Venceslao, Palermo, Cichè, 1708

 SCENA XVI
 
 GILDO frettoloso e li suddetti
 
 GILDO
 Tosto, signore, tosto
 all’armi corri presto,
 se più tardi sei lesto.
 VENCESLAO
1435Gildo che fia?
 ERENICE
                             Che ascolto,
 o dei.
 ERNANDO
              Che avvenne.
 GILDO
                                         Il figlio.
 VENCESLAO
 Morì. Per esser giusto
 già finii d’esser padre.
 GILDO
                                            Eh non è questo,
 è più grave il periglio;
1440la corona perdesti e non il figlio.
 VENCESLAO
 Che? Vive Casimiro?
 GILDO
                                          E vivo il vuole
 la città tutta e rotti ha li suoi ceppi
 e guida è dell’altri
 Lucinda. Onde non s’ode
1445che strepiti e rumori,
 le donne e cavalier, l’armi e gl’amori.
 VENCESLAO
 Sì sì, popoli, Ernando,
 Erenice, Lucinda, (Da sé passegiando)
 dover, pietà, legge, natura, a tutti
1450sodisferò, sodisferò a me stesso.
 Seguiami ognuno. Il mondo
 apprenderà da me
 ciò che può la pietade in cor di padre,
 ciò che può la giustizia in cor di re.
 
1455   L’arte, sì, di ben regnar
 da me ’l mondo apprenderà.
 
    Ei vedrà che so serbar
 la giustizia e la pietà!