Eumene, Venezia, Albrizzi, 1697

 ATTO PRIMO
 
 Campo di Eumene illuminato di notte.
 
 SCENA PRIMA
 
 EUMENE e l’esercito in ordinanza
 
 EUMENE
 Siamo, illustri guerrieri, anime invitte,
 de le nostre fatiche al fin pur giunti.
 Già con pallida luce
 a l’empia Laodicea sfavilla in fronte
5l’usurpato diadema e indarno oppone
 a la nostra costanza
 la superba città l’alte sue torri.
 Sorgerà ’l nuovo sole
 co’ vostri applausi; ed Artemisia alfine,
10gran figlia d’Ariarato,
 mercé del vostro braccio, andrà più lieta
 in un dì sì giocondo
 sul patrio soglio a dar le leggi al mondo.
 Ite; e un breve riposo,
15sin che l’ombra notturna il ciel ricuopre,
 l’alme rinfranchi, onde vi trovi il giorno
 più pronti a l’armi e più feroci a l’opre (Parte l’esercito)
 
    Cari affetti, brillatemi in seno
 fra le gioie d’un certo piacer.
 
20   Né la dubbia speranza del bene
 tenga in pene
 più quest’alma vicina a goder.
 
 SCENA II
 
 ARTEMISIA ed EUMENE
 
 ARTEMISIA
 Gran duce.
 EUMENE
                        Mia regina.
 ARTEMISIA
 A’ sicuri trionfi
25il tuo valor ti chiama ed il mio cuore
 a’ vicini sponsali. In un sol giorno
 un’illustre vittoria
 porterà nel tuo seno
 il piacer de l’amore e de la gloria.
 EUMENE
30Quando il cuor d’Artemisia
 a le mie fiamme arride, ogni periglio
 m’è facile conquista; e la mercede
 par che tolga col prezzo
 il merto a’ miei trionfi e a la mia fede.
 ARTEMISIA
35Anch’io bramo un acquisto,
 che dia fine a’ tuoi rischi, a’ miei timori,
 e co’ prieghi l’affretto a’ patrii numi.
 Ma se permetti, Eumene,
 ch’io parli a te con libertà...
 EUMENE
                                                    M’offendi,
40se m’ascondi il tuo cuor.
 ARTEMISIA
                                               Temo.
 EUMENE
                                                             Che mai?
 ARTEMISIA
 Temo Eumene in Eumene; e mi spaventa
 quell’ardor generoso
 che sovente il trasporta
 la dubbia sorte a provocar de l’armi.
45Deh, signor, se pur m’ami,
 risparmia a’ miei timori
 una vita sì cara. Assai facesti
 per te, per la tua gloria.
 EUMENE
 Nulla feci, o regina,
50se la città ostinata ancor non cede.
 ARTEMISIA
 Cederà.
 EUMENE
                  E ’l nuovo sole
 testimonio sarà de la grand’opra.
 ARTEMISIA
 Dove certo è ’l trionfo,
 pugni la venal plebe,
55pugni il braccio servil; ma in te, mio duce,
 tutti conserva; e tuo maggior trionfo
 l’assicurar sia d’Artemisia ’l cuore
 che debellar pugnando
 una città già al suo cader vicina.
 EUMENE
60Va’, non temer; trionferò, regina.
 ARTEMISIA
 
    Come? Perché non vuoi
 ch’io tema i rischi tuoi
 se, quando a pugnar vai,
 nulla de l’alma mia
65lasci con me?
 
    Deh, se un nobil desio
 trasporta il tuo gran cuor,
 abbi pietà del mio
 che vive in te.
 
 SCENA III
 
 PEUCESTE ed EUMENE
 
 PEUCESTE
70Signor, di gravi mali
 nuncio a te son.
 EUMENE
                                Che fia, Peuceste?
 PEUCESTE
                                                                   Absorta
 de’ tuoi sì forti e numerosi abeti
 han la parte miglior l’onde spietate;
 e que’ pochi, che l’ira
75de l’ingordo ocean fuggian dispersi,
 da Leonato sorpresi
 tutti perir.
 EUMENE
                       Barbare stelle!
 PEUCESTE
                                                    Ancora
 spargon le accese travi il fumo e ’l fuoco
 e ’l mar ne freme e ne rimbomba il lido.
80L’ombra accresce gli orrori; e ne confonde
 gli alti silenzi il gemito infelice
 di chi muor tra le fiamme o pur tra l’onde.
 EUMENE
 Vendicherò ben tosto...
 
