Aminta, Firenze, Vangelisti, 1703

 Serenissima altezza,
    essendo nato questo mio dramatico componimento colla singolare fortuna di comparire in pubblico la prima volta in codesto cospicuo e, per ogni capo, ragguardevol teatro, io gliene doveva proccurare una seconda assai maggior della prima, col farlo uscire alla luce sotto gli autorevoli auspici di vostra altezza serenissima, di voi, dico, nobilissima e chiarissima principessa, che siete un raro ornamento non solamente del sangue, donde sortiste i natali, ma di quello ancora a cui vi ha ’l cielo congiunta e che, oltre i titoli della natura e della fortuna, avete anche quegli della virtude e del merito, tanto più stimabili quanto son meno stranieri e quanto più son vostri. Con due condizioni sì avvantaggiose avrà esso di che rendersi sommamente invidiabile agli altri deboli parti della mia penna che pure altre volte hanno avuta la gloria di essere rappresentati in codesta città, dove l’essere letterato è quasi patrimonio di nascita, e di conseguire il vostro sovrano compatimento che nondimeno è stato sempre un bel dono di quella generosa e grand’anima che in voi si ammira, non mai un effetto di alcuna menoma qualità che dal loro autore abbiano presa. L’altezza vostra serenissima, che sovente in simiglianti rappresentazioni trova un divertimento ben degno de’ suoi sublimi pensieri, lo riguardi adunque con occhio benigno, non tanto come tributo della umilissima mia divozione, quanto come parto di chi ha l’onore di averne consacrato alcun altro al sovrano patrocinio del serenissimo eccelso suo sposo, il sempre glorioso gran principe Ferdinando, vero protettor delle lettere ed illustre sostenitore delle più nobili discipline. Si assicuri finalmente che in ogni tempo sarà ’l primo e ’l principale mio voto il potermi dimostrar con l’opere qual mi rassegno, col più profondo del cuore, di vostra altezza serenissima umilissimo, divotissimo, ossequiosissimo servidore.
 
    Appostolo Zeno
    Venezia, li 15 ottobre 1703