Lucio Vero, Venezia, Niccolini, 1700

 ATTO SECONDO
 
 Gabinetto di verdura.
 
 SCENA PRIMA
 
 LUCIO VERO e CLAUDIO
 
 LUCIO VERO
 Ecco il giorno, in cui devo
 perder impero o pace. Oggi convienmi
 in su la destra assicurar lo scettro
 con isposar Lucilla;
415ma lasciar Berenice, o dio! non posso.
 Troppo l’impero, è ver, ma per mia pace
 troppo il bel di quegli occhi ancor mi piace.
 Claudio, che mi consigli? Il cor t’apersi.
 CLAUDIO
 Signor, poiché al mio zelo,
420più che a l’ossequio mio, chiedi ch’io parli,
 lascia ancor che ti spieghi
 con libertà i miei sensi. Un buon consiglio,
 se si dà con timore, il meglio tace,
 se si dà con ardir, si fa periglio.
 LUCIO VERO
425Parla né dubitar che ’l dir m’offenda.
 CLAUDIO
 Bella assai la tua fiamma io miro in fronte
 splender a Berenice. E degni sono
 che un monarca gli adori i suoi begli occhi.
 Ma, signore, ella è sposa, ella è regina.
430Altra e maggior consorte,
 altro e più vasto impero il ciel ti serba.
 Gl’imenei di Lucilla
 già ti ammettono al pondo
 de l’impero di Roma, anzi del mondo.
 LUCIO VERO
435Il consiglio è fedel ma troppo è crudo.
 CLAUDIO
 Pietosa è crudeltà, quand’ella giova.
 LUCIO VERO
 Ma non quando ella uccide.
 CLAUDIO
 Cesare, ancor rifletti
 a che aspiri e che perdi.
440Deh, lascia una beltà che te non cura,
 una beltà ch’è d’altri e ’l cui possesso,
 o rapito o concesso,
 ti farebbe infelice.
 LUCIO VERO
 Ch’io lasci Berenice?
 CLAUDIO
445Il regno o lei; né già sperar che Roma
 soffrir ti possa una straniera al fianco,
 coll’indegno ripudio
 d’una ch’è del suo sangue. A tant’oltraggio
 si risente e ne freme. Essa perduta
450ha ben la libertà, non il coraggio.
 LUCIO VERO
 Vedo il periglio e ’l temo;
 ma più temo il rimedio.
 CLAUDIO
 Coraggio, augusto.
 LUCIO VERO
                                     Io tento, Claudio, tento
 uscir di servitù ma poi non posso.
455Scuoto i miei ceppi e più ne sento il peso;
 agito la mia fiamma
 e più l’incendio cresce. Il mio cordoglio,
 quanto ha più di contrasto, ha più d’orgoglio.
 CLAUDIO
 
    Ama e rifletti
460che un regno può torti
 amor di beltà.
 
    Deh reggi gli affetti,
 che mal sa dar leggi
 quel cor che non l’ha.
 
 SCENA II
 
 LUCIO VERO ed ANICETO
 
 ANICETO
465Sorge l’alba più pura;
 spiran l’aure più molli; e più giocondo
 in sì bel giorno applaude,
 monarca invitto, a’ tuoi sponsali il mondo...
 Tu sol mesto passeggi? E sol tradisce
470le tue, le nostre gioie il tuo dolore?
 LUCIO VERO
 Se perdo Berenice, io perdo il core.
 ANICETO
 E che? Teme un augusto
 perder ciò ch’è già tuo? Che ti è più caro?
 Se Lucilla non vuoi,
475sia pur tua Berenice.
 Cesare, a chi può tutto, il tutto lice.
 LUCIO VERO
 Ma Roma e che dirà?
 ANICETO
                                          Taccia e ubbidisca.
 LUCIO VERO
 Aurelio?
 ANICETO
                   In tuo potere
 è ’l miglior di sue forze.
 LUCIO VERO
480Ma la ragion?
 ANICETO
                            Chi regna
 per ragione ha ’l piacer.
 LUCIO VERO
                                              La fama?
 ANICETO
                                                                  Al volgo
 non lice giudicar l’opre de’ grandi.
 LUCIO VERO
 Dunque a che mi consigli?
 ANICETO
 Chiedi a te ciò che vuoi;
485de l’ubbidir tocca la gloria a noi.
 
