Temistocle, Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 PALMIDE
 
 PALMIDE
 
270   Regi affetti, ove tendete?
 Dolci amori, a che penate?
 
    So per chi, se ben nol dite,
 voi languite.
 S’egli è degno, a che tacete?
275S’egli è vil, perché l’amate?
 
 Palmide, ah dove abbassi
 l’orgoglio del tuo sangue!
 Un esule, un ramingo
 è l’oggetto ove aspiri? Eh, che il suo nome
280val più regni e più scettri.
 La sua miseria è colpa
 della sua gloria; or la sua gloria stessa
 con vicende d’onore
 grande il fa nella Persia e nel mio core.
 
 SCENA XI
 
 CAMBISE e PALMIDE
 
 CAMBISE
285Palmide, oh dio!
 PALMIDE
                                 Cambise.
 CAMBISE
 La vittima tu sei
 d’una cieca ragion.
 PALMIDE
                                     Come!
 CAMBISE
                                                    Artaserse
 il suo sangue real nel tuo deturpa.
 Temistocle è tuo sposo.
 PALMIDE
290Mio sposo!
 CAMBISE
                       A vicin rischio
 si dee pronto rimedio.
 PALMIDE
 Mio sposo!
 CAMBISE
                       Sì, che far degg’io? Che pensi?
 PALMIDE
 Ubbidire e tacere a noi conviensi.
 CAMBISE
 Ubbidir?
 PALMIDE
                     Questo è il primo
295debito de’ vassalli.
 CAMBISE
                                     A che t’infingi?
 Freme il tuo cor d’un sì vil nodo. Il volto
 smente i tuoi detti e ch’io gli sciolga ei chiede.
 Principessa adorata,
 nel mio zelo e nel braccio abbi più fede.
 PALMIDE
300Se l’onor d’un tal nodo
 fosse ora tuo, rubella
 mi vorresti al tuo re?
 CAMBISE
                                         Giammai la Persia
 me non ebbe nimico.
 PALMIDE
 Né giammai vincitor.
 CAMBISE
                                          Questa fu sorte.
 PALMIDE
305Virtude e non fortuna è l’esser forte.
 CAMBISE
 Io nacqui grande, ei vile.
 PALMIDE
                                                Il re ne apprezza
 il cor, più che i natali.
 CAMBISE
                                          Ei l’alzi ancora
 dal tuo letto al suo regno. (Con voce sdegnosa)
 Quando Palmide l’ama, ei già n’è degno.
 PALMIDE
310Palmide ancor non l’ama. (Imperiosa)
 Ma se tal d’Artaserse
 fia la legge e il desio,
 avrà, non vil mio sposo,
 ciò che a te negherei, l’affetto mio.
 CAMBISE
 
315   Ama e disama
 ciò che più brama
 e meno deve il cor.
 
    Non è il più giusto ognora
 in cor di donna amor.
 
 SCENA III
 
 ARTASERSE e PALMIDE
 
 ARTASERSE
320Palmide, non è poca
 tua gloria e sorte mia che dal tuo assenso
 il destin della Persia e il mio dipenda.
 PALMIDE
 Tutto il mio re da un cor vassallo attenda.
 ARTASERSE
 Necessario al mio regno
325di Temistocle è il braccio.
 PALMIDE
                                                 Egli ti deve
 quanto ha vita e grandezza.
 ARTASERSE
 Non basta ancor. Desio
 che in Palmide ei mi deva un maggior bene.
 Tuo sposo ei sia; né l’imeneo ti sembri
330o disuguale o strano.
 Lo alzerò sopra quanti
 mi son vassalli; il farò grande e degno
 del tuo amor, del mio sangue.
 Farò sì che la Persia
335tutta lo invidi e ch’ei
 sovra di sé non miri,
 fuor che il solo suo re, fuor che gli dei.
 PALMIDE
 (Siete in porto, felici affetti miei).
 ARTASERSE
 Palmide, non rispondi?
 PALMIDE
340Nel mio tacer leggi il mio core. Inchino
 ne’ cenni d’Artaserse il mio destino.
 ARTASERSE
 
    Bocca bella,
 tuoi cari dolci accenti
 han consolato un re.
 
