Venceslao, Venezia, Albrizzi, 1703

 ATTO TERZO
 
 Steccato.
 
 SCENA PRIMA
 
 LUCINDA con seguito
 
 LUCINDA
 Sommi dei, menti eterne,
 da’ voti miei tanto stancati e tanto
 da l’infedel mio sposo
 spergiurati e scherniti,
670se mai su l’are vostre
 vittime elette i’ fei cader, se a voi
 giunser mai con gl’incensi
 gl’innocenti miei prieghi, a me volgete
 raggi propizi; e in questa
675fatal temuta arena
 finite la mia vita o la mia pena.
 
 SCENA II
 
 VENCESLAO con seguito e LUCINDA
 
 VENCESLAO
 Impazienza e sdegno
 ben qui ti trasse frettoloso.
 LUCINDA
                                                   Sono
 anche i più brevi indugi,
680a chi cerca vendetta, ore di pena.
 VENCESLAO
 Stranier, cadente è ’l sole; e meglio fora
 sospender l’ire al dì venturo e l’armi.
 LUCINDA
 Tanto rimane, o sire,
 di giorno ancor che ne avrà fin la pugna.
685Giudice e re tu stesso
 l’ora assegnasti e ’l campo. Ed or paventi?
 Ah non far che prevalga
 la natura a la legge
 e a dover di monarca amor di padre.
 VENCESLAO
690Pugnisi pur. Ne mirerò l’evento
 con intrepido sguardo.
 Non entran nel mio core
 deboli affetti e n’è viltà sbandita;
 e se ora temo, temo
695l’innocenza del figlio e non la vita.
 
 SCENA III
 
 CASIMIRO con seguito e li suddetti
 
 CASIMIRO
 E vita ed innocenza
 affidata al mio braccio è già sicura.
 LUCINDA
 Impotente è l’ardire in alma impura.
 VENCESLAO
 
    S’errasti, o figlio,
700il tuo periglio
 sta nel tuo cor.
 
    Non del guerriero
 l’acciaro invitto
 ma ’l tuo delitto
705ti dia timor. (Venceslao va a sedere nell’alto dello steccato)
 
 SCENA IV
 
 LUCINDA, CASIMIRO, VENCESLAO poi nell’alto dello steccato
 
 LUCINDA
 O tu, che ancor non veggio (Casimiro sta confuso)
 qual ti deggia chiamar, nemico o amico,
 possibil fia ch’espor tu voglia al fiero
 sanguinoso cimento e fama e vita?
710E ingiusto sosterrai la tua mentita?
 Dimmi, di’, Casimiro.
 Tu non vergasti il foglio? Ignoto il volto
 t’è di Lucinda e ’l nome?
 Fede non le giurasti? (Casimiro non la guarda)
715Sposa non l’abbracciasti? E dir tu ’l puoi?
 Tu sostener? Scuotiti alfin. Ritorni
 la perduta ragion. Già per mia bocca
 l’amorosa Lucinda or sì ti dice.
 
    Cara parte di quest’alma, (Se gli accosta)
720torna, torna ad abbracciarmi.
 Sposo amato...
 
 CASIMIRO
 
                              A l’armi, a l’armi. (Casimiro dà di mano alla spada e con impeto da sé risospigne Lucinda)
 
 LUCINDA
 
    Traditore, più che amore,
 brami piaghe e vuoi svenarmi?
 
 CASIMIRO
 
 A l’armi, a l’armi.
 