 SCENA III
 
 NISO e li suddetti
 
 LUCIO VERO
 Niso.
 NISO
             Son qui.
 LUCIO VERO
                               Va’ tosto
 a Berenice e dille
 che qui sola l’attendo. E tu, Aniceto, (Parte Niso)
 consiglier del mio cor, vanne a Lucilla;
490dille che un altr’amor mi toglie a lei
 e, se amarla potessi, io l’amerei.
 Ma se ’l destin mi sforza,
 s’altra beltà più che la sua mi piace,
 soffra il mio amore e ’l mio destino in pace.
 ANICETO
 
495   Regnerai lieto monarca
 e godrai felice amante.
 
    In un giorno sì giocondo
 darai legge a tutto il mondo,
 possessor d’un bel sembiante.
 
 SCENA IV
 
 LUCIO VERO e BERENICE
 
 BERENICE
500Cesare.
 LUCIO VERO
                 Non ti aggravi
 che in tal luogo, in tal ora io sol ti attenda
 e ti parli, o regina.
 BERENICE
 Certa di tua virtù, temer che devo?
 LUCIO VERO
 Qui dove più gentil l’aura scherzando
505va tra’ rami e tra’ fiori,
 siediti meco. (Il luogo
 par che ragion faccia a’ miei dolci ardori).
 BERENICE
 (Che mai sarà?) Ubbidisco. (Si assidono)
 LUCIO VERO
 Berenice, oggi il mondo,
510al cui destino ogni mio sguardo è legge,
 da’ miei sponsali una che venga a parte
 e del mio letto e del mio trono attende.
 Ben mi è noto qual devi
 nodrir per Vologeso affetto e fede.
 BERENICE
515Obbligo mel comanda e amor mel chiede.
 LUCIO VERO
 Pur se al tempo rifletti in cui lo amasti,
 se allo stato in cui sei,
 se a quel che ti destina un cuor monarca,
 è viltà se più l’ami,
520è costanza se ’l lasci. A le tue chiome
 il diadema latino e a te riserbo
 d’augusta insieme e di consorte il nome.
 BERENICE
 Signore, in pochi accenti
 gran cose esponi e assai maggior ne tenti.
525Se con le regie offerte
 ischernirmi ti piace,
 è crudeltà lo scherno
 e, se tentarmi, è offesa.
 Pur ne lo stato, in cui
530siamo, tu di sovrano ed io di serva,
 a te tutto far lice, a me soffrirlo.
 LUCIO VERO
 Ch’io t’inganni, regina, e ch’io t’offenda?
 BERENICE
 E chi non sa che sì bel giorno è scielto
 a coronar Lucilla?
 LUCIO VERO
535No, non avrà Lucilla
 parte del soglio mio, se ancor non ebbe
 parte mai del mio cuor. Ben da quell’ora,
 da quell’ora fatale in cui vi vidi,
 
    benché fieri o lagrimosi,
540vi amai, v’idolatrai, lumi vezzosi.
 