 SCENA IV
 
 ANTIGENE e li suddetti
 
 ANTIGENE
                                             Invan più speri
 che tuo facile acquisto
85sia la chiusa città.
 EUMENE
                                   Quai nuovi mali?
 ANTIGENE
 Arsi i tuoi legni ed occupato ha ’l porto
 il Macedone altero. Egli poc’anzi,
 da la vittoria sua reso più ardito,
 entra in Sebastia e inspira
90lena e coraggio al difensor smarrito.
 EUMENE
 Ora è ’l tempo, miei fidi,
 che diam saggio di noi. Crescan nemici,
 vittime cresceranno al nostro braccio.
 PEUCESTE
 Ma ci fia la vendetta
95più funesta.
 ANTIGENE
                         E più tarda.
 EUMENE
                                                 E più feroce.
 ANTIGENE
 lo, se lo chiedi, anzi che sorga il giorno,
 posso l’adito aprirti
 ne l’ostile città.
 EUMENE
                               Come?
 PEUCESTE
                                               In qual guisa?
 ANTIGENE
 Quanto a te svelo a me poc’anzi espose
100nemico prigionier; né mai concessa
 fede alcuna gli avrei
 senza il sicuro testimon del guardo.
 Odi. Fra ’l piano e ’l monte
 per sotterraneo calle, opra del caso,
105s’apre oscuro sentier; per giri obliqui
 quindi si passa alla città, là dove,
 custodita da’ monti,
 timor non ha d’assalitor nemico.
 Quindi...
 EUMENE
                    Già intesi. In te m’affido e teco
110verrò a l’impresa.
 PEUCESTE
                                   Ah, mio signor...
 EUMENE
                                                                   Peuceste,
 l’adorata regina e ’l caro figlio
 consegno a la tua fé. Tu gli assicura.
 PEUCESTE
 E risolvi?...
 EUMENE
                        Non più. Vanne.
 PEUCESTE
                                                        Ubbidisco.
 (Mi presagisce il cuor qualche sciagura). (A parte)
 
 SCENA V
 
 EUMENE ed ANTIGENE
 
 EUMENE
115Caro Antigene, io vado
 i più fidi a raccor. Tu sciegli i tuoi.
 ANTIGENE
 Duce, in breve m’attendi.
 EUMENE
                                                 Io già confido
 la mia vita al tuo amore.
 ANTIGENE
 Ne l’opra scorgerai meglio il mio cuore.
 EUMENE
 
120   Con nodo d’amistà
 lascia che al sen ti stringa
 e che t’abbracci.
 
    Un più leale amor
 unir quando potrà
125più cari lacci?
 
 SCENA VI
 
 ANTIGENE
 
 ANTIGENE
 Antigene, ove corri? Alorch’Eumene
 su la tua fé riposa,
 potrai tradirlo? E perderai vilmente
 il tuo duce, il tuo amico ed il tuo onore?
130Ferma e più saggio... Ah, nol consente amore.
 Artemisia, tu sola
 hai corrotto il mio cuor, la mia innocenza.
 Soffrir poss’io che tu sia d’altri? Eumene
 avrà con la vittoria i tuoi sponsali?
135E l’ozio mio n’affretterà quel nodo?...
 Ite, vani timori; e perché sciolto
 sia l’ingiusto imeneo, tutto si perda.
 Chi sa poi che Artemisia
 non arrida a’ miei voti?
140Vanne, Antigene, affretta
 le tue dolci speranze. I tuoi delitti
 avran facil perdono,
 che i delitti d’amor colpe non sono.
 
    Un cuor non fa delitto,
145se vago d’un bel volto
 ordisce inganni.
 
    La colpa è sol d’amor
 che insegna al cuore afflitto
 a uscir d’affanni.
 
 Porto di Sebastia con veduta di mare e armata d’Eumene in lontano che s’abbrugia.
 
