Eumene, Venezia, Albrizzi, 1697

 ATTO TERZO
 
 Quartieri di soldati.
 
 SCENA PRIMA
 
 ANTIGENE, PEUCESTE e poi ARTEMISIA
 
 ANTIGENE
1025In tal guisa, o Peuceste,
 oprar m’è forza. Andiam, miei fidi.
 ARTEMISIA
                                                                  E dove,
 Antigene, ten vai?
 ANTIGENE
                                    Dove, o regina,
 troverò chi più grato
 riconosca il mio zelo e la mia fede.
 ARTEMISIA
1030E nel duopo miglior tu m’abbandoni?
 ANTIGENE
 Troppo ti son fatal.
 ARTEMISIA
                                     Per te sperava
 la libertà d’Eumene.
 ANTIGENE
 Per me che l’ho tradito?
 Per me, barbaro autor di sue catene?
 ARTEMISIA
1035Antigene, il confesso. Ebbi poc’anzi
 un ingiusto timor; ma ciò che oprasti,
 a favor del mio duce entro del campo,
 disingannò la mente,
 nel mio cuor ti difese,
1040me colpevole fece e te innocente.
 ANTIGENE
 Mal mi ravvisi. Al primo error ritorna.
 Traditor mi credesti;
 traditor ti abbandono.
 Non m’arrossisco in dirlo.
1045Riconoscimi pur; qual fui, tal sono.
 PEUCESTE
 Dunque i suoi prieghi...
 ANTIGENE
                                              Invan gli sparge. Addio.
 ARTEMISIA
 Va’ pure, infido. Or che mi lasci, io torno
 a’ miei primi sospetti e a te do fede.
 Se traditor tu parti,
1050almeno in tanti affanni
 il dolor non avrò di rimirarti.
 Va’ pur; la tua partenza
 mi farà più tranquilla.
 ANTIGENE
 E perciò t’abbandono. Addio, regina.
1055(Se più miro quegli occhi, il cuor vacilla).
 
    Ti lascio e forse ancora
 conoscerai ch’io sono
 un traditor fedel.
 
    Chi sa se avremo alora
1060un pentimento egual,
 io d’esser sì leal,
 tu sì crudel.
 
 SCENA II
 
 ARTEMISIA e PEUCESTE
 
 ARTEMISIA
 Lo veggo, amico. A bersagliarmi han preso
 gl’invidi fati; estinto
1065meco vogliono Eumene.
 PEUCESTE
                                              In preda al duolo
 non ti lasciar.
 ARTEMISIA
                            Che più mi resta? Il duce
 langue fra’ ceppi; il campo
 veggo avvilito e Laodicea più forte;
 mi tradiscono i miei; tutto m’è avverso,
1070tutto fatale. In questa
 disperata mia sorte,
 fuor che il solo morir, che più mi resta?
 PEUCESTE
 Ti consola, o regina. Ancor ci giovi
 tentar gli ultimi sforzi
1075e a la vita d’Eumene
 sacrificar più vittime innocenti.
 ARTEMISIA
 Ma quando l’altrui sangue
 a salvar non lo basti, eccomi anch’io
 a’ piè di Laodicea,
1080pronta a versar per la sua vita il mio.
 
    Se non vivo a l’amor,
 non vo’ viver al dolor,
 al rigor de la mia sorte.
 
    No, che la mia,
1085più che vita, saria
 tormento e morte.
 
 SCENA III
 
 PEUCESTE
 
 PEUCESTE
 Da sì torbidi orrori,
 chi può sperar giorno sereno e lieto?
 E pur vedrò più belle
1090scintillarne le luci e a poco a poco
 dileguarsi le nebbie e le procelle.
 
    Fuggirà ’l duolo
 dal mesto viso
 e ’l lieto riso
1095vi tornerà.
 
    Sin la memoria
 di tanto affanno
 sarà un inganno
 che piacerà.
 
