Venceslao, Monaco, Straub, 1725

 SCENA V
 
 LUCINDA, CASIMIRO
 
 LUCINDA
 Oggi morrai? Dirlo ha potuto un padre?
1125Lucinda udirlo? Oggi morrai? Spietato
 giudice, iniquo re, così mi serbi
 la fé per più tradirmi?
 Mi dai lo sposo e mel ritogli? O tutto
 ripigliati il tuo dono o tutto il rendi.
1130Se mi se’ più crudel, meno mi offendi.
 E tu, che fai? Che non ti scuoti? Il cenno
 udisti di un tiranno e non di un padre.
 Carnefice vuol torti
 la vita che ti diede e romper tutti
1135gli ordini di giustizia e di natura.
 Né ti risenti? E soffri
 attonito la tua, la mia sciagura?
 CASIMIRO
 Lucinda, anima mia,
 che far? Che dir poss’io? Veggio i miei mali
1140e so di meritarli.
 Penso al tuo duolo e ti compiango. O sposa,
 misera sposa! giunta
 a vederti tradire,
 a vedermi morire.
 LUCINDA
1145Morir? Me forse credi
 sì vil, sì poco amante
 che sofferire il possa?
 Meco ho guerrieri; ho meco ardire; ho meco
 amor, sangue, ragione.
1150Ecciterò ne’ popoli lo sdegno;
 empierò d’ire il regno,
 di tumulto la reggia,
 tratterò ferro e foco.
 
    E se teco io non vivrò,
1155teco, sposo, io morirò.
 
 CASIMIRO
 Un soccorso rifiuto
 ch’esser può mio delitto e tuo periglio.
 Il re mi è padre, io son vassallo e figlio.
 LUCINDA
 Crudel, se’ sposo ancora.
1160Serbi il nome di figlio a chi ti uccide,
 nieghi il nome di sposo a chi ti adora.
 CASIMIRO
 Anzi questo è ’l sol nome
 che più mi è caro; io meco
 porterollo agli Elisi, ombra costante;
1165e là dirò: «Son di Lucinda amante».
 LUCINDA
 Va’ pur, ti è cara, il veggio,
 la morte tua. Vanne, l’incontra; a l’empio
 carnefice fa’ core e ’l colpo affretta.
 Ma sappi, io pur morrò. Mi avrai ben tosto
1170dal ferro uccisa o dal dolor. Tu piangi?
 Tu impallidisci? Il mio morir tu temi?
 Né temi il tuo? Che pietà è questa? Priva
 mi vuoi d’alma e di core e vuoi ch’io viva?
 CASIMIRO
 Sì, vivi. Il dono è questo
1175che ti chiedo in morendo. Addio, mia sposa,
 degna di miglior sorte
 e di sposo miglior.
 LUCINDA
                                     Tu parti?
 CASIMIRO
                                                         Addio.
 Tollerar più non posso
 la pietà di quel pianto. Andrò men forte,
1180se più ti miro, andrò, mia cara, a morte.
 
    Parto; non ho costanza
 per rimirarti a piangere.
 Sposa, ti abbraccio. Addio.
 
    Se più rimango, io moro.
1185Ma non saria morir
 sugli occhi di chi adoro
 il morir mio.