 BERENICE
 Cesare, io molto udii; tu molto hai detto; (Si leva)
 e ’l mio lungo silenzio
 al mio osequio donai, non al tuo affetto.
 Quell’alto onor, quel grande
545titolo, di cui pensi
 l’orecchio empirmi, è nome vano, è colpa,
 se di viltà mi tenta.
 Vologeso è ’l mio sposo.
 Tutto il mio cuor, tutta quest’alma e tutti
550gli affetti miei son suoi. Diadema e trono
 dividerli non può dal caro oggetto.
 Riprenditi il tuo dono;
 s’anche fosse maggior, non deggio amarlo;
 e col coraggio stesso,
555con cui darlo tu puoi, so rifiutarlo.
 LUCIO VERO
 Un cieco amor troppo ti rende audace. (Si leva)
 BERENICE
 Virtù è talor l’audacia stessa.
 LUCIO VERO
                                                       Ogn’altra
 che Berenice avrebbe
 meritato il mio sdegno.
 BERENICE
560Più de l’ira, il tuo amor mi fa spavento.
 LUCIO VERO
 Non irritar, regina,
 chi può farsi ubbidir, benché ti prieghi.
 Non ti chiedo il tuo onor; chiedo il tuo affetto;
 potrei chiederlo augusto e ’l voglio amante.
565Pensa né consigliarti
 con la tua crudeltà. Qualche momento
 dono ancora al tuo amor, dono al tuo sposo;
 ma pensa che da lui
 pende la tua grandezza e ’l mio riposo.
 BERENICE
 
570   Ho risolto che non voglio...
 
 LUCIO VERO
 
 Pensa ancora,
 pria che dir: «Non voglio amarti».
 
    Tu ’l puoi dir con tanto orgoglio
 a un amante che ti adora,
575non a un tuo vincitor che può sforzarti.
 
 SCENA V
 
 BERENICE
 
 BERENICE
 No, che amarti non voglio,
 mostro crudel. Sposo, adorato sposo,
 te solo amai; te solo
 amerò, sinché viva; e se la morte
580d’un affetto leal non tronca i nodi,
 ti serberò l’affetto
 anche dopo la morte;
 e alor dirai: «Chi vide
 più casta amante e più fedel consorte?»
 
585   Ho un sol core, una sol’alma
 e ’l mio amore un sol sarà.
 
    Morirò, se la baldanza
 d’un tiranno ancor mi tenta,
 per onor de la costanza,
590per trofeo de l’onestà.
 
 SCENA VI
 
 VOLOGESO e BERENICE
 
 VOLOGESO
 Non è sazio il destino,
 sposa, de’ nostri mali. Ancora in noi
 v’è qualche parte illesa
 e tal che meritar può gli odi suoi.
 BERENICE
595Sia la nostra costanza
 suo rimprovero e scherno. Alfin stancarlo
 può sofferenza e disarmarlo ancora.
 VOLOGESO
 Con occhio asciutto ognora
 incontrai le sciagure. Una v’è alfine
600che desta i miei timori e li discolpa,
 il vederti d’altrui. L’empio tiranno,
 ciò che per me sperai, chiede il tuo affetto;
 e vuole a sì gran prezzo
 dar fama a la mia morte e al suo diletto.
 BERENICE
605Mio re, se così ’l fato
 sol può farti infelice, ei s’arma invano,
 tu invan paventi. Quanto
 crescono i mali tuoi, cresce il mio amore.
 Son per te Berenice,
610benché servo tu sia, benché depresso.
 Non amai la tua sorte; amai te stesso.
 VOLOGESO
 Ma chi può del tiranno
 torti agl’insulti?
 BERENICE
                                Un fermo cor. Rinforza,
 assicura i tuoi voti.
615Sarò qual fui, qual più mi brami, o caro;
 e mai da l’amor tuo, da la tua sorte
 non potrà dilungarmi altri che morte.
 
 SCENA VII
 
 LUCIO VERO con guardie, NISO e li suddetti
 
 LUCIO VERO
 Ma cesare il potrà. Sia Vologeso
 chiuso in cieca prigion. Niso, tu guida
620ne le regie mie stanze
 ben custodita Berenice.
 NISO
                                              Intesi.
 BERENICE
 Se a morir ci condanni, almen permetti
 che uniti...
 LUCIO VERO
                       Ho risoluto e così voglio.
 Vedrem se ha più possanza
625un vincitor monarca o un vinto orgoglio.
 