 Deliziosa negli appartamenti terreni di Laodicea.
 
 SCENA IV
 
 LAODICEA, EUMENE e NESSO con guardie
 
 LAODICEA
1100Deh, caro Eumene!
 EUMENE
                                      Principessa.
 LAODICEA
                                                               Eh lascia,
 lascia i nomi del fasto e a me rispondi
 con quei d’amor. Non t’abusar, crudele,
 d’una bontà che ti conserva; e tanto
 non lasciarmi arrossir d’inutil pianto.
 
1105   Dammi pietade,
 se pietà chiedo;
 rendimi amore,
 se amor ti do.
 
    Occhi adorati...
1110Ma già m’avvedo
 che siete ingrati...
 Deh serenatevi
 o morirò.
 
 EUMENE
 Laodicea, chiamo il cielo
1115in testimon del cuor. Vedo che m’ami
 più di quello che dei, più che non merto.
 Tanta bontà, il confesso,
 mi sorprende, mi turba; e pur è forza
 ch’io ne senta il dolor d’esserti ingrato.
1120Se vuoi...
 LAODICEA
                    Nulla più voglio.
 Nulla più ti richiedo, odio i tuoi doni
 e di me stessa alfin rossor mi prende.
 A que’ ceppi, o spietato, a quegli orrori
 che volea risparmiarti,
1125ti appresta omai.
 EUMENE
                                  Costante
 attendo...
 LAODICEA
                     Olà.
 NESSO
                                Che chiedi?
 LAODICEA
                                                        A me qui reca
 per pena d’un ingrato aspre catene.
 NESSO
 Ubbidisco. (Nesso parte)
 EUMENE
                        Quest’ira...
 LAODICEA
                                               Odimi. Io t’amo;
 ma tu ti perdi inutilmente. Hai tempo
1130ancora di salvarti e consolarmi.
 Non far ch’io mi disperi.
 Dammi un placido sguardo e mi disarmi.
 EUMENE
 La mia vita è in tua mano. Il men che temo
 è di morir, per chi morir sol devo.
1135Prendila.
 LAODICEA
                    E più la morte
 ami di Laodicea?
 EUMENE
 No, ma più de la vita amo la fede.
 Fammi morir.
 NESSO
                              Ecco, regina, i ceppi.
 EUMENE
 Pronto gl’incontro.
 LAODICEA
                                     Altrove (Li prende e li getta a terra)
1140portinsi quei di morte
 orribili stromenti. E che mi giova
 legare il piede a chi non posso il core?
 Parti.
 NESSO
              Men volo.
 LAODICEA
                                  Ah, torna.
 NESSO
 (Fan costei delirar sdegno ed amore).
 LAODICEA
1145Scegli, Eumene. Ecco i ceppi, ecco lo scettro.
 Ecco morte, ecco vita.
 Qual più t’aggrada?
 EUMENE
                                       Ancor mi tenti? Il piede...
 LAODICEA
 Sì, s’incateni. A la prigion si guidi.
 Trionfasti abbastanza
1150de la mia debolezza, alma superba.
 EUMENE
 Andiam, Nesso.
 LAODICEA
                                Sì, vanne. Ah! Laodicea
 altri nodi, altri ceppi,
 altro carcere, ingrato, a te volea.
 EUMENE
 
    Dammi vita o dammi morte;
1155sarò forte
 ne la fede e ne l’amor.
 
    Chi ha timor di tolerarle
 non ritorna a le catene.
 S’ebbi cuor per incontrarle,
1160per soffrirle avrò più cuor.
 
