Venceslao, Parma, Rosati, 1724 (Il Venceslao)

 SCENA V
 
 CASIMIRO, ERENICE
 
 CASIMIRO
 Felice incontro; aresta,
 bella Erenice, il piede.
470Quel che ti vedi inante
 non è più Casimiro,
 quell’importuno e quel lascivo amante.
 Egli è il prence, è l’erede
 del polonico scettro,
475tuo amator ma pudico e che destina
 te al suo regno e al suo amor moglie e regina.
 ERENICE
 Come? Tu, Casimiro, erede e prence
 del polonico scettro,
 chiedi in moglie Erenice?
480Sappi che non mi alletta
 tanto di tua corona il bel fulgore,
 quanto, oimè, mi spaventa
 la nera fiamma del tuo ’ngiusto amore.
 CASIMIRO
 No, principessa. A quella fiamma, ond’arsi,
485purgai quanto d’impuro avea ne l’alma.
 ERENICE
 Vane lusinghe. Io veggio
 ancor in te quel amator lascivo,
 de l’onor mio nemico,
 non per virtù ma per furor pudico.
 CASIMIRO
490S’errai, fu giovanezza e non disprezzo.
 ERENICE
 E s’io t’odio, è ragione e non vendetta.
 CASIMIRO
 Cancella un pentimento ogni gran colpa.
 ERENICE
 Macchia d’onor non mai si terge; e spesso
 insidia è ’l pentimento.
 CASIMIRO
495Sarai mia sposa.
 ERENICE
                                 Io, Casimiro?
 CASIMIRO
                                                            E meco
 tu regnerai felice.
 ERENICE
 Non troverai Lucinda in Erenice.
 
    Lasciami pur d’amar,
 ch’ad altri vo’ serbar
500l’alma e la fede.
 
    Non è per te ’l mio cor,
 sei troppo ingannator,
 no, non ti credo.