 SCENA VII
 
 LAODICEA e LEONATO con seguito
 
 LEONATO
150A tuo favor, regina,
 pugnano gli elementi; il fuoco e l’onda
 serve a la tua vendetta; e ne fan fede
 que’ naufragi al tuo sguardo e quegl’incendi,
 scintille di quel fuoco
155che nel mio sen co’ tuoi begli occhi accendi.
 LAODICEA
 Principe, non è questa
 la tua prima vittoria o ’l primo dono
 che Laodicea da l’amor tuo riceve.
 Da quel grande Alessandro, a cui tu fosti
160e per natali e per virtù congiunto,
 generoso altre volte a me impetrasti
 quella stessa corona
 ch’ora sul capo a stabilir mi vieni.
 Ti è premio l’opra; io, con offrirti il trono,
165non pago il benefizio e rendo il dono.
 LEONATO
 Non intendi i miei voti,
 regina, o pur t’infingi. Un dolce sguardo,
 che tu volga al mio cuor, basta a la brama;
 e la sola speranza
170fa l’ultimo piacer di un cuor che t’ama.
 LAODICEA
 (Finger mi giova). Ancor quest’alma sente
 tutto il primo terror. L’armi nemiche
 stringono la città; minaccia Eumene;
 e la rival nipote ancor c’insulta.
 LEONATO
175Tutto alfin cederà.
 LAODICEA
                                    Vinti i perigli,
 a’ più teneri affetti
 darà luoco il timor.
 LEONATO
                                      Dunque mi lice?...
 LAODICEA
 Tutto sperar. (T’inganni).
 LEONATO
 Con sì cara promessa io son felice.
 LAODICEA
 
180   Spera pur, se la speranza
 può dar calma al tuo pensier;
 
    e rinforza la costanza
 con l’idea del suo piacer.
 
 SCENA VIII
 
 NESSO e li suddetti
 
 NESSO
 Antigene, o regina,
185questo foglio t’invia.
 LAODICEA
                                        (Seco poc’anzi
 gran trame ordii). Leonato,
 meco t’arresta. A la tua fede occulto
 nulla esser dee.
 LEONATO
                               Che fia?
 LAODICEA
 (Pende da questo foglio,
190fra speranza e timor, l’anima mia).
 «Perché ne’ tesi aguati
 cada il comun nemico,
 tutto è disposto e manca solo a l’opra
 il fido stuol che, fra l’angustie e l’ombre,
195spensierato il sorprenda
 e prigionier sel guidi.
 A’ tuoi voti, o regina,
 arride il cielo. Puote
 sol l’indugio tradir. L’alba è vicina».
200Eumene è il grande acquisto,
 di cui si tratta.
 LEONATO
                              Eumene?
 LAODICEA
                                                  Ed al tuo braccio
 l’affiderei ma...
 LEONATO
                               Qual timor? Disponi
 a tuo piacer. Brami che vada io stesso?
 Che immerga in lui?...
 LAODICEA
                                            Questo è ’l gran mal ch’io temo.
205La sua morte i miei rischi
 potria irritar più che finir. Lui vivo
 e in mio poter, posso dar leggi al vinto
 e la corona assicurarmi in fronte.
 LEONATO
 Trarrollo in ceppi a’ piedi tuoi.
 LAODICEA
                                                          Sì, prence,
210questo è ’l dono più caro
 che far mi puoi. Sciegli i più fidi a l’opra.
 Vanne; ma ti rammenta
 di nol ferir. Ne la tenzon rifletti
 che mi lasci il tuo amor quasi in ostaggio
215de la vita d’Eumene
 e che, piagando lui, piaghi te stesso.
 LEONATO
 Avrò ne l’alma il tuo commando impresso.
 
    Bel labbro idolatrato,
 disponi a tuo piacer
220di un cor che t’ama.
 
    Tu, amabile mio fato,
 da’ leggi al mio voler
 con la tua brama.
 