345   E poiché tu v’assenti,
 la gloria e la vittoria
 combatterà per me.
 
 SCENA IV
 
 TEMISTOCLE e detti
 
 TEMISTOCLE
 Sire, de’ tuoi soldati entro del core
 s’è già sparso il tuo amore.
350Fuggo da’ loro applausi e a te qui giungo.
 ARTASERSE
 E opportuno ci giungi.
 Sediamci. (Amici or m’arridete, o fati). (Si portano tre sedie. Artaserse siede nel mezzo, Palmide alla destra e Temistocle alla sinistra)
 PALMIDE
 (Consolate speranze).
 TEMISTOCLE
                                          (Occhi adorati).
 ARTASERSE
 Temistocle, sinora
355è minor quanto feci
 di tua virtù. Vo’ che tu meglio intenda
 quanto t’ami e t’apprezzi il cor reale.
 TEMISTOCLE
 Ciò che ti devo è al tuo poter eguale.
 ARTASERSE
 Ciò che ti diedi ogni altro,
360che abbia scettro minor, darti potea.
 Più ti deve Artaserse e già tel rende.
 PALMIDE
 (Gioie eterne del cor, chi ben v’intende?)
 ARTASERSE
 Ecco Palmide, o duce;
 ella ad Idaspe è figlia,
365che fu a Serse germano, a me fu zio.
 TEMISTOCLE
 (Qual sia lo sai, cor mio).
 ARTASERSE
 Ma il minor de’ suoi vanti è il real sangue;
 qui vedi, in questo punto,
 io t’offro la sua destra, ella il suo core.
370Tua la rende la gloria.
 PALMIDE
                                          (E tua l’amore).
 ARTASERSE
 Ella sia tua consorte.
 TEMISTOCLE
 Oh ciel! Per sì gran sorte
 son fra’ re? Son fra’ numi? Ah lascia, o sire, (Si leva d’improvviso, s’inginocchia e bacia la mano ad Artaserse)
 che a’ piedi tuoi sulla real tua mano
375bacio di gioia e di rispetto imprima.
 ARTASERSE
 Sorgi. Così gli eroi virtù sublima.
 TEMISTOCLE
 Principessa, a me basta
 l’onor d’esser tuo servo. A te si deve
 altra sorte, altro sposo.
380Di Temistocle il core è picciol regno.
 PALMIDE
 Quel che approva Artaserse, è già il più degno
 TEMISTOCLE
 Dopo Palmide, ancora
 lieto non son; chi ’l crederebbe? Il meglio
 manca alla grazia.
 ARTASERSE
                                    Parla.
385Qual è?
 TEMISTOCLE
                  La gloria aver del meritarla.
 ARTASERSE
 Facciasi per tua pace; ecco ti chiedo (Fa cenno a Temistocle che di nuovo si assida e Temistocle ubbidisce)
 la tua, la mia vendetta. Abbiam nimici.
 È vantaggio comun la lor rovina.
 Dal tuo valor l’attendo.
390Ti chiedo un benefizio e in un tel rendo.
 TEMISTOCLE
 Più non si tardi. E dove,
 dove ho da volger l’ire?
 Qual ribelle punire?
 Qual nimico domar? Qual mi conviene
395strugger misera terra,
 ostil sangue versar?
 ARTASERSE
                                       Quello d’Atene.
 TEMISTOCLE
 Quello?...
 ARTASERSE
                     Sì, quel d’Atene,
 empia gente, a te ingrata, a me nimica.
 Gente rea de’ tuoi mali e de’ miei sdegni.
400Là, perso duce e cittadino offeso,
 l’armi e i colpi rivolgi e falle, invitto,
 il gastigo sentir del suo delitto.
 TEMISTOCLE
 Tutto ristringo in brevi accenti il core.
 Signor, mia patria è Atene.
 ARTASERSE
405La patria al saggio è dove trova il bene.
 TEMISTOCLE
 Il retto oprare è il vero ben del saggio.
 ARTASERSE
 Ingiusto è forse il vendicarsi?
 TEMISTOCLE
                                                        È vile.
 ARTASERSE
 La sconoscenza è più viltà.
 TEMISTOCLE
                                                  Non ponno
 i benefizi tuoi
410o trovarmi un ingrato o farmi un empio.
 ARTASERSE
 (O fermezza!)
 TEMISTOCLE
                             (O destino!)
 PALMIDE
                                                      (O core, o esempio!)
 ARTASERSE
 Ami Atene anco ingrata?
 TEMISTOCLE
                                                Io le son figlio.
 ARTASERSE
 Ti scacciò dal suo core.
 TEMISTOCLE
                                            E il mio possiede.
 ARTASERSE
 Vuol rapirti la vita.
 TEMISTOCLE
                                      E a me la diede.
 ARTASERSE
415Dunque un don mi ricusi?
 TEMISTOCLE
                                                   È mia sventura. (Artaserse parla più risoluto e Temistocle si leva)
 ARTASERSE
 Nulla mi devi?
 TEMISTOCLE
                              Tutto,
 fuorché la gloria mia.
 ARTASERSE
                                          Rendimi, ingrato,
 l’amistà che ti diedi.
 TEMISTOCLE
 Un dono di virtù, virtù mi toglie.
 ARTASERSE
420Rendimi il grado eccelso.
 TEMISTOCLE
                                                Il frutto e l’uso
 esser dovea tua gloria e non mia colpa.
 ARTASERSE
 Palmide ancor mi rendi.
 TEMISTOCLE
 Palmide? Oh dio! (Che sento?
 Patria! Amor! Gratitudine! Tormento!)
 PALMIDE
425(Sol la perdita mia fa il suo spavento).
 ARTASERSE
 Temistocle, a’ miei doni
 questo s’aggiunga, un util tempo e breve. (Si leva e seco Palmide ancora)
 Vuol la Grecia il tuo sangue; io voglio il suo.
 Un rifiuto è tua morte;
430un assenso è tua sorte.
 Nel momento fatal, ch’è dono mio,
 pensa e risolvi. Addio.
 
