Artaserse (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1705

 SCENA PRIMA
 
 ARTASERSE ed AGAMIRA
 
 ARTASERSE
590(Tanto dimora Arsace?)
 AGAMIRA
                                              A te, mio sire,
 concedi ancor...
 ARTASERSE
                               Che? Non partisti, o donna?
 AGAMIRA
 Non si adempie sì tosto un duro impero.
 ARTASERSE
 Né temi un re disubbidito e offeso?
 AGAMIRA
 Che mi resta a temer dopo l’acerba
595perdita del tuo amore, idolo mio?
 ARTASERSE
 Vane lusinghe. Impura donna, addio. (In atto di partire)
 AGAMIRA
 Signor, tu mi rinfacci un tuo delitto.
 Innocente sarei
 se a te meno piacean questi occhi miei.
 ARTASERSE
600Non più...
 AGAMIRA
                      Lo so, mio re. Non più questi occhi
 hanno il loro poter. Spento è ’l tuo foco.
 Siasi. Lo soffro in pace. Ah! Solo almeno
 de l’amor mio non oltraggiar la fede.
 ARTASERSE
 Parlisi a core aperto. Odi, Agamira.
605Che tu m’ami, nol so. Solito vanto
 è di donna che inganna il giurar fede.
 Pur, s’è vero, un monarca
 assai paga l’amor con ringraziarlo.
 Che sia spento il mio ardor, qual colpa è questa?
610Amor non è un dovere.
 Se solo in libertà per genio si ama,
 con ugual libertà pur si disama.
 AGAMIRA
 (Odi il perfido). Tormi,
 tormi dunque ti basti
615gli affetti tuoi. Lasciami ’l ciel natio.
 ARTASERSE
 No no, parti e ubbidisci.
 AGAMIRA
 Per ultimo conforto almen ti chiedo...
 ARTASERSE
 Che mai?
 AGAMIRA
                     Sol questo giorno al mio partire.
 ARTASERSE
 Concedasi; ma avverti
620con più lungo soggiorno...
 AGAMIRA
 Rispetto il cenno. (Ho vinto.
 È spazio ancor di gran vendetta un giorno).
 ARTASERSE
 
    A mio piacer io voglio
 amar e disamar.
 
625   È libertà del core,
 è autorità del soglio
 prometter fé in amore
 e poi non l’osservar.