Odoardo, Venezia, Albrizzi, 1698

 ATTO SECONDO
 
 Prigione con porta secreta.
 
 SCENA PRIMA
 
 ODOARDO
 
 ODOARDO
 Nato da regal sangue,
 scielto ad esser un giorno
 arbitro del destin di tanti regni,
420nel più bel fior degli anni e nel più dolce
 piacer de la mia gloria,
 a morir mi condanna
 non di barbara sorte
 ma d’ingiusto fratello ira tiranna.
425D’ora in ora ti attendo,
 colpo fatal; non mi fa orror l’incontro;
 duolmi solo ch’io debba
 morir senza il piacer de’ tuoi begli occhi,
 mio conforto, mio ben, mio sol desio,
430mia cara...
 
 SCENA II
 
 GISMONDA, ODOARDO
 
 GISMONDA
                       Ella a te viene,
 se Gismonda tu chiedi, idolo mio.
 ODOARDO
 È sogno? È illusion? Gismonda? E t’odo?
 ODOARDO
 
    Sì, ti stringo.
 
 GISMONDA
 
                              Sì, t’abbraccio.
  A DUE
 
 Stringi, abbraccia, o dolce amore.
 
 ODOARDO
 
435Caro nodo.
 
 GISMONDA
 
                       Amabil laccio.
 
 ODOARDO
 Ma qual buon genio a me ti guida? Vieni
 fra le pene a bearmi?
 O a raddoppiar col tuo periglio il mio?
 GISMONDA
 Signor, pochi momenti
440quanto han fatto per te. Lungi è ’l tiranno;
 e pende il tuo destino
 dal voler di Metilde e più dal tuo.
 ODOARDO
 Che mai?...
 GISMONDA
                        T’ama Metilde.
 Chiede amor per amor. Se non v’assenti,
445è certo il tuo periglio.
 ODOARDO
                                          Io, mia Gismonda,
 amar altra che te? Prima più vite
 darei, se più ne avessi.
 GISMONDA
 Lo so, non è la morte
 per te oggetto d’orror; ma tu la devi
450temer per me. Misura
 col mio, non col tuo cuor, la tua sciagura.
 ODOARDO
 Più che infedel mi brami,
 men l’otterrai.
 GISMONDA
                              Che tu di fé mi manchi,
 non voglio, no. Serbami il cuor, ne godo;
455ma se t’ama Metilde almeno infingi
 tu di gradirla.
 ODOARDO
                             Io tal viltà? Per tema
 finger affetti? E simular sospiri?
 Io spergiuro? Ah Gismonda,
 non ti prenda pietà de la mia sorte.
460Qual frutto avrei de le mie frodi? Il solo
 morir più tardo e ’l non morir sì forte.
 GISMONDA
 Crudel, poicché sì vago
 sei di morir, dove più vivi ancora
 in Gismonda morrai. Principe, addio.
 ODOARDO
465Dove?
 GISMONDA
                Torno a Metilde.
 A lei dirò che a sodisfarne i voti
 hai pronto il cuor, fermo il desio.
 ODOARDO
                                                              Qual vano
 pensier ti guida?
 GISMONDA
                                  O converrà che alora
 tu secondi l’inganno
470o che a l’ultimo rischio ancor tu esponga
 me che l’ordii. Metilde,
 vilipesa da te, da me schernita,
 farà che cada il primo
 sfogo del suo furor su la mia vita.
 ODOARDO
475Deh...
 GISMONDA
               No, signor, vo’ che tu viva o teco
 Gismonda perirà. Del tuo periglio
 ho anch’io timor, se te spaventa il mio.
 Per te vivremo entrambi
 o perirem. Pensa e risolvi. Addio.
 
480   Cor del mio ben, non curo
 che mi tradisca il labbro,
 purché tu sia fedel.
 
    Sarai, se non vuoi fingere,
 per troppa fé spergiuro,
485per troppo amor crudel.
 
 SCENA III
 
 ODOARDO
 
 ODOARDO
 In qual arduo sentiero
 ti miro, o cuor? Tu devi
 esser vile o crudel, spergiuro od empio.
 Quindi amor ti dibatte,
490quindi austera virtù. Resisto o cedo?
 Fuggo o bramo il trionfo?
 Temo la mia costanza o pur la chiedo?
 