 SCENA VIII
 
 BERENICE, VOLOGESO, NISO e guardie
 
 VOLOGESO
 Mia Berenice, or vado,
 vado forse a morir. Sa ’l cielo, o dio!
 se più ti rivedrò. Questa è la sola
 morte crudel, di cui temer poss’io.
 BERENICE
630Speriamo, anima mia. Non piaccia a’ numi
 che moiano così fiamme sì belle,
 affetti sì innocenti.
 NISO
                                      Andiamo.
 BERENICE
                                                           Iniquo.
 NISO
 Forza è ubbidir.
 VOLOGESO
                                 Mia cara, addio.
 BERENICE
                                                                 Tu parti?
 VOLOGESO
 Duro addio.
 BERENICE
                         Cruda legge.
 A DUE
635Avea cuor per morir, non per lasciarti.
 NISO
 Non più.
 VOLOGESO
                    Servo al mio fato.
 NISO
 Vieni.
 BERENICE
               Seguo i tuoi passi.
 A DUE
 Aimè.
 VOLOGESO
               Sposa, ove vai?
 BERENICE
                                             Dove, o consorte?
 VOLOGESO
 Ahi Berenice!
 BERENICE
                             Ahi Vologeso!
 A DUE
                                                        A morte.
 VOLOGESO
 
640   Cara, tu vivi almeno,
 se mi vuol morto il ciel.
 
 BERENICE
                                             Come potrò?
 
 VOLOGESO
 
    Io vivo nel tuo seno
 e sol ne la tua morte io morirò.
 
 Atrio imperiale.
 
 SCENA IX
 
 LUCILLA, poi ANICETO
 
 LUCILLA
 
    Speranze d’amore,
645voi dite al mio core
 se lieto sarà.
 
 ANICETO
 Se con infausto avviso, o principessa,
 io ti vengo a turbar, cesare incolpa.
 LUCILLA
 Cesare? E che t’impose?
 ANICETO
                                               Il dirti... O dio!
 LUCILLA
650Segui. (Che sarà mai?)
 ANICETO
                                             Qualche momento
 sospendo al tuo riposo
 l’aspra necessità d’un fier tormento.
 LUCILLA
 (Aimè!) Vo’ che tu parli o l’odio mio...
 ANICETO
 Questo solo io temea con l’ubbidirti.
655Cesare, mio sovrano...
 LUCILLA
 Che mai t’impose? Che?
 ANICETO
                                                Dirti che deve
 rifiutar le tue nozze
 e sposar Berenice. Amor lo sforza...
 LUCILLA
 Rifiutar le mie nozze?
660Berenice sposar? Vanne. Nol credo.
 Ingannator tu sei.
 Va’ né più osar d’offrirti agli occhi miei.
 ANICETO
 
    Parto e sento
 nel lasciarti un fier diletto.
 
665   Così almen del tuo tormento
 non m’uccide il fiero aspetto.
 
 SCENA X
 
 LUCILLA e CLAUDIO
 
 LUCILLA
 Cesare rifiutarmi?
 CLAUDIO
 Augusta.
 LUCILLA
                    Ah, Claudio, or ch’è perduto il grado,
 il titolo è di offesa e di tormento.
 CLAUDIO
670Così parla Lucilla?
 LUCILLA
 Così cesare vuol col rifiutarmi.
 CLAUDIO
 S’ei rinonzia al tuo letto,
 scenda ancora dal trono. Oggi, tel giuro,
 oggi augusta sarai. Tutti possiedi
675de l’esercito i cuori e de la plebe.
 LUCILLA
 Quest’ingrato una volta ancor si tenti;
 e ciò che amor mi toglie, amor mi renda.
 CLAUDIO
 Poi se l’indegne fiamme ei non ammorza,
 ciò che niega a l’amor, ceda a la forza.
 
680   Vago volto, chi ti disprezza
 forse ancora si pentirà.
 
    È ingiustizia ed è fierezza
 non amar tanta beltà.
 
