Artaserse (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1705

 SCENA III
 
 SPIRIDATE, LIDO e li suddetti
 
 ARTASERSE
1100Figlio, e se vuoi lo vo’ ridir, mio figlio,
 credo in Idaspe il reo; ma da te voglio
 un atto che assicuri i dubbi miei.
 SPIRIDATE
 Pronto son io.
 IDASPE e CLEOMENE
                            (Serbate Aspasia, o dei).
 ARTASERSE
 L’acciar, che il re ti tolse, il re ti rende.
1105Giustizia sia, non dono. Il prendi. (Gli accenna la sua spada e Spiridate la prende)
 IDASPE
                                                                (E ’l prende?)
 SPIRIDATE
 Or che m’imponi, o padre?
 ARTASERSE
 Una giusta discolpa.
 SPIRIDATE
                                        Ove cercarla?
 ARTASERSE
 Ove? D’Aspasia in sen. Svena la rea.
 SPIRIDATE
 Svenar Aspasia? Aspasia?
 LIDO
                                                  Io lo sapea.
 ARTASERSE
1110E che? Pur te spaventa
 quel folle onor che fe’ codardo Idaspe?
 SPIRIDATE
 Sì misero son io che tu mi creda
 meno illustre di lui, di lui più vile?
 Un trofeo femminile a la mia spada?
 ARTASERSE
1115Fellon. L’iniqua cada. Io stesso, io stesso
 senza timor d’infamia a l’opra volo.
 SPIRIDATE
 Che sento? Oimè!
 IDASPE
                                    Deh resta. (Si affaccia ad Artaserse)
 Vuoi una vita? Anco una vita è questa.
 ARTASERSE
 E questa e quella a l’ire mie si deve.
 SPIRIDATE
1120Ferma, o re; ferma, o padre. Io voglio il pregio
 di sì bell’atto. Ecco l’acciar, l’ardire
 già precede il mio braccio.
 Viva la mia innocenza e la mia fama.
 CLEOMENE
 (In difesa d’Aspasia amor mi chiama).
 ARTASERSE
1125Non m’ingannar. È tua prigion la reggia
 custodita d’intorno. Ardisci, adempi
 il tuo forte consiglio
 e torna in questo sen principe e figlio.