Venceslao, Milano, Malatesta, 1705

 SCENA VIII
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
 Correte a rivi, a fiumi, amare lagrime.
 Tolto da me lo sposo
1225ha l’ultimo congedo.
 Più non lo rivedrò. Barbaro padre!
 Miserabile sposo! Ingiusti numi!
 Su, lagrime, correte a rivi, a fiumi.
 Ma che giova qui ’l pianto? A l’armi, a l’armi,
1230già che tutto disperi,
 tutto ardisci, o Lucinda. Apriti a forza
 ne la reggia l’ingresso. Ecco già parmi
 di svenare il tiranno,
 di dar morte a’ custodi,
1235di dar vita al mio sposo e di abbracciarlo
 fuori de’ ceppi... Ahi, dove son? Che parlo?
 
    Vaneggia oppresso il cor
 tra nembi del timor,
 la calma l’alma
1240perdendo va.
 
    E ognor di fiera stella
 sento che mi flagella
 la crudeltà.