miei.
 ALESSANDRO
 Tanto esporrò ma troppo ingiusto sei.
 
    Troppo è l’impeto d’amore
 se costringe un regio core
65a sprezzare il suo dover.
 
    Con troppa tirannia
 furor di gelosia
 dà legge a’ tuoi pensier.
 
 SCENA III
 
 VINCISLAO e CASIMIRO
 
 VINCISLAO
 Casimiro, cotesta
70tua superba fierezza
 vuol privar te d’un padre e me d’un figlio.
 CASIMIRO
 Del tuo poter, della mia vita, o sire,
 usa a tuo grado, il soffrirò con questa
 che tu chiami fierezza ed è virtude;
75ma che un basso vapore,
 che un mio servo, un Ernando
 mi sia rival, ch’ei mi contenda e usurpi
 il possesso d’un bene?
 Nol soffrirò. Sento che m’empie un cuore
80forte a ceder la vita e non l’amore.
 VINCISLAO
 Vedrem ciò che far possa
 mio malgrado il tuo amor; ma sappi intanto
 che un reo vassallo arma d’un re lo sdegno
 e che prima che a te fui padre al regno.
 
85   Se vuoi dar leggi al mondo,
 serva le leggi in te.
 
    Non sono gli ostri o ’l trono
 ma ’l retto esempio e ’l giusto
 ciò che temuto e augusto
90rende a’ vassalli un re.
 
 SCENA IV
 
 CASIMIRO e GISMONDO
 
 GISMONDO
 Con avviso impensato
 t’inchino, o prence.
 CASIMIRO
                                      O mio fedel Gismondo.
 GISMONDO
 Del lituano scettro
 l’illustre principessa...
 CASIMIRO
95Che fia?
 GISMONDO
                   Colei che amasti allor che fummo
 stranieri in quella corte...
 CASIMIRO
 Rimembranze noiose.
 GISMONDO
 Lucinda...
 CASIMIRO
                      È morta forse?
 GISMONDO
 Giunta è poc’anzi.
 CASIMIRO
                                    O dei! Lucinda?
 GISMONDO
                                                                    Io stesso
100la viddi in viril manto,
 mentito il sesso e co’ suoi fidi accanto.
 CASIMIRO
 Turbatrice odiosa
 dell’amor mio, costei sen viene e seco
 avrà la fé giurata,
105rinfaccerà dell’amor mio le fiamme,
 i promessi imenei,
 chiamerà nel suo pianto uomini e dei.
 GISMONDO
 E tu?
 CASIMIRO
              Che far poss’io?
 Gli affetti a lei dovuti
110mi ha rapiti Erenice. Arde più forte
 del nuovo amor la face
 e straniera beltà più non mi piace.
 GISMONDO
 Vedi, ella viene.
 CASIMIRO
                                Osserverò s’è dessa.
 GISMONDO
 Misera principessa! (Si ritirano in disparte)
 
 SCENA V
 
 LUCINDA da uomo con seguito e detti
 
 LUCINDA
 
115   Torna al lido la navicella
 né più teme quel mar che sfuggì.
 Vola al lido la rondinella
 e si scorda que’ lacci ond’uscì.
 
    Sol quest’alma vicina al suo bene
120più sente le pene
 che amando soffrì.
 