 SCENA V
 
 LAODICEA e poi LEONATO
 
 LAODICEA
 Misera! O quanto è fiacco
 sdegno d’amor!
 LEONATO
                                Leggi, regina.
 LAODICEA
                                                           Il foglio
 che racchiuder può mai? Nulla di lieto
 mi presagisce il tuo sembiante.
 LEONATO
                                                           Leggi.
1165(Già l’apre. Al primo aspetto
 come l’empia si turba!)
 LAODICEA
 (A la morte d’Eumene
 che soscriva il mio cuor?)
 LEONATO
                                                 (Come improviso
 di pallori e di fiamme
1170sdegno, tema e rossor le sparge il viso!)
 LAODICEA
 Che mi si chiede! Il popolo, il Senato
 vuol la morte d’Eumene? E la mia destra
 a l’ingiusta sentenza
 qui soscriver si deve?
1175Qual novità? Leonato,
 dà leggi una regina o le riceve?
 LEONATO
 Sia ’l furor che gli accende iniquo o giusto,
 tutti chiedono il sangue...
 LAODICEA
                                                 Ah, non fia vero.
 LEONATO
 Temi, se non v’assenti, il tuo periglio.
 LAODICEA
1180Più temo il disonor.
 LEONATO
                                       Tanto la vita
 d’un nemico t’è a cuore?
 LAODICEA
 M’è stimolo a salvarlo
 la gloria mia.
 LEONATO
                           Dimmi più tosto amore.
 LAODICEA
 Che?...
 LEONATO
                Regina, era tempo
1185che si svelasse il nostro inganno.
 LAODICEA
                                                             E credi?...
 LEONATO
 L’artifizio non giova.
 Eumene, che t’offese, ebbe il tuo affetto;
 Leonato, che t’adora, ha gli odi tuoi.
 Intesi e vidi e tu niegar nol puoi.
 LAODICEA
1190(Che posso dir?)
 LEONATO
                                  Tu sei convinta, ingrata.
 Ma se ’l genio t’astrinse ad adorarlo,
 perché finger poi meco? A che ingannarmi?
 LAODICEA
 (Qui d’uopo è simular, non irritarlo).
 
    Vorresti, t’intendo,
1195col fingermi infedel,
 costringermi a svelar
 gli ascosi incendi.
 
    Ma se mi struggo ardendo,
 non ti vo’ ancor giurar
1200che tu l’accendi.
 
 LEONATO
 E ancora...
 
 SCENA VI
 
 NESSO e li suddetti
 
 NESSO
                       A te ritorna
 Antigene dal campo.
 LAODICEA
 Abbia libero ingresso. (A tempo ei riede).
 NESSO
 Eccolo. Ma, regina,
1205a chi fu traditor non dar più fede.
 
 SCENA VII
 
 ANTIGENE e li suddetti
 
 ANTIGENE
 Regina, questa volta
 scoprì il ciel le mie trame.
 M’avea fede Artemisia e già sperava
 condurla a’ ceppi tuoi; ma, non so come,
1210de l’inganno s’avvide e a me fu forza
 co’ miei guerrieri abbandonar quel campo
 ove, con la dimora,
 a la mia vita io non vedea più scampo.
 LAODICEA
 Non sempre arride a’ nostri voti il cielo.
1215Ma ne l’opre ha riguardo
 un nobil cuor, più che a l’evento, al zelo.
 ANTIGENE
 Se ne’ mali presenti
 t’è opportuno il mio braccio,
 nol risparmiar. Tutto me stesso e i miei
1220per te son pronto a consacrar fra l’armi.
 LAODICEA
 Ove son essi?
 ANTIGENE
                            In luoco
 da la città poco discosto ed ivi
 attendono i tuoi cenni, io quivi i tuoi.
 LAODICEA
 (Da un amante irritato
1225che più posso sperar? M’invia la sorte
 a tempo le difese ed io le accetto).
 Sì, Antigene...
 LEONATO
                             Ah, rifletti...
 LAODICEA
                                                      I tuoi guerrieri
 sieno di Laodicea scudo e sostegno.
 Vengano; in te m’affido
1230e sia tua gloria il conservarmi un regno.
 ANTIGENE
 
    Ciò che ti giura il labbro
 il cuor ti osserverà.
 
