Venceslao, Milano, Malatesta, 1705

 SCENA XIII
 
 Notte. Stanza di Casimiro con tavolino.
 
 GISMONDO, poi VENCESLAO
 
 GISMONDO
 La notte avanza; e ’l prence
745non viene ancora. Ei solo
 col suo furor rimase,
 torbido, minaccioso
 e rivale e geloso.
 VENCESLAO
 Gismondo, ov’è ’l mio figlio?
 GISMONDO
                                                       Io qui l’attendo.
 VENCESLAO
750O dio! L’alma presaga
 m’è di sventure e per Ernando io temo.
 GISMONDO
 Ancor non vien.
 VENCESLAO
                                Gismondo,
 chiamisi tosto il duce Ernando.
 GISMONDO
                                                           Al cenno
 affretto il piè veloce.
755(Temo anch’io l’ire di un amor feroce).