Venceslao, Verona, Merli, 1708

 SCENA II
 
 LUCINDA con seguito e li sudetti
 
 LUCINDA
 Del sarmatico cielo inclito Giove,
 per cui la fredda Vistula è superba
 più de l’Istro e del Tebro,
340re, la cui minor gloria è la fortuna,
 quella, ch’estinto il genitor Gustavo
 di Lituania or regge
 le belle spiagge e ’l fertil suol, Lucinda,
 a te, la cui gran fama
345non v’è cui nota, o Venceslao, non sia,
 per alto affar me suo ministro invia.
 VENCESLAO
 Di sì illustre regina,
 la cui virtù sublime
 è fregio al debol sesso, invidia al forte,
350ch’io servir possa a’ cenni è mia gran sorte.
 Piacciati sol per poco
 sospenderne il contento a’ voti miei,
 nobil stranier. Qui meco
 spettatore ti assidi e andran più gonfi
355de l’onor di tua vista i miei trionfi. (Aprendosi il prospetto si vede nell’alto la Pace in macchina e nel basso montuosa orrida, dal cui seno esce la Discordia sopra spaventoso dragone)
 PACE
 
    Care spiagge, amato regno,
 ferme gioie a voi prometto.
 
    Qui sia riso e qui diletto
 né lo turbi invidia o sdegno.
 
 DISCORDIA
360No no, pace non abbia
 questo cielo nemico.
 Voi mostri miei, voi lo agitate. Il vostro
 velen l’aure ne infetti.
 Qui spargete i tumulti,
365popolate la guerra
 e del vostro furor s’empia la terra.
 PACE
 Tanto, o Discordia, ardisci? E ancor resisti?
 Torna, o mostro spietato,
 a le torbide rive onde sortisti. (Resta dalla Pace fulminata la Discordia assieme col suo dragone e torna a chiudersi il monte che tutti assieme col dragone li seppellisce. Finiti gli spettacoli partono Alessandro, Ernando e Gismondo)