 LUCINDA
725Dunque a l’armi, spergiuro. (Dà di mano alla spada)
 Sieguasi il tuo furor.
 CASIMIRO
                                        Se’ tu quel forte
 campion che a darmi morte
 sin dal ciel lituan teco traesti,
 sostenitor feroce
730de l’onor di Lucinda?
 LUCINDA
 Io quegli sono; e meco
 ho la ragion de l’armi,
 meco i numi traditi,
 l’onestà vilipesa, i tuo’ spergiuri.
735Su, strigni il ferro; e temi
 le piaghe che ricevi
 ma più quelle che fai. Più del tuo sangue
 temi il mio sangue e sia
 il tuo rischio maggior la morte mia.
740Ma che dissi mia morte?
 La tua, la tua vogl’io. Perfido, a l’armi.
 Ben saprà questo acciaro
 a quel core infedel farsi la strada.
 CASIMIRO
 (Io volgerò contro costei la spada?) (In atto di partire è rattenuto da Lucinda)
 LUCINDA
745No no, da questo campo ad armi asciutte
 non uscirem.
 CASIMIRO
                           (Corre a l’occaso il sole
 e in braccio ad Erenice Ernando è atteso).
 LUCINDA
 Che fai? Che miri? Ommai
 o ti difendi o ti trafiggo inerme.
 CASIMIRO
750Pugnisi al nuovo giorno.
 LUCINDA
 No no, pugna or volesti e pugna or voglio.
 Tu dei cadervi od io.
 CASIMIRO
 (Tolgasi questo inciampo a l’amor mio). (Siegue l’abbattimento, in cui Casimiro gitta con un colpo di mano a Lucinda la spada)
 Se’ vinto; ed è ’l tuo torto
755chiaro agli occhi del padre, a quei del mondo.
 LUCINDA
 Hai vinto, o vile. Aggiugni a la tua gloria
 questo nuovo trofeo,
 l’aver vibrato in sen di donna il ferro,
 l’averla vinta. Resta
760la morte sua. Che badi?
 CASIMIRO
 Tu donna?
 LUCINDA
                       E ancor t’infingi? Or via, mi svena.
 Questo de’ tuoi delitti
 sarà ’l minor, l’aver Lucinda uccisa
 dopo averla tradita;
765e fia poca fierezza,
 dopo tolto l’onor, torle la vita.
 VENCESLAO
 Che sento? Ella è Lucinda? (Il re si leva dal suo posto e si affretta a scender nello steccato)
 CASIMIRO
 Padre, già ’l dissi. Un mentitore è desso.
 Mentì già ’l grado ed or mentisce il sesso.
770Questa non è Lucinda. In tali spoglie
 non si ascondon regine.
 Femmine nate al trono
 non cimentan la vita.
 Non se’ Lucinda, no. Confuso e vinto,
775pien di scorno e di duolo
 rimanti. (Il padre viene e a lui m’involo).
 
 SCENA V
 
 VENCESLAO e LUCINDA
 
 VENCESLAO
 (Fugge la mia presenza
 il colpevole figlio).
 Col tacermi il tuo grado e la tua sorte
780mi offendesti, regina.
 LUCINDA
 A che scoprirla, o sire,
 quando dovrei sino a me stessa ignota,
 nel più profondo orrore,
 seppellir la mia pena e ’l mio rossore?
 VENCESLAO
785Il poter di monarca,
 l’autorità di padre
 sul cor del figlio a tuo favore impegno.
 Ne la ragion confida,
 ne l’amor nostro e rasserena il ciglio.
790Sarà tuo sposo o non sarà mio figlio.
 LUCINDA
 Men da la tua virtù, giusto regnante,
 non attendea Lucinda.
 Pur piacque a l’infelice
 grado e sesso mentir. L’amato sposo
795volea dal figlio e non dal padre; e in traccia
 venni d’un empio core
 su l’orme sol del mio tradito amore.
 VENCESLAO
 
    Nel seren di quel sembiante
 riso e gioia brillerà.
 
800   E saprà di un incostante
 trionfar la tua beltà.
 
 SCENA VI
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
 Lusinghiamoci ancora
 né disperiam, teneri affetti. L’alma
 del tuo piacer riempi,
805speranza adulatrice;
 e vieni il dolor mio
 di letargo a coprir, se non di obblio.
 
    Più fedele e più amoroso
 il mio sposo abbraccerò.
 
810   Ei dirà: «Mia cara vita,
 ti ho tradita e ti amerò».
 
 Notte. Stanza di Casimiro con tavolino.
 
