Venceslao, Torino, Gattinara, 1721

 SCENA II
 
 LUCINDA con guardie reali e detto
 
 CASIMIRO
 Ma l’uscio ferreo stride. A che ne viene
895Lucinda a me? Per qual destino, o dei?
 LUCINDA
 (Secondi amor propizio i voti miei).
 CASIMIRO
 Regina, (dir non oso
 Lucinda, sposa, nomi
 in bocca sì crudel troppo soavi)
900leggo su la tua fronte
 la sorte mia. Tu vieni
 nunzia de la mia morte e spettatrice.
 Di buon cor la ricevo;
 ma la ricevo in pena
905di averti iniquo, o mia fedel, tradita,
 se pur la ria sentenza
 sul labro tuo morte non è ma vita.
 LUCINDA
 Caro dolor! Custodi,
 al piè di Casimiro
910tolgansi le ritorte.
 Lo impone il re.
 CASIMIRO
                                Che cangiamento è questo?
 LUCINDA
 Da me la morte attendi?
 Da me, crudel?
 CASIMIRO
                               Da te che offesi.
 LUCINDA
                                                              Ingrato.
 CASIMIRO
 Ben ne ho dolor; ma indegno
915di tua pietade io sono;
 ed or, bella, a’ tuoi piedi
 chiedo la pena mia, non il perdono.
 LUCINDA
 Casimiro, altra pena
 non chiedo a te che l’amor tuo. Del primo
920tuo pianto io son contenta.
 Godo di perdonarti
 e la vendetta mia sia l’abbracciarti.
 Andiam; non più dimore. Il re ne attende.
 CASIMIRO
 A che?
 LUCINDA
                Dal reggio labbro
925l’alto destin ne intenderai.
 CASIMIRO
                                                   Già scordo
 vicino a te, mio bene, i mali miei.
 LUCINDA
 Io ti ottenni il perdon. Temer non dei.
 CASIMIRO
 
    Stringi...
 
 LUCINDA
 
                       Abbraccia...
 
 CASIMIRO, LUCINDA
 
                                               Questo petto...
 
 CASIMIRO
 
 Mio conforto.
 
 LUCINDA
 
                            Mio diletto.
 
 A DUE
 
930E saprai che sia goder.
 
    Senti, senti questo core,
 come immenso è in lui l’amore,
 sommo ancora è ’l suo piacer.