Pirro, Venezia, Rossetti, 1704

 SCENA III
 
 ISMENE e CASSANDRO
 
 ISMENE
 A quale oggetto io sia qui tratta, il leggo
1050ne’ tuoi lumi, o Cassandro.
 Ti risparmio la pena
 de la minaccia e insieme
 l’arte de la lusinga. Odimi; io scielsi
 tra le nozze e la morte
1055ciò ch’io dovea, ciò che non teme il forte.
 CASSANDRO
 Ben dovea, principessa,
 l’aspetto del periglio
 e lo splendor de la corona offerta
 o renderti più grata o men superba.
1060Pur di Pirro a l’amor, fin da’ prim’anni
 in te nudrito e acceso,
 condonava l’inutile costanza.
 Ma giacché la sua colpa
 spente avrà nel tuo sen le antiche fiamme,
1065su l’odio tuo qualche ragion ti chiedo;
 e se Cassandro è reo
 ne la tua mente, in che peccò Arideo?
 ISMENE
 Odio Pirro, egli è ver, perché infedele;
 ma detesto Arideo perché tuo figlio.
1070L’odio in questo è natura, in quel consiglio.
 CASSANDRO
 Quest’odio adunque si punisca. Hai scielto...
 ISMENE
 La morte, empio, la morte.
 CASSANDRO
                                                   E questa avrai.
 L’avrai; siati concesso
 sino in mio dono il tuo supplizio istesso.
 ISMENE
 
1075   Pur la morte, a me gradita,
 empio labbro, uscì da te.
 
    Come pena è da te uscita;
 come bene è giunta a me.