 SCENA VII
 
 GISMONDO, poi VENCESLAO
 
 GISMONDO
 La notte avanza; e ’l prence
 non viene ancora. Ei solo
 col suo furor rimase,
815torbido, minaccioso
 e rivale e geloso.
 VENCESLAO
 Gismondo, ov’è ’l mio figlio?
 GISMONDO
                                                       Io qui l’attendo.
 VENCESLAO
 O dio! L’alma presaga
 m’è di sventure e per Ernando io temo.
 GISMONDO
820(Ancor non vien).
 VENCESLAO
                                   Gismondo,
 chiamisi tosto il duce Ernando.
 GISMONDO
                                                           Al cenno
 affretto il piè veloce.
 (Temo anch’io l’ire di un amor feroce).
 
 SCENA VIII
 
 VENCESLAO, poi CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 E pur cresce nel seno (Si asside al tavolino)
825e l’affanno e ’l timor. Qual notte è questa
 in cui sognansi orrori ad occhi aperti?
 Cor di re, cor di padre,
 quale acciar ti trafigge? E qual gran male
 tutto gelar fa ne le vene il sangue?
830Il supplizio de’ rei
 prova quest’alma; e in che vi offesi, o dei? (Appoggiandosi al tavolino si cuopre gli occhi con la mano. Entra Casimiro con istile insanguinato)
 CASIMIRO
 
    Dolci brame di vendetta,
 già la vittima cadé.
 
    Voi dovreste esser più liete
835ma nol siete;
 e ’l mio cor non sa perché. (Casimiro, in atto di deporre lo stile sul tavolino, vede il padre nello stesso momento in cui il padre, alzando gli occhi, vede il figliuolo)
 
 VENCESLAO
 Sparite, o de la mente
 torbide larve... Figlio...
 CASIMIRO
                                            Padre... (O stelle).
 VENCESLAO
 Che acciaro è quel? Che sangue
840ne stilla ancor? Qual colpo
 mediti? E qual facesti?
 Che orror, che turbamento
 ti sparge il volto?
 CASIMIRO
                                  (Ahi! Che dirò?)
 VENCESLAO
                                                                   Rispondi.
 CASIMIRO
 Signor...
 VENCESLAO
                   Parla.
 CASIMIRO
                                Poc’anzi...
845andai... Venni... L’amore...
 Lo sdegno... Una ne l’altra
 mancan le voci. Attonito rispondo;
 nulla, o padre, dir posso e mi confondo.
 VENCESLAO
 Gran timido è un gran reo.
850Errasti, o figlio, e gravemente errasti.
 Ragion mi rendi ah! di quel sangue.
 CASIMIRO
                                                                    Questo...
 Prepara pur contro il mio sen, prepara
 le più attroci vendette,
 questo (il dirò) del mio rivale è sangue;
855sangue è di Ernando.
 VENCESLAO
                                          O dei! (Si leva)
 Ernando è morto?
 CASIMIRO
                                    Ed io,
 io ne fui l’omicida.
 VENCESLAO
 Perfido, Ernando è morto?
 CASIMIRO
                                                   E ragion n’ebbi.
 VENCESLAO
 Di svenarmi in quel core
860ragione avesti? Barbaro, spietato,
 tu pur morrai. Vendicherò...
 
 SCENA IX
 
 ERNANDO e li suddetti
 
 ERNANDO
                                                      A’ tuo’ cenni (Venceslao gli va incontro e lo abbraccia)
 qui pronto...
 VENCESLAO
                          Ernando vive? Ernando amico.
 CASIMIRO
 (Vive il rival? Voi m’ingannate, o lumi?
 O tu man mi tradisti?)
 VENCESLAO
865Ma nol dicesti, o figlio,
 poc’anzi estinto?
 CASIMIRO
                                  Io son confuso.
 VENCESLAO
                                                               Ah duce,
 io moria per dolor de la tua morte.
 ERNANDO
 Io morto? Ho vita, ho spirto
 ma per versarlo in tuo servigio, o sire.
870Così Ernando, così dee sol morire.
 VENCESLAO
 So la tua fede.
 CASIMIRO
                             (O ferro!
 In qual seno t’immersi?
 Qual misero svenai! Cieli perversi!)
 