 CASIMIRO
 Purtroppo, amico, è dessa.
 LUCINDA
                                                   In quale oggetto
 vi affissate, o miei lumi?
 GISMONDO
 Già ci osservò.
 CASIMIRO
                              (Finger mi giovi).
 LUCINDA
                                                                 (O numi!)
 CASIMIRO
125Stranier, che tale a queste spoglie, a questi
 tuoi compagni o custodi a me rassembri,
 e qual da miglior cielo a l’Orse algenti
 forte cagion ti trasse?
 LUCINDA
 (Non mi ravvisa). A mia gran sorte ascrivo
130che dal ciel lituano
 qui giunto appena, ove drizzai la meta,
 te incontri, eccelso prence.
 CASIMIRO
                                                   A te, che altrove
 giammai non vidi, ove fui noto e quando?
 LUCINDA
 In Lituania, ov’ebbi
135l’alto onor d’inchinarti.
 (Ah, quasi dissi il fier destin d’amarti).
 CASIMIRO
 Qual t’appelli?
 LUCINDA
                              Lucindo.
 CASIMIRO
 L’ufizio tuo?
 LUCINDA
                          Di segretario in grado
 a Lucinda servia.
 CASIMIRO
140Lucinda?
 LUCINDA
                     Sì, l’erede
 del lituano regno.
 CASIMIRO
 Tu con Lucinda?
 GISMONDO
                                 (O come è scaltro!)
 LUCINDA
                                                                      Io seco
 era il giorno primier che i lumi tuoi
 s’incontraro co’ suoi.
145Giorno (ah giorno fatal) che in voi s’accese
 scambievol fiamma, io seco
 allor che le giurasti eterno amore
 e, allor che tu partisti,
 io sol fui testimon del suo dolore.
150(Fiso m’osserva). Omai
 ti dovria sovvenir ch’entro a sei lune
 tornare a lei giurasti;
 pur due volte d’allora
 compì l’anno il suo corso e non tornasti.
155(Misera!) E non ancora
 ti sovvien qual io sia,
 io che fui testimon delle sue pene,
 de’ giuramenti tuoi?
 CASIMIRO
                                         Non mi sovviene.
 LUCINDA
 Non ti sovviene? Ingrato...
 CASIMIRO
                                                   A chi favelli?
 LUCINDA
160Così m’impose il dirti
 la tua fedel Lucinda: «E se» mi aggiunse
 «e se nulla ottener puoi da quel core,
 fa’ ch’io ’l sappia, ond’io possa
 estinguer nel mio sangue il mio dolore».
 GISMONDO
165(A lagrimar m’astringe).
 CASIMIRO
 Fole mi narri.
 LUCINDA
                             (O son tradita o finge).
 CASIMIRO
 Ma dovunque tu venga
 e qualunque sii tu,
 parti, o Lucindo, e non cercar di più.
 
170   Ti consiglio a far ritorno,
 parti, va’
 né cercar più di così.
 
    Lungo soggiorno
 ti sarà solo
175di pianto e duolo
 cagione un dì.
 
 SCENA VI
 
 LUCINDA e GISMONDO
 
 LUCINDA
 Così mi lascia il traditor? Gismondo,
 tu pur non mi ravvisi o te n’infingi?
 GISMONDO
 (Che le dirò?) Signora,
180ben ti ravviso e t’ho pietade ancora.
 LUCINDA
 Dimmi, che sperar deggio?
 Mi ha tradito il mio sposo? O vuol tradirmi?
 Arde per altra? O finge?
 Del mio fato il tenor svelami tu.
 GISMONDO
185Parti, o Lucinda, e non cercar di più.
 
 SCENA VII
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
 Ch’io non cerchi di più? Solo a tal fine
 mi partii dal mio regno;
 varcai provincie e mari,
 grado e sesso mentii, soffersi tanto.
190Vo’ saperlo e pur temo
 che il saperlo mi sia cagion di pianto.
 
    Aveva l’idol mio
 bel volto e cor fedel,
 quando partì da me.
 
195   Or che a lui torno, o dio!
 per mio destin crudel,
 vi trovo la beltà ma non la fé.
 
 SCENA VIII
 
 Giardino corrispondente agli appartamenti d’Erenice.
 
 ERNANDO, ALESSANDRO e ERENICE
 
 ERNANDO
 Bella Erenice.
 ERENICE
                             Invitto Ernando.
 ERNANDO
                                                              (O vista!)
 ERENICE
 All’ombra de’ tuoi lauri
200la comun libertà posa sicura.
 ALESSANDRO
 E de’ tuoi rischi il nostro bene è l’opra.
 ERNANDO
 Se voi lieti non rendo,
 nulla oprai, nulla ottenni. Egli ha gran tempo
 ch’ardono del tuo bello, e ben tu ’l sai,
205Casimiro e Alessandro;
 questi temendo il suo rival germano
 nascose il foco e col mio labro espose
 le sue fiamme amorose.
 L’odio di Casimiro,
210credutomi rival, tutto in me cadde
 e in me sol rispettò l’amor paterno.
 La Moldavia rubella
 mi esentò dalla reggia. Io vinsi e ’l prezzo
 esser dovea Erenice
215sol per render voi lieti (e me infelice).
 ERENICE
 Cor generoso.
 ALESSANDRO
                            E grande.
 ERNANDO
 Godea che a me tenuti
 foste di tanto. Casimiro allora
 fremé, si oppose, minacciò; compiacqui
220al suo furor; tolsi congedo e tacqui.
 ERENICE
 Perfido!
 ERNANDO
                   Or la dimora
 è comune periglio.
 ALESSANDRO
 Ma qual è il tuo consiglio?
 ERNANDO
 Pria che risorga il giorno
225stringavi sposi un maritale amplesso.
 ALESSANDRO
 E poi?
 ERNANDO
                Riparo allora
 non avrà il fatto; al mio consiglio, al nodo
 non disuguale, il padre
 darà l’assenso e del rival germano
230sarà impotente ogni furore o vano.
 ALESSANDRO
 Me fortunato appieno,
 se tu vi assenti.
 ERENICE
                               O dio!
 ALESSANDRO
 Che paventi, Erenice?
 ERENICE
 Questo mio così tosto esser felice.
 ALESSANDRO
235Temi il mal, non il bene.
 ERENICE
 Offendo l’onestà.
 ALESSANDRO
                                  Prendi, mia vita,
 sposa mi sei. Nell’atto sacro invoco
 l’amor, la fede, Ernando.
 ERENICE
 Ti cedo e sposa ecco t’abbraccio.
 ERNANDO
                                                            Parti,
240pria che ’l german qui ti sorprenda.
 ALESSANDRO
                                                                   Addio.
 Verrò cinto dall’ombre
 a trovar pace a te, mia vita, appresso.
 ERNANDO
 (Io fui del mio morir fabro a me stesso).
 ALESSANDRO
 