    Pensieri torbidi
 che m’affligete,
495rispondete, risolvete;
 che si farà?
 
    Serberò la mia fermezza?
 Ma Gismonda morirà.
 Fingerò? Ma è debolezza.
500Niegherò? Ma è crudeltà.
 
 Boschetto contiguo al palazzo reale.
 
 SCENA IV
 
 RICCARDO ed ENRICO
 
 ENRICO
 Concedimi...
 RICCARDO
                           Non deggio. (Trattenendolo)
 ENRICO
 Vo’ scoprirmi a Metilde.
 RICCARDO
 Non è ancor tempo.
 ENRICO
                                       È lunge
 il tiranno crudel.
 RICCARDO
                                  Ma qui d’intorno
505veglian per lui guardi gelosi.
 ENRICO
                                                      Il luoco
 me ne assicura.
 RICCARDO
                                Enrico,
 ti mova il mio periglio; e s’io la vita
 già ti serbai, tu non espor la mia.
 ENRICO
 Quando a punir l’iniquo
510l’Anglia cospira, io più d’ogn’altro offeso
 nulla oprerò?
 RICCARDO
                            Deh parti;
 e al piacer d’un amico
 fa’ che ceda il desio del vendicarti.
 ENRICO
 
    Può chi mi tolse a morte
515a suo voler placar
 l’alma irritata.
 
    E crudeltà di sorte
 misera la può far
 ma non ingrata.
 
 SCENA V
 
 RICCARDO, poi METILDE
 
 RICCARDO
520Ansioso qui attendo...
 Principessa...
 METILDE
                            Riccardo,
 ritirati. Fra poco
 gli arcani miei ti svelerò.
 RICCARDO
                                                Ubbidisco.
 (Stelle, non vi capisco).
 
525   Ti guardo, ti ascolto
 e nulla t’intendo.
 
    Tra dolce ed austero
 sta il labbro ed il volto.
 Vi fermo il pensiero
530ma poi nol comprendo.
 
 SCENA VI
 
 METILDE
 
 METILDE
 Ancor tarda Gismonda?
 Chi sa come Odoardo
 abbia accolto il mio amor? Timidi affetti,
 qual di voi m’assicura? A chi do fede?
535O gran sorte d’un’alma
 che a primo aspetto il suo destin prevede!
 
 SCENA VII
 
 GISMONDA e METILDE
 
 GISMONDA
 Si mostri ardir. Metilde.
 METILDE
 Gismonda, o dio! Vieni di vita o morte
 nuncia al mio cuore?
 GISMONDA
                                         (E ’l potrò dir?)
 METILDE
                                                                        Rispondi.
540Ne’ tuoi torbidi lumi
 nulla vegg’io che mi consoli ancora.
 GISMONDA
 
    Ne l’amor del tuo diletto
 certa sei del tuo piacer.
 
    Ambo lieti, ambo felici,
545ei nel tuo, tu nel suo affetto,
 preparatevi a goder.
 
 METILDE
 M’ama Odoardo? E ’l credo?
 GISMONDA
 Puoi dubitarne?
 METILDE
                                 O me felice! E voi (Alle guardie)
 ite a frangerne i ceppi e qui disciolto
550guidatelo, o custodi.
 GISMONDA
 Deh non perder invano
 ozio d’amore...
 METILDE
                              Eh, mia fedel! Gl’incendi
 chi può frenar? Troppo fia dolce a l’alma
 udirmi a confermar da quel bel labbro
555la mia felicità. Verrà egli a dirmi:
 «La vita che mi serbi
 consacro a te; son tuo, Metilde, e t’amo.
 Tu vivi in me, non io».
 Di sì teneri accenti
560o qual piacer m’invoglia e qual desio!
 GISMONDA
 Eccolo. (O numi!)
 METILDE
                                    (Cedi,
 importuno rossor).
 GISMONDA
                                      (Che avrà risolto?)
 METILDE
 (Felice è ben chi può baciar quel volto).
 