    Se difensor tu ’l chiedi,
 farà più che non credi
1235né traditor sarà.
 
 SCENA VIII
 
 LAODICEA e LEONATO
 
 LEONATO
 Così cieca, o regina,
 corri al tuo rischio? E fidi
 le tue difese a un traditor? Qual mai
 esser può la sua meta, il suo disegno?
1240Vedi, per troppa fede
 tu metti a repentaglio e vita e regno.
 LAODICEA
 Prence, molti e molt’anni
 ne l’arte del regnar m’han fatta esperta.
 Vedo a tempo i perigli; e a tempo scielgo
1245i più forti ripari.
 LEONATO
                                  E che?...
 LAODICEA
                                                    Ne’ mali
 mi consiglia ’l mio cuor, non l’altrui zelo;
 e quando una difesa
 mi toglie amor, l’altra mi rende il cielo.
 LEONATO
 Dunque in me?...
 LAODICEA
                                   Che più posso
1250da te sperar? Geloso amante offeso
 sol medita vendette. A te son noti
 gli affetti miei. Più non t’ascondo il vero.
 LEONATO
 Così ingiusta?...
 LAODICEA
                                Nol niego.
 Ma che far ti poss’io? Che far tu vuoi?
1255Datti pace; è destino
 ch’arda a’ lumi d’Eumene e non a’ tuoi.
 
    Saresti l’idol mio,
 se ti potessi amar.
 Ma inutile è il desio;
1260tu datti pace.
 
    Rifletti che un cuor,
 per legge d’amor,
 non ama ciò che dee
 ma ciò che piace.
 
 SCENA IX
 
 LEONATO
 
 LEONATO
1265Perfida, e pur t’intesi! A me finora
 non parlò Laodicea; parlò la frode,
 l’inganno, il tradimento. Ite a dar fede
 a beltà che lusinghi, incauti amanti.
 O bugiarda o crudele,
1270o tradisce o non cura i vostri pianti.
 Ma ancor ti pentirai. Quella che volgo
 per l’agitata mente
 aspra vendetta e ria,
 poicché l’amor nol fece,
1275conoscer ti farà qual io mi sia.
 
    Spezza, o cuore, l’ingiuste ritorte
 e ti scorda l’ingrata beltà.
 
    Se il tuo sdegno non è così forte,
 fa’ che almeno non abbia ’l rossore
1280di sentir la tua viltà.
 
 Prigione con porta secreta che corrisponde alle stanze di Laodicea.
 
 SCENA X
 
 EUMENE
 
 EUMENE
 Opprimetemi pur, stelle tiranne,
 e tutto in me stancate
 l’odio vostro e ’l livor. Lacrime vili
 non m’usciran dal ciglio e non m’udrete
1285divider in sospiri il cuore oppresso.
 So far fronte a’ disastri
 e so in varia fortuna esser lo stesso.
 Sol la cara Artemisia...
 
 SCENA XI
 
 NESSO ed EUMENE
 
 NESSO
 D’Artemisia qui appunto
1290ti reco avvisi.
 EUMENE
                            O dei! Che avvenne?
 NESSO
                                                                    Alfine
 Laodicea...
 EUMENE
                       Che?
 NESSO
                                   Per opra
 d’Antigene...
 EUMENE
                           L’ingrato!
 NESSO
 L’ha in suo poter.
 EUMENE
                                   Lei prigioniera? O fato!
 A lei mi guida.
 NESSO
                              In cieco
1295carcere è chiusa, ove non lice. Avvinta (S’apre la porta secreta e n’esce Laodicea)
 sta da ferree ritorte;
 e ogni momento attende
 il decreto fatal de la sua morte.
 EUMENE
 De la sua morte?
 