 SCENA IX
 
 LAODICEA e NESSO
 
 LAODICEA
 Nesso, qual fausta notte
225fu questa mai? Mi vedo
 stabilir su quel trono
 che mal sicuro era poc’anzi e quasi
 minacciava ruine al dubbio passo.
 NESSO
 Vedrai fra poco il tuo nemico in ceppi
230e potrai col suo sangue...
 LAODICEA
 Ch’osi tu dirmi? E credi
 ch’io più non l’ami? Ah, fin d’alor che ’l vidi
 al fianco d’Alessandro, o quanto a l’alma
 costò caro il piacer degli occhi miei!
235In partendo conobbi
 ch’ove ottenni il diadema il cuor perdei.
 NESSO
 Ma che speri, o regina,
 da un vano affetto? È tuo nemico Eumene.
 LAODICEA
 Né sa ch’io l’ami.
 NESSO
                                  E se l’amor palesi?
 LAODICEA
240Nesso, chi sa?
 NESSO
                             T’è ignoto
 forse il suo ardor?
 LAODICEA
                                    Bugiarda
 spesso è la fama.
 NESSO
                                  E che dirà Leonato?
 Che non gli devi?
 LAODICEA
                                   È in mio poter l’amarlo?
 Il dargli un cuor che m’ha rapito Eumene?
 NESSO
245Vedi che alfin...
 LAODICEA
                                Non più. Taci. Lusinga
 gli affetti miei, non gli atterrir. Può solo,
 a chi popoli regge,
 chi l’adula piacer, non chi ’l corregge.
 
    Parla al cuor del suo diletto
250e da’ pace al suo timor.
 
    Digli omai che lieto ei vada
 a goder nel caro oggetto
 la delizia del suo amor.
 
 SCENA X
 
 NESSO
 
 NESSO
 Quanto il cuor degli amanti
255è facile a dar fede al suo diletto!
 Quanto il pasce d’inganni un cieco affetto!
 
    Non ti crede, amor, quest’alma.
 Vede l’arte e sa l’inganno.
 
    Sembri dolce e sei tiranno,
260come l’onda alorch’è in calma.
 
 Boschetto contiguo alle tende d’Artemisia. Giorno.
 
 SCENA XI
 
 ARTEMISIA
 
 ARTEMISIA
 
    Col mio cuore io mi consiglio,
 se in periglio è ’l dolce bene;
 e ’l crudel non mi risponde.
 
    S’egli tace le mie pene,
265perché teme il mio dolor,
 la pietà del suo timor
 più mi turba e mi confonde.
 
 SCENA XII
 
 PEUCESTE ed ARTEMISIA
 
 PEUCESTE
 Riede Antigene al campo.
 ARTEMISIA
 Né seco è ’l duce?
 PEUCESTE
                                   Egli l’invia, regina,
270forse de’ suoi trofei nuncio felice.
 ARTEMISIA
 Voglia ’l ciel che tradito
 non l’abbia il troppo ardir, la troppa fede.
 PEUCESTE
 Vincitore il vedrai...
 ARTEMISIA
 Perché troppo il desia, l’alma nol crede.
 
 SCENA XIII
 
 ANTIGENE e li suddetti
 
 ARTEMISIA
275Antigene, che arrechi?
 ANTIGENE
                                            Alte sventure.
 ARTEMISIA
 Aimè!
 ANTIGENE
               Tremo, o regina,
 nel dirle a te.
 ARTEMISIA
                           Deh parla
 e finisci d’uccidermi.
 ANTIGENE
                                          Ci ha tolto
 rabbia di stelle il generoso Eumene.
 ARTEMISIA
280Ah, Peuceste, il mio cuore
 non m’ingannò. Morto è ’l gran duce.
 PEUCESTE
                                                                     È morto?
 ANTIGENE
 No, regina, egli vive.
 ARTEMISIA
 Dov’è? Perché non teco? A che non riede?
 Svelami il suo destin.
 ANTIGENE
                                          Tratto poc’anzi
285fu prigionier ne la città.
 ARTEMISIA
                                              Respiro.
 Ancor vive per noi l’invitto Eumene.
 ANTIGENE
 Non t’aduli il desio.
 Più non cel renderan le sue catene.
 PEUCESTE
 Troppo grande è l’acquisto,
290perché il trascuri Laodicea.
 ARTEMISIA
                                                    Mio sposo,
 più non ti rivedrò?
 ANTIGENE
                                      Da’ pace al duolo
 che pur me opprime. Hai nel tuo campo ancora
 chi sostener le tue ragioni e puote
 te risarcir...
 ARTEMISIA
                         Che giova il pianto? A l’armi,
295per l’acquisto d’Eumene
 tutto si tenti. Andrò la prima io stessa,
 tra ’l ferro e ’l fuoco, e sarò esempio agli altri.
 Va’; le schiere disponi,
 Peuceste, e ’l fiero assalto. Oggi il nemico
300poco forse godrà del mio dolore.
 PEUCESTE
 Sì sì, spera, o grand’alma.
 Cede ogni rischio, ove combatte amore.
 
