Aminta, Firenze, Vangelisti, 1703

 SCENA XIV
 
 SILVIO, CELIA, EURIDICE
 
 SILVIO
 Anzi Silvio morrà. Perdona, o madre.
1645Torni Celia o la vita
 è, regina, per me stessa sorte
 e in destin sì crudel sol cambio morte.
 CELIA
 Bella costanza.
 EURIDICE
                              E che, vorrai, tu erede
 del macedone impero e tu di regi
1650nobil germoglio, in basso amor di ninfa
 cieco avvilir de’ tuoi natali il pregio?
 SILVIO
 N’arde anche Adrasto, il prence d’Argo; e pure
 lodi e proteggi l’ardor suo; ma quando
 l’esser figlio di re deggia involarmi,
1655cara Celia, il tuo affetto,
 addio fasti, addio reggia. È sogno ed ombra
 per me l’ostro superbo e ’l manto adorno.
 Prence non son, Silvio e pastor ritorno.