    Perché so che mie già siete,
245care luci amorosette,
 con piacer vi dico addio.
 
    Da voi parto sì contento
 che in lasciarvi più non sento
 il poter dell’amor mio.
 
 SCENA IX
 
 ERNANDO e ERENICE
 
 ERENICE
250Pace al regno recasti e gioie a noi,
 Ernando generoso.
 Ma tu così penoso e che t’affligge?
 ERNANDO
 
    Bocca bella, del mio duolo
 non mi chiedere il perché.
 
255   Il saper ti basti solo
 che mi rendono infelice
 amistade, amor e fé.
 
 SCENA X
 
 CASIMIRO, GISMONDO e detti
 
 ERENICE
 Qual favellar?
 CASIMIRO
                             Felici amanti, il mio
 importuno venir tosto non privi
260del piacer di una vista i vostri lumi.
 ERENICE
 Se sai d’esser molesto, a che ne vieni?
 CASIMIRO
 Perché rispetti Ernando
 sugli occhi d’Erenice un mio comando.
 ERNANDO
 Qual fia?
 GISMONDO
                    (Fra sé che pensa?)
 CASIMIRO
265Da lei che adori or prendi
 l’ultimo addio.
 ERNANDO
                              Perché?
 CASIMIRO
 Perché Ernando è vassallo ed io son re.
 ERNANDO
 L’amar beltà che tu pur ami, o prence,
 non è offesa al tuo grado,
270è omaggio che si rende al bel che piace;
 nell’amor mio son giusto e non audace.
 CASIMIRO
 E giusto anch’io sarò in punirti. A troppo
 tua baldanza s’inoltra. (In atto di por mano alla spada)
 ERENICE
                                            E a troppo ancora
 ti trasporta lo sdegno.
275Partiti, o duce.
 ERNANDO
                              Addio, signor. Per poco
 tempra o sospendi almen l’odio mortale.
 Dentro al venturo giorno
 non sarò, qual mi credi, il tuo rivale.
 
 SCENA XI
 
 CASIMIRO, ERENICE e GISMONDO
 
 GISMONDO
 Erenice offendesti. (A Casimiro)
 ERENICE
280Prence.
 CASIMIRO
                 Mia cara.
 ERENICE
                                     Anche per te sia questo
 l’ultimo addio che da Erenice or prendi.
 CASIMIRO
 Come?
 ERENICE
                 L’amor d’Ernando
 grave offesa è al tuo grado.
 L’amor di Casimiro
285più grave offesa è all’onor mio.
 CASIMIRO
                                                          Perché?
 ERENICE
 Erenice è vassalla e tu sei re.
 GISMONDO
 (Si vendica d’Ernando).
 CASIMIRO
 Tua beltade ha l’impero
 sul cor di Casimiro.
 ERENICE
                                       Il mio divieto
290dunque ti sia comando.
 CASIMIRO
 Questo è ’l tuo sol comando
 cui ubbidir non posso.
 ERENICE
 Che dunque brami?
 CASIMIRO
                                        Amore.
 ERENICE
 Questo è ’l tuo sol desio
295cui né ubbidir né compiacer poss’io.
 
    Meco non giova il fingere,
 non giova il sospirar.
 
    Usa lusinghe e vezzi,
 tenta minacce e sprezzi,
300no, non ti posso amar.
 
 SCENA XII
 
 CASIMIRO e GISMONDO
 
 CASIMIRO
 Amar puossi, Gismondo,
 beltà più ingiusta e più superba?
 GISMONDO
                                                               Prence,
 dell’ingrata Erenice
 si serve amor per gastigarti. Ei gode
305che tua pena ora sia l’altrui rigore.
 CASIMIRO
 Di qual fallo son reo?
 GISMONDO
                                         Lo sa ’l tuo core.
 CASIMIRO
 Che mai?
 GISMONDO
                     Spergiuri affetti,
 giuramenti negletti,
 mentita fede, lusinghieri accenti,
310Lucinda amata e poi tradita...
 CASIMIRO
                                                        Senti.
 