 SCENA VIII
 
 ODOARDO, METILDE e GISMONDA
 
 ODOARDO
 (Qui Metilde e Gismonda?
565Che dovrò dir?)
 METILDE
                                L’ora fatal pur giunse
 de la tua libertà, caro Odoardo.
 Volle serbarmi il cielo
 tanta felicità. Metilde sola
 non potea meritar che tu l’amassi.
570Era d’uopo che il caso
 concorresse a bearmi e a far che amante
 con più merito e gloria
 tutto il mio cuor ti comparisse inante.
 GISMONDA
 (Alma mia, datti pace).
 ODOARDO
575Principessa... (Ah Gismonda!)
 METILDE
 Ma, signor, chi si oppone
 al mio piacer? Perché ti turbi? Il volto
 non mi parla da amante;
 gli occhi non son tranquilli. Hai tanta pena
580a svelarmi il tuo amore?
 Dillo, parla, trionfa,
 con l’esempio del mio, del tuo rossore.
 GISMONDA
 (Vuole e non vuol, brama e si pente il cuore).
 ODOARDO
 (O ciel! L’ingannerò?)
 METILDE
                                           Tu taci ancora?
585La vita che ti salvo,
 il regno che ti rendo,
 il cuor che ti presento
 son di prezzo sì vile? Ed io finora
 perdute inutilmente
590ho le speranze, i voti? E osò poc’anzi
 ingannarmi Gismonda? Ah se tradita
 m’avete entrambi, ancora
 l’inganno mio vi costerà la vita.
 GISMONDA
 Pietà di noi. (Ad Odoardo)
 ODOARDO
                           L’ire sospendi, o bella,
595e ’l mio tacer non accusar. Con l’alma
 a’ tuoi voti applaudia. Volea tacendo
 per timor di dir poco
 lasciarti in libertà di sperar tutto.
 Ciò che ’l cuor tacque, or ti conferma il labbro.
600Sì, Metilde, e se grato
 mi ritrovi a’ tuoi doni e son qual chiedi,
 non d’ingiuste ritorte,
 non d’iniquo destin fiacco timore
 ma (forza è ’l dirlo) a ciò m’astringe... amore. (Verso Gismonda)
 GISMONDA
605(Che ascolto? Amor?)
 METILDE
                                          Non più, mia vita. O troppo
 fortunata Metilde!
 O mia sorte! O piacer! Ma che più tardo?
 Vado l’opra a compir. Certo è ’l mio bene,
 anche il tuo si assicuri. Un giorno stesso
610splenda per noi sereno;
 e ci veda egualmente
 te ne l’Anglia regnar, me nel tuo seno.
 
    Tutta giubilo e tutta amore
 parto, sì, ma resta il core.
615Ei ti parli e ti risponda.
 
    Tu comprendi il suo gran fuoco
 dal piacer che già l’inonda.
 
 SCENA IX
 
 ODOARDO e GISMONDA
 
 GISMONDA
 (Infelice Gismonda).
 ODOARDO
 (Colpevole Odoardo).
 GISMONDA
620(Che udisti mai?)
 ODOARDO
                                    (Che mai facesti?)
 A DUE
                                                                        (Ed io...)
 ODOARDO
 (Ingannata ho Metilde?)
 GISMONDA
 (Ho perduto in amor l’idolo mio?)
 ODOARDO
 Ah Gismonda!
 GISMONDA
                              Ah Odoardo!
 ODOARDO
                                                        Eccomi salvo
 ma con qual prezzo!
 GISMONDA
                                       Eccoti salvo; e o quanto
625mi val la tua salute!
 ODOARDO
 Nulla a temer più resta
 per la mia vita; io ti compiacqui; io feci
 forza a me stesso e per tuo amor son reo.
 Ma che vegg’io? Tu piangi, o cara?
 GISMONDA
                                                                 Il cielo
630testimonio mi sia. Di tua fortuna
 nulla mi dolgo. Io la bramai; tu stesso
 a me la devi e l’amor mio ti salva.
 Ma se il mio ti dà vita,
 m’uccide il tuo.
 ODOARDO
                               Qual favellar?
 GISMONDA
                                                           Poc’anzi
635mi lusingai superba
 che tu mi amassi e ne godea quest’alma.
 Sia infedeltà, sia fato,
 più non sei mio. De le mie pene il frutto
 godrà Metilde; ed io mirar nol posso,
640mi condona, Odoardo, ad occhio asciutto.
 ODOARDO
 Qual dolor? Qual sospetto? O ciel! Gismonda
 d’infedeltà mi accusa?
 Io di Metilde? Io l’amerei? Qual fede,
 qual amor le giurai?
645Con qual cuor, con qual volto
 le sue fiamme adulai? Dillo, tu stessa
 testimonio ne fosti.
 Ma lo vedo; a’ miei detti
 tu nieghi fede o non la doni intiera.
650Abbia fine, o Gismonda,
 il tuo dolore e ’l mio. Torna Metilde;
 si disinganni.
 GISMONDA
                            Ah no, se m’ami, o caro.
 ODOARDO
 Fui debole abbastanza.
 Dal tuo timor la mia costanza imparo.
 