 SCENA XI
 
 LUCILLA e LUCIO VERO con guardie
 
 LUCIO VERO
 Qui mi si guidi il prigionier nemico.
 LUCILLA
685Cesare.
 LUCIO VERO
                 Principessa.
 LUCILLA
 Ti sorprende il mio arrivo?
 LUCIO VERO
 Tu vieni...
 LUCILLA
                      A udir da la tua bocca istessa
 l’offesa che mi fai nel tuo rifiuto.
 LUCIO VERO
 Sì, Lucilla, il confesso.
690Amo, sì, Berenice.
 Invan da que’ begli occhi
 mi difesero i tuoi. La colpa udisti.
 Sfoga pur l’odio tuo; dimmi spergiuro,
 ingrato, traditor, nomi che tutti
695convengono al mio eccesso;
 del tuo cuor, del tuo labbro
 merito l’ire e mi condanno io stesso.
 LUCILLA
 No, cesare, ti assolvo; e vieto al labbro
 le inutili querele.
700Col trofeo del mio pianto
 non vo’ accrescer l’orgoglio a un infedele.
 LUCIO VERO
 Da te, dopo un rifiuto,
 non attendea sì bel perdon; ma forse,
 quando temo tradirti, alor ti servo.
705Era tra’ nostri cuori
 una secreta nemistade; e come
 io non t’amai, tu non mi amasti.
 LUCILLA
                                                             Iniquo,
 io non t’amai? Che dunque feci? Io pure
 per te di tutta Roma
710sprezzai gli affetti, a te rivolsi i miei.
 Ti fe’ cesare Aurelio; io diedi il voto.
 Ti fe’ mio sposo il padre; io diedi il cuore.
 Ruppe il Parto rubello
 nodi sì dolci; io m’attristai. Vincesti;
715fu mio l’onor de’ primi applausi. Intese
 Roma con sdegno i tuoi novelli amori;
 io fui la sola, ingrato,
 che cercando difese al tuo delitto
 ti assolvea nel mio cuore;
720e lasciai per seguirti, anche tradita,
 la patria in abbandono e ’l genitore.
 LUCIO VERO
 (Quanto è noiosa).
 LUCILLA
                                     Ed io,
 io non t’amai? Come puoi dirlo? In questo,
 in questo punto istesso
725che mi rifiuti, io temo ancor d’amarti.
 E ancor taci, spergiuro?
 LUCIO VERO
                                              E ancor non parti?
 LUCILLA
 Ah, perfido, di pena
 l’ore ti son che meco perdi. Il vedo,
 con Berenice sei, non con Lucilla.
730Tu la cerchi cogli occhi,
 tu le parli col cuor; vanne pur seco
 con fronte più tranquilla
 de’ miei mali a gioir; ma dove andrai,
 temi di ritrovarvi ancor Lucilla.
 
735   Vanne e godi,
 cuore infido, ingrato cuor.
 
    Forse ancor de le tue frodi,
 del mio torto avrai dolor.
 