    Beltà che più non piace
 lasciar d’amar si può.
 
    Se il cielo in più sembianti
 i doni suoi versò,
315io perché ingiusto a tanti
 un sol ne adorerò?
 
 SCENA XIII
 
 GISMONDO
 
 GISMONDO
 Infelice Lucinda, io ti compiango.
 Il tuo amor, la tua fede
 meritar ben dovean miglior mercede.
 
320   Minor pena d’un’alma fedele
 è l’amare un cor crudele
 che l’amarne un traditor;
 
    il suo amor piange sprezzata,
 ingannata, anche il suo onor.
 
 SCENA XIV
 
 Sala.
 
 VINCISLAO e CASIMIRO
 
 VINCISLAO
325Figlio, nel forte Ernando
 ti propongo un esempio
 di virtù generosa.
 Tu sull’orme di lui
 saggio cammina e degno
330sarai dell’amor mio, sarai del regno.
 CASIMIRO
 Anche la gloria, o padre,
 dell’aver vinto è tuo retaggio; vinse
 coll’armi tue, col tuo gran nome Ernando.
 Tu cuore ed ei ministro,
335tu reggesti la mano, ei strinse il brando.
 
 SCENA XV
 
 LUCINDA con seguito e detti
 
 LUCINDA
 Del sarmatico cielo inclito Giove,
 per cui la fredda Vistula è superba
 più dell’Istro e del Tebro,
 re, la cui minor gloria è la fortuna,
340quella, ch’estinto il genitor Gustavo
 di Lituania or regge
 le belle spiagge, il fertil suol, Lucinda,
 a te, la cui gran fama
 non v’è cui nota, o Vincislao, non sia,
345per alto affar me suo ministro invia.
 CASIMIRO
 (O dei!)
 LUCINDA
                   (L’empio si turba).
 VINCISLAO
 Di sì illustre regina,
 la cui virtù sublime
 è fregio al debol sesso, invidia al forte,
350ch’io servir possa a’ cenni, è mia gran sorte.
 LUCINDA
 Per quanto ha di più sacro,
 il prence Casimiro
 a Lucinda promise
 la marital sua fede,
355or la real consorte
 di girne è risoluta
 o sposa al trono o vendicata a morte.
 VINCISLAO
 E tanto è vero? (A Casimiro)
 CASIMIRO
                                Un mentitore è questi,
 signor; mentito è il grado,
360mentito il ministero. Io né giurai
 a Lucinda la fede
 né promisi imenei
 né mai la viddi o pur ne intesi.
 LUCINDA
                                                           O dei!
 VINCISLAO
 Ah figlio.
 LUCINDA
                    Casimiro,
365mentitor me dicesti; ove t’aggrada
 a singolar tenzone
 forte guerrier per nascita e per grado
 tuo egual, che meco trassi
 da’ lituani lidi,
370per mia bocca or t’invita
 e tua pena sarà la tua mentita.
 CASIMIRO
 Il paragon dell’armi io non recuso.
 LUCINDA
 Anzi che cada il sole,
 tu, re, il concedi.
 VINCISLAO
                                 Assento
375e spettatore io ne sarò.
 LUCINDA
                                            T’aspetto
 colà al cimento.
 CASIMIRO
                               Ed io la sfida accetto.
 LUCINDA
 
    Sapesti lusinghiero
 schernire un fido cor;
 ma braccio feritor
380ti punirà.
 
    Vibrar l’acciar guerriero
 non è tradir l’onor
 di semplice beltà.
 
 SCENA XVI
 
 VINCISLAO e CASIMIRO
 
 VINCISLAO
 Casimiro, innocente
385vorrebbe e pur non sa crederti il cuore.
 Guarda che del tuo errore
 parto non siano un dì le tue ruine,
 retaggio del fallir son le sciagure
 e dei superbi è sempre infausto il fine.
 
390   Armi ha il ciel per gastigar
 l’empietà su regie fronti;
 
    e più spesso fulminar
 suole irato e torri e monti.
 
 SCENA XVII
 
 CASIMIRO
 
 CASIMIRO
 Amor, tu mi vuoi morto
395e d’esserti fedel serbo il costume;
 se in più beltà t’adoro,
 con me ti sdegni a torto,
 che, se cangio l’altar, non cangio nume.
 
    Vo gustando più veri piaceri,
400quella amando ed or questa beltà.
 
    Così l’ape i suoi favi soavi
 da più fiori succhiando sen va.
 
 Fine dell’atto primo