Eumene, Venezia, Albrizzi, 1697

 SCENA XVIII
 
 ANTIGENE e li suddetti
 
 ANTIGENE
 Rimanga Eumene. Un prigionier non temo.
 Oda pur ciò che tento,
 regina, a tuo favor. Dinanzi a lui
940non ascondo l’inganno e non mi pento.
 LAODICEA
 A te, cui tanto devo,
 m’è gloria compiacer. Duce, ti arresta.
 EUMENE
 (Agitato pensier, che ti molesta?)
 ANTIGENE
 Regina, in tuo poter tu vedi Eumene
945e l’autore io ne fui. Lo sappia anch’egli.
 Ma poicché ciò non basta
 tanta guerra a compir, vengo ad offrirti
 Artemisia captiva. A me da’ ’l cuore
 di trarla ne’ tuoi ceppi.
 EUMENE
                                             Ah traditore.
 LAODICEA
950Antigene, il mio regno
 sarà scarsa mercede a sì grand’opra.
 ANTIGENE
 Premio è l’opra a sé stessa; in eseguirla
 seguo il miglior partito;
 e sodisfo a’ miei voti e ’l giusto adempio.
 EUMENE
955Volgiti a me, cuore infedele ed empio.
 È possibile mai che il mio perdono
 t’abbia reso peggior? Puoi rimirarmi
 senza orror, senza pena?
 E puoi tradirmi ancora
960ne la parte più cara, in cui più vivo?
 ANTIGENE
 Eumene, invan mi sgridi.
 Così m’è gloria oprar.
 EUMENE
                                          Va’ pure, ingrato;
 cerca la gloria mia da’ tuoi delitti.
 I miei mali, o crudel, ti perdonai;
965ma quelli d’Artemisia
 non aspettar ch’io ti perdoni mai.
 ANTIGENE
 Il tuo inutil furor cessar da l’opra
 non mi farà. Vado a compirla. Addio.
 LAODICEA
 Amico, il ciel t’arrida.
 EUMENE
970Perfido...
 ANTIGENE
                    Vedrai tosto
 Artemisia in Sebastia. In me confida.
 
    Lieta pace a questo regno
 un inganno apporterà.
 
    E per me di tanto sdegno
975avrà fin la crudeltà.