 SCENA X
 
 METILDE e li suddetti
 
 METILDE
655Andiam, principe, andiamo. In te sospira
 l’Anglia il suo re. Già sciolta
 dal tirannico giogo
 spera un regno miglior...
 ODOARDO
                                                Metilde, ascolta.
 La mia vita è in tua man. Del regno il cielo
660dispose a suo piacer. Questo non posso
 gradir né tu offerirlo.
 Quella ti lice e, se tu cerchi, in onta
 del divieto real, torla al suo fato,
 è tua pietà. Ne serberò ne l’alma
665rimembranza immortal. Se più richiedi,
 vano è ’l desio; quanto dar posso è questo.
 Se meritar mi è dato
 a prezzo tal la tua pietà, l’accetto,
 se l’odio tuo non me ne dolgo. A’ ceppi
670torno tranquillo; e in quel soggiorno orrendo
 de’ miei miseri giorni
 dal tuo voler l’ultima sorte attendo.
 
    Non posso amarti
 né vo’ ingannarti
675per fiacco affetto
 di libertà.
 
    Ho un cuore in petto
 che ad adorarti
 non ha fortezza
680e a lusingarti
 non ha viltà.
 
 SCENA XI
 
 METILDE e GISMONDA
 
 GISMONDA
 (Cada in me, giusti numi,
 tutto il furor).
 METILDE
                             (Degg’io dar fede al guardo?
 Darla a l’udito? E non sognai? L’ingrato
685amor mi giura e poi mel niega? Inganna
 e poi niega ingannarmi?)
 Ma, Gismonda, poc’anzi
 che ti dicea?
 GISMONDA
                          Di sempre amarti.
 METILDE
                                                              Or come
 ritratta i voti?
 GISMONDA
                             Al par di te confusa
690il mio stupor mi accusa.
 METILDE
 Ti accusa, sì. L’intendo
 più che non pensi.
 GISMONDA
                                     Ah!...
 METILDE
                                                  Parti.
 GISMONDA
 Deh l’ultima vendetta
 non affrettar. Potrà pentirsi...
 METILDE
                                                        Io stessa
695col mio cuor consigliarmi
 saprò, non ben risolta
 fra sdegno e amor.
 GISMONDA
                                     La tua pietade ascolta.
 
    Placati, spera; e un dì
 potrà chi ti schernì
700pentirsi e amarti.
 
    Da un cuor tutto rigor
 pietade ottien pietà,
 amore ottiene amor,
 non disperarti.
 
 SCENA XII
 
 METILDE, poi ADOLFO
 
 METILDE
705Qual subito, qual strano
 cangiamento è cotesto?
 Odoardo infedel? Mesta Gismonda?
 Che creder deggio? E che pensar? Metilde,
 cieca Metilde, e nol conosci ancora?
710Que’ muti sguardi, quel parlar secreto,
 quel pallor, que’ sospiri
 non ti scuopron l’amore? O dio! L’amore?
 ADOLFO
 Principessa, m’inchino. A te dal campo
 il re m’invia.
 METILDE
                           Che chiede?
715Pugnò? Vinse? Di’! Parla.
 ADOLFO
                                                 Eccoti il foglio. (Le dà una lettera)
 METILDE
 Parmi di novo affanno
 presago il cor. «Metilde». (Legge)
 Così mi scrive il regnator tiranno.
 «Vado a pugnar; creder mi giova i miei
720cenni esequiti e già Odoardo estinto.
 Sarò in Londra fra poco.
 Sposa e regina in guiderdon de l’opra
 ti acclamerò. Odoardo,
 se non è morto, mora.
725Così scrive Eduino,
 tuo amante, sì, ma tuo monarca ancora».
 Qui risolver è d’uopo.
 Seguimi, Adolfo.
 ADOLFO
                                  Eccomi pronto.
 METILDE
                                                                Andiamo;
 né si consumi inutilmente il breve
730momento che ci resta.
 Può la sola tardanza esser funesta.
 