 SCENA X
 
 ERENICE e li suddetti
 
 ERENICE
 Signor, che il tuo potere (A’ piedi di Venceslao)
875fra giustizia e pietà libri egualmente,
 difensor de le leggi,
 scudo de l’innocenza,
 giusto re, giusto padre, ecco a’ tuoi piedi,
 principessa dolente,
880chiedo la mia vendetta,
 chiedo la tua. Lagrime chiedo e sangue.
 Ti vo’ giudice e padre. Ah! Rendi al mondo
 a pro del giusto ed a terror de l’empio
 di virtù, di fortezza un raro esempio.
 VENCESLAO
885Sorgi, Erenice; e la vendetta attendi
 che ’l tuo dolor mi chiede.
 ERENICE
 Qual io sia, ben ti è noto. (Si leva)
 VENCESLAO
                                                 A’ tuo’ grand’avi
 quel diadema ch’io cingo ornò le tempia.
 ERENICE
 Senza offenderti, o sire,
890amar potea l’un de’ tuoi figli?
 VENCESLAO
                                                        Amore
 non è mai colpa, ove l’oggetto è pari.
 ERENICE
 Del pari ambo i tuoi figli
 per me avvampar. Ma ’l foco
 fu senso in Casimiro,
895fu virtù in Alessandro.
 L’un sua preda mi amò, l’altro sua sposa.
 A risolver fra loro
 onestà non fu tarda.
 Piacque il pudico amante, odiai l’impuro.
900Amor che strinse i cori
 strinse le destre; e fu segreto il nodo
 per tema del rival, non per tua offesa.
 CASIMIRO
 Mio rivale il germano?
 ERENICE
 Io questa notte i primi
905maritali suoi baci
 coglier dovea; l’ora vicina e d’ombre
 sparso era il ciel, quand’egli
 ne’ tetti miei, su le mie soglie e quasi
 sugli occhi miei trafitto... Aimè!... Perdona
910la libertà del pianto... (Piange)
 Freddo, esanime, esangue
 versò da più ferite e l’alma e ’l sangue.
 VENCESLAO
 Come? Morto Alessandro?
 ERNANDO
 (Misero prence!)
 CASIMIRO
                                  (O cieco
915furor, dove m’hai tratto? Io fratricida?)
 ERENICE
 Sì, morto è l’infelice; e tosto ch’io
 ti miri vendicata,
 ti seguirò agli Elisi, ombra adorata.
 VENCESLAO
 S’agita al tribunal de la vendetta
920la mia, non la tua causa.
 Erenice, ov’è ’l reo?
 ERENICE
                                       Quando tu ’l sappia,
 avrai cor da punirlo?
 VENCESLAO
 Sia qual si vuol, pronta è la scure; il capo
 vi perderà. Già data,
925data ho l’inesorabile sentenza.
 Giustizia è l’ira ed il rigor clemenza.
 ERENICE
 Non tel dica Erenice, il cor tel dica,
 tel dica il guardo. Hai l’uccisor presente.
 Quell’orror, quel pallore, (Additando Casimiro che sta confuso)
930quegli occhi a terra fisi,
 lo stupor de le membra,
 il silenzio del labbro e più di tutto
 quel ferro ancor fumante (Casimiro si lascia cader lo stile di mano)
 de la strage fraterna a te già grida
935che un figlio del tuo figlio è l’omicida.
 VENCESLAO
 (Già cedo al nuovo affanno). (Si cuopre gli occhi col fazzoleto)
 CASIMIRO
                                                       (O destra! O ferro!)
 ERNANDO
 (Miserabile padre!)
 ERENICE
 Casimiro l’uccise. Ei fece un colpo
 degno di lui. Se nol punisci, o sire,
940avido ancor di sangue
 verrà quello a vuotar ch’hai ne le vene.
 L’uccisor di un fratello
 esserlo può di un padre.
 Vendetta, o re, vendetta
945di te, di me. Ragion, natura, amore
 la dimanda al tuo core.
 Se re, se padre a me negar la puoi,
 numi del cielo, a voi la chiedo, a voi.
 VENCESLAO
 Parla; le tue discolpe (A Casimiro)
950giudice attendo.
 CASIMIRO
                                 Il ciel volesse, o sire,
 che del misfatto enorme,
 come n’è ’l cor, fosse innocente il braccio.
 Son reo; son fratricida;
 non ho discolpe; il mio supplizio è giusto.
955Io stesso mi condanno, io stesso abborro
 questa vita infelice,
 dal mio re condannata e da Erenice.
 VENCESLAO
 Va’, principessa, ed a me lascia il peso
 de la comun vendetta.
 ERENICE
960Destra real, ti bacio
 e ’l misero amor mio da te l’aspetta.
 
