Aminta, Firenze, Vangelisti, 1703

 SCENA V
 
 EURIDICE e CELIA
 
 CELIA
90Ben ti è noto che Aminta
 spinto da cieco sdegno
 stabilì la tua morte.
 EURIDICE
                                       Il ciel pietoso
 mi sottrasse al periglio.
 CELIA
 Ma cadde allor trafitto
95l’innocente Alessandro.
 EURIDICE
                                             Il caro figlio.
 CELIA
 Tu sfuggisti. Egli estinte
 le antiche fiamme, ad opre eccelse inteso,
 del macedone impero
 stese i confini.
 EURIDICE
                              Ed in tre lustri il sole
100mezza scorrer li vide
 l’Asia con l’armi e con la fama il mondo.
 CELIA
 Vicino a morte intanto
 langue il fratel di Aminta,
 il perfido Euristeo.
 EURIDICE
                                      Nome fatale
105ad Euridice.
 CELIA
                          Il re, che l’ama, seco
 langue per gran dolor né trova pace.
 L’iniquo allor, che forse
 vie più sentia de’ suoi delitti il peso
 che l’orror della morte, intorno gira
110torbidi i lumi e sospirando i ferma
 nel mesto re: «Risparmia» ei disse «Aminta,
 il tuo dolor. Meglio conosci omai
 Euristeo quando il perdi. In un germano
 ti svelo un traditor, ti addito un empio».
115Tacque e poscia soggiunse: «Alle mie luci
 piacque Euridice e l’adorai. Sprezzato,
 di adultera e lasciva
 a te l’accuso e ’l credi e del tuo sdegno
 qual vittima innocente
120ella cadea ma la difese il cielo,
 il ciel che or me punisce assai più giusto».
 Volea seguire; e Aminta: «Ah traditore!»
 gridar volea; ma l’empio
 chiude le luci, il senso perde e muore.
 EURIDICE
125O giusta morte! O tradimento! O numi!
 CELIA
 Pianse d’allora il tuo pentito Aminta.
 Sé stesso condannò; tornò ad amarti.
 Per monti e valli, abbandonato il regno,
 va di sospiri e pianti...
 EURIDICE
130Pianga pure il crudel. Tutto il suo pianto
 non cancella i suoi falli,
 non ripara i miei danni;
 ma donde avesti il grand’avviso?
 CELIA
                                                              Tempe
 ne risuona di gioia e in lieti viva
135plaudon ninfe e pastori al tuo contento;
 e ’l seppi anch’io dallo straniero Adrasto.
 EURIDICE
 È possibile, o dei?
 CELIA
 Chi sa che Aminta a’ piedi tuoi non venga?
 EURIDICE
 Celia, ah Celia! Io vederlo
140così offesa e tradita? Io soffrirlo?
 Perfido, io pur svenarti,
 trafiggerti vorrei!
 CELIA
                                   Placa, o regina...
 EURIDICE
 Sì, trafigger quel core, ah no! Pria questo...
 mi si trafigga, o dio!
145perché ancor nel mio sdegno
 il mio sposo tu se’, l’idolo mio.
 
    Bramo di vendicarmi
 e non v’assente il cor.
 
    Sdegno mi porge l’armi
150e me le toglie amor.