Venceslao, Milano, Malatesta, 1705

 SCENA V
 
 CASIMIRO e GISMONDO
 
 CASIMIRO
580Mie deluse speranze,
 non andrete impunite
 di un tal rifiuto...
 GISMONDO
                                  In traccia appunto, o prence,
 di te venia.
 CASIMIRO
                        Che arrechi?
 GISMONDO
 Quel che t’arde nel sen per Erenice
585indegno foco ammorza.
 CASIMIRO
 L’offerta d’un diadema,
 che le fece il mio amor, sprezzò l’ingrata.
 GISMONDO
 E sprezzarla perché? Per abbassarsi
 già sposa ad altri amplessi.
 CASIMIRO
590Come? Sposa Erenice? O dei! Ma dove?
 Quando? Con chi?
 GISMONDO
                                     Ne la ventura notte
 è stabilito il nodo.
 CASIMIRO
 Così vicina ancora
 la mia sciagura? E certo il sai?
 GISMONDO
                                                          Poc’anzi
595da Ismene, a me germana e di Erenice
 la fida amica, il tutto intesi.
 CASIMIRO
                                                     Ah troppo,
 Gismondo, intesi.
 GISMONDO
                                    È tempo...
 CASIMIRO
 È tempo sì di vendicarsi. Iniqua!
 Ma nel rival superbo
600ti punirò.
 GISMONDO
                     No, mio signor...
 CASIMIRO
                                                     Gismondo,
 parto col mio furor, tu taci il tutto.
 GISMONDO
 Stragi preveggo e lutto.
 CASIMIRO
 
    D’ire armato il braccio forte
 stragi e morte
605implacabile vibrerà.
 
    Duolmi sol che il fier rivale
 sotto a questo acciar reale
 di cader la gloria avrà.