I rivali generosi, Venezia, Nicolini, 1697

 SCENA VIII
 
 ROSMILDA e VITIGE
 
 ROSMILDA
 Amato genitor.
 VITIGE
                               Figlia. (O tormento).
 ROSMILDA
175Al periglio vicino
 quale scampo m’additi?
 VITIGE
                                               Il ciel provide.
 ROSMILDA
 Parmi fiero e superbo
 il nemico veder che di Ravenna
 empia di stragi ogni sentiero e porti
180sin entro a questa reggia incendi e morti.
 VITIGE
 A riparare io volo
 tante ruine.
 ROSMILDA
                         E sola
 qui resto in abbandono
 a le furie nemiche?
 VITIGE
                                      Invan le temi.
 ROSMILDA
185A le licenze ostili?
 VITIGE
 Pronto è ’l rimedio.
 ROSMILDA
                                      Io la servil catena
 stridermi intorno sento.
 VITIGE
 Per te non avrà nodi.
 ROSMILDA
 Scoppiar gl’impuri baci.
 VITIGE
                                               A l’aria, al vento.
 ROSMILDA
190E puoi lasciar, o dio!
 me tuo sangue, tua figlia e del tuo core
 unico oggetto, unica speme? E ’l puoi?
 Se mi lasci così, morta mi vuoi.
 VITIGE
 (Aimè! Qual entro al sen pietà mi scorre!
195Se più l’ascolto, perdo
 tutto il coraggio. Il sangue,
 la natura, l’amor quasi m’han vinto).
 Figlia, non paventar. Fra le sue spoglie
 il vincitor non conterà Rosmilda;
200né te le greche nuore
 mai segneranno incatenata a dito.
 Non paventar. Convien ch’io parta. Addio.
 ROSMILDA
 Se mi lasci così, morta son io.
 VITIGE
 
    In questo amplesso
205prenditi, figlia,
 l’ultimo addio.
 
    Tu resta in pace
 ch’io parto oppresso
 ma per te sola
210dal dolor mio.