    Ricordati che padre
 tu se’ ma tutto amor
 del figlio esangue.
 
965   Contenta alor morrò
 che ’l ferro apporterò
 del barbaro uccisor
 tinto nel sangue.
 
 SCENA XI
 
 VENCESLAO, CASIMIRO, ERNANDO, poi GISMONDO
 
 VENCESLAO
 Reo convinto, la spada
970deponi, o Casimiro.
 CASIMIRO
 La spada?
 VENCESLAO
                      Sì, la spada.
 CASIMIRO
 Eccola, o re. Già ’l core (Depone la spada sul tavolino)
 dispongo a sofferir mali più atroci.
 ERNANDO
 (Qual raggio a noi volgeste, astri feroci?)
 VENCESLAO
975Gismondo, olà.
 GISMONDO
                               Sire, i tuo’ cenni attendo.
 VENCESLAO
 Custodirai ne la vicina torre
 prigione il prence.
 GISMONDO
                                     Eseguirò fedele.
 VENCESLAO
 Tu colà attendi il tuo destino.
 CASIMIRO
                                                       Offeso
 orché deggio lasciarti,
980già sento in me la sua fierezza.
 VENCESLAO
                                                          Parti.
 CASIMIRO
 
    Da te parto e parto afflitto,
 o mio giudice, o mio re;
 volea dir mio genitor.
 
    Ma poi tacqui il dolce nome
985che più aggrava il mio delitto
 e più accresce il tuo dolor.
 
 SCENA XII
 
 VENCESLAO, ERNANDO, LUCINDA nel fine da donna
 
 VENCESLAO
 Non son più padre, Ernando. Un colpo solo
 mi privò di due figli.
 ERNANDO
 Casimiro ancor vive.
 VENCESLAO
990Chi è vicino a morir, già quasi è morto.
 ERNANDO
 Un padre re può ben salvare il figlio.
 VENCESLAO
 Se ’l danna il re, non può salvarlo il padre.
 ERNANDO
 Un re chi sforza a condannar?
 VENCESLAO
                                                         Lo sforza
 la giustizia e la legge.
 ERNANDO
995Chi fa le leggi, a suo favor le sfaccia.
 VENCESLAO
 Se non le osserva il re, chi dee serbarle?
 ERNANDO
 Dunque il prence condanni?
 VENCESLAO
                                                      Io nol condanno.
 Il sangue del fratel chiede il suo sangue.
 ERNANDO
 È tuo figlio.
 VENCESLAO
                         Ma reo.
 ERNANDO
                                          Natura offendi,
1000se vibri il colpo.
 VENCESLAO
                                E se nol vibro, il cielo.
 Morirà Casimiro. (Lucinda sopraggiunge)
 LUCINDA
                                    (O dio! Purtroppo
 il suo periglio è certo).
 VENCESLAO
 (Lungi, o teneri affetti).
 Tu va’ mio nunzio a lui, digli che forte
1005nel dì venturo ei si disponga a morte.
 
