Gl’inganni felici, Venezia, Nicolini, 1696

 SCENA VII
 
 AGARISTA, ALCESTE e BRENNO
 
 AGARISTA
160Pietà, Alceste, se mai piagarti il petto
 d’una pupilla i dardi.
 ALCESTE
 Ma da qual ciglio è uscito
 lo stral che ti ferì? Scuopri l’oggetto.
 AGARISTA
 È troppo vile.
 ALCESTE
                            E puote
165esser men che tuo servo?
 AGARISTA
 Servo ma che commanda a l’alma mia.
 BRENNO
 (Chi sa ch’ella non m’ami?)
 ALCESTE
 Ama certo Sifalce, oh gelosia! (A parte)
 Di che arrossisci? Ergi nel cielo i lumi;
170vedrai lo stesso Giove
 arder per bassi oggetti.
 AGARISTA
 Se scuopro il bel che adoro,
 fé mi giuri?
 ALCESTE
                         Ed aita.
 AGARISTA
                                          Amo Armidoro.
 BRENNO
 (Non ho colpito al segno). (A parte)
 ALCESTE
175(Armidoro, il pittor?)
 AGARISTA
                                          Fu il suo pennello
 strale che m’ha ferita.
 ALCESTE
                                           (Il cuor respira). (A parte)
 Ei lo sa?
 AGARISTA
                   Tolga il cielo
 ch’ei sappia mai la mia viltate.
 ALCESTE
                                                          E forse
 anch’ei per te sospira.
 AGARISTA
                                           Ah se sì audace
180mai lo credessi!
 ALCESTE
                                Il soffriresti in pace.
 Troppo è dolce al desio
 il vedersi adorar da chi s’adora.
 BRENNO
 Se l’ami tu, lascia ch’ei t’ami ancora.
 AGARISTA
 Inutili consigli, or che mi sforza
185agl’imenei vicini il genitore.
 ALCESTE
 Nascon da un solo istante
 non attesi accidenti.
 AGARISTA
                                        Amor m’aiti.
 Taci e tu, Brenno, quanto udisti.
 BRENNO
                                                             Posi
 su la mia fede l’amor tuo sicuro.
 AGARISTA
190Se mio non è Armidoro, altri non curo.
 
    Non vedo perché
 tu speri, cuor mio,
 
    se amando e sperando,
 è vil la speranza,
195è colpa il desio.