 SCENA XII
 
 LAODICEA e li suddetti
 
 LAODICEA
                                  Sì. Del fier ministro
1300già le pende sul capo (Nesso si ritira)
 l’ignudo ferro e sta per tormi un colpo
 la superba rival. Tu impallidisci?
 Tu ne fremi? È cotesta
 la tua costanza? Il tuo gran cuor ti manca?
1305Parla, Eumene. Vergogna
 abbi di tua fiacchezza e ti rinfranca.
 EUMENE
 (È possibile mai? Questo un inganno
 sarebbe? O pur lo credo?... Ah, ch’egli è vero.
 Mel dice il cuor, me lo conferma l’alma
1310con secreti spaventi). Ah, Laodicea,
 se rivolgi in te stessa
 de’ tuoi mal nati e vilipesi amori
 la vendetta crudele, in chi t’offese,
 hai la vittima pronta. Ei cada esangue
1315e perdona...
 LAODICEA
                         No, iniquo.
 Vo’ d’Artemisia e non d’Eumene il sangue.
 Si esequisca. (Alle guardie)
 EUMENE
                            Ah sospendi...
 LAODICEA
 Vuoi ch’ella viva?
 EUMENE
                                   E che far deggio?
 LAODICEA
                                                                     In questo
 carcere, in questo punto
1320dammi fede di sposo e amor mi giura.
 EUMENE
 A te fede? A te amor?
 LAODICEA
                                          Vedi, altro mezzo
 non v’è. Risolvi ancora?
 Viva, se tu v’assenti.
 EUMENE
 Dura legge!
 LAODICEA
                         Se ’l nieghi, ella sen mora.
 EUMENE
1325(Artemisia m’è cara... (Da sé)
 Ma romperò la fede?
 Quella fé che giurai? Quella, per cui
 mille vite darei,
 sacra a me più che il ciel, più che gli dei?
1330Non fia ver). Laodicea,
 se d’Artemisia a ricomprar la vita
 può bastar questo scettro
 che ingiustamente usurpi,
 sia tuo; godilo in pace. Aggiungi a questo
1335e la vita d’Eumene e i regni sui.
 Ma la fede non posso; ella è d’altrui.
 LAODICEA
 Dunque Artemisia...
 EUMENE
                                        O dio!
 LAODICEA
 Morrà.
 EUMENE
                Ma non ne avrai
 altro frutto, o crudel, che la mia morte,
1340che un disonor, che un pentimento eterno.
 LAODICEA
 (Ah, che a vincer quel cuore arte non scerno).
 
 SCENA XIII
 
 NESSO e li suddetti
 
 NESSO
 Ah regina! Ah signor!
 LAODICEA
                                          Che fia?
 NESSO
                                                            Leonato
 assalita ha la reggia.
 EUMENE
 Leonato?
 LAODICEA
                    E come?
 NESSO
                                      A tua difesa invano
1345gli si oppongono i tuoi. Caddero i primi;
 fuggono gli altri. Ei già s’avvanza e grida
 voler d’Eumene il capo.
 LAODICEA
                                              Empio.
 EUMENE
                                                              Che temi?
 Lascia ch’io mora.
 LAODICEA
                                    E avrei
 cuor di mirarti estinto?
1350Che mai farò?
 NESSO
                             Cresce il periglio.
 LAODICEA
                                                               O dei!
 Nesso, va’ a le mie stanze e qui m’arreca
 l’armi d’Eumene. Ecco, ti sciolgo io stessa
 da’ ferrei lacci. Anche spietato e rio,
 è pur forza ch’io t’ami, idolo mio.
 EUMENE
1355Per sì gran benefizio...
 NESSO
                                            Eccoti l’armi.
 Più non tardar.
 LAODICEA
                               Prendile, o duce. Vanne
 a difender te stesso; e ti sovvenga
 che in sì rigido fato,
 più di quello che feci,
1360far non potrei, se ancor m’amassi, o ingrato.
 EUMENE
 
    Vorrei poterti amar, per consolarti.
 Ma se mel niega il fato,
 non m’accusar d’ingrato.
 Ti posso usar pietà ma non amarti.
 