 SCENA XII
 
 LUCIO VERO, poi VOLOGESO incatenato con guardie
 
 LUCIO VERO
 Pur mi lasciò. D’amante donna offesa
740deluderò i disegni.
 Viene il rival. Si ricomponga il volto.
 VOLOGESO
 Eccomi a te.
 LUCIO VERO
                          Sciogliete
 da l’indegne ritorte il regio piede.
 VOLOGESO
 Che fia?
 LUCIO VERO
                   Sediamci e attendi
745ciò che ’l cesareo cuor volge in sé stesso.
 VOLOGESO
 L’alma, augusto, raccolta
 pende da’ cenni tuoi.
 LUCIO VERO
                                         Siediti e ascolta.
 Vologeso, abbastanza
 fu di livor tra noi. Cessi, è già tempo,
750l’odio comun. Fui tuo nemico, è vero,
 tuo vincitor; ma alfine
 risarcisce il mio cuor l’onte del fato.
 Spezzo i tuoi ceppi e quanto
 ti tolsi, e scettro e libertà, ti rendo.
 VOLOGESO
755(Che ascolto mai?)
 LUCIO VERO
                                     Tu taci?
 Serviti a tuo piacer de’ doni miei
 e vedrai qual io sono e qual tu sei.
 VOLOGESO
 Nel mio stupor de’ tuoi favori osserva,
 benefattor sovrano,
760l’alto poter.
 LUCIO VERO
                        Se tu v’assenti, aggiungo
 peso a’ miei doni e a te ne chieggio anch’io.
 VOLOGESO
 Chiedi. Che non ti deve un cuor ch’è grato?
 LUCIO VERO
 (S’ei mi cede la sposa, io son beato).
 Berenice... Già intendi
765tutto il mio cuor. Questa a te chiedo. Io l’amo.
 VOLOGESO
 Berenice a me chiedi?
 Sai qual sia Berenice?
 LUCIO VERO
                                           Il so...
 VOLOGESO
                                                         Ci è noto
 che da’ prim’anni ella mi diede il cuore
 e ch’io le diedi il mio? Sai che poi crebbe
770l’amor fra noi con la ragion, con gli anni?
 LUCIO VERO
 Lo so e vorrei...
 VOLOGESO
                               Ti è noto
 ch’ella è mia sposa? E che sol può la morte
 sì bei nodi troncar? Cesare, il sai?
 E la sposa a me chiedi?
775La mia vita? Il mio cor? L’anima mia?
 Berenice a me chiedi? E sai qual sia?
 LUCIO VERO
 È ver, ma per lei sola...
 VOLOGESO
 Mi torni il regno?
 LUCIO VERO
                                   E libertà ti rendo.
 VOLOGESO
 E se al don non assento? (Si leva)
 LUCIO VERO
780Temi un cesare offeso.
 VOLOGESO
                                            Olà, ministri,
 rendetemi i miei ceppi. A me si schiuda
 il carcere più orrendo.
 Mi si apprestin tormenti e piaghe e quanto
 ha di funesto e di crudel la morte.
 LUCIO VERO
785Come?...
 VOLOGESO
                    Grandezza e libertà disprezzo.
 LUCIO VERO
 Così?...
 VOLOGESO
                 Così, tiranno,
 ricevo i doni tuoi, così gli apprezzo.
 
    Stringi le mie ritorte;
 dammi, crudel, la morte;
790è forte l’amor mio,
 più che ’l tuo sdegno.
 
    Col tormi il caro bene,
 quel ben che sol desio,
 tutto mi cangi in pene,
795vita, amor, libertà,
 grandezza e regno.
 
 SCENA XIII
 
 LUCIO VERO
 
 LUCIO VERO
 Alma, ti acheta. In sì gran dì vedrai
 tua Berenice o ’l tuo rivale estinto.
 A lei si torni. Ella in sì dubbia sorte
800risolva o la mia pace o l’altrui morte.
 
    Se non vince amor pietoso
 un bel guardo disdegnoso,
 converrà ch’io sia spietato.
 
    La pietà daria fomento
805al rigor del mio tormento,
 al piacer d’un core ingrato.
 
 Stanze imperiali.
 
 SCENA XIV
 
 BERENICE, ANICETO e NISO
 
 BERENICE
 Invan.
 ANICETO
                Meglio rifletti. Il tuo rigore
 fia sentenza di morte...
 BERENICE
                                             A Berenice?
 Lieta l’incontro.
 ANICETO
                                A Vologeso.
 NISO
                                                       Udisti?
 BERENICE
810(A sì barbaro assalto, alma, resisti).
 Ed è ver?
 ANICETO
                     Non v’è scampo.
 Cesare ti presenta
 o la sua destra o ’l capo altrui. Funesto
 ti sembra il colpo? O lo sospendi o ’l vibra.
815Scegli a tuo grado; il gran momento è questo.
 BERENICE
 Che mai far deggio? Io, sposo,
 ti vedrò esangue? E spirerai quell’alma?
 E chiuderai que’ lumi?
 Que’ dolci lumi? Ite ad augusto... O dio!
820Io d’altri e non più tua? Che far degg’io?
 
