Venceslao, Foligno, Campana, 1713 (Il fratricida innocente)

 SCENA IV
 
 GISMONDO, LUCINDA, CASIMIRO
 
 GISMONDO
 Lucinda a te sen viene.
 CASIMIRO
 Lucinda a me? Per qual destino, o dei?
 LUCINDA
 (Secondi amor propizio i voti miei).
 CASIMIRO
930Regina, dir non oso
 Lucinda, sposa, nomi
 in bocca sì crudel troppo soavi.
 Leggo su la tua fronte
 la sorte mia. Tu vieni
935nunzia della mia morte e spettatrice.
 Di buon cor la ricevo.
 Ma la ricevo in pena
 di averti iniquo, o mia fedel, tradita,
 se pur la ria sentenza
940sul labbro tuo morte non è ma vita.
 GISMONDO
 (Desta pietà).
 LUCINDA
                             (Caro dolor!) Custodi,
 al piè di Casimiro
 tolgansi le ritorte.
 GISMONDO
 Lo impone il re.
 CASIMIRO
                                (Che cangiamento è questo?)
 LUCINDA
945Da me la morte attendi?
 Da me, crudel?
 CASIMIRO
                               Da te che offesi.
 LUCINDA
                                                              Ingrato!
 CASIMIRO
 Ben ne ho dolor; ma indegno
 di tua pietade io sono.
 Ed or, bella, a’ tuoi piedi
950chiedo la pena mia, non il perdono.
 LUCINDA
 Sì sì, vo’ che tua pena
 sia l’amor tuo. Del primo
 tuo pianto io son contenta;
 tua nemica non più ma sol tua sono;
955e la vendetta mia sia il mio perdono.
 GISMONDO
 Prenci, vi attende il re, non più dimore.
 LUCINDA
 Plachi l’ire del padre il nostro amore.
 CASIMIRO
 
    Caro bene...
 
 LUCINDA
 
                            Idolo amato...
 
 A DUE
 
 Come mai per noi placato
960ha il destino il suo rigor.
 
    Male e bene ha il suo confine,
 non v’è rosa senza spine
 né piacer senza dolor.