 SCENA XIV
 
 LAODICEA
 
 LAODICEA
1365Proteggetelo, o numi.
 Misera Laodicea!
 Tu conservasti Eumene
 ma non a te; di tua pietà vedrai
 altra il frutto goder. Rompi una volta
1370gli antichi nodi e in libertà ritorna.
 Lascia, lascia d’amarlo.
 O dio! Non l’ameresti,
 se fosse, o stolta, in tuo potere il farlo.
 
    Cuor che ben ama
1375non speri libertà.
 
    Se scuoter brama
 le sue catene,
 alor più sente
 de le sue pene,
1380ne l’inutil desio, la crudeltà.
 
 Piazza con scalinata del palazzo reale in prospetto.
 
 SCENA XV
 
 EUMENE e LEONATO con soldati combattendo. Poi PEUCESTE, anch’egli con seguito
 
 LEONATO
 Alfin cadrai.
 EUMENE
                          Leonato,
 non è facile impresa
 svenar Eumene, alor che stringe il brando.
 PEUCESTE
 Eccomi in tua difesa, eroe sovrano.
 LEONATO
1385Aimè!
 EUMENE
               Renditi, o prence.
 LEONATO
 Al nemico destin resisto invano.
 PEUCESTE
 Signor, pur ti riveggio
 fuor di catena e di periglio.
 EUMENE
                                                    Amico,
 andiamo a scior dai ceppi...
 PEUCESTE
1390Chi?
 EUMENE
             La cara Artemisia.
 PEUCESTE
                                                 E quando mai?...
 EUMENE
 L’ha Antigene tradita e ben tu ’l sai.
 
 SCENA XVI
 
 ARTEMISIA, AMINTA e li suddetti
 
 ARTEMISIA
 Consorte.
 AMINTA
                     Genitor.
 EUMENE
                                       Sogno o son desto?
 ARTEMISIA
 Pur ti stringo.
 AMINTA
                             E t’abbraccio.
 EUMENE
 Sposa, figlio, cuor mio, che giorno è questo?
 ARTEMISIA
 
1395   Giorno per te di gloria,
 giorno per me d’amor.
 
    Giorno che cangia a l’alma
 in sicurtà di calma
 le smanie del timor.
 
 EUMENE
1400Dunque Antigene...
 PEUCESTE
                                       A lui
 tu dei la libertà, noi la vittoria.
 ARTEMISIA
 Ed il suo tradimento
 fa la nostra fortuna e la sua gloria.
 LEONATO
 (Incauta Laodicea! Ben lo previdi).
 
 SCENA XVII
 
 LAODICEA, ANTIGENE e li suddetti
 
 LAODICEA
1405(Alfin voi mi tradiste, o fati infidi).
 ANTIGENE
 Ecco, Eumene, Artemisia,
 coppia illustre d’amor, nulla a la vostra
 felicità più manca. Io ne son forse
 non ultima cagion. Lecito sia
1410dirvi: «È vostro il trionfo e l’opra è mia».
 EUMENE
 E a te...
 ANTIGENE
                 Sì, duce. Entro a Sebastia fui
 co’ miei guerrieri a pena
 che mio primo pensiero
 fu la tua libertà, la tua salvezza.
 LAODICEA
1415Qual mi tradì?
 ANTIGENE
                              Col suo furor, Leonato
 mi agevolò l’impresa; e alor che vidi
 dal geloso amator poste in tumulto
 le nemiche difese,
 corsi a le porte e le occupai. Peuceste,
1420conscio già de’ miei fini,
 v’accorse a tempo e la città fu presa,
 Laodicea prigioniera e voi felici.
 Così fu in un sol giorno a me concesso
 ingannare Artemisia,
1425Eumene, Laodicea ma più me stesso.
 EUMENE
 Dolce amico, perdona...
 ANTIGENE
 Ferma. Il nome di amico e ’l sacro amplesso
 non profanar.
 EUMENE
                            Perché mel nieghi?
 ANTIGENE
                                                                 È tempo
 che in Antigene apprenda
1430Artemisia un amante.
 ARTEMISIA
 Come?
 ANTIGENE
                 Eumene un rival.
 EUMENE
                                                   Che?
 ANTIGENE
                                                               Sì, quel volto,
 che piacque a te, me pur accese. Amore
 mi fece reo, la tua bontà innocente.
 Per goder ti tradii;
1435per penar ti salvai. Nel tradimento
 mi sognava diletti;
 or l’emenda del fallo è mio tormento.
 ARTEMISIA
 E osasti?...
 ANTIGENE
                       Addio. Per non mirarvi io parto.
 Ancor potrian quegli occhi
1440turbar la mia ragion. Già ’l cuor mel dice.
 Addio, convien che sia,
 per non esser più reo, sempre infelice,
 che chi può d’un rivale
 la fortuna mirar senza livore,
1445se molto ha di virtù, poco ha d’amore.
 