 SCENA XIII
 
 LUCINDA, VENCESLAO, ERNANDO
 
 LUCINDA
 Nel dì venturo a morte?
 Perdona, o re. Di Casimiro il capo
 con l’amor mio da le tue leggi esento.
 È re di Lituania.
1010Tal lo dichiaro; e come re né dee
 né può d’altro regnante esser soggetto
 al giudizio e a le leggi.
 Rispetta il grado e ’l tuo rigor correggi.
 VENCESLAO
 Regina, in far la colpa
1015re Casimiro ancor non era. Egli era
 mio suddito e mio figlio.
 Tal lo condanno. Il grado, a cui lo innalzi,
 lo trova reo; lo trova
 vittima del suo fallo,
1020suddito de le leggi.
 Rispetta il giusto e l’amor tuo correggi.
 LUCINDA
 Misero Casimiro!
 Venceslao vive e tu perdesti il padre.
 Più misera Lucinda!
1025Muore il tuo sposo e ’l tuo rossor pur vive.
 Questa, o regnante, questa è la tua fede?
 Così mi sposi al figlio?
 Così l’onor mi rendi?
 O dal figlio e dal padre, (Piagne)
1030o due volte ingannata alma infelice!
 VENCESLAO
 (De la real promessa (Tra sé)
 or mi sovvien, che ella si adempia è giusto.
 Ma la giustizia offesa? E la mia fede?
 Mora il reo figlio, mora).
 ERNANDO
                                                (O dei! Che pensa?)
 VENCESLAO
1035(Ma s’ei muore, Lucinda
 vivrà disonorata
 per mia cagion?)
 LUCINDA
                                  (Spenta è per me pietade?)
 VENCESLAO
 Regina, il pianto affrena.
 A l’onor tuo soddisferassi. Ernando.
 ERNANDO
1040Sire.
 VENCESLAO
             Dal duro uffizio
 già ti dispenso.
 ERNANDO
                               Io l’ubbidia con pena.
 LUCINDA
 Mio cor, respira.
 VENCESLAO
                                 Or vanne
 al colpevole figlio; e fa’ che sciolto
 sia là condotto ove la gioia ha in uso
1045di festeggiar le regie nozze.
 LUCINDA
                                                    Ah sire,
 a l’amor mio permetti
 che nunzia io sia del lieto avviso al prence.
 VENCESLAO
 Ti si compiaccia. Andiamo.
 Darò i cenni opportuni, onde a te s’apra
1050ne la torre l’ingresso.
 LUCINDA
 Ma se ’l prence al mio amore
 persiste ingrato...
 VENCESLAO
                                   Eh non temer, regina.
 Sarai sua sposa e serberò la fede.
 LUCINDA
 Lieta gode quest’alma e più non chiede.
 VENCESLAO
 
1055   Sì sì, godi, che ’l dolce tuo sposo
 potrai lieta nel seno abbracciar.
 
    Quella fede, che diedi pietoso,
 giusto ancora saprò conservar.
 
 LUCINDA
 
    Sì sì, godo, se trovo quel bene
1060che soave la vita mi fa.
 
    In me torna la gioia e la spene,
 se in te amore ritorna e pietà.
 
 SCENA XIV
 
 ERNANDO
 
 ERNANDO
 Di così strani casi
 il fin qual fia? Sarà pietoso o giusto
1065il real genitore?
 Temo ancor la pietà di quel gran core.
 Ma tu che pensi, Ernando? Vendicarti?
 Vendicare il tuo amico ed Erenice?
 Ma dove? In chi? Ne l’uccisor fratello?
1070La fierezza del colpo
 cadria nel padre e non saria vendetta.
 Ma Erenice il vuol morto; e ’l suo furore
 dei lusingar per ottenerne amore?
 No no, più generoso
1075ti voglio, Ernando. A preservar si attenda
 l’erede a la corona, il figlio al padre.
 A l’ombra di Alessandro
 diam lagrime, non sangue. Andiam gli sdegni
 a placar di Erenice.
1080In sì nobili sensi
 l’alma s’impieghi e a l’amor suo non pensi.
 
    Speranze più liete,
 lontane da me.
 
    In alma costante
1085offender potete
 la gloria di amante,
 di amico la fé.
 
 Fine de l’atto terzo