Venceslao, Venezia, Albrizzi, 1703

 SCENA VIII
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
 Correte a rivi, a fiumi, amare lagrime.
 Tolto da me lo sposo
1320ha l’ultimo congedo.
 Più non lo rivedrò. Barbaro padre!
 Miserabile sposo! Ingiusti numi!
 Su, lagrime, correte a rivi, a fiumi.
 Ma che giova qui ’l pianto? A l’armi, a l’armi.
1325Giacché tutto disperi,
 tutto ardisci, o Lucinda. Apriti a forza
 ne la reggia l’ingresso. Ecco già parmi
 di svenare il tiranno,
 di dar morte a’ custodi,
1330di dar vita al mio sposo e di abbracciarlo
 fuori de’ ceppi... Ahi dove son? Che parlo?
 
    Vaneggia la spene,
 delira l’affetto;
 e intanto il mio bene
1335a morte sen va.
 
    Lo salvo pietosa,
 lo abbraccio amorosa
 e ancora ristretto
 fra ceppi egli sta.
 
 Il fine del quarto atto