    Io sposar l’empio tiranno?
 Io mirar lo sposo estinto?
 Che farai, misero cuor?
 
    Per uscir dal labirinto
825sarai crudo o traditor?
 
 ANICETO
 Che risolvi?
 NISO
                         Che badi?
 BERENICE
 Sì, che più sto dubbiosa?
 Io di Lucio consorte? Ah, Vologeso,
 se a tal prezzo ti salvo, io più ti perdo.
830No, spietati, d’augusto
 non sarò mai. Pria Berenice e seco
 mora il suo sposo.
 
 SCENA XV
 
 LUCIO VERO e li suddetti
 
 LUCIO VERO
                                    E morirà. Va’ tosto,
 Aniceto, eseguisci.
 BERENICE
                                     Aimè! Qual gelo
 m’occupa il cor? Fermati. Ascolta.
 LUCIO VERO
                                                               Parla.
 BERENICE
835Cesare, sì vicino
 il colpo non temea. Poiché arrestarlo
 può sol la destra mia, lascia, ten priego,
 ch’io parli a Vologeso anche un momento.
 LUCIO VERO
 Ma se ’l dono concedo,
840che sperar posso?
 BERENICE
                                   E che temer?
 LUCIO VERO
                                                              V’assento.
 Tu la guida, Aniceto. E tu, regina,
 non t’abusar del dono
 né ti dia confidenza un cuor che cede.
 BERENICE
 Farò ne’ dubbi mali
845ciò che l’amor, ciò che ’l dover richiede.
 
    Sugli occhi del mio sposo
 forse risolverò.
 
    Questo mio cuor dubbioso
 non sa mirarlo estinto
850e abbandonar nol può.
 
 SCENA XVI
 
 LUCIO VERO e NISO
 
 LUCIO VERO
 Par che a ceder cominci
 la superba beltà. Niso.
 NISO
                                           Mio augusto.
 LUCIO VERO
 D’Efeso vo’ che parta,
 pria che termini il dì, Claudio e Lucilla.
855Tu ne reca il comando.
 NISO
 Ubbidirò.
 LUCIO VERO
                      Mel chiede
 cura d’amore e gelosia di trono.
 E poi felice io sono.
 
    Lieti amori, purgate il mio petto
860dagli affanni d’un vano timor.
 
    E spargete d’un caro diletto
 le speranze d’un tenero cuor.
 
 SCENA XVII
 
 LUCILLA e NISO
 
 NISO
 Principessa.
 LUCILLA
                          Che arrechi?
 NISO
                                                    Impone augusto
 che con Claudio tu parta.
 LUCILLA
865Impon ch’io parta?
 NISO
                                      E pria che mora il giorno,
 verso Roma tu affretti il tuo ritorno.
 
 SCENA XVIII
 
 LUCILLA
 
 LUCILLA
 Questo è troppo soffrir. Lucilla, è tempo
 d’usar ne’ mali estremi
 tutto il vigor. Perfido Lucio, a tanti
870torti questo anche aggiugni? E questo ancora
 mi risveglia ’l furor, mi porge l’armi.
 Più non odo i consigli
 d’affetto o di pietà. Vo’ vendicarmi.
 
    Ardi, o cuor,
875ma di sdegno e non d’amor.
 Vil saria la tua pietà.
 
    Se più tardi a vendicarmi,
 fai trionfo ad un ingrato
 e ’l fomenti in crudeltà.
 
 Prigioni.
 