    Da te parto, bel volto sereno
 che involi al mio seno
 costanza e virtù.
 
    D’altrui non vo’ mirarti
1450e mio non spero più.
 
 SCENA ULTIMA
 
 TUTTI, toltone Antigene e Nesso
 
 LAODICEA
 Artemisia, vincesti; e di mia sorte
 a tuo piacer trionfa.
 Godi, o dio! con Eumene,
 ch’io ti salvai da morte,
1455una vita miglior. Nel tuo possesso
 ti assicuri il mio sangue. A te non chiedo
 di quant’oprai perdono.
 Se ne l’ultima sorte
 non m’avvilisco, ancor regina io sono.
 ARTEMISIA
1460Laodicea, quando ancora
 non ti dovessi Eumene salvo, avrei
 gloria di perdonarti;
 né vendetta più dolce
 mi saprei figurar che in abbracciarti.
 EUMENE
1465Donna real, lascia ch’Eumene anch’egli
 ciò che può ti offerisca.
 S’ei ti tolse nemico
 un diadema dal crin, ten rende un altro.
 Se ’l suo cuor ti niegò, ti dà un amante
1470degno di te. Sia tuo Leonato e seco
 sia tua la Lidia.
 LAODICEA
                               Il tuo voler m’è legge
 né posso oppormi al mio destin. Leonato
 merta il mio cuor per la sua fede; e ’l merta
 perch’è tua scielta. Accetto sposo e trono;
1475amerò l’uno e l’altro
 e caro mi sarà ciò ch’è tuo dono.
 LEONATO
 Di tal bontà...
 EUMENE
                            Sol chiedo
 a Leonato il suo amor. Sappia che in esso
 lo rispetto la Grecia
1480e ’l sangue d’Alessandro.
 LEONATO
 Da’ benefizi tuoi mi sento oppresso.
 EUMENE
 Di sì lieti imenei
 andiamo tutti a render grazie a’ numi.
 LEONATO
 O gioia!
 LAODICEA
                  O amor!
 EUMENE
                                    Sposa.
 ARTEMISIA
                                                   Cuor mio.
 PEUCESTE
                                                                        Qual bene
1485succede a tanti orrori!
 AMINTA
                                           O padre amato!
 EUMENE
 Ti sia d’esempio, o figlio.
 Conservai la mia fede e son beato.
 EUMENE e LEONATO A DUE
 
    Son, mia vita, in te beato.
 
 ARTEMISIA e LAODICE A DUE
 
 Son felice in te, mio cuore.
 
 A QUATTRO
 
1490E ’l tuo amor fa il mio goder.
 
 A DUE
 
    Fu crudel...
 
 A DUE
 
                           Fu dispietato...
 A DUE
 
 La mia sorte.
 
 A DUE
                           Il mio dolore.
 
 A DUE
 
 Ma più dolce...
 Ma più caro...
 
 A QUATTRO
 
                            È ’l mio piacer.
 
 Fine del drama