    Non più, begli occhi, in lacrime
 vi state a tormentar.
 
305   Amor, che già v’intende,
 con dar coraggio a l’alma
 vi prende a consolar.
 
 SCENA XIV
 
 ARTEMISIA ed ANTIGENE
 
 ANTIGENE
 Se può al braccio supplir la fede e ’l zelo,
 io quel sarò che teco...
 ARTEMISIA
310No, Antigene. Abbastanza
 mi sei fatal. Tu sol m’hai tolto Eumene,
 tu lo affidasti, e al gran periglio forse,
 più che il suo fato...
 ANTIGENE
                                      Ah, che dirai? M’offendi...
 ARTEMISIA
 Vanne, il ciel ti punisca,
315se reo ne sei.
 ANTIGENE
                           Di qual sospetto...
 ARTEMISIA
                                                              Vanne.
 Né più soffrir né più mirar poss’io
 la funesta cagion del pianto mio.
 
    O morire o al caro Eumene
 vo’ spezzar l’aspre catene
320e tornarlo in libertà.
 
    Or che priva è del suo bene,
 se più vive, è rea quest’alma
 di fierezza o di viltà.
 
 SCENA XV
 
 ANTIGENE
 
 ANTIGENE
 Ecco, Antigene, il frutto
325de’ tuoi misfatti... Ah, quai rimorsi ascolti?
 Condona i primi sdegni
 a un’irritata amante.
 L’impeto del dolor chiedea lo sfogo.
 Si placherà. Tolto il rival, daranno
330l’opre, il tempo, gli eventi
 calma a l’altrui furor, pace al tuo affanno.
 
    Alma, non ti lagnar. Si placherà
 la rigida beltà che a te s’invola.
 
    Tu nel tuo male intanto,
335col pianto d’un rivale il tuo consola.
 
 Sala.
 
 SCENA XVI
 
 LAODICEA, LEONATO e NESSO
 
 LEONATO
 Abbiam vinto, o regina. Il fiero Eumene
 è in tuo poter. Pien di terror, già parmi
 che si accinga a la fuga
 il già superbo assalitor nemico.
 LAODICEA
340Dal tuo gran zelo, o prence,
 tutto attendea. Col tuo valor m’affido
 la vittoria compir. Ma fuor di rischio
 non siamo ancor.
 LEONATO
                                  Pria che tramonti il giorno,
 se vuoi, fia sciolto il duro assedio.
 LAODICEA
                                                               Intendo.
345So che far deggio. Nesso,
 guidami tosto il prigionier.
 NESSO
                                                    Men volo.
 LEONATO
 Ma che risolvi?
 LAODICEA
                               Io veggo
 il sicuro sentier. Parti e mi lascia
 qui maturar de la grand’opra il fine.
 LEONATO
350Addio; ma ti rammenta...
 LAODICEA
 So che dir vuoi. Tempo miglior destina
 a le cure d’amor.
 LEONATO
                                  Rispondi almeno
 quando l’alma godrà.
 LAODICEA
                                         Forse è vicina.
 LEONATO
 
    Vorrei crederti, o bocca bella,
355ma pavento né so di che.
 
    Lusinghiero a me favella
 il tuo labbro; e non ha fede
 in quest’alma né so perché.
 