    Addio, pensa e poi risolvi,
 signor sei della tua sorte;
 
435   scegli vita o scegli morte;
 ti condanna o pur t’assolvi.
 
 SCENA V
 
 TEMISTOCLE e PALMIDE
 
 TEMISTOCLE
 Eccomi in un sol punto
 il più misero insieme e il più felice.
 T’amai da che ti vidi. Han que’ begli occhi
440prevenuto Artaserse; e il suo comando,
 Palmide, nel mio core
 desta ardir, non amore.
 Ma qual sorte è la mia? Nel punto stesso,
 in cui mi lice amarti,
445mi vien tolto l’onor del meritarti.
 PALMIDE
 Rifletti al tuo periglio,
 non al tuo amor.
 TEMISTOCLE
                                 L’amore
 è il mio maggior periglio.
 PALMIDE
 Ma l’amor della patria.
 TEMISTOCLE
                                            Ah, che sol puote
450Palmide contrastarlo.
 PALMIDE
                                          Inutil gloria,
 se poi del più crudel fia la vittoria.
 TEMISTOCLE
 E che? Vorresti il prezzo
 esser d’una mia colpa?
 PALMIDE
 La tua virtù ti perde.
 TEMISTOCLE
                                         È peggior morte
455viver d’un’empietà.
 PALMIDE
                                       Degna la patria
 dell’odio tuo s’è resa.
 TEMISTOCLE
                                         Eterno dura
 amor che il cielo impone e la natura.
 PALMIDE
 Ami Palmide adunque
 col più debile amor?
 TEMISTOCLE
                                        T’amo col giusto.
460T’amerei col più vil, se reo t’amassi.
 PALMIDE
 Che pensi far?
 TEMISTOCLE
                              Morire e un cor serbarti
 libero d’ogni colpa,
 se pur colpa non è ch’egli osi amarti.
 PALMIDE
 Oh virtude!
 TEMISTOCLE
                         Oh beltade!
 PALMIDE
465Degna sei che ognun t’ami,
 degna che t’ami anch’io.
 TEMISTOCLE
 Ah, che questo amor solo
 mette in rischio la Grecia ed il cor mio .
 
    Non dirmi che m’ami,
470se degno mi brami
 del caro tuo amor.
 
    Il troppo diletto
 d’avere il tuo affetto
 può tormi il coraggio,
475scemarmi il vigor.
 
 SCENA VI
 
 ARSACE e i suddetti
 
 ARSACE
 Duce.
 TEMISTOCLE
              Che arrechi, Arsace?
 ARSACE
 Dammi il tuo ferro. È d’Artaserse il cenno.
 TEMISTOCLE
 Eccolo.
 PALMIDE
                Iniqua legge!
 ARSACE
 Nella tenda vicina
480m’impose il re la tua custodia.
 TEMISTOCLE
                                                         Addio,
 Palmide. Ha risoluto il ciel ch’io pera.
 Chi sa se più la sorte
 di rivederti avrò?
 PALMIDE
                                   Vattene e spera.
 PALMIDE e TEMISTOCLE A DUE
 
    Vanne      spera                  tua costanza
               e                       e la
    Vado           spero            mia speranza
 
        tuo             disarmerà.
485il                fato
         mio             raddolcirà.
 
    Di                         ti serva
             conforto                      almeno
    Gran                     mi sarà
 
                                          mio
 che si nutra dentro al            seno
                                          tuo
 
          tuoi               giusta
 de’             mali                     pietà.
          miei              qualche
 
 SCENA VII
 
 ARSACE
 
 ARSACE
 Come il cor d’Artaserse
490ad un tratto cangiò! Stimola l’ire
 Cambise e nutre il foco.
 D’un eroe forma un empio.
 Come occulto nimico,
 come spia della Grecia al re lo infama
495e vuol torgli il maligno e vita e fama.
 
    Dal livor, che freme in corte,
 la virtude è mal sicura.
 
    Là ritrova e là sostiene
 più nimici, allorch’è forte,
500e più macchie, allorch’è pura.
 
 Il fine dell’atto secondo