I rivali generosi, Venezia, Nicolini, 1697

 LETTORE
 
    Nel presente drama ho procurato di conservare il costume di Vitige, quale appunto ce lo figura l’istoria. Incostante fu egli ne’ suoi affetti, ebbe del vile, dell’audace e talvolta del generoso. Prevalse però a tutte le sue passioni quella dell’ira. La fierezza fu il più dolce oggetto de’ suoi pensieri. Mi parve adunque assai convenevole al di lui animo la barbara risoluzione di veder la figlia Rosmilda più tosto uccisa che serva; e nella generosa contesa tra Elpidia ed Olindo a lui sembrò più soave la morte dell’odiato rivale che il possesso dell’amata principessa. Di ambe queste azioni crudeli la prima è fondata su l’uso de’ barbari, che stimavano men vergognosa la morte che la schiavitudine, e l’altra ha per fondamento la connaturale fierezza del re tiranno e la necessità del pericolo.
    Ne’ due rivali l’amor d’Olindo ha più del modesto, quello d’Ormonte ha più del feroce; onde l’uno è più confacente al quieto genio d’Elpidia, l’altro più al fiero di Rosmilda che, come nata ed allevata fra i Goti, poteva averne succhiata l’alterigia col sangue.
    Belisario non per altro abbassa l’idea guerriera a decidere i litigi d’amore tra i due principi rivali che affine di soffocare il seme di più perigliose discordie. Alarico opera da amante disperato; e più col cieco furore della gelosia che con la chiara guida della ragione, ordisce il tradimento contro di Ormonte.
    L’amor di Rosmilda ha un gran fondamento dalla gratitudine, un maggior fomento dal genio; ei per esser figlio di pochi momenti opera con ardore ma non con violenza; né può conoscere gelosia perché appena intende sé stesso.
    Il rapimento che fa Vitige d’Elpidia, quando l’esercito nemico è impiegato parte nel difendersi da Feraspe, parte nell’assalire Ravenna, non parerà sconvenevole o a chi avrà sperienza degli stratagemi di guerra o del sito dell’assediata città o delle violenze d’amore.
    Tanto m’è parso bene avvisarti o per tua chiarezza o per mia discolpa. Se il primo riflesso ti sembra ardito, accusa la mia imprudenza, se l’altro inutile, il mio timore. Sta’ sano.