 SCENA XVII
 
 LAODICEA, NESSO, poi EUMENE con guardie
 
 NESSO
 Ecco Eumene.
 LAODICEA
                             (O sembiante!
360Fingi; ancor non è tempo
 di svelar le tue fiamme, anima amante).
 EUMENE
 Laodicea, l’empia sorte,
 l’inganno altrui tuo prigionier m’han reso.
 Su nemico sì atroce
365stanca le tue vendette. Omai le attendo;
 né con timidi prieghi
 un giusto sfogo al tuo furor sospendo.
 LAODICEA
 Eumene, ove men credi,
 fra’ tuoi nemici ancora
370vi è chi ti pregia. (Ah, volea dir: «T’adora»).
 Se ’l mio scettro sia giusto o sia rapito,
 qui garrir non convien. Vanti Artemisia
 le sue ragioni; ho anch’io le mie. La sorte
 oggi approva i miei dritti e i suoi condanna.
 EUMENE
375Non ti diano i miei ceppi
 tanto di fasto. Il mio periglio ancora
 farà più forti e più feroci i miei.
 LAODICEA
 Non lusingarti. Oggi Artemisia il trono
 mi cederà, s’è ver che t’ami.
 EUMENE
                                                      Come?
 LAODICEA
380Ti vuol libero e salvo? Oda a qual prezzo.
 Renda pace a’ miei regni;
 sua regina m’inchini; ed ella stessa
 sottentri a’ ceppi tuoi.
 EUMENE
                                           Qual legge!
 LAODICEA
                                                                  Al campo
 andrà tosto messaggio il fido Arbante.
385Vedrem se a lei più caro
 fia l’impero e la vita o pur l’amante.
 NESSO
 (Impallidir lo fa il periglio).
 EUMENE
                                                     (Ah temo,
 Artemisia, il tuo amor. Misero Eumene,
 se per salvarti ella si perde).
 NESSO
                                                      (Ei parla
390seco).
 EUMENE
              (Che mai farò? M’aita, amore).
 LAODICEA
 (S’ei principia a temer, spera, o mio cuore).
 EUMENE
 Laodicea, poicché fine
 cerchi a tanti litigi, a tante stragi,
 via si tenti miglior.
 LAODICEA
                                      Qual fia?
 EUMENE
                                                         M’ascolta.
395Vada Arbante messaggio;
 qual fede avrà? Come dispor può mai
 al difficile accordo
 rozo e vile orator l’alme irritate?
 Che men vada permetti
400io stesso a’ miei. Ritornerò, se forse
 Artemisia dissente, a’ primi ceppi.
 NESSO
 Non ti fidar. (A Laodicea)
 LAODICEA
                           Del tuo ritorno, o duce,
 qual sicurtà mi lasci?
 EUMENE
                                          Avrai, se ’l chiedi,
 in ostaggio i più forti
405guerrieri miei. Ti darò Aminta istesso,
 de’ miei primi sponsali
 unica prole; e se ’l tuo cuor più chiede,
 caro e più de la vita e più del figlio,
 il mio onor qui t’impegno e la mia fede.
 LAODICEA
410Sì, con questa m’affido
 lasciarti in libertà. Ritorna al campo.
 Altri ostaggi non chiedo.
 Mi è noto Eumene; e Laodicea tu ancora
 a conoscer apprendi.
 EUMENE
415Sì, regal donna. In breve
 o la nipote o me fra’ ceppi attendi.
 LAODICEA
 Gli si rendano l’armi; e voi ’l guidate
 fuor de le mura, o miei custodi, al campo.
 EUMENE
 
    Tornerò, s’altri non riede,
420a’ tuoi ceppi e morirò.
 
    Saprò ben con occhio forte
 incontrar le mie ritorte;
 e potrò mancar di vita
 ma di fede non potrò.
 
 SCENA XVIII
 
 LAODICEA e NESSO
 
 NESSO
425Che mai facesti?
 LAODICEA
                                  Nesso,
 or sì sono regina, or son felice.
 NESSO
 Come?
 LAODICEA
                 Gli arcani miei tu poco intendi.
 Col ritorno d’Eumene
 o con quel d’Artemisia,
430sarà mio quest’impero e mio quel volto.
 NESSO
 Ma s’Eumene non riede,
 tu sei delusa; e s’ei vi riede, è stolto.
 LAODICEA
 
    Pene illustri d’un cuor generoso,
 dolci affetti di regno e d’amor,
435siamo in porto, v’invito a goder.
 
    E se nulla vi turba il riposo,
 egli è l’uso d’un lungo timor
 che non sente o non intende
 o non crede il suo piacer.
 
 Fine dell’atto primo