Venceslao, Praga, Wickhatt, 1725

 SCENA VIII
 
 ERENICE, ERNANDO e poi CASIMIRO
 
 ERENICE
 Pace al regno recasti e gioie a noi,
 Ernando generoso.
 Ma tu così pensoso? E che ti affligge?
 CASIMIRO
 Felici amanti, il mio
220importuno venir tosto non privi
 del piacer d’una vista i vostri lumi.
 ERENICE
 Se sai d’esser molesto, a che ne vieni?
 CASIMIRO
 Perché rispetti Ernando
 sugli occhi di Erenice un mio commando.
 ERNANDO
225Qual fia?
 CASIMIRO
                    Da lei che adori, audace, or prendi
 l’ultimo addio.
 ERNANDO
                              Perché?
 CASIMIRO
 Perché Ernando è vassalo ed io son re.
 ERNANDO
 L’amar beltà che tu pur ami, o prence,
 non è offesa al tuo grado,
230è omaggio che si rende al bel che piace.
 Nell’amor mio son giusto e non audace.
 CASIMIRO
 E giusto anch’io sarò in punirti. A troppo
 tua baldanza s’inoltra. (Impugnando la spada)
 ERENICE
                                            E a troppo ancora
 ti trasporta il tuo sdegno.
235Partiti, o duce.
 ERNANDO
                              Addio signor. Per poco
 tempra o sospendi almen l’odio mortale.
 Dentro al venturo giorno
 non sarò, qual mi credi, il tuo rivale.
 
    Della mia fedeltà
240un giorno si vedrà
 se il labbro mente.
 
    Sospendi il tuo furore,
 da’ pace al tuo gran core.
 Rivale a te non son,
245sono innocente.