Venceslao, Milano, Malatesta, 1705

 SCENA XV
 
 GISMONDO frettoloso e li sudetti
 
 GISMONDO
1370Tosto, signor, cingi lorica ed elmo,
 rompi ogn’indugio ed arma
 di acciar la destra e di costanza il core.
 VENCESLAO
 Che fia, Gismondo!
 ERENICE
                                       O dei!
 ERNANDO
                                                     Che avvenne?
 GISMONDO
                                                                                 Il prence...
 VENCESLAO
 Morì. Per esser giusto
1375già finii di esser padre.
 GISMONDO
                                             Ah se riparo
 tu non cerchi al periglio,
 la corona perdesti e non il figlio.
 VENCESLAO
 Che? Vive Casimiro?
 GISMONDO
                                          E vivo il vuole
 la milizia, la plebe ed il Senato.
1380Sono infranti i suoi ceppi,
 fugati i tuoi custodi, al suol gittati
 i funesti apparati e del tumulto
 non ultima è Lucinda.
 Ognun grida, ognun freme; e se veloce
1385tu non vi accorri, invano
 freno si cerca al popolo feroce.
 VENCESLAO
 Sì sì, popoli, Ernando,
 Erenice, Lucinda, (Da sé passeggiando)
 dover, pietà, legge, natura, a tutti
1390soddisferò, soddisferò a me stesso.
 Sieguami ognuno. Il mondo
 apprenderà da me
 ciò che può la pietade in cor di padre,
 ciò che può la giustizia in cor di re.
 
1395   L’arte, sì, del ben regnar
 da me ’l mondo apprenderà.
 
    Ei vedrà che so serbar
 la giustizia e la pietà!