    Risolviti, cuor mio,
 a uscir di servitù.
 Alfin non amar più,
735se non hai sorte.
 
    Sarai felice un dì,
 se spezzerai così
 le tue ritorte.
 
 Deliziosa.
 
 SCENA XIII
 
 GISMONDA
 
 GISMONDA
 
    Bramo infido il caro amante;
740poi mi pento e ’l vo’ fedel.
 
    Il suo cuor, nel dubbio fato,
 mi tormenta s’è costante,
 mi spaventa s’è infedel.
 
 Aimè! chi ’l crederia?
745Da l’amor del mio bene
 prende orgoglio e vigor la pena mia.
 Ma qui Metilde?
 
 SCENA XIV
 
 GISMONDA, METILDE e ADOLFO
 
 METILDE
                                  Alfine
 differir più non posso.
 GISMONDA
                                            E che?
 METILDE
                                                           Dal campo
 il commando real venne poc’anzi.
750Leggi. (Le dà la lettera di Eduino)
 GISMONDA
                Eduin qui scrisse. (Legge)
 ADOLFO
 (Come si turba).
 METILDE
                                  (Impallidisce; e tutto
 leggo il suo cuor ne la sua fronte anch’io.
 Ho Gismonda rival ne l’amor mio).
 Leggesti?
 GISMONDA
                     Lessi e alfine...
 METILDE
755Risolver deggio.
 GISMONDA
                                E conservar la vita
 d’un principe innocente.
 METILDE
                                                Io, principessa,
 salvarlo?
 GISMONDA
                    Sì.
 METILDE
                            Dopo un sì grave e tanto
 perfido inganno? E ’l credi?
 GISMONDA
 (Infelice Gismonda, ascondi il pianto).
760Ma se tu l’ami?
 METILDE
                               Io l’amo
 così tradita?
 GISMONDA
                          Anco Eduin t’offese.
 METILDE
 Ma risarcisce il torto.
 GISMONDA
 Ei t’uccise il marito.
 METILDE
 Per poi farmi regina.
 GISMONDA
765Ei lascivo tentò...
 METILDE
                                  Ma nulla ottenne;
 e la fé marital rendeva il tolto.
 GISMONDA
 Dunque...
 METILDE
                      Perder invano
 non vo’ me stessa. Ho d’ubbidir risolto.
 GISMONDA
 Ah! D’ubbidir?
 METILDE
                               Per mia salute il deggio.
 GISMONDA
770E morirà Odoardo...
 che amar ti può?... Quel che tu amasti?... E quello
 da cui dolce ristoro
 l’Anglia attendea?...
 METILDE
                                       Così già imposi.
 GISMONDA
                                                                       Io moro. (Sviene in braccio ad Adolfo)
 ADOLFO
 Ella sviene.
 METILDE
                        Si guidi
775ne le stanze vicine.
 
 SCENA XV
 
 METILDE e poi RICCARDO
 
 METILDE
 La mia rival si è dichiarata alfine.
 Ecco perché l’ingrato
 sprezza il mio amor. Che far degg’io? D’entrambi
 vendicarmi negletta...
780Ma si può di chi s’ama
 nel più ardente furor prender vendetta?
 RICCARDO
 Che più si teme, o principessa? Il cielo
 decise a pro del regno; e ’l fier tiranno
 nel primo de la pugna impeto è morto.
 METILDE
785È morto il re?
 RICCARDO
                             Già stanchi
 lo permisero i numi.
 Londra n’esulta e impaziente chiede
 il suo caro Odoardo, il suo monarca.
 Ma che vegg’io? Tu impallidisci? Ah forse
790egli perì?
 METILDE
                     Ti disinganna. Ei vive;
 ma indegno è de la vita
 ch’io gli serbai, che tu gli cerchi, ingrato
 ad entrambi e infedele.
 RICCARDO
                                              Egli?
 METILDE
                                                          Io l’amava.
 Mi sprezzò. Per Gismonda
795ei tutto avvampa e a te l’amor ne invola.
 RICCARDO
 Che ascolto?
 METILDE
                          Or vanne, il traditor difendi,
 l’armi impugna; te stesso
 metti a rischio per lui. Questa, o Riccardo,
 questa fia la mercede
800che un amico e un’amante
 serberà a’ tuoi perigli e a la tua fede.
 