 SCENA XIX
 
 VOLOGESO
 
 VOLOGESO
 
880   Duri marmi, aspre catene,
 sol perché del caro bene
 non v’illustra un lieto sguardo,
 siete orrori e siete pene.
 
 Ma del carcer io sento
885strider l’uscio fatal. Che miro? È dessa.
 
 SCENA XX
 
 BERENICE, VOLOGESO ed ANICETO
 
 VOLOGESO
 Berenice, mia vita,
 mia bell’alma e mio cor, quanto m’è caro
 il poterti mirar pria di morire.
 BERENICE
 Vologeso, raffrena
890l’impeto de la gioia. Anziché morto
 la bell’alma tu spiri,
 vengo pene a recarti e non conforto.
 ANICETO
 Re, che ancor tal ne’ ceppi
 devo onorarti, in sì fatal momento
895godi un favor d’augusto.
 Sappi usarne in tuo pro. L’alta sentenza
 già per te è stabilita.
 O senza Berenice o senza vita.
 VOLOGESO
 Io senza Berenice?
 ANICETO
900Regina, in vani pianti
 perder non devi irresoluta il breve
 tempo che ti è concesso.
 Sola resta e risolvi.
 BERENICE
 No, ti ferma, Aniceto.
905Già quest’alma è risolta.
 ANICETO
 A che?
 VOLOGESO
                Forse a lasciarmi?
 BERENICE
 Di re tiranno empio ministro, ascolta.
 Vanne a cesare e digli (Prende Vologeso per mano)
 che rifiuto il suo amor, sprezzo il suo impero.
910Digli che attendo anch’io
 al fianco del mio sposo
 la sentenza crudel. Frema, minacci;
 digli che nol pavento e che dal mio,
 dal dolce mio consorte
915non potrà più staccarmi
 immagine di orror, faccia di morte.
 VOLOGESO
 E vuoi?...
 BERENICE
                     Teco morir.
 ANICETO
                                             Troppo tu irriti...
 BERENICE
 Parti né replicar.
 ANICETO
                                  M’impose augusto
 che a lui guidarti...
 BERENICE
                                     E l’oseresti, iniquo?
920La pena pagherai, se più resisti.
 Parti.
 ANICETO
              E a cesare devo?...
 BERENICE
 Digli così. Quanto risolsi, udisti.
 ANICETO
 
    Andrò, dirò così
 che hai più che bello il volto,
925fiero e superbo il cor.
 
    Ma sarà forse un dì
 tua pena e tuo cordoglio
 l’orgoglio ed il rigor.
 
 SCENA XXI
 
 BERENICE e VOLOGESO
 
 VOLOGESO
 Berenice, abbandona
930il disegno crudel. Per quella fede
 che ti serbai, che a l’ultimo respiro
 ti serberò, per que’ begli occhi amati
 e per cotesta man, per questi rivi
 che mi sgorgan da’ lumi,
935se m’ami ancor, lascia ch’io mora e vivi.
 BERENICE
 Sposo, non più. Nel tuo morir rifletti
 qual parti e qual rimango.
 A chi vivrei, te estinto?
 A l’iniquo tiranno, a nuovi mali?
940A un lungo affanno? A una perpetua morte?
 A chi vivrei? Parla.
 VOLOGESO
                                      Al mio amor.
 BERENICE
                                                                Deh caro,
 poiché ’l chiede la sorte,
 morremo uniti e porteremo entrambi
 a la tomba quest’ossa, al ciel quest’alme.
945Siam d’amore e di fede un raro esempio
 a le venture età. La morte unisca
 le nostr’anime fide, i nostri cuori
 e sia talamo un sasso a’ casti amori.
 VOLOGESO
 
    Deh vivi, o cara, vivi
950e serba in te quest’alma e questo cuor.
 
    Perché mi vuoi rapir
 la gloria del morir senza timor?
 
 BERENICE
 
    Non posso, o dolce vita,
 quando a morir tu vai, viver in me.
 
955   Se la mia vita sei,
 dimmi, come vivrei, già morta in te?
 
 Fine dell’atto secondo