Pirro, Venezia, Rossetti, 1704

 SCENA II
 
 PIRRO con seguito e li suddetti
 
 PIRRO
                    Tu prima, o barbaro, a’ miei piedi. (Arresta il colpo e disarma Arideo. Fuggono que’ di Arideo)
 ARIDEO
 Aimè! ’l rivale.
 DEMETRIO
                              (Il mio signor tradito!)
 PIRRO
1210Si custodisca.
 ARIDEO
                            Uccidimi.
 PIRRO
                                                 E qual cieca
 rabbia ti muove a profanar quel grande
 carattere che insino
 fra’ più barbari è sacro?
 ARIDEO
                                               (Empio destino!)
 DEMETRIO
 Signor, solo in Demetrio
1215cerca il reo del suo fallo. Al suo diè esempio
 il mio vil tradimento.
 PIRRO
 Tu traditor? Che sento?
 ARIDEO
 E di rossor non moro e di tormento?
 DEMETRIO
 Andai, come imponesti,
1220tuo messaggier ne la città. Fu ’l primo
 incontro in Arideo
 che in quel giorno fatale, in cui pugnammo
 contro lui ne l’Epiro,
 vita mi diede e libertà mi rese.
1225Egli con ira intese
 ciò ch’io recava; e disperato amante,
 rinfacciommi i suoi doni; aggiunse a’ preghi
 e lusinghe e minacce; e fece in guisa
 che in tuo nome a Cassandro
1230Ellenia chiesi e non Ismene in moglie.
 PIRRO
 Chiedesti Ellenia?
 DEMETRIO
                                     E a quel dover mancai,
 cui mi astrignea l’esser di nuncio e servo.
 Nel ritorno al tuo campo
 mi accompagna Arideo; mi assal nel bosco;
1235tua virtù mi difende; e qui prosteso
 quella morte ti chiedo a cui m’hai tolto.
 PIRRO
 (Eterni dei, che ascolto?)
 ARIDEO
 (Che mai sarà?)
 PIRRO
                                 Vil alma,
 suddito iniquo, perfido ministro,
1240degno se’ che la stessa
 destra che ti difese or qui ti lasci
 esempio a’ traditori, esca a le belve.
 Prevalga ancor, prevalga
 mia pietade al tuo eccesso. Io ti ridono
1245la colpevole vita.
 Torna, autor de’ miei mali,
 torna a Cassandro. In quella reggia istessa,
 ove reo mi facesti, e sia sol questa
 sul fallo tuo la capital sentenza,
1250tornami a riparar la mia innocenza.
 DEMETRIO
 
    Sarò fido, invitto re,
 per due leggi a te vassallo.
 
    Daran norma a la mia fé
 il tuo grado e ’l tuo perdono,
1255la mia nascita e ’l mio fallo.