    Son tutta sdegno; (A Riccardo)
 (son tutta amor). (A parte)
 
    Vo’ vendicarmi;
805(ma ne ho timor).
 
    Do mano a l’armi;
 (ma non ho cuor).
 
 SCENA XVI
 
 RICCARDO
 
 RICCARDO
 Che mi dite, o pensieri? A qual di voi
 ceder convien? Quindi amicizia e quindi
810tradito amor frena e risveglia a l’ire
 l’anima irresoluta.
 Fra Odoardo e Gismonda
 vacilla il cuor. Di questa
 non mi so vendicar, se quel non perdo.
815Punirò l’infedel? Sì, non è giusto
 che vada impune e del mio duol sen rida.
 Ma ch’io perda il mio re? Che in lui tradisca
 la pubblica salute? E le più sacre
 leggi d’amico e di vassallo offenda?
820Ah Riccardo, sei nato
 suddito, non amante. Il primo affetto
 è più giusto de l’altro e sia più forte.
 Sacrifica a ragion la tua vendetta
 e ceda nel tuo core
825senso a natura, ad amicizia amore.
 
    Che più mi chiedi, amor?
 Quando mi parla onor,
 più non ti sento.
 
    So ben che tu mi puoi
830render felice un dì;
 ma se crudel mi vuoi,
 non compro il disonor
 con un contento.
 
 SCENA XVII
 
 EDUINO e RICCARDO
 
 EDUINO
 Riccardo, ov’è Metilde?
 RICCARDO
835Qual voce, o dei! Questo è ’l tiran.
 EDUINO
                                                               Che miri?
 Son io, sono il tuo re; mi serba il cielo
 al gastigo de l’Anglia.
 RICCARDO
 Ma, signor, ne la pugna...
 EDUINO
 Non cadei, no, come ne sparse il grido
840fama bugiarda. Il tuo stupor comprendo.
 Conscio già de’ miei rischi o almen presago,
 io de l’armi reali
 Sveno cuoprii, de’ miei custodi il duce.
 La sua morte, che a molti
845fu inganno, a me diè scampo; e sotto a queste
 spoglie mentite, alor che vidi agli empi
 fausta la sorte e a’ miei disegni iniqua,
 uscii dal campo e qui mi trassi. Or dimmi,
 Metilde ov’è? Morì Odoardo?
 RICCARDO
                                                        Ei, sire...
 EDUINO
850Che?
 RICCARDO
             Vive ancor.
 EDUINO
                                    Vive il fratel? Metilde
 non m’ubbidì? Riccardo,
 seguimi.
 RICCARDO
                    O dei! Dove, o signore?
 EDUINO
                                                                Io stesso,
 e di Odoardo e di Metilde in seno,
 ad immerger il ferro.
855Andiam.
 RICCARDO
                    Mio re, se hai la tua vita a cuore,
 non t’inoltrar.
 EDUINO
                             Chi puote
 a’ miei disegni opporsi?
 RICCARDO
                                               Entro la reggia
 a favor di Odoardo
 veglia ciascun. Potresti,
860dove cerchi vendetta, incontrar morte.
 EDUINO
 O ciel! Tanto si avvanza...
 RICCARDO
 Non giova inutilmente
 il tempo e l’ire consumar. Sospendi
 l’impeto giusto ed in miglior soggiorno
865matura le vendette.
 Ne’ tetti miei l’avrai sicuro.
 EDUINO
                                                     Andiamo.
 Al tuo zelo, al tuo affetto
 confido il mio riposo.
 RICCARDO
 Ti assicuro difese.
 EDUINO
                                    Ed io le accetto.
 
870   Vivo ancora; e nel mio sdegno
 ancora, o perfidi, vi punirò.
 
    Son monarca; e nel mio regno,
 entro al sangue e in mezzo al pianto,
 su le porpore del manto
875miglior grana io spargerò.
 
 Il fine dell’atto secondo